Ricorso n. 29 del 1° marzo 2006 (Regione Veneto)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° marzo 2006 , n. 29
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° marzo 2006 (della Regione Veneto)
(GU n. 13 del 29-3-2006)
Ricorso della Regione Veneto, in persona del vice presidente pro tempore della giunta regionale - in assenza del presidente -, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa 14 febbraio 2006, n. 270, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv. prof. Mario Bertolissi di Padova, Romano Morra di Venezia e Andrea Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Conto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la declaratoria, di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost., dell'art. 1, commi 23, 24, 25, 26, 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 279, 280, 285, 286, 287, 310, 597, 598, 599 e 600 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005. F a t t o e d i r i t t o 1. - La legge 23 dicembre 2005, n 266 (legge finanziaria 2006) prevede numerose norme, contenute nei commi 23, 24, 25, 26, 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 279, 280, 285, 286, 287, 310, 597, 598, 599 e 600 del suo alquanto complesso e disomogeneo articolo unico, che, ad avviso della Regione del Veneto, si pongono in contrasto con la Costituzione, violando l'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale. In particolare, molte di queste disposizioni non sembrano aver recepito gli orientamenti formulati da codesto ecc.mo Collegio a) in ordine alla ricostruzione dei rapporti tra legislazione statale e regionale definiti dal nuovo art. 117 della Costituzione, con specifico riferimento alla materia del «coordinamento della finanza pubblica», di cui al comma terzo del medesimo articolo, e b)in ordine altresi' all'attuazione e alla cogenza delle disposizioni di cui all'art. 119 della Costituzione, anch'esso novellato. Per meglio illustrare i profili di illegittimita' costituzionale riscontrati nelle norme impugnate si procedera' qui di seguito ad un'analisi suddivisa per gruppi omogenei di disposizioni. A tale riguardo si potra' rilevare, senza difficolta', il legame sussistente tra alcune delle disposizioni impugnate, legame di natura tale da determinare ipotesi di illegittimita' costituzionale c.d. conseguenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Infatti, ci si trova in presenza di norme strumentali o di dettaglio rispetto a disposizioni illegittime e di norme applicative di un medesimo principio, che si ritiene contrario alla Costituzione. 2. - Passando, dunque, all'esposizione delle singole questioni, si puo' ora ricordare come i commi, 23, 24, 25 e 26 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006 impongano limiti all'acquisizione di immobili, oltre che per le amministrazioni statali, anche per le regioni e gli enti locali, e prevedano un «monitoraggio» del Ministero dell'economia e delle finanze. Tali norme, come si vedra' meglio successivamente, vanno a ledere l'autonomia regionale, ed, in particolare, l'autonomia finanziaria di spesa della regione, garantita dall'art. 119 Cost. Per evidenziare i profili di incostituzionalita' delle norme impugnate risulta comunque essenziale riportare il testo delle disposizioni. Il comma 23 stabilisce che, «in considerazione dei criteri definitori degli obiettivi di manovra strutturale adottati dalla Commissione dell'Unione europea per la verifica degli adempimenti assunti in relazione al Patto di stabilita' e crescita, a decorrere dall'anno 2006 le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, con eccezione degli enti territoriali, possono annualmente acquisire immobili per un importo non superiore alla spesa media per gli immobili acquisiti nel precedente triennio». Ai sensi del comma 24, invece, «per garantire effettivita' alle prescrizioni contenute nel programma di stabilita' e crescita presentato all'Unione europea, in attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 119 della Costituzione e ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, in particolare come principio di equilibrio tra lo stock patrimoniale e i flussi dei finanziamenti erariali, nei confronti degli enti territoriali soggetti al patto di stabilita' interno, delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano i trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti sono ridotti in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita'. Nei confronti delle regioni e delle province autonome viene operata un'analoga riduzione sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti». Le disposizioni dei due commi ora citati, ai sensi del successivo comma 25, non si applicano all'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole o asili. Ancora, il comma 26 prevede un obbligo di trasmissione di informazioni su acquisti e vendite di immobili al Ministero dell'economia e delle finanze, regolato attraverso decreto ministeriale. Stabilisce, infatti, il relativo testo: «ai fini del monitoraggio degli obiettivi strutturali di manovra concordati con l'Unione europea nel quadro del patto di stabilita' e crescita, le amministrazioni di cui ai commi 23 e 24 sono tenute a trasmettere, utilizzando il sistema web laddove previsto, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una comunicazione contenente le informazioni trimestrali cumulate degli acquisti e delle vendite di immobili per esigenze di attivita' istituzionali o finalita' abitative entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre di riferimento. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalita' e lo schema della comunicazione di cui al periodo precedente. Tale comunicazione e' inviata anche all'Agenzia del territorio che procede a verifiche sulla congruita' dei valori degli immobili acquisiti segnalando gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilita». L'impianto normativo ora riportato, attraverso la previsione di riduzioni ai trasferimenti erariali, mira ad imporre la compressione della spesa per l'acquisto di immobili. In tal modo con le norme in oggetto il legislatore statale ha posto per regioni ed enti locali dei vincoli puntuali ad una singola voce di spesa, eccedendo in tal modo dai limiti della propria competenza in materia di «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e violando l'autonomia finanziaria di spesa di cui all'art. 119 Cost. Nel medesimo senso, codesto ecc.mo Collegio in numerose pronunce (ad esempio, nelle sentenze nn. 376 del 2003, 4, 36 e 390 del 2004, 417 e 449 del 2005) ha avuto modo di precisare, dichiarando l'illegittimita' costituzionale di alcune norme statali, che lo Stato puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio - anche se con cio' si determina inevitabilmente una limitazione indiretta dell'autonomia di spesa degli enti -, purche' pero' cio' avvenga attraverso una «disciplina di principio» e «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari». Piu' precisamente, se l'imposizione di vincoli alle politiche di bilancio delle regioni ed enti locali vuole rimanere nell'ambito della legittimita' costituzionale, essa dovrebbe avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente, oppure, ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale», la crescita della spesa corrente. Alla legge statale, per tanto, viene consentito di stabilire unicamente un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa». La previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, in quanto pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' «in una indebita invasione», da parte dello Stato, dell'area riservata alle autonomie regionali e locali, alle quali il legislatore nazionale puo' prescrivere criteri ed obiettivi, quali, ad esempio, il contenimento della spesa pubblica, «ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi». Ne' basta, per ritenere conforme a Costituzione la relativa disciplina, che la norma invochi finalita' di rispetto degli obblighi comunitari, o che si definisca norma di principio di «coordinamento della finanza pubblica». E' evidente, infatti, che autoqualificazioni di tal fatta non esimono il legislatore statale dal rispettare i limiti costituzionali ad esso imposti a tutela dell'autonomia regionale. Lo Stato, ponendo in essere le norme contenute nei commi 23, 24, 25 e 26 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006, ha fatto, invece, proprio quello che secondo il dettato costituzionale gli sarebbe precluso, imponendo «nel dettaglio» dei «vincoli puntuali» ad una tipologia di spesa. Va da se', per altro, che dalla illegittimita' costituzionale delle disposizioni citate, che prevedono limiti all'acquisizione di immobili per regioni ed enti locali, segue necessariamente la contrarieta' a Costituzione di quelle norme, che prevedono forme di controllo e monitoraggio per il rispetto di detti limiti. 3. - Il legislatore statale non ha rispettato la competenza legislativa e finanziaria regionale nemmeno nel dettare i commi 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205 e 206 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Le disposizioni in discorso violano la sfera di autonomia delle regioni, garantita dalla Costituzione, imponendo un contenimento della spesa per personale attraverso la previsione di un tetto di spesa indifferenziato, per il triennio 2006-2008, riferito alle spese del 2004, diminuito dell'1%, nonche' le modalita' di applicazione e di monitoraggio di detto tetto di spesa, configurandole come principi fondamentali del «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione. Dispone, in particolare, il comma 198 che «le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonche' gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando il conseguimento delle economie di cui all'art. 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento. A tal fine si considerano anche le spese per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni». Al comma 199 si precisa che, ai fini dell'applicazione del comma precedente, le spese di personale sono considerate al netto: «a) per l'anno 2004 delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; b) per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all'anno 2004». Per altro si stabilisce - al successivo comma 200 - che gli enti destinatari del comma 198, nella loro autonomia, possono fare riferimento, quali indicazioni di principio per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa di cui al comma 198, alle misure della stessa legge finanziaria 2006, riguardanti il contenimento della spesa per la contrattazione integrativa e i limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato, nonche' alle altre specifiche misure in materia di personale. Con riferimento agli enti locali, il comma 201 prevede che «gli enti locali di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono altresi' concorrere al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 198 attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell'art. 82, comma 11, del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e delle altre disposizioni normative vigenti». Ai sensi del comma 202, al finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005, concorrono le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005, come individuate dall'art. 1, comma 91, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, invece, si stabilisce al comma 203 che le disposizioni del comma 198 costituiscono «strumento di rafforzamento dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, attuativa dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311». Continua la norma stabilendo che «gli effetti di tali disposizioni nonche' di quelle previste per i medesimi enti del Servizio sanitario nazionale dall'art. 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono valutati nell'ambito del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'art. 12 della medesima intesa, ai fini del concorso da parte dei predetti enti al rispetto degli obblighi comunitari ed alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica di cui cui all'art. 1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004, n. 311». Il successivo comma 204 prevede l'applicazione del sistema di monitoraggio di cui all'art. 1, comma 30, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ai fini della verifica del rispetto delle prescrizioni stabilite dalla finanziaria per il contenimento delle spese di personale. Stabilisce, piu' precisamente, la norma citata che «alla verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198 si procede, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunita' montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti, attraverso il sistema di monitoraggio di cui all'art. 1, comma 30, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e per gli altri enti destinatari della norma attraverso apposita certificazione, sottoscritta dall'organo di revisione contabile, da inviare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario di riferimento». La legge finanziaria 2006 impone, inoltre, un vincolo di destinazione molto puntuale per le economie conseguenti all'applicazione dei nuovi limiti di spesa. Stabilisce, infatti, il comma 205 che, «per le regioni e le autonomie locali, le economie derivanti dall'attuazione del comma 198 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi». Il comma 206 conclude qualificando le disposizioni dei commi da 198 a 205 «principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma della Costituzione», con una tecnica normativa analoga, dunque, a quella che si e' criticata supra con riferimento al comma 24. Molte sono le censure che si possono sollevare con riferimento alle disposizioni che si sono appena riportate. In tutta evidenza, siamo di fronte a norme contenenti precetti puntuali e specifici, autoapplicative, che non lasciano alla regione margini di disposizione in via autonoma, nonostante la materia rientri nell'ambito del «coordinamento della finanza pubblica» di cui all'art. 117, comma terzo, Cost., in cui allo Stato spetta solo il potere di dettare i principi fondamentali e non l'intera disciplina della materia. Del resto, cdesto ecc.mo Collegio, con la sentenza n. 390 del 2004, ha gia' dichiarato costituzionalmente illegittime analoghe norme statali contenute nella legge finanziaria 2003. Senza voler annoiare il Collegio, che certamente ben conosce la sua giurisprudenza, e anche senza ripetere quanto e' gia' stato scritto nel presente ricorso, si ricordera' che nella sentenza ora citata sono state accolte le censure mosse alle disposizioni di cui al comma 11 dell'art. 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), con le quali si stabiliva che le assunzioni a tempo indeterminato delle regioni e degli enti locali, «fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002». Nella pronuncia n. 390 del 2004, prima ricordata, codesto ecc.mo Collegio ha osservato che la norma della legge finanziaria 2003 «non si limita a fissare un principio di coordinamento della finanza pubblica, ma pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della copertura delle vacanze verificatesi nel 2002, imponendo che tale copertura non sia superiore al 50 per cento: precetto che, proprio perche' specifico e puntuale e per il suo oggetto, si risolve in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area (organizzazione della propria struttura amministrativa) riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri (...) ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi». La norma di cui al comma 198 della legge finanziaria 2006, e le altre successive, che la integrano e specificano, contenute nei successivi commi, risultano per altro chiaramente irrazionali, prevedendo una riduzione della spesa di personale indifferenziata, che finisce per paralizzare l'attivita' e il bilancio proprio degli enti piu' virtuosi. Si noti che la Regione del Veneto ha gia' adottato disposizioni di contenimento della spesa in questo settore, quali, ad esempio, la DGR Veneto n. 3144 del 18 ottobre 2005, con la quale ha proceduto al blocco delle assunzioni di personale presso le Aziende sanitarie al fine di garantire un equilibrio economico e finanziario nel settore. Una previsione rigida di ulteriore riduzione della spesa, come quella contenuta nelle norme impugnate, non potrebbe che portare ad una inammissibile compressione del livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni sanitarie, che la regione, per i poteri ad essa conferiti in materia dall'art. 117 e dall'art. 118 Cost., e' chiamata a garantire ai cittadini in attuazione dell'art. 32 della Costituzione. 4. - Quanto alle norme contenute nei commi 279 e 280, esse prevedono si' il concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale, ma subordinano l'accesso all'adozione da parte delle regioni di provvedimenti di copertura del residuo disavanzo e all'intesa sullo schema del Piano sanitario nazionale, nonche' alla stipula di un'intesa tra Stato e regioni per la realizzazione da parte di queste ultime degli interventi previsti dal Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa. Prevede, infatti, il comma 279 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006 che «lo Stato, in deroga a quanto stabilito dall'art. 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, concorre al ripiano dei disavanzi del servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e 2004. A tal fine e' autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l'anno 2006. L'erogazione del suddetto importo da parte dello Stato e' subordinata all'adozione, da parte delle regioni, dei provvedimenti di copertura del residuo disavanzo posto a loro carico per i medesimi anni». Il successivo comma 280 individua in modo molto puntuale le altre condizioni per il concorso dello Stato alla copertura del disavanzo: «l'accesso al concorso di cui al comma 279, da ripartire tra tutte le regioni sulla base del numero dei residenti, con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e' subordinato all'espressione, entro il termine del 31 marzo 2006, da parte della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dell'intesa sullo schema di Piano sanitario nazionale 2006-2008, nonche', entro il medesimo termine, alla stipula di una intesa tra Stato e regioni, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che preveda la realizzazione da parte delle regioni degli interventi previsti dal Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa, da allegare alla medesima intesa e che contempli: a) l'elenco di prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, per le quali sono fissati nel termine di novanta giorni dalla stipula dell'intesa, nel rispetto della normativa regionale in materia, i tempi massimi di attesa da parte delle singole regioni; b) la previsione che, in caso di mancata fissazione da parte delle regioni dei tempi di attesa di cui alla lettera a), nelle regioni interessate si applicano direttamente i parametri temporali determinati, entro novanta giorni dalla stipula dell'intesa, in sede di fissazione degli standard di cui all'art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311; c) fermo restando il principio di libera scelta da parte del cittadino, il recepimento, da parte delle unita' sanitarie locali, dei tempi massimi di attesa, in attuazione della normativa regionale in materia, nonche' in coerenza con i parametri temporali determinati in sede di fissazione degli standard di cui all'art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per le prestazioni di cui all'elenco previsto dalla lettera a), con l'indicazione delle strutture pubbliche e private accreditate presso le quali tali tempi sono assicurati nonche' delle misure previste in caso di superamento dei tempi stabiliti, senza oneri a carico degli assistiti, se non quelli dovuti come partecipazione alla spesa in base alla normativa vigente; d) la determinazione della quota minima delle risorse di cui all'art. 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, da vincolare alla realizzazione di specifici progetti regionali ai sensi dell'art. 1, comma 34-bis, della medesima legge, per il perseguimento dell'obiettivo del Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa, ivi compresa la realizzazione da parte delle regioni del Centro unico di prenotazione (CUP), che opera in collegamento con gli ambulatori dei medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e le altre strutture del territorio, utilizzando in via prioritaria i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta; e) l'attivazione del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) di uno specifico flusso informativo per il monitoraggio delle liste di attesa, che costituisca obbligo informativo ai sensi dell'art. 3, comma 6, della citata intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005; f) la previsione che, a certificare la realizzazione degli interventi in attuazione del Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa, provveda il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), di cui all'art. 9 della citata intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005». Le norme in discorso appaiono viziate da intrinseca irragionevolezza, in quanto subordinano il ripiano del disavanzo da parte dello Stato ad attivita' delle regioni, che non presentano profili di connessione con il ripianamento stesso. I profili di intrinseca irragionevolezza evidenziati, che comportano la violazione dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione, sono strettamente pertinenti al mancato rispetto dell'autonomia regionale, sotto il profilo legislativo, amministrativo e finanziario, di cui agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. Si pensi, se non altro, come si imponga alle regioni la stipula di un'intesa con lo Stato, che prevede la realizzazione da parte delle regioni stesse degli interventi stabiliti dal Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa, da allegare all'intesa, e il cui contenuto viene puntualmente predeterminato dal comma 280 dell'art. 1 della legge finanziaria con i lunghi elenchi declinati nelle lettere a), b), c), d), e) e f). Un tal genere di disposizioni tende a vincolare le scelte regionali con norme precettive di dettaglio, al cui rispetto la regione e' tenuta se non vuole rinunciare al concorso dello Stato alla copertura del disavanzo. Concorso che non e' una graziosa concessione statale, ma risulta essenziale in considerazione della scarsita' delle risorse di cui la regione puo' disporre per adempiere ai compiti che le sono stati attribuiti in materia di tutela della salute e sulle quali non puo' concretamente incidere, considerata la persistente impossibilita' di piena attuazione dell'autonomia finanziaria di entrata, pur sancita dall'art. 119 Cost., e di cui si e' piu' volte rammaricato codesto ecc.mo Collegio (ex plurimis, sent. 370 del 2003). 5. - Anche i commi 285, 286 e 287 appaiono lesivi dell'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale. Il comma 285 prevede una destinazione vincolata da parte delle regioni delle risorse residue derivanti dal completamento del proprio programma di investimenti di edilizia sanitaria. I commi 286 e 287 affidano all'Associazione «Alleanza degli ospedali italiani nel mondo» la promozione e il coordinamento delle procedure di donazione di apparecchiature e materiali dismessi dalle strutture sanitarie a paesi in via di sviluppo o in transizione. Vediamo qui di seguito il testo dei commi ora citati. Il comma 285 stabilisce che «nel completamento del proprio programma di investimenti in attuazione dell'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, le regioni destinano le risorse residue finalizzate alla costruzione, ristrutturazione e adeguamento di presidi ospedalieri ad interventi relativi a presidi comprensivi di degenze per acuti con un numero di posti letto non inferiore a 250 ovvero a presidi per lungodegenza e riabilitazione con un numero di posti letto non inferiore a 120, nonche' agli interventi necessari al rispetto dei requisiti minimi strutturali e tecnologici dei presidi attivi avviati alla data del 31 dicembre 2005 stabiliti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997». Ai sensi del comma 286, «la cessione a titolo di donazione di apparecchiature e altri materiali dismessi da aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico e altre organizzazioni similari nazionali a beneficio delle strutture sanitarie nei Paesi in via di sviluppo o in transizione e' promossa e coordinata dall'Alleanza degli ospedali italiani nel mondo, di seguito denominata "Alleanza". Gli enti del Servizio sanitario nazionale comunicano all'Alleanza, secondo modalita' con essa preventivamente definite, le informazioni relative alla disponibilita' delle attrezzature sanitarie in questione allegando il parere favorevole della regione interessata». Prosegue il comma 287 stabilendo che «l'Alleanza provvede sulla base delle informazioni acquisite, a promuovere i necessari contatti per facilitare le donazioni nonche' a tenere un inventario aggiornato delle attrezzature disponibili. L'Alleanza provvede, altresi', alla produzione di un rapporto biennale sulle attivita' svolte indirizzate al Ministero della salute e alla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano». La norma di cui al comma 285, nel prevedere una destinazione vincolata da parte delle regioni delle risorse residue derivanti dal completamento del proprio programma di investimenti di edilizia sanitaria, comprime in modo evidente l'autonomia di spesa e le funzioni di programmazione di cui e' titolare la regione, ponendosi con cio' in contrasto con gli artt. 117 e 119 della Costituzione. A questo proposito, codesto ecc.mo Collegio ha avuto modo di evidenziare come non possano essere imposti alle regioni, in materie che non siano di competenza esclusiva statale, vincoli di destinazione ai finanziamenti. Nella sua giurisprudenza relativa ai fondi a destinazione vincolata (tra le altre, sent. nn. 370 del 2003, 16, 37, 49 e 320 del 2004, 51, 77, 107, 160 e 222 del 2005), la Corte, infatti, ha precisato essere «evidente che la attuazione dell'art. 119 Cost. sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione, poiche' altrimenti si verrebbe a contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle nuove disposizioni» evidenziando, inoltre, che «la permanenza o addirittura la istituzione di forme di finanziamento delle regioni e degli enti locali contraddittorie con l'art. 119 della Costituzione espone a rischi di cattiva funzionalita' o addirittura di blocco di interi ambiti settoriali». Nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di regioni ed enti locali, «lo Stato puo' erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione»: per tanto, in materie di legislazione concorrente o residuale delle regioni, «e' contraria alla disciplina costituzionale vigente la configurazione di un fondo settoriale di finanziamento gestito dallo Stato». In altre parole, non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata, in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, come nel caso delle norme oggi censurate, poiche' ove non fossero osservati tali limiti, si verrebbe a realizzare «uno strumento indiretto, ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali, nonche' di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria competenza (cfr., in particolare, la sent. n. 16 del 2004). Passando poi a rilevare i profili di illegittimita' costituzionale delle norme contenute nei commi 286 e 287, si puo' osservare come nell'attribuire funzioni e competenze alla «Alleanza degli ospedali italiani nel mondo» per le donazioni di apparecchiature e materiali dismessi dalle strutture sanitarie in favore dei paesi in via di sviluppo e in transizione, esse violino l'autonomia patrimoniale riconosciuta e garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione. Inoltre, tale previsione viene ad incidere sulle iniziative gia' intraprese dalla regione per la donazione di apparecchiature dismesse a Paesi in analoghe difficolta' economiche e di sviluppo, concentrando in un unico organismo centrale l'esercizio di funzioni che spetterebbero alle regioni, ai sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione. I commi in discorso incidono, per altro, sull'esercizio di attivita' che attengono ai «rapporti internazionali delle regioni», materia che, come dispone l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, rientra nella potesta' legislativa concorrente regionale. Nell'ambito di tale materia, dunque, lo Stato deve limitarsi a fissare solo una normativa di principio, senza porre una dettagliata disciplina, quale quella contenuta nei commi 286 e 287 della legge finanziaria 2006, con cui si introducono organismi, si attribuiscono specifiche competenze e si disciplinano attivita', spogliando in tal modo di ogni potere la regione e rendendo impossibile la prosecuzione di ogni attivita' intrapresa da quest'ultima e il rispetto di impegni gia' assunti. 6. - Viola l'art. 119 della Costituzione, introducendo norme che incidono sull'autonomia di spesa regionale, anche il comma 310 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Stabilisce la disposizione ora citata che, «al fine di razionalizzare l'utilizzazione delle risorse per l'attuazione del programma di edilizia sanitaria di cui all'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, gli accordi di programma sottoscritti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, decorsi diciotto mesi dalla sottoscrizione, si intendono risolti, limitatamente alla parte relativa agli interventi per i quali la relativa richiesta di ammissione al finanziamento non risulti presentata al Ministero della salute entro tale periodo temporale, con la conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa. La presente disposizione si applica anche alla parte degli accordi di programma relativa agli interventi per i quali la domanda di ammissione al finanziamento risulti presentata, ma valutata non ammissibile al finanziamento entro ventiquattro mesi dalla sottoscrizione degli accordi medesimi, nonche' alla parte degli accordi relativa agli interventi ammessi al finanziamento per i quali, entro nove mesi dalla relativa comunicazione alla regione o provincia autonoma, gli enti attuatori non abbiano proceduto all'aggiudicazione dei lavori, salvo proroga autorizzata dal Ministero della salute. Per gli accordi aventi sviluppo pluriennale, i termini di cui al presente comma si intendono decorrenti dalla data di inizio dell'annualita' di riferimento prevista dagli accordi medesimi per i singoli interventi». La norma, nel prevedere nuove cause di risoluzione degli accordi di programma sottoscritti dalle regioni nell'ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria, incide retroattivamente, in modo irragionevole, su accordi conclusi, comportando variazioni nel bilancio regionale, che vulnerano l'autonomia finanziaria della regione, garantita dall'art. 119 Cost. Per affermare la legittimita' della disposizione impugnata non giova il richiamo del legislatore statale alle esigenze di razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse per l'attuazione del programma di edilizia sanitaria, poiche' la loro semplice allegazione non e' idonea a spogliare la regione dei suoi poteri in materia edilizia e di tutela della salute, ne' puo' vanificare le garanzie di cui la regione stessa gode affinche' siano rispettati gli ambiti di autonomia di cui e' titolare. 7. - Infine, i commi 597, 598, 599 e 600 dettano disposizioni che ledono la competenza legislativa e amministrativa della regione in materia di edilizia residenziale pubblica. Dispone il comma 597 che, «ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono semplificate le norme in materia di alienazione degli immobili di proprieta' degli Istituti medesimi. Il decreto, da emanare previo accordo tra Governo e regioni, e' predisposto sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». Ai sensi del comma 598, «i principi fissati dall'accordo tra Governo e regioni e regolati dal decreto di cui al comma 597 devono consentire che: a) il prezzo di vendita delle unita' immobiliari sia determinato in proporzione al canone dovuto e computato ai sensi delle vigenti leggi regionali, ovvero, laddove non ancora approvate, ai sensi della legge 8 agosto 1977, n. 513; b) per le unita' ad uso residenziale sia riconosciuto il diritto all'esercizio del diritto di opzione all'acquisto per l'assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni; che, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, subentrino, con facolta' di rinunzia, nel diritto all'acquisto, nell'ordine: il coniuge in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purche' la convivenza duri da almeno cinque anni, i figli conviventi, i figli non conviventi; c) i proventi delle alienazioni siano destinati alla realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui sottoscritti da giovani coppie per l'acquisto della prima casa, a promuovere il recupero sociale dei quartieri degradati e per azioni in favore di famiglie in particolare stato di bisogno». Ancora, il comma 599 stabilisce che «agli immobili degli Istituti proprietari, che ne facciano richiesta attraverso le regioni, si applicano le disposizioni previste dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni». Il comma 600, infine, prevede che «al fine di consentire la corretta e puntuale realizzazione dei programmi di dismissione immobiliare, gli enti e gli Istituti proprietari possono affidare a societa' di comprovata professionalita' ed esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell'edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attivita' necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli beni immobili». I commi della legge finanziaria in oggetto prevedono, dunque, l'emanazione di un d.P.C.m., che, se deve essere preceduto da un accodo tra Governo e regioni, andra' comunque a dettare una disciplina per semplificare le norme in materia di alienazione degli immobili di proprieta' degli IACP, disciplina che rientra nell'ambito della materia - l'edilizia residenziale pubblica - di potesta' legislativa residuale della regione. Ne consegue, senza dubbio, l'illegittimita' costituzionale delle norme in discorso per contrasto con l'art. 117, quarto comma, della Costituzione. Non solo, il comma 598 prescrive, in modo molto dettagliato e specifico, le finalita' perseguite dai principi fissati dall'accordo tra Governo e regioni: cosi' vengono disciplinati la proporzionalita' tra canone e prezzo di vendita (lettera a), l'esercizio del diritto di opzione all'acquisto per l'assegnatario e ad altri soggetti, puntualmente individuati (lettera b), la destinazione specifica dei proventi dell'alienazione. In tal modo, evidentemente, il contenuto dell'accordo tra Governo e regioni viene predeterminato dal legislatore statale, che individua non solo le scelte politiche di fondo, gli indirizzi, ma anche la disciplina piu' specifica, di alienazione e reinvestimento. La normativa in discorso viene, per altro, ad incidere non solo sulla sfera riconosciuta alla potesta' legislativa regionale dalla nostra Costituzione, ma anche sulla sua autonomia finanziaria e patrimoniale, ponendo vincoli alla disposizione del patrimonio immobiliare e all'utilizzo dei proventi che derivano dall'alienazione dello stesso, in violazione, ancora una volta, dell'art. 119 della Costituzione. Da quanto si e' esposto nel presente ricorso ritiene la difesa della Regione del Veneto che risulti con chiarezza il mancato rispetto del dettato costituzionale da parte di tutte le norme della legge 23 dicembre 2005, n. 266, impugnate.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare, nei termini e nelle proposizioni suindicati, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 23, 24, 25, 26, 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 279, 280, 285, 286, 287, 310, 597, 598, 599 e 600 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)» per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione. Si allega: deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 270 del 14 febbraio 2006, di autorizzazione alla proposizione del ricorso. Padova-Roma, addi' 21 febbraio 2006 Avv. Prof. Mario Bertolissi - Avv. Romano Morra - Avv. Andrea Manzi