Ricorso n. 26 del 21 febbraio 2006 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 febbraio 2006 , n. 26
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 febbraio 2006 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 11 del 15-3-2006)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12, domicilia; Contro la Regione Friuli-Venezia Giulia in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge regionale n. 30 del 13 dicembre 2005 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 50 del 14 dicembre 2005 recante «Norme in materia di piano territoriale regionale.». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 10 febbraio 2005 (si depositeranno estratto del verbale e relazione del Ministro proponente). La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia detta disposizioni per la pianificazione territoriale regionale ripartendo le relative attribuzioni tra regione e comuni. Essa presenta vizi di illegittimita' costituzionalita' per i motivi di seguito indicati. Anche se la regione, in base al proprio statuto speciale vanta competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali ed urbanistica (art. 4, comma 1, numeri 1-bis e 12 dello statuto speciale e art. 22, lett. c) del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116) le disposizioni della legge regionale eccedono dalle competenze statutarie e violano norme costituzionali laddove sistematicamente non tengono conto dell'esistenza delle funzioni proprie della provincia, quale ente intermedio tra regione e comune. In particolare: 1) le diposizioni contenute negli articoli 1 e 4 nel disciplinare le attribuzioni dei comuni in materia di pianificazione, ignorano le funzioni proprie delle province relative ai piani di area vasta. Esse, infatti, ripartiscono il potere di pianificazione solo tra la regione e i comuni, attribuendo a questi ultimi anche compiti relativi alla pianificazione intermedia e sovracomunale e non prevedendo, invece, alcun intervento della provincia nelle forme associative finalizzate alla stessa pianificazione. 2) le norme contenute negli articoli 8, 11 e 12, rispettivamente, escludono qualsiasi intervento qualificato della provincia nell'ambito delle procedure di approvazione e adozione del Piano territoriale regionale e prevedono, altresi', la costituzione di Societa' di trasformazione urbana con la sola intesa dei comuni. Inoltre, consentono alla regione di dettare, nelle more dell'approvazione del Piano, norme di salvaguardia delle aree soggette a vincolo paesaggistico, senza alcuna partecipazione dell'ente intermedio. Le citate disposizioni regionali, ignorando sistematicamente l'ente provincia, comportano una grave lesione della relativa sfera di autonomia, costituzionalmente garantita, ed eccedono dalla competenza statutaria, ponendosi in contrasto con l'art. 4 dello statuto di autonomia speciale. Quest'ultimo, infatti, pur attribuendo le materie «urbanistica» e «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» alla potesta' legislativa primaria della regione, specifica che tale potesta' deve essere esercitata in «armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato». L'esercizio della competenza legislativa primaria, pertanto, non e' immune dal rispetto di una serie di limiti, individuati dal legislatore e dalla giurisprudenza costituzionale. A tal riguardo, e' da ritenere che il principio dell'autonomia, consacrato negli articoli 5, 114 e 118 della Costituzione, costituisca «principio generale dell'ordinamento giuridico della Repubblica», come tale vincolante anche nei confronti delle regioni ad autonomia speciale (sent. Corte cost. n. 48/2003). Una legislazione differente e' comunque «non in armonia con la Costituzione». In particolare, l'art. 114, secondo comma della Costituzione, statuisce che «i comuni le province, le citta' metropolitane e le regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione», mentre l'art. 118, secondo comma Cost., specifica che «i comuni le province e le citta' metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle con ferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». Dal complesso di tali disposizioni si desume che gli enti locali (comprese le province) sono titolari, oltre che delle funzioni conferite, anche di funzioni proprie, intendendo per tali quelle storicamente attribuite, o comunque ritenute necessarie per l'esistenza e il corretto sviluppo delle rispettive comunita' territoriali e degli interessi di cui sono esponenziali e quindi non comprimibili dal legislatore (nazionale o regionale). In tal senso, si deve rilevare che la funzione di pianificazione di vasta area e' sempre stata considerata di competenza delle province, come originariamente disposto dagli artt. 14 e 15 della legge n. 142/1990 (in particolare dall'art. 15, comma 2) ed ora dagli artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 267/2000. Alla stessa maniera, non si puo' ritenere che la potesta' primaria della regione in materia di organizzazione degli enti locali consenta una distribuzione delle funzioni amministrative completamente libera e svincolata dai principi costituzionali. In particolare, assumono fondamentale rilievo, sotto questo profilo, i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, sanciti dall'art. 118, comma 1 della Costituzione, secondo cui le funzioni amministrative devono essere attribuite ai livelli di governo idonei, per la propria struttura organizzativa e per le proprie dimensioni, ad esercitarle con efficacia ed efficienza. Tali principi non sono rispettati dalle citate norme regionali, le quali attribuiscono esclusivamente ai comuni (o alle associazioni di comuni) tutte le funzioni di pianificazione territoriale, comprese quelle di vasta area, che invece, proprio per l'entita' degli interessi cui fanno riferimento - interessi che trascendono la dimensione comunale - dovrebbero essere conferite alle province, quali enti territoriali intermedi tra comuni e regioni. Ne' puo' ragionevolmente sostenersi che i richiamati principi di sussidiarieta', proporzionalita' ed adeguatezza siano rispettati in ragione del fatto che la stessa regione, con la coeva legge regionale n. 1/2006 (recante «principi e norme fondamentali del sistema regione - autonomie locali») abbia attribuito tali funzioni di pianificazione territoriale alle citta' metropolitane. Cio', per due ordini di considerazioni: in primo luogo perche', secondo la stessa legge regionale l'istituzione delle citta' metropolitane e' solo eventuale e non obbligatoria (la legge regionale dispone, all'art. 9, comma 1, che «possono istituirsi citta' metropolitane»); in secondo luogo, perche' il territorio di tali instituendi enti locali non coincide con quello dell'intera provincia di riferimento. Per questi stessi motivi, le censurate norme regionali si pongono in diretto contrasto anche con l'art. 59 dello statuto speciale della regione, secondo cui «le province sono enti autonomi ed hanno funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e delle regioni». Nel caso in esame, la pianificazione territoriale attribuita dalle leggi statali alle province comporta una gradazione della pianificazione territoriale secondo parametri tendenzialmente uniformi sull'intero territorio nazionale, dando luogo ad assetto ragionevole che risulta pregiudicato da una diversa disciplina regionale. Sotto altro profilo le funzioni delle province, quali enti esponenziali di una collettivita' insediata ed esistente su un determinato territorio, sono da considerarsi - soprattutto in materia di pianificazione territoriale e paesistica di area vasta - funzioni proprie e non derogabili, neppure da una competenza legislativa primaria: priva di tali attribuzioni, la collettivita' territoriale sottesa dal riconoscimento dell'ente provincia, perderebbe in questo contesto ogni ragion d'essere, in contrasto con il disegno generale voluto dalla Costituzione. In realta' la disciplina introdotta dalla legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 30/2005 investe anche materie estranee all'urbanistica ed all'ordinamento degli enti locali, materie concernenti il paesaggio ed il governo del territorio, per le quali vale la competenza esclusiva (art. 117, secondo comma lett. s) della Costituzione) o concorrente (art. 117, terzo comma della Costituzione) dello Stato, con conseguente vincolo della legislazione regionale al rispetto dei principi della legislazione statale, ai sensi del citato art. 117 Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ed incompetenza della regione a statuto speciale ad interloquire al di fuori degli ambiti fissati dalla legislazione statale.P. Q. M. Si chiede dichiararsi l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 4, 8, 11 e 12 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 13 dicembre 2005, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 50 del 14 dicembre 2005, recante «Norme in materia di piano territoriale regionale» per violazione degli artt. 4, comma 1 e 59 dello Statuto di autonomia speciale (legge costituzionale n. 1/1963), nonche' degli artt. 5, 114, 117, comma 2, lettera s) e comma 3, e art. 118, commi 1 e 2 della Costituzione. Roma, addi' 10 febbraio 2006 L'avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo