N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2004 (della regione siciliana)
(GU n. 12 del 24-3-2004)

Ricorso della Regione siciliana, in persona del presidente pro
tempore on. dott. Salvatore Cuffaro, rappresentato e difeso, sia
congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del
presente atto, dall'avv. Michele Arcadipane e dall'avv. Giovanni
Carapezza Figlia, ed elettivamente domiciliato presso la sede
dell'ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36,
autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della giunta
regionale n. 37 del 19 febbraio 2004.

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici
della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 21, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350, e in quanto ne e' disposta la applicazione nei confronti
delle Regioni a statuto speciale, e pertanto, per quanto qui rileva,
nei confronti della Regione siciliana, dello stesso art. 3, commi da
16 a 20, della medesima legge 24 dicembre 2003, n. 350, pubblicata
nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana 27 dicembre 2003, n. 299.

F a t t o

La legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2004).», dopo aver sancito, all'art. 3, comma 16, che, in
conformita' al dettato dell'art. 119, comma 6, della Costituzione, le
regioni a statuto ordinario e gli altri enti indicati «possono
ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento», ed aver provveduto, ai commi 17 e 18, ad individuare,
attraverso una puntuale elencazione delle relative tipologie, quali
operazioni costituiscono rispettivamente indebitamento ed
investimento, a fissare, al comma 19, regole procedimentali
finalizzate al controllo delle prescrizioni recate, e ad attribuire,
al comma 20, al Ministro dell'economia e delle finanze la potesta' di
disporre modifiche alle indicate tipologie, cosi', al comma 21,
statuisce: «Ai fini della tutela dell'unita' economica della
Repubblica e nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di
cui agli articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposizioni dei
commi da 16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle
province autonome di Trento e Bolzano, nonche' agli enti e agli
organismi individuati nel comma 16 siti nei loro territori.».
La disposizione teste' riportata, e in quanto ne e' disposta la
applicazione nei confronti della Regione siciliana, i commi da 16 a
20 dell'art. 3 della stessa legge 24 dicembre 2003, n. 350, appaiono
lesivi delle attribuzioni della Regione siciliana e dell'autonomia
alla stessa statutariamente riconosciuta, e, palesandosi
costituzionalmente illegittimi, vengono censurati per le seguenti
ragioni di

D i r i t t o

Violazione degli articoli 14, lett. o) e p), 20 e 36 dello
Statuto della Regione siciliana, degli articoli 117, comma 4, 118 e
119 della Costituzione e dell'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
Ed invero va considerato che, pur ritenendo vincolante anche per
le Autonomie speciali il principio del divieto di indebitamento per
spese correnti sancito dal novellato art. 119, comma 6, della
Costituzione - superando in tal modo una lettura strettamente
letterale dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3, recante «Modifiche al Titolo V della parte seconda della
Costituzione», e privilegiando, di contro, una interpretazione
logico-sistematica che consenta una lettura armonica dell'intero
testo costituzionale, rispettosa della pluralita' dei valori e dei
principi sanciti e destinati a coesistere ed a trovare attuazione in
una pratica concordanza - non puo' ammettersi, o, piu' correttamente,
non puo' ritenersi costituzionalmente legittima, la estensione,
sancita con legge ordinaria, alle Regioni a statuto speciale ed alle
Province autonome di Trento e Bolzano, delle disposizioni dei commi
da 16 a 20 dell'art. 3 della legge 350 del 2003, miranti
all'attuazione - peraltro, come in prosieguo si dara' conto,
arbitraria - del richiamato principio costituzionale.
Ed invero, richiamando la fondamentale distinzione fra principio
e regola, va asserito che l'attuazione del richiamato principio
costituzionale non puo' che essere rimessa alle regole operative da
dettarsi autonomamente ed in concreto da parte di ciascuna Regione a
statuto speciale.
In altri termini l'attuazione del principio costituzionale di che
trattasi, al contempo prescrittivo e programmatico, ricade sotto la
responsabilita' della singola Autonomia speciale che, nel legittimo
esercizio delle proprie competenze, ne regolera' l'applicazione nel
rispetto dei principi e delle nozioni contabili vigenti.
Il censurato comma 21 viola in particolare gli articoli 14, lett.
o) e p), e 36 dello Statuto della Regione siciliana, poiche'
contrasta con la riconosciuta imputazione alla competenza legislativa
esclusiva regionale del sistema contabile della Regione medesima e
degli enti (locali e strumentali) della stessa, ed incide in senso
riduttivo sulla autonomia finanziaria regionale.
Lede altresi' l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, che, ponendo una clausola di salvaguardia delle
attribuzioni delle Autonomie speciali, prevede che sino
all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni recate dalla
stessa legge costituzionale si applicano alle Regioni a statuto
speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano «per le
parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle attribuite», e viola il novellato art. 117 della Costituzione
poiche' incide sostanzialmente su di una materia (la finanza
regionale e degli enti locali e strumentali riferibili al relativo
territorio) attribuita alla sfera di competenza legislativa
generale-residuale riconosciuta in via esclusiva alle Regioni.
Laddove, poi, per pura ipotesi, codesta ecc.ma Corte dovesse
ritenere non fondata la questione di legittimita' proposta, o
comunque non accogliere le censure esplicitate avverso l'art. 3,
comma 21, va rilevato che le disposizioni recate dai commi da 16 a 20
dello stesso articolo - parimenti impugnate - si palesano esse stesse
costituzionalmente illegittime in forza delle seguenti
considerazioni.
Il comma 16, innanzitutto, estende indebitamente l'ambito dei
soggetti che, ai sensi del dettato costituzionale, «possono ricorrere
all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.».
Detto principio, invero, dalla norma di riferimento (art. 119,
comma 6, Cost.), e' posto con esclusivo riguardo ai «comuni, le
province, le citta' metropolitane e le regioni», mentre la
disposizione oggetto di censura si riferisce alle regioni a statuto
ordinario, agli enti locali, alle aziende ed agli organismi di cui
agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del testo unico di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (e cioe' comuni,
province, citta' metropolitane, comunita' montane, comunita' isolane
o di arcipelago, unioni di comuni, consorzi cui partecipano enti
locali, con esclusione di quelli a rilevanza economica ed
imprenditoriale e di quelli per la gestione dei servizi sociali,
aziende speciali e istituzioni) ad eccezione delle societa' di
capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici.
In tal modo risulta illegittimamente compressa la potesta'
legislativa regionale cui certamente e' ascrivibile, in relazione
agli enti non individuati dalla richiamata norma costituzionale, la
competenza a porre una eventuale disciplina che estenda l'ambito dei
destinatari del recato principio.
In relazione al comma 17 si osserva che attraverso l'elencazione
arbitrariamente proposta si intende individuare una nozione di
indebitamento che non trova riscontro nei principi del diritto
finanziario.
Ed invero, in via generale, la nozione di indebitamento si
collega a quelle operazioni suscettibili di creazione di risorse
aggiuntive a copertura di una maggiore capacita' di spesa; il diritto
positivo, poi (cfr. art. 6, comma 7, punto 2, della legge 5 agosto
1978, n. 468, recante «Riforma di alcune norme di contabilita'
generale dello Stato in materia di bilancio», e, per quanto attiene
all'ordinamento contabile della Regione siciliana, art. 1, comma 13,
lett. b) della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47, recante «Norme
in materia di bilancio e contabilita' della Regione siciliana)
ricollega la medesima nozione al «risultato differenziale tra tutte
le entrate e le spese, escluse le operazioni riguardanti le
partecipazioni azionarie ed i conferimenti, nonche' la concessione e
riscossione di crediti e l'accensione e rimborso di prestiti
("indebitamento o accrescimento netto").».
La disposta elencazione, peraltro, non appare in alcun modo
esaustiva della nozione, e sotto tale profilo appare assolutamente
irragionevole rispetto al principio costituzionalmente imposto, che
e' da ritenere immediatamente vincolante per gli enti individuati
dall'art. 119, comma 6, della Costituzione, a prescindere dallo
strumento prescelto per l'acquisizione della risorsa finanziaria
La mancata ricomprensione, poi, nella elencazione effettuata dal
comma 18 al fine di individuare le attivita' che «ai fini di cui
all'art. 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono
investimento» di tutta una serie di interventi in conto capitale,
quali, ad esempio, i trasferimenti alle imprese, o soprattutto, i
cofinanziamenti regionali di programmi comunitari concernenti la
ricerca o comunque relativi a beni immateriali, che viceversa,
certamente rientrano nella nozione di investimento - oltreche' frutto
di una valutazione assolutamente arbitraria e palesemente erronea -
lede le attribuzioni regionali poiche' determina una ingiustificata
ed illegittima limitazione all'espletamento delle competenze
amministrative spettanti ai sensi dell'art. 20 dello Statuto e -per
quanto in esso non compreso in virtu' dell'ivi adottato criterio del
parallelismo - dell'art. 118 della Costituzione, in quanto
applicabile ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale 3 del
2001.
Ed invero il ritenere che talune tipologie di spesa,
pacificamente qualificabili di investimento in forza della nozione
universalmente adottata sotto il profilo giuridico-contabile, siano
soggette ad un vincolo restrittivo circa il loro finanziamento, per
la sola mancata inclusione nella elencazione del comma 18, comprime
indebitamente le scelte relative all'esercizio della attribuita
attivita' amministrativa.
La disposizione censurata disattende inoltre la definizione di
investimento di cui al Regolamento del Consiglio dell'Unione europea
n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 relativo al Sistema europeo dei conti
nazionali e regionali nella comunita', ed in particolare quanto
sancito nell'allegato A, punto 1.19, lettera c), secondo cui vanno
modificati taluni concetti basilari, «ad esempio ampliando il
concetto di investimento per tener conto dell'ammontare della spesa
sulla ricerca e sviluppo o della spesa in materia di istruzione.».
Addirittura paradossale appare poi il disposto del comma 19, che
rimette all'istituto finanziatore - soggetto privato che esercita
imprenditorialmente attivita' bancaria o di intermediazione
finanziaria - il controllo sull'operato dell'Ente Regione, dotato di
potesta' pubblicistiche finanche in materia creditizia.
Infine il potere ascritto al Ministro dell'economia e delle
finanze dal comma 20, appare non tanto di coordinamento - profilo
sotto il quale solamente, forse, potrebbe ritenersi legittimamente
imputato - quanto normativo, poiche' essendo finalizzato alla
modifica delle disposizioni recate, ed incidendo dunque sulle nozioni
di indebitamento e di investimento quali risultano
dall'individuazione delle tipologie di cui ai precedenti commi 17 e
18, determina in concreto l'ampiezza degli ambiti operativi rimessi
all'autonomia regionale, sia nel campo delle acquisizioni di risorse,
che in materia di spesa.
L'attribuito potere non sembra rispettare dunque i limiti fissati
da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 376 del 2003) secondo cui i
puntuali poteri di ordine amministrativo che, laddove strettamente
necessari, possono pur essere previsti allo scopo di garantire la
realizzazione della finalita' di coordinamento finanziario «devono
essere configurati in modo consono all'esistenza di sfere di
autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto a cui l'azione di
coordinamento non puo' mai eccedere i limiti, al di la' dei quali si
trasformerebbe in attivita' di direzione o in indebito
condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi.».
La disposizione censurata appare porsi altresi' in aperta
contraddizione con quanto rilevato nella richiamata sentenza che
testualmente asserisce che e' «escluso che si attribuisca al
Ministero il potere di incidere sulle scelte autonome degli enti
quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse, effettuate
nei limiti dei principi di armonizzazione stabiliti dalle leggi
statali, o peggio, di adottare determinazioni discrezionali che
possano concretarsi in trattamenti di favore o di sfavore nei
confronti di singoli enti.».
L'intero impianto normativo censurato appare dunque assolutamente
privo di quella indispensabile coerenza rispetto ai principi
costituzionalmente sanciti al fine di garantire l'autonomia
finanziaria di entrata e di spesa riconosciuta in capo alla Regione
siciliana sin dalle determinazioni statutarie, e riaffermata con
valenza generale ed in riferimento a tutti gli Enti che costituiscono
la Repubblica, dall'art. 119 della Costituzione.


P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle norme
impugnate, in quanto lesive delle attribuzioni della Regione
siciliana e dell'autonomia alla stessa statutariamente riconosciuta,
e, poste in essere in violazione degli articoli 14, lett. o) e p), 20
e 36 dello Statuto della Regione siciliana, degli articoli 117, comma
4, 118 e 119 della Costituzione e dell'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Con riserva di ulteriori deduzioni.
Si deposita con il presente atto: autorizzazione a ricorrere
(deliberazione della giunta regionale n. 37 del 19 febbraio 2004).
Palermo, addi' 23 febbraio 2004
Avv. Michele Arcadipane - Avv. Giovanni Carapezza Figlia

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