RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 aprile 2009 , n. 25
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato il  2
aprile 2009 (della Regione Veneto). 
 
(GU n. 20 del 20-5-2009) 
 
    Ricorso per la Regione Veneto,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale, autorizzato mediante  delibera  della
Giunta regionale 10 marzo 2009, n. 556, rappresentata e difesa,  come
da procura speciale a margine del presente  atto,  dagli  avv.  prof.
Mario Bertolissi del  Foro  di  Padova,  Ezio  Zanon  dell'Avvocatura
regionale e  Luigi  Manzi  del  Foro  di  Roma,  presso  quest'ultimo
domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5; 
    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, n.  12,
per la declaratoria di illegittimita' costituzionale - per violazione
degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost.,  nonche'  del  principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 cost. e 11 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - dell'art. 18, comma  4-sexies,
del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185  «Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro  strategico  nazionale»,  introdotto
dalla  legge  di  conversione  28  gennaio  2009,   n.   2,   recante
«Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del  decreto-legge  29
novembre 2008, n. 185 (.)», pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  28
gennaio 2009, n. 22 s.o. n. 14. 
                     F a t t o  e  d i r i t t o 
    1. - La Regione Veneto ricorre oggi a codesto ecc.mo Collegio per
chiedere che  esso  dichiari  l'illegittimita'  costituzionale  della
previsione  normativa  di  cui  all'art.  18,  comma  4-sexies,   del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185  «Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro  strategico  nazionale»,  nel  testo
risultante a seguito della conversione in legge, che qui si riporta: 
        «All'art. 61  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
dopo il comma 7 e' inserito il seguente: 
          ''7-bis. A decorrere dal 1° gennaio  2009,  la  percentuale
prevista dall'art. 92, comma 5, del  Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163,  e  successive  modificazioni,  e'  destinata
nella misura dello 0,5 per cento alle finalita' di cui alla  medesima
disposizione e, nella  misura  dell'1,5  per  cento,  e'  versata  ad
apposito capitolo dell'entrata in bilancio  dello  Stato  per  essere
destinata al fondo di cui al comma 17 del presente articolo''». 
    La  previsione  normativa  impugnata   reintroduce,   nell'ambito
dell'art. 61 del decreto-legge n. 112/2208, la misura di contenimento
della spesa pubblica che era stata originariamente prevista al  comma
8 del medesimo articolo, impugnato, assieme ai commi 9, 14, 19, 20  e
21, dalla Regione Veneto con ricorso in via  principale  inserito  al
ruolo con il n. 70/08. Pendente il  ricorso,  il  comma  8  e'  stato
abrogato ad opera dell'art. 1, comma 10-quater, del decreto-legge  23
ottobre  2008,  n.  162,  nel  testo  risultante  a   seguito   della
conversione in legge. 
    In ragione della  sostanziale  reintroduzione,  nel  nuovo  comma
7-bis dell'art. 61 del decreto legge n. 112/2008,  e  quindi  in  una
disposizione formalmente nuova, di una misura gia' oggetto di ricorso
regionale, la Regione Veneto  Ritiene  necessario  tornare  ad  adire
codesta ecc.ma Corte. 
    All'illustrazione  delle  singole   censure,   tuttavia,   sembra
opportuno premettere  qualche  considerazione  preliminare  circa  il
contenuto e l'ambito soggettivo di  applicazione  della  disposizione
impugnata. 
    2. - La previsione normativa sottoposta al sindacato  di  codesta
ecc.ma Corte prevede  che,  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2009,  la
percentuale, non superiore al 2 per cento dell'importo a base di gara
di un'opera o di un lavoro, che - ai sensi dell'art. 92, comma 5, del
Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006) - veniva ripartita
a favore del responsabile del procedimento e degli  incaricati  della
redazione del progetto, della direzione dei lavori,  del  collaudo  e
dei loro collaboratori, venga, invece, destinata solo per lo 0,5  per
cento al suddetto fine e per il restante 1,5 per cento venga  versata
in un apposito capitolo del bilancio dello Stato per essere destinata
al fondo di  parte  corrente  di  cui  all'art.  61,  comma  17,  del
decreto-legge n. 112/2008. 
    Il legislatore statale, pur non facendo  espresso  riferimento  a
regioni, enti ad esse strumentali ed enti locali, richiamando  l'art.
92, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, che  si  riferisce  a
tutte le amministrazioni  aggiudicatrici,  ha  posto  gli  interpreti
dinnanzi  ad  un  serio  problema   di   individuazione   dell'ambito
soggettivo di applicazione della nuova disciplina dei corrispettivi e
degli incentivi alla progettazione. 
    Ove quest'ultima dovesse ritenersi cogente  anche  per  gli  enti
sopra richiamati essa concreterebbe  una  lesione  delle  prerogative
loro costituzionalmente garantite. 
    La regione Veneto, dunque, si rivolge a codesto ecc.mo  Collegio,
affinche', ove quest'ultimo dovesse ritenere applicabile il  disposto
in esame anche a regione, enti strumentali regionali ed enti  locali,
ne  dichiari  in  parte  qua  l'illegittimita'   costituzionale   per
violazione degli artt. 3, 97, 117,  118  e  119  Cost.,  nonche'  del
principio di leale collaborazione. 
    Il fatto che si tratti di domanda ammissibile e' fuor di  dubbio:
codesta ecc.ma Corte ha gia' chiarito che, «a  differenza  di  quanto
accade per il  giudizio  in  via  incidentale,  il  giudizio  in  via
principale  puo'  concernere  questioni  sollevate  sulla   base   di
interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili» e che  «il
principio vale soprattutto nei casi in cui su una legge non si  siano
ancora  formate  prassi  interpretative  in  grado  di  modellare   o
restringere il raggio delle sue astratte  potenzialita'  applicative»
(cfr. Corte cost., sent., 18 luglio 2008,  n.  289,  nella  quale  si
richiamano: Corte cost., sent., 4 luglio 2003, n. 228;  Corte  cost.,
sent., 23 dicembre 2004, n. 412;  Corte  cost.,  sent.,  15  dicembre
2005, n. 449). 
    3. Deve, innanzitutto, evidenziarsi che la  disciplina  normativa
impugnata  risulta  contrastare  con  il  riparto  delle   competenze
legislative delineate dall'art. 117 Cost. 
    Essa si innesta nell'ambito dei  contratti  pubblici  di  lavori,
ambito che, assieme all'intera attivita' contrattuale della  pubblica
amministrazione, non e' riconducibile  ad  una  sola  delle  numerose
materie elencate all'art. 117 cost. e sul quale continua a  mantenere
una posizione di  prevalenza  (pur  dopo  l'intervenuta  riforma  del
Titolo  V  della  Costituzione)  la  potesta'  legislativa  esclusiva
statale. Molteplici profili relativi a suddetti contratti, infatti, -
come rilevato da codesto ecc.mo Giudice -  afferiscono  alla  «tutela
della concorrenza», all'«ordinamento civile» e alla «giurisdizione  e
giustizia amministrativa», di cui parla l'art.  117,  secondo  comma,
cost. (cfr. Corte cost., sent., 23 novembre 2007, n. 401). 
    Non puo' sottacersi,  tuttavia,  che  la  disposizione  normativa
impugnata, la quale - come ricordato - si occupa dell'incentivo  alla
progettazione, non sembra rientrare in nessuna delle materie  di  cui
all'art. 117, secondo comma, cost. Ne discende che, almeno per quanto
attiene regioni ed enti  strumentali  regionali  che  si  trovino  in
posizione  di  stazione  appaltante,  la  disciplina   dei   suddetti
incentivi spetta alla regione. 
    Vano  sarebbe,  poi,  l'eventuale  tentativo  di  controparte  di
prospettare  la  disposizione  normativa  impugnata  come   principio
fondamentale  del  «coordinamento  della  finanza  pubblica»  di  cui
all'art. 117, terzo comma, Costituzione. 
    Nella giurisprudenza di questa  codesta  ecc.ma  Corte  e'  ormai
consolidato, infatti, l'orientamento secondo cui  norme  statali  che
fissano  limiti  alla  spesa  di  enti  pubblici  regionali   possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla seguente duplice condizione: in  primo  luogo,  che  si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che  non  prevedano
in modo esaustivo strumenti o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi (cfr. Corte cost., sent., 24 aprile 2008, n.  120;
Corte cost., sent., 17 dicembre 2008, n. 412; Corte cost., sent.,  17
maggio 2007, n. 169; Corte cost., sent., 10 marzo 2006, n. 88;  Corte
cost., sent., 28 dicembre  2006,  n.  449;  Corte  cost.,  sent.,  14
novembre 2005, n. 417; Corte cost., sent., 26 gennaio 2004,  n.  36).
Nessuna ditali condizioni e' rispettata dalla disciplina in esame. 
    La previsione del  legislatore  statale  impugnata,  infine,  non
potra' passare indenne il sindacato di costituzionalita' neppure  ove
ritenuta normativa statale «cedevole». 
    Premesso che questo patrocinio Ritiene che la nuova  collocazione
della legge  regionale  nel  sistema  delle  fonti,  originata  dalla
riforma costituzionale del 2001, abbia escluso fin dalla sua  entrata
in vigore, la legittimita' delle  norme  statali  c.d.  cedevoli,  si
rileva come - anche a non accedere  a  questa  tesi  -  esse  debbano
essere considerate oggi, a oltre otto anni dalla riforma  del  Titolo
V, inaccettabili, essendo ormai conclusa la fisiologica fase di avvio
di detta modifica  costituzionale.  Inoltre,  a  conforto  di  quanto
affermato,  sembra  opportuno  evidenziare,  in  risposta  alla  piu'
fondata  eccezione  dei   sostenitori   della   teoria   della   c.d.
cedevolezza, che l'interpretazione che nel  tempo  la  giurisprudenza
costituzionale ha dato dell'art. 120 Cost., per mezzo della quale  si
e' ritenuta possibile la sostituzione dello  Governo  nazionale  agli
organi legislativi regionali, si pone come  rimedio  efficace,  e  da
solo  sufficiente,  a  scongiurare  il  mancato   adeguamento   della
legislazione regionale a  quella  statale  di  principio  intervenuta
negli ambiti e nei limiti  ad  essa  propri.Sul  punto,  si  veda  L.
Antonini, Sono  ancora  legittime  le  norme  statali  cedevoli?,  in
www.associazionedeicostituzionalisti.it,   2002   e   S.    Panunzio,
Audizione alla Commissione affari  costituzionali  del  Senato  della
Repubblica, in www.senato. it 
    4.  -  Con  riguardo  alla  disposizione  impugnata,  la  regione
ricorrente  lamenta,  poi,  la  violazione  della  propria  autonomia
finanziaria, riconosciuta e sancita all'art. 119 Cost. 
    La norma impugnata, infatti, sempre sul presupposto che essa  sia
ritenuta applicabile  anche  a  regioni,  enti  strumentali  ed  enti
locali, pone dei vincoli puntualissimi e significativi alla spesa dei
bilanci regionali e degli enti locali che  non  si  traducono  in  un
«limite complessivo, che lascia agli enti stessi  ampia  liberta'  di
allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di  spesa»
(cosi', ex plurimis, Corte cost., sent., 26 gennaio 2004,  n.  36)  e
che, per di piu', dispongono unilateralmente che le risorse sottratte
alla loro  originaria  finalita'  confluiscano  in  un  capitolo  del
bilancio statale. 
    5. - Anche per la disciplina oggi impugnata, la regione  Ritiene,
inoltre, di censurare una inaccettabile violazione del  principio  di
leale collaborazione. 
    E' evidente,  infatti,  che  vigente  l'attuale  Titolo  V  della
Costituzione, e stante l'ormai assodata incapacita'  del  sistema  di
riparto  scelto   dal   Costituente   di   individuare   e   limitare
efficacemente gli  ambiti  di  competenza  statale  e  regionale,  il
principio di leale collaborazione deve essere  tenuto  nella  massima
considerazione dai diversi livelli di governo e, in primis, da quello
statale,  qualora  si  accingano  ad  intervenire   su   ambiti   non
incontestabilmente  devoluti  alla  competenza  esclusiva  statale  o
regionale o in casi di interferenze  e  sovrapposizioni  tra  materie
(cfr. Corte cost., sent., 1° giugno 2006, n. 213). 
    Ora, nella fattispecie portata all'attenzione di  Codesto  Ecc.mo
Giudice, nessuno spazio e' stato dato al dialogo con le  Regioni,  il
cui coinvolgimento non e' stato cercato ne' ex ante,  al  momento  di
introdurre l'innovazione legislativa, ne' ex post,  sul  punto  della
programmazione  e  della  determinazione  della  destinazione   delle
risorse   sottratte   ai   corrispettivi   e   agli   incentivi    di
programmazione. 
    6. - La previsione normativa di cui all'art. 18, comma  4-sexies,
del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, di modifica  all'art.  61
del decreto-legge  n.  112/2008,  inoltre,  si  segnala  per  la  sua
posizione di contrasto rispetto ai principi di cui agli artt. 3, 97 e
118 Cost. 
    Si deve ricordare, infatti, che essa riduce di 2/3 l'importo  del
2 per cento sulla base di gara destinato dall'art. 92, comma  5,  del
Codice  dei  contratti  pubblici  a  corrispettivo  e  incentivo   da
ripartirsi  a  favore  del  responsabile  del  procedimento  e  degli
incaricati della redazione del progetto, della direzione dei  lavori,
del  collaudo  e  dei  loro  collaboratori.  Ne  consegue  che,   con
l'eccezione dei grandi appalti di lavoro, ove  l'importo  a  base  di
gara e' rilevante, la somma da dividere tra i suddetti  soggetti  non
e' oggi tale da soddisfare il compito per  cui  era  stata  prevista:
ossia di retribuire e incentivare l'attivita' prestata dagli  addetti
alle  delicate  fasi  di  progettazione  ed  esecuzione  delle  opere
pubbliche. 
    La previsione impugnata, dunque, si  inserisce  nella  disciplina
ricordata in modo del tutto irragionevole: diminuendone enormemente -
fino praticamente ad annullarla nella maggior parte dei casi concreti
- la capacita' di soddisfare la finalita' di incentivo  per  cui  era
nata.    E    cio'    fa,    per    altro,    violando    l'autonomia
organizzativo-amministrativa  delle  regioni  e  turbando   il   buon
andamento della pubblica amministrazione che anche  della  previsione
di cui all'art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 tiene  conto  per
gestire efficacemente ed efficientemente  la  difficile  materia  dei
contratti pubblici. 
(1) Sul punto, si veda  L.  Antonini,  Sono  ancora  legittime  le  norme
statali cedevoli?, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2002 e
S. Panunzio, Audizione alla  Commissione  affari  costituzionali  del
Senato della Repubblica, in www.senato. it 

        
      
                              P. Q. M. 
    Si chiede che l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  18,  comma  4-sexies,  del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185  «Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro  strategico  nazionale»,  introdotto
dalla  legge  di  conversione  28  gennaio  2009,   n.   2,   recante
«Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del  decreto-legge  29
novembre 2008, n. 185 (.)», pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  28
gennaio 2009, n. 22 s.o. n. 14, per violazione  degli  artt.  3,  97,
117, 118 e 119 Cost., nonche' del principio di  leale  collaborazione
di cui agli artt. 5 e 120 cost. e 11 della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3. 
        Padova-Roma, addi' 23 marzo 2009 
  Avv. Prof. Mario Bertolissi - Avv. Ezio Zanon - Avv. Luigi Manzi 

        

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