Ricorso n. 25 del 22 febbraio 2005 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 Febbraio 2005 - 22 Febbraio 2005 , n. 25
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 febbraio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 11 del 16-3-2005)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rapp.to e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la sua sede in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, domiciliato;
Contro la Regione Campania, in persona del Presidente in carica
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli
2, comma 2, lettere b) e d), nonche' 3, comma 4 della legge regionale
20 dicembre 2004, n. 13, concernente «Promozione e valorizzazione
delle universita' della Campania», pubblicata sul B.U.R.C. n. 63 del
22 dicembre 2004.
F a t t o
Con la legge indicata in epigrafe la Regione Campania -
evidentemente attivando il potere di legislazione concorrente
attribuito (specularmente a quanto previsto dall'art. 117, comma 2,
lett. n) della Costituzione) dall'articolo 117 comma 3 della
Costituzione alle Regioni in materia - tra l'altro - di «istruzione,
salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con l'esclusione
della istruzione e della formazione professionale» ha emanato norme
volte alla dichiarata finalita' di promozione della tutela,
valorizzazione e sviluppa delle universita' operanti sul territorio
regionale campano.
A tale scopo risultano enunciate disposizioni di tipo
strumentale, organizzativo e finanziario, culminanti nella formazione
di uno strumento triennale di programmazione e gestione degli
interventi relativi ai vari atenei ed alle rispettive attivita', da
adottarsi nel rispetto della normativa nazionale di riferimento.
Alcune di tali previsioni, peraltro, risultano incidere sulla
competenza legislativa e regolamentare attribuita in via esclusiva
allo Stato dalla Costituzione (art. 33, comma 6 e art. 117, comma 2,
lett. n).
Si tratta in particolare: a) dell'art. 2, comma 2, lettera b),
che attribuisce alla programmazione regionale «l'istituzione e il
finanziamento di scuole di eccellenza e di master»; b) dell'art. 2,
comma 2, lettera d), che attribuisce alla programmazione regionale
«gli accordi di programma tra ministero, atenei e altri soggetti
pubblici e privati»; c) dell'art. 3, comma 4, laddove prevede che i
docenti universitari che compongono il comitato di indirizzo e
programmazione «non possono ricoprire le funzioni di rettore,
presidente di polo, preside di facolta' o altri incarichi di
direzione accademica».
Cosicche' in relazione a dette disposizioni il Presidente del
Consiglio dei ministri, previa intervenuta delibera del Consiglio dei
minilstri, con il presente ricorso promuove questione di legittimita'
costituzionale, a norma dell'art. 127, comma 1, della Costituzione,
per il seguente motivo di
D i r i t t o
Violazione dell'art 117, comma 6, della Costituzione, in
relazione all'art. 33, comma 6 e all'art. 117, comma 2, lett. n)
della Costituzione.
Come di recente ribadito da codesta Corte con la sentenza n. 423
del 2004, l'art. 33, comma 6 della Costituzione, allorquando prevede
che «Le universita' hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi
nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato», introduce una riserva
di legge statale in materia di universita' che include, tra l'altro,
la disciplina dei percorsi formativi e dei relativi titoli di studio
(laurea, laurea magistrale, etc.) della programmazione universitaria
e dello stato giuridico del personale docente e non docente.
E' nell'ambito della cornice in tal modo definita dalla potesta'
legislativa e regolamentare dello Stato che le universita' esercitano
la propria autonomia didattica: ed e' fuor di dubbio che anche la
potesta' regolamentare in materia spetti allo Stato, in relazione a
quanto previsto dall'art. 117, comma 6, della Costituzione.
Del resto, secondo la Costituzione tutto l'ordinamento della
pubblica istruzione e' unitario, e l'unita' resta assicurata, per il
sistema scolastico in genere da «norme generali», dettate dalla
Repubblica (art. 33, comma 2, e art. 117, comma 2, lett. n) Cost.);
per il sistema universitario, in quanto costituito da «ordinamenti
autonomi», da «limiti stabiliti da leggi dello Stato» (art. 33, comma
6, Cost.).
In tali termini si e' espressa codesta Corte costituzionale nella
sentenza 27 novembre 1999 n. 383, precisando altresi' che: «Gli
ordinamenti autonomi delle universita', cui la legge, secondo
l'art. 33 della Costituzione, deve fare da cornice, non possono
considerarsi soltanto sotto l'aspetto organizzativo interno,
manifestatesi in amministrazione e in normazione statutaria e
regolamentare. Per l'anzidetto rapporto di necessaria reciproga
implicazione, l'organizzazione deve considerarsi anche sul suo lato
funzionale esterno, coinvolgente i diritti e incidente su di essi:
La necessita' di leggi dello Stato, quali limiti dell'autonomia
ordinamentale universitaria vale pertanto sia per l'aspetto
organizzativo sia, a maggior ragione, per l'aspetto funzionale che
coinvolge i diritti di accesso alle prestazioni.
In questo modo, all'ultimo comma dell'art. 33 viene a conferirsi
una funzione, per cosi' dire, di cerniera, attribuendosi alla
responsabilita' del legislatore statale la predisposizione di limiti
legislativi all'autonomia universitaria relativi tanto
all'organizzazione in senso stretto, quanto al diritto di accedere
all'istruzione universitaria».
Ne consegue che, in conformita' al dettato costituzionale, nessun
altro soggetto che non sia lo Stato puo' introdurre limiti di sorta
all'autonomia universitaria, tanto sotto il profilo organizzativo che
sotto quello attinente al diritto allo studio e allo status del
relativo personale, docente e non.
A tanto aggiungasi che la medesima gia' citata sentenza n. 383
del 1998 ha anche precisato che «sotto l'aspetto dei rapporti tra
potesta' legislativa e potesta' normativa del Governo, nulla nella
Costituzione esclude 1'eventualita' che un'attivita' normativa
secondaria possa legittimamente essere chiamata dalla legge stessa ad
integrarne i contenuti sostanziali, quando - come nella specie - , si
versi in aspetti della materia che richiedono determinazioni bensi'
unitarie, e quindi non rientranti nelle autonome responsabilita' dei
singoli atenei, ma anche tali da dover essere conformate a
circostanze e possibilita' materiali varie e variabili, e quindi non
facilmente regolabili in concreto secondo generali e stabili
previsioni legislative».
In altri termini (come soggiunge codesta Corte) «la riserva di
legge e' tale da comportare, da un lato, la necessita' di non
comprimere l'autonomia delle universita', per quanto riguarda gli
aspetti della disciplina che ineriscono a tale autonomia; dall'altro,
la possibilita' che la legge, ove non disponga essa stessa
direttamente ed esaustivamente, preveda l'intervento normativo
dell'esecutivo, per la sua specificazione concreta della disciplina
legislativa, quando la sua attuazione, richiedendo valutazioni
d'insieme, non e' attribuibile all'autonomia delle universita».
Tale ultima proposizione risulta compatibile, ed anzi appare
rafforzata dal disposto del comma 3 del nuovo art. 117, il quale
stabilisce che «La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva» cosicche' non e' ammissibile che
la legislazione regionale in alcun modo possa entrarvi.
Alla stregua di quanto sin qui esposto, si rivelano lesive delle
attribuzioni legislative e regolamentari esclusive dello Stato le
seguenti disposizioni contenute nella legge regionale di cui in
epigrafe.
A) L'art. 2, comma 2, lettera b) attribuendo alla programmazione
regionale «l'istituzione e il finanziamento di scuole di eccellenza e
di master», contrasta, in particolare, con il principio dettato
dall'art. 17, comma 95, della legge n. 127 del 1997, secondo il quale
i criteri generali dell'ordinamento degli studi dei corsi di diploma
universitario, di laurea e di specializzazione sono definiti con uno
o piu' decreti del Ministro dell'Universita'.
In attuazione di tale disposizione, infatti, e' stato adottato il
decreto ministeriale n. 270, recante norme concernenti l'autonomia
didattica degli atenei, il quale individua, tra l'altro, all'art. 3,
«i corsi di studio e i titoli» rilasciati dalle universita'.
B) L'art. 2, comma 2, lettera d), attribuendo alla programmazione
regionale «gli accordi di programma tra Ministero, atenei e altri
soggetti pubblici e privati», si pone in contrasto con l'art. 20,
comma 8, lettere a) e b), della legge n. 59 del 1997, che demanda ad
appositi regolamenti da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2,
della legge n. 400/1988, l'individuazione delle norme generali
regolatrici dello sviluppo e della programmazione del sistema
universitario.
Piu' in particolare, la disposizione regionale si pone in
contrasto con lo specifico strumento attuativo del menzionato
art. 20, comma 8, lett. a) della legge n. 59/1997, costituito dal
decreto del Presidente della Repubblica n. 25 del 1998 il quale,
all'art. 2, comma 2, demanda espressamente ad un decreto del Ministro
dell'istruzione la programmazione, tra l'altro, proprio degli
«accordi di programma tra Ministero, atenei e altri soggetti pubblici
e privati».
C) L'art. 3, comma 4, prevedendo che i docenti universitari che
compongono il comitato di indirizzo e programmazione «non possono
ricoprire le funzioni di rettore, presidente di polo, preside di
facolta' o altri incarichi di direzione accademica», viola la legge
n. 28 del 1980, che conferisce delega al Governo in ordine a
riordinamento della docenza universitaria.
Esso, in particolare, si pone in aperto contrasto con l'art. 13
del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382
che, nell'attuare detta delega, stabilisce tassativamente i casi di
incompatibilita' dei docenti universitari.
P. Q. M.
Chiede che la Corte costituzionale, in accoglimento del presente
ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni della legge Regione Campania n. 13/2004, indicate in
epigrafe.
Roma, addi' 16 febbraio 2005
Avvocato dello Stato: Antonio Cingolo