N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 marzo 2003 (della Regione Abruzzo)
(GU n. 19 del 14-5-2003)

Ricorso della Regione Abruzzo, in persona del Presidente della
Giunta regionale p.t., autorizzato con d.g.r. n. 107 del 25 febbraio
2003, rappresentata e difesa, come da mandato in calce al presente
atto, dagli avv. Sandro Pasquali e Stefania Valeri dell'Avvocatura
regionale ed elettivamente domiciliata in Roma nello studio dell'avv.
Fabio Francesco Franco, Via P. da Palestrina n. 19;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale degli artt. 7 e 46 della legge 16
gennaio 2003, n. 3 ad oggetto «Disposizioni ordinamentali in materia
di pubblica amministrazione», (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 15 del 20 gennaio 2003) per violazione degli artt. 114 e 117 Cost.

F a t t o

Nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 novembre 2003, e' stata
pubblicata la legge 16 gennaio 2003, n. 3 (c.d. collegato
ordinamentale pubblica amministrazione) che, pur prevedendo nel suo
complesso disposizioni generalmente riferite alla p.a., presenta
tuttavia un contenuto estremamente eterogenea e numerose disposizioni
di cui non e' chiaramente percepibile il filo conduttore organico.
La rilevata l'eterogeneita' dell'articolato normativo in esame
rende molto difficoltoso stabilire quale sia, di volta in volta,
l'ambito di applicazione delle singole disposizioni e, in rapporto a
cio', la competenza dello Stato ad adottarle, alla luce
dell'attribuzione della potesta' legislativa disposta dall'art. 117
Cost. novellato all'indomani della modifica del titolo V, parte
seconda della Cost. ad opera della legge costituzionale n. 3 del
2001.
Cio' premesso, ai fini che qui interessano, meritano in
particolare di essere esaminate due disposizioni della impugnata
legge in relazione alle quali appare dubbia l'esistenza di una
potesta' legislativa statale: l'art. 7, in tema di mobilita' del
personale delle pubbliche amministrazioni, e l'art. 46, recante
disposizioni di semplificazione in materia di sedi farmaceutiche.
La prima norma, nell'inserire l'art. 34-bis nel d.lgs 30 marzo
2001, n. 165, dispone che «Le amministrazioni pubbliche di cui
all'art. 1, comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste
dall'art. 3, comma 1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono
tenute a comunicare ai soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3,
l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende
bandire il concorso nonchi, se necessario, le funzioni e le eventuali
specjfiche idoneita' richieste.
La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all'art. 34,
comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad
assegnare il personale colocato in disponibilita' ai sensi degli
artt. 33 e 34, ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti
dalle leggi e dai contratti collettivi. Le predette strutture
regionali e provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi
di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire
il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio
dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le informazioni
inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal
ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio
dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle
amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale
inserito nell'elenco previsto dall'art. 34, comma 2, nonche'
collocato in disponibilita' in forza di specifiche disposizioni
normativa.
(Omissis).
Le amministrazioni decorsi due mesi dalla comunicazione di cui al
comma 1, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per
le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di
personale ai sensi del comma 2.5. Le assunzioni effettuate in
violazione del presente articolo sono nulle di diritto».
L'art. 46 della gravata legge stabilisce, invece, che «i
farmacisti che gestiscono in via provvisoria una sede farmaceutica
rurale o urbana, ai sensi dell'art. 129 del testo unico delle leggi
sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e
successive modificaziont nonche' i farmacisti a cui e' stata
attribuita la gestione provvisoria, nel rispetto nel rispetto
dell'art. 1, comma 2, della legge 16 marzo 1990, n. 48 anche se hanno
superato il limite di eta' di cui all'art. 4, comma 2, della legge
8 novembre 1991, n. 362, hanno diritto a conseguire per una sola
volta la titolarita' della farmacia, purche' alla data di entrata in
vigore della presente legge risultino assegnatari della gestione
provvisoria da almeno due anni e non sia stata pubblicata la
graduatoria del concorso per l'assegnazione della relativa sede
farmaceutica.
E' escluso dal beneficio di cui al comma 1 il farmacista che,
alla data di entrata in vigore della presente legge abbia gia'
trasferito la titolarita' di altra farmacia da meno di dieci anni ai
sensi del quarto comma dell'art 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475,
nonche' il farmacista che abbia gia' ottenuto, da meno di dieci anni
altri benefici o sanatorie.
(Omissis).
L'accertamento dei requisiti e delle condizioni previste dai
commi 1, 2 e 3 e' effettuato entro un mese dalla presentazione delle
domande.
Ad avviso della Regione Abruzzo, i prefati articoli della legge
statale n. 3 del 2003 risultano costituzionalmente illegittimi e
lesivi della sfera regionale di competenza per i seguenti motivi.

D i r i t t o

Quanto all'art. 7 legge n. 3/2003: violazione degli artt. 114 e 117
Cost.
Come gia' evidenziato nella premessa in fatto, l'art. 7 legge
n. 3/2003 individua un preciso percorso propedeutico all'indizione
delle prove concorsuali necessarie per addivenire all'assunzione a ex
novo di personale a tempo indeterminato e cio', come e' stato
opportunamente evidenziato dai primi commentatori della normativa, va
nella direzione del rafforzamento del principio dell'effettivo
contenimento della spesa di personale a carico della finanza pubblica
allargata e del consolidamento di un regime di minori spese
stabilizzate.
La procedura delineata legislativamente, fatta salva la normativa
in materia di programmazione triennale delle assunzioni di cui
all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, prevede, sotto la
comminatoria della nullita' dell'assunzione eventualmente comunque
disposta, che le pubbliche amministrazioni, fatta eccezione per le
fattispecie nominate dall'art. 3 del d.lgs 30 marzo 2001, n. 165,
prima di avviare le procedure di assunzione di personale, comunichino
ai soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3, l'area, il livello e la
sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso
nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche
idoneita' richieste.
Scritta in questo modo, la disposizione de qua individua una vera
e propria condizione di procedibilita' indefettibile ai fini
dell'emanazione del bando del pubblico concorso, enucleando un
presupposto di diritto che, se non concretizzato, rende illegittimo
il provvedimento dirigenziale di reclutamento, e conseguentemente
nulla di diritto l'assunzione che cio' nondimeno fosse stata comunque
disposta.
Piu' in dettaglio, la norma prevede che a seguito dell'avvenuta
comunicazione propedeutica alla bandizione del concorso, il
Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali
di cui all'art. 34, comma 3, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 65,
provveda, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad assegnare il
personale collocato in disponibilita' ai sensi degli artt. 33 e 34,
ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti dalle leggi e
dai contratti collettivi. Il legislatore completa poi la disciplina
della fattispecie cosi introdotta prevedendo un caso di
silenzio-assenso nei confronti della possibilita' di bandire il
pubblico concorso, per effetto del quale la pubblica amministrazione
puo' procedere comunque all'avvio della procedura concorsuale qualora
siano decorsi due mesi dall'avvenuta comunicazione di cui al comma 1,
ed entro tale termine decadenziale non sia intervenuta l'assegnazione
di personale da parte degli enti preposti.
Non e' chi non veda come l'art. 7 della legge in esame, nel
concernere materie non integralmente attinenti alla competenza
legislativa dello Stato, evidenzi profili di illegittimita'
costituzionale con riferimento alla ripartizione della potesta' tra
Stato e regioni.
Ed infatti, la rigorosa disciplina in tema di mobilita' ivi
prevista e la fissazione di prescrizioni puntuali in tema di
copertura delle vacanze di organico fanno emergere una chiara
connessione della materia con l'ordinamento e l'organizzazione
amministrativa delle regioni, materia affidata invece, con la riforma
del Titolo V costituzione, alla potesta' legislativa esclusiva di
queste: ciascuna regione, per effetto dell'art. 117 Cost., deve
infatti disciplinare l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa
propria senza ingerenze da parte della legge statale, che puo'
esprimere la propria efficacia solo nei confronti delle
amministrazioni statali, senza travalicare i confini della competenza
regionale.
A conclusione non dissimili puo', peraltro, pervenirsi anche
considerando, come pure ha fatto una parte della dottrina nei primi
commenti alla normativa de qua, la materia disciplinata come
afferente alla tutela e alla sicurezza del lavoro, sottolineandosi,
in tal modo, soprattutto la volonta' del legislatore statale di
apprestare, nei confronti dei dipendenti pubblici, tutele attinenti
alla salvaguardia del proprio lavoro.
La tutela e la sicurezza del lavoro, infatti, a mente
dell'art. 117, comma 3, Cost. e' competenza che appartiene allo Stato
nell'ambito della legislazione concorrente, ma cio' avrebbe dovuto
comportare, come conseguenza necessaria, che la legge n. 3/2003 si
sarebbe dovuta limitare a dettare solo i principi fondamentali della
disciplina, lasciando ampi margini di intervento alle leggi
regionali. Il che pero' non e' avvenuto, visto che l'art. 7, lungi
dal configurarsi come una norma di principio, detta al contrario la
regola in subjecta materia in maniera chiara ed esaustiva, tale da
esautorare completamente ogni competenza legislativa esercitabile
dalle regioni.
Quanto all'art. 46 legge n. 3/2003: violazione degli artt. 114 e 117
Cost.
L'art. 46 legge n. 3/2003 detta una disciplina altrettanto
puntuale in tema di titolarita' delle farmacie convenzionate,
prevedendo che quelle «in gestione provvisoria» possano essere
acquisite dall'attuale gestore alla ricorrenza di determinati
requisiti.
Come e' noto, la gestione provvisoria delle sedi farmaceutiche
costituisce uno strumento di esercizio delle farmacie vacanti nelle
more dell'espletamento del concorso pubblico per l'attribuzione della
titolarita' delle medesime e, in quanto tale, si caratterizza per
l'essere un rimedio temporaneo alla vacanza di una sede e per
l'essere attivato a mezzo di una procedura semplificata che consente
di effettuare le assegnazioni attingendo alla graduatoria degli
idonei del concorso per sedi farmaceutiche espletato per ultimo.
In piu' di una occasione, nel corso degli ultimi anni, il
legislatore e' intervenuto a dispone la c.d. «sanatoria» delle
gestioni provvisorie per mezzo di vere e proprie leggi-provvedimento,
ma nel nuovo sistema di riparto delle competenze tra lo Stato e le
regioni delineato dagli artt. 114 e 117 Cost., gli anzidetti
interventi del legislatore statale in subjecta materia non sembrano
piu' costituzionalmente legittimi.
In proposito, infatti, giova rilevare come lo Stato conservi
competenza legislativa esclusiva limitatamente alla «determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale» (art. 117, secondo comma, lettera m), nonche' una potesta'
legislativa concorrente con quella regionale in tema di «tutela della
salute», in relazione alla quale lo Stato puo' disporre solo sui
principi fondamentali (art. 117, terzo comma).
Orbene, appare di tutta evidenza che la disposizione gravata non
possa essere ascritta alla materia riservata alla competenza
esclusiva dello Stato: cio poiche', come gia' evidenziato da codesta
Ecc.ma Corte nella sentenza n. 282 del 26 giugno 2002, i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
non costituiscono una materia in senso stretto, ma «una competenza
del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie,
rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre tutte le
norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio
nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto
essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa
limitare o condizionare». Nella specie, tuttavia, la disposizione
impugnata non riguarda certo livelli di prestazioni, quanto piuttosto
profili organizzativi afferenti l'assegnazione della titolarita' di
farmacie.
La questione potrebbe allora essere piu' correttamente inquadrata
nell'ambito materiale della «tutela della salute» (in tal senso, del
resto, e' anche la rubrica del Capo IX della legge n. 3/2003), ma,
come gia' innanzi rilevato, la nuova formulazione dell'art. 117/3
Cost., rispetto a quella previgente dell'art 117/1, esprime l'intento
di una piu' netta distinzione tra la competenza regionale a
legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla
determinazione dei principi fondamentali della disciplina (siano essi
tratti da leggi statali nuove, espressamente rivolte a tale scopo, o
altrimenti desumibili dalla legislazione statale gia' in vigore).
In particolare, poi, la competenza concorrente statale in materia
di tutela della salute ha il suo senso costituzionale nell'idea che
lo Stato sia l'ultimo garante del principio sancito dall'art. 32
Cost. e non certo nell'idea che lo stesso debba sostituirsi alle
regioni nella disciplina e nell'organizzazione puntuale e specifica
addirittura delle sedi farmaceutiche dislocate sul territorio
nazionale, individuando termini e condizioni di un (ennesimo)
intervento in sanatoria.
In ogni caso, nell'ambito del riparto di competenza
costituzionale, lo Stato avrebbe dovuto limitarsi a porre principi,
lasciando alle regioni il compito di attuarli e svilupparli e non
dettare invece norme direttamente operative e direttamente invocabili
dai privati interessati.
Il carattere dettagliato della disposizione gravata sortisce
cosi' l'effetto di pregiudicare qualsiasi intervento legislativo
regionale in tema di gestione provvisoria di sedi farmaceutiche, in
totale spregio della ripartizione di competenza costituzionalmente
enunciata e garantita.

P. Q. M.
Con riserva di ulteriormente argomentare, la Regione Abruzzo,
come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'Ecc.ma Corte
costituzionale voglia dichiarare illegittimi gli artt. 7 e 46 della
legge n. 3/2003, sotto i profili e per le ragioni esposte nel
ricorso.
L'Aquila-Roma, addi' 10 marzo 2003
Avv. Sandro Pasquali - Avv. Stefania Valeri


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