Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 18  marzo  2014  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri).
 

(GU n. 20 del 7.5.2014)

    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  -  C.F.
…, Fax … e PEC  ..,
presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.
12, nei confronti della regione Abruzzo, in  persona  del  Presidente
della  giunta  regionale  pro-tempore   per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 1; 3, commi 1, 5, 6,  7,
8 e 9; e 4 della legge regionale Abruzzo n. 6  del  4  gennaio  2014,
recante «Modifica alle leggi regionali 8 febbraio 2005,  n.  6,  art.
202, 3 marzo  2005,  n.  23,  art.  21  e  9  novembre  2005,  n.  33
(Iniziative a favore del centro regionale di audiologia) e norme  per
la formazione di massaggiatore e di capo bagnino  degli  stabilimenti
idroterapici», pubblicata nel B.U.R. n. 3 del 10 gennaio 2014, giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 7 marzo 2014.
    Con la legge regionale n.  6  del  4  gennaio  2014  indicata  in
epigrafe,  che  consta  di  sei  articoli,  la  regione  Abruzzo   ha
modificato le citate leggi regionali in tema di iniziative  a  favore
del centro  regionale  di  audiologia  e  ha  emanato  norme  per  la
formazione di massaggiatore e  di  capo  bagnino  degli  stabilimenti
idroterapici.
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  regione  Abruzzo  abbia  ecceduto  dalla  propria  competenza  in
violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si  confida   di
dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti
 
                             M o t i v i
 
1. Gli articoli 1 e 3, commi 1, 5, 6, 7, 8 e 9, della  legge  regione
Abruzzo n. 6/2014 violano l'art. 117, comma 3,  e  l'art.  120  della
Costituzione.
    1. La legge della regione Abruzzo 4 gennaio 2014,  n.  6  citata,
recante «Modifica alla legge regionale 8 febbraio 2005,  n.  6,  art.
202, alla legge regionale 3 marzo 2005, n. 23, art. 21 e  alla  legge
regionale 9 novembre 2005, n. 33  (Iniziative  a  favore  del  centro
regionale di audiologia) e norme per la formazione di massaggiatore e
di capo bagnino degli stabilimenti idroterapici»,  presenta  evidenti
profili di illegittimita' costituzionale 4.
    Occorre, innanzitutto, premettere che la regione Abruzzo, per  la
quale e' stata verificata una situazione  di  disavanzi  nel  settore
sanitario tale da generare uno squilibrio  economico-finanziario  che
compromette l'erogazione dei livelli  essenziali  di  assistenza,  ha
stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri  della  salute  e
dell'economia e delle finanze, comprensivo del Piano di  rientro  dal
disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da  attivare
nell'arco  del   triennio   2007-2009   finalizzati   a   ristabilire
l'equilibrio economico e finanziario della regione nel  rispetto  dei
livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell'art. 1, comma 180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato»  (legge  finanziaria
2005).
    La regione Abruzzo, non avendo realizzato gli obiettivi  previsti
dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'art.  1,
comma 180, della legge n. 311/04 citata, nonche' dell'intesa Stato  -
regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in
materia,  e'  stata  commissariata   ai   sensi   dell'art.   4   del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni,
in legge 29 novembre 2007, n. 222 in attuazione dell'art.  120  della
Costituzione, nei modi e nei termini di  cui  all'art.  8,  comma  1,
della legge 5 marzo 2003, n. 131,  contenente  le  «Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    Nella seduta dell'11 settembre 2008, infatti,  il  Consiglio  dei
ministri ha deliberato la nomina di un commissario  ad  acta  per  la
realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel  settore
sanitario della regione Abruzzo e, nella seduta del 12 dicembre 2009,
il commissario  ad  acta  e'  stato  individuato  nella  persona  del
Presidente della regione pro-tempore.
    Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, contenente le «Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (Legge  finanziaria
2010), il commissario ad acta, con  la  delibera  n.  44/2010  del  3
agosto   2010,   ha   approvato   il   Programma    operativo    2010
(successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre
2010) con il quale da' prosecuzione al Piano di rientro 2007-2009.
    2. L'art. 1, comma 1, lett. a) e b),  della  legge  regionale  n.
6/14, indicata in epigrafe, recante, come recita  la  rubrica  stessa
dell'articolo,  le  «finalita'»  della  legge,  rende  gratuita   per
l'utenza la fornitura di pile monouso o ricaricabili per gli impianti
cocleari, nonche' la fornitura di parti di ricambio e di pile monouso
o ricaricabili per le protesi a processore impiantabili nell'orecchio
medio.
    Il successivo art. 3, nel descrivere in maniera piu'  dettagliata
gli interventi enunciati dalle lett. a)  e  b)  del  citato  art.  1,
prevede, ai commi l e 5, che i livelli essenziali  delle  prestazioni
attinenti alla manutenzione,  riparazione  o  sostituzione  di  parti
della componente esterna dell'impianto cocleare stabiliti dall'art. 6
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  5  marzo  2007
(recante «Modifica del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  29  novembre  2001,  recante:  «Definizione   dei   livelli
essenziali di assistenza») siano integrati dai seguenti interventi:
        erogazione  gratuita,  a  carico   del   Servizio   sanitario
regionale,  delle  prestazioni  concernenti   la   manutenzione,   la
riparazione, la sostituzione o aggiornamento tecnologico del  sistema
di alimentazione per impianto cocleare, ivi ricompresa  la  fornitura
di batterie monouso o ricaricabili (comma 1);
        effettuazione  gratuita  (oltre  che  della  manutenzione  di
impianti cocleari di  cui  al  menzionato  art.  6  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei  ministri  5  marzo  2007)  anche  della
manutenzione, riparazione, sostituzione o  aggiornamento  tecnologico
di componenti esterne per tutte  le  protesi  a  processore  digitale
impiantabili  nell'orecchio  medio  con  codici  riconducibili   alla
tabella gia' in essere per gli impianti cocleari, comma 5.
    Con riferimento alle  disposizioni  regionali  sopra  citate,  si
rileva che il menzionato  art.  6  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  5  marzo  2007  prevede,  tra   i   livelli
essenziali, soltanto la manutenzione e la sostituzione di  componenti
esterne di impianti cocleari, non gia' delle batterie o  dei  sistemi
di alimentazione, ne' contempla la  manutenzione  o  sostituzione  di
impianti diversi da quelli cocleari.
    Le  disposizioni  regionali  in   esame,   pertanto,   disponendo
interventi che esorbitano dalle  prestazioni  di  cui  al  richiamato
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, contrastano con il
principio, enunciato  dalla  Corte  costituzionale,  con  la  recente
sentenza n. 104/2013, secondo il quale  «l'assunzione  a  carico  del
bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire  un  livello  di
assistenza supplementare si pongono in contrasto con gli obiettivi di
risanamento del Piano di rientro».
    In base a tale statuizione, le citate norme regionali violano «il
principio di  contenimento  della  spesa  pubblica  sanitaria,  quale
principio di coordinamento della finanza pubblica e,  in  definitiva,
l'art. 117, terzo comma, Cost.».
    In particolare,  il  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica leso dalle disposizioni regionali  in  esame,  e'  contenuto
nell'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191/2009 citata, ai  sensi
del quale «Gli interventi  individuati  dal  piano  di  rientro  sono
vincolanti  per  la  regione,  che  e'  obbligata   a   rimuovere   i
provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».
    Inoltre, in considerazione del fatto che la regione e' sottoposta
a commissariamento, la norma  regionale  in  esame  viola,  altresi',
l'art. 120, in particolare, il comma 2, della Costituzione, in quanto
interferisce con le attribuzioni del  commissario  quale  organo  del
Governo.
    A tal riguardo,  come  precisato  dalla  costante  giurisprudenza
costituzionale, ribadito anche dalla  citata  sentenza  n.  104/2013,
«l'operato del commissario ad acta,  incaricato  dell'attuazione  del
Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente  concordato  tra
lo Stato e la regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una
persistente inerzia degli organi regionali, essendosi  questi  ultimi
sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta  dalle  esigenze  della
finanza pubblica. E', dunque, proprio tale  dato  -  in  uno  con  la
constatazione  che  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  e',  nella
specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela  dell'unita'
economica della Repubblica, oltre che dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual
e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le
funzioni amministrative del commissario [...] devono essere poste  al
riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (Sentenze  n.  28
del 2013 e n. 78 del 2011).
    Inoltre, «la  semplice  interferenza  da  parte  del  legislatore
regionale con le funzioni del commissario ad acta, come definite  nel
mandato commissariale, determina di per se' la  violazione  dell'art.
120, secondo comma, Cost. (Sentenza n.  28  del  2013;  nello  stesso
senso, sentenza n. 2 del 2010)».
    3. L'art. 1, comma 1, lett. c) e d),  della  legge  regionale  n.
6/14 citata  prevede  la  maggiorazione  delle  tariffe  dovute  alle
strutture sanitarie per le procedure di impianto cocleare  e  per  le
procedure di protesi a processore impiantabile nell'orecchio medio, i
cui importi sono originariamente stabiliti rispettivamente dai DRG 49
e del DRG 55.
    Tali disposizioni sono  ulteriormente  specificate  dall'art.  3,
commi 6 e 7, che definisce gli importi delle  tariffe  relative  alle
procedure di impianto  cocleare  e  alle  procedure  di  impianto  di
apparecchio  acustico  elettromagnetico,  maggiorandole  rispetto   a
quelle stabilite a livello statale dai DRG 49 e 55.
    Le predette disposizioni, stabilendo un incremento di  spesa  nel
settore sanitario, sono incompatibili con la posizione della regione,
soggetta al piano di rientro, e con l'impegno, sancito nel  piano,  a
risanare il disavanzo finanziario.
    Questo principio e' sancito dall'art.  15,  commi  15  e  17  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 7 agosto 2012, n. 135.
    In particolare, il comma 15 citato stabilisce che «In deroga alla
procedura  prevista  dall'art.  8-sexies,  comma   5,   del   decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  in  materia  di  remunerazione
delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a
carico del servizio sanitario nazionale, il Ministro della salute, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze,  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto,  entro
il 15 settembre 2012, determina le tariffe massime che le  regioni  e
le   province   autonome   possono   corrispondere   alle   strutture
accreditate, di cui all'art.  8-quater  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla base dei dati
di costo  disponibili  e,  ove  ritenuti  congrui  ed  adeguati,  dei
tariffari regionali, tenuto conto dell'esigenza di recuperare,  anche
tramite la determinazione  tariffaria,  margini  di  inappropriatezza
ancora esistenti a livello locale  e  nazionale».  Il  comma  17  del
medesimo  art.  15  citato,  invero,  chiarisce  che   «gli   importi
tariffari, fissati dalle  singole  regioni,  superiori  alle  tariffe
massime di cui al comma 15 restano a carico  dei  bilanci  regionali.
Tale disposizione si intende comunque rispettata dalle regioni per le
quali il Tavolo di verifica degli  adempimenti,  istituito  ai  sensi
dell'art. 12 dell'intesa sancita dalla Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005, abbia verificato il  rispetto
dell'equilibrio economico-finanziario del  settore  sanitario,  fatto
salvo quanto specificatamente  previsto  per  le  regioni  che  hanno
sottoscritto l'accordo di cui all'art. 1, comma 180, della  legge  30
dicembre 2004, n. 311 e  successive  modificazioni  su  un  programma
operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento
del Servizio sanitario regionale, per le  quali  le  tariffe  massime
costituiscono un limite invalicabile».
    Il principio sopra enunciato e' ribadito dall' art. 5,  comma  2,
del decreto ministeriale  18  ottobre  2012  (recante  «Remunerazione
prestazioni  di  assistenza   ospedaliera   per   acuti,   assistenza
ospedaliera di riabilitazione e di  lungodegenza  post  acuzie  e  di
assistenza specialistica ambulatoriale»), attuativo del predetto art.
15 del decreto-legge n. 95/2012 citato.
    Le disposizioni regionali  in  esame  si  pongono,  pertanto,  in
contrasto  sia  con  il  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica sopra enunciato di cui all'art.  15,  commi  15  e  17,  del
decreto-legge n.  95/2012  citato,  sia,  piu'  in  generale  con  il
principio di coordinamento della finanza pubblica contenuto nell'art.
2, commi 80 e 95, della legge n. 191/2009 citata, ai sensi del  quale
«Gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti  per
la regione, che e'  obbligata  a  rimuovere  i  provvedimenti,  anche
legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano  di  ostacolo  alla
piena attuazione del piano di rientro».
    Inoltre, in considerazione del fatto che la regione e' sottoposta
a commissariamento, la norma  regionale  in  esame  viola,  altresi',
l'art.  120  della  Costituzione,  in  quanto  interferisce  con   le
attribuzioni del commissario quale organo del Governo  per  i  motivi
gia' enunciati al precedente punto 2. (pagg. 6-7).
    Va ribadito che, come  precisato  dalla  costante  giurisprudenza
costituzionale, da ultimo anche dalla citata  sentenza  n.  104/2013,
«l'operato del commissario ad acta,  incaricato  dell'attuazione  del
Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente  concordato  tra
lo Stato e la regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una
persistente inerzia degli organi regionali, essendosi  questi  ultimi
sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta  dalle  esigenze  della
finanza pubblica. E', dunque, proprio tale  dato  -  in  uno  con  la
constatazione  che  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  e',  nella
specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela  dell'unita'
economica della Repubblica, oltre che dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual
e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le
funzioni amministrative del commissario [...] devono essere poste  al
riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (Sentenze  n.  28
del 2013 e n. 78 del 2011).
    Inoltre, «la  semplice  interferenza  da  parte  del  legislatore
regionale con le funzioni del commissario ad acta, come definite  nel
mandato commissariale, determina di per se' la  violazione  dell'art.
120, secondo comma, Cost. (Sentenza n.  28  del  2013;  nello  stesso
senso, sentenza n. 2 del 2010)».
    4. L'art. 1, comma 1, lett. e) ed f), della  legge  regionale  n.
6/14  citata  stabilisce  l'erogazione   di   fondi   per   il   buon
funzionamento del centro regionale di audiologia e il  riconoscimento
di quest'ultimo come centro di riferimento regionale. A tal  fine  il
successivo art. 3, ai commi 8 e 9, dispone la sovvenzione di  150.000
euro  per  il  Centro  regionale  di  audiologia  di  Pescara  e   il
riconoscimento  del  Centro  stesso  come   Centro   di   riferimento
regionale.
    Tali   disposizioni   contrastano   con   i   predetti   principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento
della finanza pubblica di cui all'art. 2, commi 80 e 95  della  legge
n. 191/2009 citata, nonche' con le attribuzioni  del  commissario  ad
acta,  violando,  conseguentemente,  l'art.  117,  comma   3,   della
Costituzione e l'art. 120 della Costituzione.
    Cio'  anche  in  considerazione  del  fatto  che   la   copertura
finanziaria delle citate norme regionali viene individuata, ai  sensi
dell'art. 5, in una  quota  parte  delle  risorse  stanziate  per  il
«Finanziamento regionale  di  parte  corrente  connesso  al  Servizio
sanitario nazionale».
    Va  ricordato,  infatti,  che  «il  coordinamento  della  finanza
pubblica,  cui  fa  riferimento  l'art.  117,  comma   terzo,   della
Costituzione, e', piu' che una materia, una funzione che,  a  livello
nazionale, e quanto alla finanza pubblica nel suo  complesso,  spetta
allo Stato.» (Sentenza n. 414/2004).
2. L'art. 4 della legge regione Abruzzo n. 6/2014 viola  l'art.  117,
comma 3, della Costituzione.
    L'art. 4, disciplina i percorsi formativi di massaggiatore  e  di
capo bagnino degli stabilimenti idroterapici. Il comma 1 prevede  che
«la  regione  Abruzzo  provvede  alla  formazione   per   l'esercizio
dell'arte  ausiliaria  di  massaggiatore  e  di  capo  bagnino  degli
stabilimenti idroterapici di cui alla legge 23 giugno 1927, n.  1964,
recante  la  disciplina  delle  arti  ausiliarie  delle   professioni
sanitarie,  ed  il  R.D.  31  maggio   1928,   n.   1334   attraverso
l'organizzazione  di  corsi  e  delle  relative  attivita'  didattico
formative, nel rispetto del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265».
    Il comma 2 del medesimo articolo, integrato dall'allegato A  alla
legge regionale, stabilisce il percorso formativo, specificandone  la
durata, i requisiti necessari per l'accesso alla frequenza dei corsi,
i  requisiti  delle  strutture  pubbliche  e  private  necessari  per
ottenere l'autorizzazione ad effettuare i corsi  e  le  modalita'  di
valutazione finale.
    La  specifica  finalita'  di  abilitazione  all'esercizio   della
professione  di   massaggiatore-capo   bagnino   degli   stabilimenti
idroterapici,  l'individuazione  dei  requisiti  necessari   per   la
relativa frequenza e delle modalita' di valutazione finale  escludono
che il comma 2 in esame  sia  riconducibile  alla  materia  residuale
della «formazione professionale» (come  definita  dalla  sentenza  n.
50/2005; e anche dalle sentenze n. 51 e n. 175 del 2005).
    Esse dimostrano che il predetto comma 2 si  propone,  invece,  la
finalita' - diversa  ed  ulteriore  rispetto  a  quella  propriamente
formativa  -  di  disciplinare  una  specifica  figura  professionale
sociosanitaria, regolandone le modalita' di accesso e cosi' incidendo
sul relativo ordinamento didattico (Sentenza n. 82/1997).
    L'impianto  generale,  il  contenuto  e  lo  scopo  della   legge
regionale n. 6/14 citata inducono, pertanto, a ritenere  che  il  suo
oggetto  debba  essere  ricondotto  alla  materia  concorrente  delle
«professioni» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione e,
in particolare, alla materia delle professioni sanitarie.
    La Corte costituzionale, con la sentenza  n.  319  del  2005,  ha
ritenuto  incostituzionale  della  legge  della  regione  Abruzzo  23
gennaio  2004,  n.  2,  recante  «Istituzione  corsi  di   formazione
professionale per l'esercizio dell'arte ausiliaria della  professione
sanitaria   di   massaggiatore-capo   bagnino   degli    stabilimenti
idroterapici», perche' violava i limiti di  competenza  regionale  in
materia di professioni sanitarie.
    Nell'ambito  di  tale  materia,  infatti,  le   regioni   possono
legiferare, ma nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dallo
Stato.
    In base alla giurisprudenza costituzionale che puo'  dirsi  ormai
consolidata, infatti, l'individuazione di nuove figure professionali,
dei  loro  contenuti,  dei  titoli  per  accedervi  e  dei   relativi
ordinamenti  didattici  attiene   alla   definizione   dei   principi
fondamentali in materia di professioni, e'  riservata  alla  potesta'
legislativa dello Stato,  mentre  alle  regioni  e'  consentita  solo
l'emanazione della normativa di dettaglio nell'ambito della  predetta
legislazione statale  di  principio  e,  esclusivamente,  per  quegli
aspetti che presentano uno  specifico  collegamento  con  la  realta'
regionale  (Sentenze  n.  40/2006;  n.  222/2008;  n.   93/2008;   n.
131/2010).
    Deve concludersi, quindi, che «non e' nei  poteri  delle  regioni
dar vita a nuove figure professionali (Sentenze n. 300 e  n.  57  del
2007, n. 424 e n. 153 del 2006) non rilevando, a tal fine,  che  esse
rientrino o meno nell'ambito sanitario (Sentenza n. 355 del 2005)».
    Cio' appare ancora piu' evidente nel settore sanitario,  dove  la
materia delle professioni si  intreccia  inevitabilmente  con  quella
della tutela della salute,  anch'essa  rientrante  nell'ambito  della
potesta' legislativa concorrente, entro la quale lo Stato e' chiamato
a definire i principi fondamentali.
    Appare pertinente, sul punto, richiamare la sentenza n. 353/2003,
nella quale viene posto in evidenza come, pur nell'evoluzione che  la
disciplina relativa alle  professioni  sanitarie  ha  conosciuto  nel
corso del tempo, l'individuazione delle  figure  professionali  e  la
definizione dei relativi profili e ordinamenti didattici sono  sempre
state rimesse allo Stato.
    Rileva, infatti, la Corte costituzionale che  «gia'  il  r.d.  27
luglio 1934, n. 1265, assoggettava a vigilanza statale, tra  l'altro,
l'esercizio delle professioni  sanitarie  e  delle  "arti  ausiliarie
delle professioni sanitarie", stabilendo l'obbligo del  conseguimento
del rispettivo titolo di abilitazione professionale».
    La Corte evidenzia, inoltre, che dopo l'entrata in  vigore  della
Costituzione la  disciplina  delle  funzioni  relative  all'esercizio
delle professioni sanitarie e  delle  relative  professioni  ed  arti
ausiliarie e' stata riservata, ai sensi  dell'art.  117,  nell'ambito
della  materia  «assistenza  sanitaria»,  alla  competenza   statale,
anziche' a quella regionale (Sentenza n. 82/1997), da  una  serie  di
atti legislativi, tra cui il d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il  d.P.R.
24 luglio 1977, n. 616, la legge 23 dicembre 1978, n. 833, il  d.lgs.
31 marzo 1998, n. 112.
    In particolare, il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502,  all'art.  6,
comma 3, riservando alla competenza statale il  relativo  potere,  ha
previsto che  le  figure  professionali  da  formare  ed  i  connessi
profili, nonche' i rispettivi ordinamenti didattici siano definiti da
apposite disposizioni, secondo  un  principio,  che  e'  stato,  poi,
confermato dall'art. 124, comma 1, lettera b), del citato  d.lgs.  n.
112 del 1998, nonche' dall'art. 1, comma 2, della legge  26  febbraio
1999, n. 42, il quale ha stabilito che «il campo proprio di attivita'
e di responsabilita' delle professioni sanitarie» e' determinabile in
base  alle  specifiche  norme   istitutive   dei   relativi   profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi  corsi  di
diploma universitario.
    La legge 10 agosto 2000, n. 251, infine, ha  incluso  le  diverse
figure professionali sanitarie, di cui al citato art. 6, comma 3, del
d.lgs. n. 502/, e successive modificazioni, in  distinte  fattispecie
qualificatorie.
    A seguito dell'entrata in vigore  delle  modifiche  al  Titolo  V
della Costituzione, la disciplina de qua e' da ricondurre, come  gia'
detto,  nell'ambito  della  competenza  concorrente  in  materia   di
«professioni», di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    Come statuito dalla Corte costituzionale,  «i  relativi  principi
fondamentali, non essendone stati, fino ad ora, formulati dei  nuovi,
sono pertanto da considerare quelli,  secondo  la  giurisprudenza  di
questa Corte (cfr. sentenze n. 201 del  2003  e  n.  282  del  2002),
risultanti dalla legislazione statale gia' in vigore».
    In conclusione, «non pare  quindi  dubbio  che,  anche  oggi,  la
potesta' legislativa regionale in materia  di  professioni  sanitarie
debba  rispettare  il  principio,  gia'  vigente  nella  legislazione
statale, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con
i relativi profili ed ordinamenti didattici, debba  essere  riservata
allo Stato».
    Con specifico riferimento alle suddette figure del  massaggiatore
e del capo bagnino negli stabilimenti idroterapici, si deve  ribadire
che, nonostante la citata legge n. 1264/1927  contempli  ancora  tali
figure,   i   relativi   ordinamenti   professionali   non    possono
considerarsi,  nella  sostanza,  definiti,   stante   l'assenza   dei
provvedimenti  statali  di  disciplina  dei  rispettivi   ordinamenti
didattici.   Non   puo',    dunque,    ritenersi    ammissibile    la
regolamentazione differenziata, da parte delle regioni, di una figura
professionale che sostanzialmente non e'  stata  definita,  ancorche'
formalmente prevista dalla legge statale.
    D'altronde,  anche  la  giurisprudenza   amministrativa   si   e'
attestata su tali conclusioni.
    Il Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n. 3410/2013,  ha
precisato che  «successivamente  alla  riforma  del  Titolo  V  della
Costituzione,  nella  materia  delle  professioni,  rientrante  nella
competenza   legislativa    concorrente,    costituiscono    principi
fondamentali  (come  tali   riservati   alla   legge   statale),   la
determinazione delle figure  professionali  e  la  definizione  degli
elementi costitutivi e delle modalita' formative, per cui non  spetta
alla  legge  regionale  creare   nuove   professioni   o   introdurre
diversificazioni in seno all'unica figura professionale  disciplinata
dalla legge statale  [...];  coerentemente  sono  ritenuti  lesivi  i
provvedimenti  regionali  che  regolano  ultra   vires   i   percorsi
professionali sanitari invadendo la competenza  statale  (cfr.  Cons.
Stato, sez, V, 8 luglio 2010, n. 4427); in definitiva, la circostanza
che  il  T.U.L.S.  contempli  ancora  formalmente   la   figura   del
massaggiatore -  capo  bagnino  degli  stabilimenti  idroterapici  e'
irrilevante  in  assenza  di  una  compiuta  disciplina  di   settore
armonicamente ricomposta sui due livelli di competenza previsti dalla
Costituzione (statale e regionale)».
    Il Consiglio di Stato, inoltre, ha evidenziato  come  le  riforme
intervenute nel 1999 (in particolare la legge n. 42 del 1999, che  ha
trasformato le arti sanitarie ausiliarie  in  professioni  sanitarie,
attraendo la relativa formazione nell'area del diploma universitario,
nonche' l'art. 3-octies del d.lgs. n. 502/1992), «dimostrano  che  le
nuove professioni non possono cominciare a vivere nell'ordinamento se
manca  l'individuazione  dei  profili  che  le  caratterizzano  e  la
descrizione dei relativi percorsi formativi».
    Peraltro,  a  ulteriore  dimostrazione  di  come,   nel   settore
sanitario,  le  esigenze  di  unitarieta'  nella   disciplina   delle
professioni assumano carattere di particolare importanza, si  ritiene
opportuno richiamare la legge 1° febbraio 2006, n. 43,  che  prevede,
ai  fini   dell'individuazione   di   nuove   figure   professionali,
nell'ambito delle aree professionali  sanitarie  gia'  individuate  a
livello statale, una procedura molto complessa che implica  anche  il
coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni e il necessario  parere
tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita'.
    Si ritiene, pertanto, che l'art. 4 della legge regionale n.  6/14
citata,  nel  disciplinare  il  percorso  formativo  per  l'esercizio
dell'arte ausiliaria di massaggiatore e di  capo  bagnino,  contrasti
con la richiamata legislazione statale in materia di «professioni»  e
di «tutela della salute» e, conseguentemente, violi l'art. 117, comma
3, della Costituzione.
 
                              P. Q. M.
 
    Si conclude perche' gli articoli 1; 3, commi 1, 5, 6, 7, 8 e 9; e
4 della legge regione Abruzzo n. 6 del 4  gennaio  2014  indicata  in
epigrafe siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.
    Si produce  l'estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 7 marzo 2014.
      Roma, 11 marzo 2014
 
                  L'Avvocato dello Stato: Palmieri

 

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