N. 26 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 marzo 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° marzo 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 11 del 17-3-2004)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, giusta
delibera del 13 febbraio 2004, con l'Avvocatura generale dello Stato,
negli uffici della quale in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia
per legge;

Contro Regione Umbria, in persona del presidente della giunta
regionale, con sede in Perugia, corso Vannucci n. 96, per la
dichiarazione di incostituzionalita' dell'articolo 6, comma 1, lett.
g) della l.r. Umbria 22 dicembre 2003, n. 24, avente ad oggetto:
«Sistema museale regionale - Salvaguardia e valorizzazione dei beni
culturali connessi» (pubblicata nel B.U.R. del 24 dicembre 2003,
n. 54 - supplemento ordinario n. 2), per contrasto con gli articoli
117, comma 2, lett. s) e m) della Costituzione.
1. - Il contenuto della legge.
La Regione Umbria con la l.r. 22 dicembre 2003, n. 24 disciplina,
ai fini della valorizzazione dei beni culturali e ambientali e della
promozione ed organizzazione delle connesse attivita' culturali,
l'esercizio delle funzioni programmatorie e amministrative inerenti i
musei, le raccolte e le altre strutture degli enti locali e di
interesse locale e la gestione dei musei e degli altri beni culturali
dello Stato trasferiti in gestione alla regione, alle province o ai
comuni, ai sensi dell'articolo 150 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (articolo 1).
Per le finalita' di cui alla legge in esame legge la regione
opera congiuntamente agli enti locali e persegue ogni possibile
intesa con gli organi centrali e periferici dello Stato, con la
chiesa cattolica e con altri soggetti pubblici e privati, anche
mediante accordi di programma e altre forme pattizie e individua
nella organizzazione in sistema dei musei, delle raccolte e delle
altre strutture di cui all'articolo 1, la condizione fondamentale per
conseguire le finalita' che si propone.
La organizzazione del Sistema museale dell'Umbria, secondo il
tenore delle disposizioni in esame, risponderebbe ai principi
costituzionali di sussidiarieta' verticale e orizzontale,
differenziazione e adeguatezza e si conformerebbe ai principi
dell'Unione europea in materia. La legge prevede che i soggetti
pubblici, ecclesiastici e privati titolari di musei, di raccolte e di
altre strutture, che intendano aderire al Sistema museale
dell'Umbria, debbano presentare apposita istanza alla giunta
regionale ed istituisce un apposito Osservatorio tecnico scientifico
del Sistema museale dell'Umbria, composto dal dirigente del
competente servizio della giunta regionale, che lo presiede, da
quattro dipendenti degli enti locali designati dal Consiglio delle
Autonomie, da un rappresentante della Conferenza episcopale umbra, da
un rappresentante designato congiuntamente dai musei di proprieta'
privata che partecipano al Sistema, da due esperti nelle discipline
attinenti alla presente legge designati uno dalla giunta regionale e
uno dalla Soprintendenza regionale.
E' inoltre previsto che ogni misura di salvaguardia, gestione,
valorizzazione e promozione di beni culturali inerenti i musei, le
raccolte e le altre strutture di proprieta' di enti ed istituzioni
ecclesiastiche, deve essere compatibile con la loro destinazione alla
pubblica fruizione e all'uso di culto.
Gli articoli 6 e 7, collocati nel titolo II, individuano
analiticamente le funzioni della regione e quelle dei comuni, mentre
il successivo articolo 8 (titolo III) prevede un Piano triennale per
il Sistema museale dell'Umbria, approvato dal Consiglio regionale in
coerenza col documento annuale di programmazione e su proposta della
giunta. Il titolo IV, infine, contiene disposizioni relative al
finanziamento del Sistema, che si giova di risorse sia statali che
regionali che comunitarie, oltre che di proventi derivanti da atti di
liberalita'.
2. - Il contenuto dell'articolo 6, comma 1, lettera a)
(valorizzazione dei beni culturali e ambientali promozione e
organizzazione di attivita' culturali ai sensi dell'articolo 117
della Costituzione), b) (concorso con lo Stato, mediante forme di
intesa e coordinamento, nella metria della tutela dei beni culturali
ai sensi dell'articolo 118, terzo comma, della Costituzione) allo
stato non appare eccedere i poteri della regione, in quanto le
previsioni si riferiscono formalmente a norme costituzionali, che in
relazione all'interesse unitario proprio della materia, dovranno
essere concretizzate da norme statali che, individuando l'ambito
dell'interesse unitario, fisseranno principi e norme per la uniforme
protezione dell'interesse primario della cultura, quale
costituzionalizzato nell'articolo 9.
3. - I profili di incostituzionalita'.
La disposizione contenuta nell'articolo 6, comma 1, lett. g)
(determinazione e verifica degli standard qualitativi e quantitativi
da assicurare nell'esercizio delle funzioni di conservazione,
valorizzazione, gestione e promozione del patrimonio culturale e dei
musei, delle raccolte e delle altre strutture di proprieta' pubblica)
della legge regionale 24/2003, viola gli articoli 117, comma 2, lett.
s) della Costituzione («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei
beni culturali») e l'art. 117, comma 2, lett. m) («determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale»). Le predette norme costituzionali sono applicazione
dell'articolo 9 della Costituzione.
La disposizione viola la competenza regionale in quanto
parcellizza la tutela dei beni culturali che e' valore unitario
nazionale e, come tale, attribuito alla legislazione statale, unico
mezzo per evitare il pregiudizio ad un patrimonio comune che sarebbe
irreparabilmente pregiudicato da un approccio particolaristico, che
non ha base ne' culturale, ne' tradizionale, ne' formale. Lo stesso
art. 150, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998, del quale dovrebbe essere
verificata la attualita' dopo la modifica del Titolo V della
Costituzione, riserva allo Stato la tutela dei beni culturali
trasferiti in gestione alla regione e la fissazione dei criteri
tecnico-scientitifici e gli standard minimi da osservare
nell'esercizio delle attivita' trasferite «in modo da garantire un
adeguato livello di fruizione collettiva dei beni, la loro sicurezza
e la prevenzione dei rischi» (comma 6): conferma questa e delle
unitarieta' del trattamento dei beni culturali e della centralita'
delle funzioni statuali.
La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella
disciplina delle attivita' dirette, sulla base di una adeguata
attivita' conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il
patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione
per fini di pubblica fruizione compatibili. Trattasi di attivita'
assai complessa e specialistica che non consente diversita' di
metodologie e di scelte di fondo. La metodologia di intervento deve
essere unitaria in relazione alla specificita' del singolo bene
culturale. E cio', in quanto la tutela e la valorizzazione del bene
culturale deve garantirne in ogni caso la conservazione. Deve,
dunque, essere verificata la compatibilita' della valorizzazione del
bene con la sua integrita' fisica. Trattasi, dunque, di una attivita'
per definizione unitaria che mal si concilia con prese di posizione
localistiche, quantunque astrattamente improntate nelle intenzioni
alla massima considerazione del bene culturale, che e' per sua natura
testimonianza insostituibile della civilta' e della cultura dei
luoghi di collocazione (contestualizzazione). Orbene, la disposizione
dell'art. 6, comma 1, lettera g), della legge regionale in esame
omettendo ogni richiamo alle disposizioni statali che tutelano tale
interesse unitario, coessenziale alla attivita' di tutela, si pone in
contrasto con non equivoche disposizioni costituzionali, che
attribuiscono alla legislazione statale la disciplina della tutela
dei beni culturali indipendentemente dalla loro appartenenza
proprietaria: l'esercizio delle funzioni di tutela si esplica,
invero, anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare
diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale. La
disposizione della legge regionale umbra, all'incontrario,
attribuisce alla Regione il potere esclusivo di determinare e
verificare gli standard qualitativi e quantitativi da assicurare
nell'esercizio delle funzioni di conservazione, valorizzazione,
gestione e promozione del patrimonio culturale e dei musei, delle
raccolte e delle altre strutture di proprieta' pubblica.
Le funzioni di conservazione dei beni culturali non sono oggetto
di alcun esercizio da parte delle regioni, rientrando esse
nell'ambito della tutela, che e' di competenza esclusiva legislativa
dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione. Pertanto, mai potrebbe accadere che standard
qualitativi afferenti la tutela possano essere determinati
unilateralmente da ogni singola regione e se venissero in essere
sarebbero incostituzionali.
4. - Inoltre la fissazione di standard qualitativi, che per loro
natura non possono che essere nazionali, coincide senz'altro con la
determinazione dei «livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti ... sociali che devono essere garantiti sull'intero
territorio nazionale», in modo uniforme, ai sensi sempre
dell'articolo 117, comma 2, lett. m) Cost. L'interesse e' nazionale,
non sono ammessi interventi nella sfera proprietaria se non con legge
statale, trattasi di materia specialistica nella quale l'eventuale
contrasto specialistico non puo' in alcun caso assurgere a livello di
espressione della autonomia regionale, che e' relativa esclusivamente
a scelte politiche non a scelte tecniche, quindi siamo fuori campo
rispetto alle legittime rivendicazioni di competenza regionali.
Non puo' esistere un modus umbro di tutela accanto ad un modus
lombardo o altro, ma deve esistere unicamente un modus concordato
nazionale e la formalizzazione della scelta e' costituzionalmente
attribuita al legislatore nazionale.
5. - Anche se il significato precettivo della norma contenuta
nell'articolo 6, comma 1, lettera g) l.r. cit. si riferisse nel
complesso ad aspetti che attengono alla potesta' concorrente di
valorizzazione, la censura di incostituzionalita' sarebbe parimenti
fondata, atteso che nell'esercizio della predetta potesta' la regione
non puo' certo sostituirsi allo Stato nel dettare i «principi
fondamentali», quali sono quelli relativi alla determinazione di
livelli standard. La valorizzazione, invero, consiste nell'esercizio
delle funzioni e nella disciplina delle attivita' dirette a
promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le
migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del
patrimonio culturale, che necessariamente presuppone la sua
conservazione e modalita' di svolgimento della attivita' che non
pregiudichi la integrita' del bene o il suo degrado per una
utilizzazione impropria.
La frammentazione dei criteri standard e' antitetica al
riconosciuto interesse unitario che sta alla base della previsione
costituzionale, che si ricollega, tra l'altro, ad un interesse
unitario quale e' quello relativo alla tutela, salvaguardia e
valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, che non ammette
frammentazione o interpretazioni localistiche (art. 9 Cost.)
Da un errore di impostazione nell'intervento di tutela del bene
culturale non e' danneggiata la sola comunita' locale, ma l'intera
collettivita' nazionale. Semmai la manifestata sensibilita' del
legislatore regionale puo' essere fattore di stimolo, in un rapporto
di leale collaborazione, per un intervento che soddisfi pienamente
l'interesse comune secondo il principio della valorizzazione
sostenibile, ma la norma dovrebbe essere scritta in un modo
totalmente diverso nella linea dei principi costituzionali.


P. Q. M.
Si chiede, su tali premesse, che sia dichiarata la illegittimita'
costituzionale dell'articolo 6, comma 1, lett. g) della legge
regionale Umbria 22 dicembre 2003, n. 54.
Roma, addi' 18 febbraio 2004
Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli

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