Ricorso n. 25 del 17 febbraio 2015 (Regione autonoma Valle d'Aosta)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
Cancelleria il 17 febbraio 2015 (della Regione autonoma Valle
d'Aosta).
(GU n. 13 del 2015-04-01)
La Regione Autonoma Valle d'Aosta, con sede in Aosta, piazza
Deffeyes, n. 1, codice fiscale n. …, in persona del
Presidente pro tempore, Augusto Rollandin, rappresentata e difesa nel
presente giudizio, in forza di procura a margine del presente atto,
ed in virtu' della deliberazione della Giunta regionale n. 146 del 6
febbraio 2015, dal prof. avv. Francesco Saverio Marini
(…; pec:
…; fax. ..),
presso il cui studio in Roma, via dei Monti Parioli n. 48, ha eletto
domicilio;
- ricorrente-
Contro
Il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi,
piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi n.
12;
- resistente-
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
15 dicembre 2014, n. 186, recante: «Disposizioni in materia di
emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonche' per il
potenziamento della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in
materia di autoriciclaggio», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana n. 292 del 17 dicembre 2014, limitatamente
all'articolo 1, comma 7, in combinato disposto con i commi 2, 3 e 4,
del medesimo articolo 1, di tale atto normativo.
Fatto
1. Con la legge 15 dicembre 2014, n. 186 sono state introdotte
misure volte ad agevolare l'emersione e il rientro delle attivita'
finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio
dello Stato, in violazione degli obblighi dichiarativi previsti
dall'art. 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 («Rilevazione a
fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro,
titoli e valori»), convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 1990, n. 227.
2. A tal fine, la legge n. 186 del 2014 ha novellato il
decreto-legge n. 167 del 1990, inserendovi i nuovi artt. da 5-quater
a 5-septies.
Gli articoli in questione istituiscono e disciplinano una nuova
procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure),
attraverso cui il contribuente puo' spontaneamente indicare
all'amministrazione le attivita' finanziarie e patrimoniali
costituite o detenute all'estero, e, versando le somme dovute,
definire le violazioni - commesse fino al 30 settembre 2014 - «in
materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte
sostitutive, di imposta regionale sulle attivita' produttive e di
imposta sul valore aggiunto, nonche' per le eventuali violazioni
relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta» (art. 5-quater).
3. Nell'ambito di un piu' generale intervento di contrasto
all'evasione fiscale, poi, l'art. 1, comma 2, estende la possibilita'
di avvalersi della nuova procedura di collaborazione volontaria - con
le ulteriori prescrizioni procedurali di cui ai commi 3 e 4 - anche a
«contribuenti diversi da quelli indicati nell'art. 4, comma 1, del
decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167». Vale a dire, a contribuenti
diversi dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali, dalle
societa' semplici e dai soggetti equiparati ai sensi dell'articolo 5
del TUIR, residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono
investimenti all'estero ovvero attivita' estere di natura
finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
In questo modo, l'art. 1, comma 2, della legge n. 186 del 2014
rende applicabile la nuova procedura di sanatoria alla generalita'
dei contribuenti, per tutte le violazioni, connesse ad attivita'
patrimoniali e finanziarie detenute in Italia, in materia di imposte
sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive delle
imposte sui redditi, di imposta regionale sulle attivita' produttive
e di imposta sul valore aggiunto, nonche' di violazioni relative alla
dichiarazione dei sostituti d'imposta, commesse fino al 30 settembre
2014.
4. Ai sensi dell'art. 1, comma 7, tutte le entrate derivanti
dall'esperimento delle procedure di collaborazione volontaria - tanto
con riferimento alle attivita' e ai redditi detenuti all'estero,
quanto con riferimento a quelli detenuti in Italia - devono confluire
in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per
essere destinate, anche mediante riassegnazione: a) al pagamento dei
debiti commerciali scaduti in conto capitale, anche prevedendo
l'esclusione dai vincoli del patto di stabilita' interno; b)
all'esclusione dai medesimi vincoli delle risorse assegnate a titolo
di cofinanziamento nazionale dei programmi dell'Unione europea e di
quelle derivanti dal riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione;
c) agli investimenti pubblici; d) al Fondo per la riduzione della
pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.
In base al successivo comma 8 del medesimo art. 1, i criteri e le
modalita' di attribuzione e ripartizione delle somme in questione fra
le diverse finalita' sono stabiliti con decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri.
4. Tutto cio' premesso, la Regione Autonoma Valle d'Aosta, come
in epigrafe rappresentata e difesa, ritenuta la lesione della proprie
competenze costituzionali e statutarie per effetto della richiamata
disciplina statale, impugna l'art. 1, comma 7, della legge 15
dicembre 2014, n. 186 («Disposizioni in materia di emersione e
rientro di capitali detenuti all'estero nonche' per il potenziamento
della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di
autoriciclaggio») in quanto illegittimo alla luce dei seguenti motivi
di
Diritto
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, legge n. 186
del 2014, per violazione delle competenze costituzionalmente e
statutariamente garantite in capo alla valle dagli artt. 48-bis e 50
dello Statuto speciale (legge cost. n. 4 del 1948), dagli artt. 2,
comma 1, lett. a) e b), 3, comma 2, e 4, comma 3, della legge n. 690
del 1981, dall'art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994,
nonche' per violazione del principio di leale collaborazione, di cui
agli artt. 5 e 120 cost.
1. Come rilevato in narrativa, l'art. 1, comma 7, impone la
devoluzione al bilancio dello Stato di tutte le somme riscosse
all'esito delle nuove procedure di collaborazione volontaria di cui
agli artt. da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990,
nonche' di cui allo stesso art. 1, commi 2, 3 e 4 della legge n. 186
del 2014, dovute rispetto alle imposte sui redditi e relative
addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi,
all'imposta regionale sulle attivita' produttive e all'imposta sul
valore aggiunto, nonche' alla dichiarazione dei sostituti d'imposta.
Sennonche', cosi' disponendo la norma statale devolve
illegittimamente all'erario quote di gettito di tributi interamente o
parzialmente attribuiti alla Regione Valle d'Aosta ai sensi dello
Statuto speciale di quest'ultima e della relativa normativa
d'attuazione: il che determina una indebita lesione dell'autonomia
finanziaria della ricorrente.
Si solleva pertanto questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 7, per i motivi e sotto tutti i profili che di
seguito si evidenziano.
2. Ai sensi dell'art. 50 dello Statuto speciale per la Valle
d'Aosta (adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4)
«entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle, con legge
dello Stato, in accordo con la Giunta regionale, sara' stabilito, a
modifica degli artt. 12 e 13, un ordinamento finanziario della
Regione».
L'articolo e' stato successivamente attuato mediante la legge 26
novembre 1981, n. 690, recante «Revisione dell'ordinamento
finanziario della regione Valle d'Aosta».
L'atto normativo in discorso, per quanto qui rileva, individua i
tributi il cui e' gettito e' devoluto, nella misura indicata dalla
stessa legge n. 690 del 1981, alla Regione ricorrente.
Piu' in particolare, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettere a) e
b), «e' attribuito alla regione Valle d'Aosta il gettito delle sotto
indicate imposte erariali sul reddito e sul patrimonio percette nel
territorio regionale, nonche' delle imposte sostitutive: a) imposta
sul reddito delle persone fisiche; b) imposta sul reddito delle
societa'».
In base all'art. 3, commi 2, «e' altresi' attribuito alla Regione
Valle d'Aosta l'intero gettito dell'imposta sul valore aggiunto,
compresa quella relativa all'importazione, al netto dei rimborsi
effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni,
determinato assumendo a riferimento i consumi finali rilevati
nell'ultimo triennio disponibile». Precisa il successivo comma 3 che
«il gettito dell'imposta sul valore aggiunto e' attribuito sulla base
dei dati rilevati nel bilancio dello Stato, nell'anno antecedente a
quello cui la devoluzione si riferisce».
Infine, la norma di chiusura dell'art. 4, comma 3, dispone che
«sono, altresi', attribuiti alla Regione Valle d'Aosta i nove decimi
di tutte le altre entrate tributarie erariali, comunque denominate,
percette nel territorio regionale, ad eccezione di quelle relative ai
giochi pubblici».
Alla luce delle norme appena richiamate, appare chiara
l'illegittimita' della norma impugnata: essa, infatti, attribuisce
integralmente al bilancio dello Stato il gettito recuperato da
tributi evasi, senza tener conto che, per quanto riguarda le imposte
sui redditi (nonche' le relative addizionali e imposte sostitutive) e
quella sul valore aggiunto, si tratta di tributi il cui intero
gettito deve essere devoluto alla finanza regionale; del pari
ignorato, per quanto riguarda l'imposta sulle attivita' produttive,
e' l'obbligo di riversare alla Regione i nove decimi del gettito,
ammontare da quantificarsi ovviamente anche sulla base delle somme
dovute che erano state evase e poi recuperate grazie alla procedura
di collaborazione volontaria.
In altre parole, l'art. 1, comma 7, sottrae arbitrariamente quote
di gettito devolute, ai sensi della legge n. 690 del 1981, in tutto o
in parte alla Valle d'Aosta. Possibilita' che, giusta la
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, sfugge al legislatore
statale, non potendo questo derogare «al regime statutario delle
compartecipazioni regionali al gettito di tributi erariali» (cfr.
sent. n. 241 del 2012): cio' perche', come sottolineato da autorevole
dottrina, «la vera specialita' finanziaria delle Regioni ad autonomia
differenziata si risolve nell'entita' della quota delle
compartecipazioni erariali e dei tributi derivati loro assegnati
dagli Statuti speciali» (F. Gallo).
In ragione di quanto precede, la norma statale risulta
costituzionalmente illegittima per un duplice ordine di motivi.
Innanzitutto, essa e' inficiata da incompetenza, andando a
disciplinare unilateralmente aspetti che la Costituzione riserva allo
Statuto speciale, e che quest'ultimo, a sua volta (art. 50), rimette
alla legislazione attuativi, e piu' precisamente ad una legge dello
Stato elaborata in accordo con la Giunta regionale (dunque, una legge
rinforzata). Tale legge e', appunto, la legge n. 690 del 1981, la
quale peraltro, in forza della espressa previsione poi introdotta
dall'art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 («Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Valle d'Aosta»), puo'
essere successivamente modificata «solo con il procedimento di cui
all'art. 48-bis del medesimo statuto speciale», cioe' con decreti
legislativi elaborati da commissioni paritetiche composte da 3 membri
di nomina governativa e 3 membri di nomina regionale, e previa
sottoposizione al parere del Consiglio della Regione.
In secondo luogo, e consequenzialmente, l'art. 1, comma 7, si
pone in contrasto con fonti gerarchicamente sovraordinate, in quanto
di rango costituzionale (l'art. 116 Cost. e lo Statuto valdostano),
nonche' con una fonte rinforzata (la legge n. 690 del 1981, elaborata
in accordo con la Giunta regionale).
3. Deve poi osservarsi - a meri fini tuzioristici - che la norma
censurata non trova alcun fondamento di legittimita' neppure
nell'art. 8 della legge n. 690 del 1981. La norma da ultimo
richiamata al comma 1, dispone: «il provento derivante alla regione
Valle d'Aosta da maggiorazioni di aliquote e da altre modificazioni
dei tributi ad essa devoluti, disposte successivamente alla entrata
in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, ove sia destinato per
legge, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione,
per la copertura di nuove o maggiori spese che sono da effettuare a
carico del bilancio statale, e' riversato allo Stato». Ai sensi del
comma 2, tale ammontare «e' determinato per ciascun esercizio
finanziario con decreto dei Ministri delle finanze e del tesoro,
d'intesa con il Presidente della Giunta regionale».
Come e' agevole rilevare, la disposizione in questione non si
attaglia al caso di specie e non e' idonea a coprire la previsione di
cui all'art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014.
Infatti, essa autorizza il riversamento allo Stato delle sole
somme provenienti da maggiorazioni di aliquote o da altre
modificazioni dei tributi devoluti alla Regione: ipotesi affatto
diversa da quella, di cui alla norma censurata, del recupero di somme
evase, dovute ab origine.
In ogni caso, l'ammontare del riversamento deve poi essere
determinato con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze,
d'intesa con il Presidente della Giunta regionale, non certo
unilateralmente dalla legge statale. Dunque, pure nella non creduta
ipotesi in cui si ritenesse di ricondurre l'art. 1, comma 7, della
legge n. 186 del 2014, alla previsione di cui al comma 1 dell'art. 8
della legge 690 del 1981, comunque resterebbe integrata una
insuperabile violazione del comma 2 di quest'ultimo articolo, quale
norma interposta rispetto all'art. 50 dello Statuto, nonche' del
principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.
Sempre per mero scrupolo difensivo, si precisa altresi' che
l'intervento unilaterale dello Stato non trova base alcuna di
legittimazione neppure in pretesi scopi perequativo-solidaristici: a
tale insieme di finalita' non possono infatti ricondursi gli
obiettivi enunciati dall'art. 1, comma 7 (riguardanti gli
investimenti pubblici, il pagamento dei crediti alle imprese, la
riduzione della pressione fiscale).
E del resto, pur a voler ritenere altrimenti, e' principio
costituzionale assolutamente pacifico quello secondo cui il concorso
delle Regioni speciali agli obblighi perequativo-solidaristici e alla
finanza nazionale deve essere determinato attraverso le forme
prestabilite dagli Statuti speciali e dalla legislazione attuativa, o
quantomeno attraverso moduli rispettosi della leale collaborazione.
Principio che, con riferimento alla Regione Valle d'Aosta, trova come
si e' visto puntuale concretizzazione negli artt. 48-bis e 50 dello
Statuto, nonche' nell'art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994.
E' appena il caso di osservare, peraltro, che non potrebbe essere
diversamente, dal momento che l'autonomia finanziaria rappresenta il
nucleo dell'autonomia differenziata delle Regioni speciali.
Ebbene, nel caso di specie il legislatore statale ha agito in
modo del tutto unilaterale, ponendo, con una fonte incompetente, una
disciplina derogatoria rispetto a quanto stabilito da fonti di rango
sovraordinato.
P. Q. M.
Con riserva di argomentare ulteriormente nel corso del giudizio,
la Regione Valle d'Aosta, come sopra rappresentata e difesa, chiede a
codesta Ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, di voler
dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 15 dicembre
2014, n. 186 («Disposizioni in materia di emersione e rientro di
capitali detenuti all'estero nonche' per il potenziamento della lotta
all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio»),
pubblicata nella Serie generale della Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 292 del 17 dicembre 2014, limitatamente
all'articolo 1, comma 7, per contrarieta' a Costituzione e lesione
delle competenze costituzionalmente e statutariamente garantite in
capo alla Regione ricorrente dagli articoli 48-bis e 50 dello Statuto
speciale (legge cost. n. 4 del 1948), dagli artt. 2, comma 1, lett.
a) e b), 3, comma 2, e 4, comma 3, della legge n. 690 del 1981,
dall'art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994, nonche' per
violazione del principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5
e 120 Cost., sotto i profili e per le ragioni dinanzi esposte.
Roma, 11 febbraio 2015
Prof. Avv. Francesco Saverio Marini