Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 febbraio 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 17 del 2019-04-24)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge;

Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, con sede a Bari, Lungomare Nazario Sauro, 33 per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 66 del 18 dicembre 2018, pubblicata nel B.U.R. Puglia n. 161 suppl. del 20 dicembre 2018, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 14 febbraio 2019.

In data 20 dicembre 2018, sul n. 161 suppl. del Bollettino ufficiale della Regione Puglia, e' stata pubblicata la legge regionale 18 dicembre 2018, n. 66 recante «Disposizioni sul servizio di pronto soccorso e di continuita' assistenziale».

La legge consta di tre articoli:

l'art. 1, recante le «Finalita'» della legge;

l'art 2, rubricato «Servizio di continuita' assistenziale presso i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso», il quale dispone che, «In coerenza con la finalita' di cui all'art. 1, presso tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza a quest'ultimo, e' collocata una sede del servizio di continuita' assistenziale, cui compete la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita'» (comma 1), stabilendo poi che «Con provvedimento della Giunta regionale sono adottate le misure organizzative necessarie ai fini dell'attuazione del presente articolo» (comma 2);

l'art. 3 - «Norma finanziaria» - precisa infine che «La presente legge non comporta nuove spese o minori entrate per il bilancio regionale, configurandosi come atto di programmazione generale, cui faranno seguito provvedimenti amministrativi a cura della competente struttura regionale».

La legge n. 66/2018 della Regione Puglia presenta profili d'illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 2, comma 1, il quale, come si dira', eccede le competenze legislative regionali invadendo la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell'«ordinamento civile» di cui all'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione.

L'art. 2, comma 1, della legge regionale in questione viene dunque impugnato con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

Motivi

Secondo quanto dichiarato dall'art. 1, la legge regionale 18 dicembre 2018, n. 66 ha la finalita', in coerenza con l'art. 10, comma 1, dello Statuto della Regione Puglia, di creare una piu' solida integrazione tra ospedale e territorio, decongestionando l'attivita' delle strutture di pronto soccorso dagli interventi connessi a problematiche di bassa criticita', cosi' da aumentare l'appropriatezza delle cure e ridurre i tempi d'attesa da parte degli utenti.

Trattasi quindi di una disciplina volta, in linea generale, a migliorare l'erogazione del servizio sanitario, nell'ottica di una migliore fruibilita' dello stesso da parte degli assistiti.

In questa prospettiva, l'art. 2 prevede, al comma 1, la collocazione, in adiacenza ai presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, di una struttura di continuita' assistenziale alla quale affidare i casi meno gravi, con il dichiarato intento, come detto, di migliorare le modalita' organizzative di erogazione del servizio sanitario affiancando all'attivita' dei medici dei servizi dell'emergenza sanitaria territoriale quella dei medici dei servizi di continuita' assistenziale ai quali viene affidata «la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita'».

Cosi' disponendo, la norma viene tuttavia ad incidere sulle modalita' organizzative di erogazione delle attivita' dei medici di continuita' assistenziale e sui compiti di questi ponendosi in contrasto con i principi che ispirano l'Accordo collettivo nazionale di settore vigente che, nell'indicare le funzioni attribuite ai medici di continuita' assistenziale, ne demanda l'organizzazione agli Accordi integrativi regionali.

Ma prima di procedere oltre, e' d'uopo rammentare che, sin dall'epoca dell'istituzione - con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, cd. prima riforma sanitaria - del servizio sanitario nazionale, l'organizzazione e il trattamento normativo ed economico del personale sanitario a rapporto convenzionale sono stati disciplinati dalla legge e, sulla base di questa, da accordi collettivi nazionali stipulati tra una delegazione di parte pubblica - allora costituita dal Governo, dalle regioni e dall'Associazione nazionale dei comuni italiani - e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria e poi resi esecutivi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri: accordi ai quali avrebbero dovuto conformarsi, al fine di garantire l'uniformita' del trattamento a livello nazionale, le singole convenzioni (v. art. 48 legge n. 833/1978).

L'art 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - c.d. seconda riforma sanitaria - ha confermato questo assetto dei rapporti tra le strutture del Servizio sanitario nazionale e il personale in questione stabilendo che «Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale» (art. 8, comma 1, decreto legislativo n. 502/1992).

Il richiamato art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, dopo aver istituito e definito la composizione di una struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, destinata a rappresentare la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale, rinvia ad un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano; per la disciplina del procedimento di contrattazione collettiva relativo ai predetti accordi «tenendo conto di quanto previsto dagli articoli 40, 41, 42, 46, 47, 48 e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

In particolare, e per quanto qui interessa, l'art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - come modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - disciplina il procedimento di contrattazione collettiva nel settore pubblico stabilendo, tra l'altro, che «La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi» (comma 3) e che «La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono» (comma 3-bis).

Per quanto specificamente riguarda il personale sanitario a rapporto convenzionale, l'art. 2-nonies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 - aggiunto dalla legge di conversione 26 maggio 2004, n. 138 -, riprendendo quanto a suo tempo previsto dall'art. 48 della legge n. 833/1978, stabilisce che «Il contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale e' garantito sull'intero territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati mediante il procedimento di contrattazione collettiva definito con l'accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Balzano previsto dall'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni. Tale accordo nazionale e' reso esecutivo con intesa nella citata Conferenza permanente, di cui all'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».

In attuazione di tale previsione e' stato percio' concluso l'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano con intesa sancita nella seduta del 23 marzo 2005 il quale - in conformita' a quanto previsto dall'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 502/1992 e ss.mm.ii. e come modificato ed integrato dai successivi Accordi resi esecutivi con intese sancite dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nelle sedute, rispettivamente, del 29 luglio 2009 e dell'8 luglio 2010 - regola, «sotto il profilo economico, giuridico ed organizzativo, il rapporto di lavoro autonomo convenzionato per l'esercizio delle attivita' professionali, fra i medici di medicina generale e le Aziende sanitarie locali, per lo svolgimento, nell'ambito e nell'interesse del SSN, dei compiti e delle attivita' relativi ai settori di:

a) assistenza primaria;

b) continuita' assistenziale;

e) medicina dei servizi territoriali;

d) emergenza sanitaria territoriale» (art. 13).

In particolare, gli articoli da 62 a 73 dell'Accordo disciplinano il rapporto di lavoro dei medici affidatari di incarichi di continuita' assistenziale - espressamente contemplata fra i livelli essenziali di assistenza: v., da ultimo, l'art. 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 - prevedendo, all'art. 62, i criteri generali che presiedono allo svolgimento dell'attivita' e, all'art. 67, i compiti dei medici.

L'art. 62 - rubricato «Criteri generali» - per quanto qui interessa dispone che:

«Nell'ambito delle attivita' in equipe, Utap - Unita' territoriali di assistenza primaria: n.d.r. - o altre forme associative delle cure primarie, ai medici di continuita' assistenziale sono attribuite funzioni coerenti con le attivita' della medicina di famiglia, nell'ambito delle rispettive funzioni, al fine di un piu' efficace intervento nei confronti delle esigenze di salute della popolazione» (comma 3);

«L'attivita' di continuita' assistenziale puo' essere svolta in modo funzionale, nell'ambito delle equipes territoriali, secondo un sistema di disponibilita' domiciliare o in modo strutturato, in sedi territoriali adeguatamente attrezzate, sulla base di apposite determinazioni assunte nell'ambito degli Accordi regionali» (comma 4);

«Nell'ambito degli accordi regionali, i medici incaricati di espletare il servizio di continuita' in uno specifico ambito territoriale, possono essere organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le diverse funzioni territoriali» (comma 5).

L'Accordo collettivo nazionale di settore ha dunque compiutamente disciplinato il servizio di continuita' assistenziale stabilendone requisiti e modalita' di esercizio.

In dettaglio:

a) l'attivita' di continuita' assistenziale puo' essere svolta, in modo strutturato, in sedi territoriali adeguatamente attrezzate «sulla base di apposite determinazioni assunte nell'ambito degli Accordi regionali» (enfasi aggiunta);

b) «Nell'ambito degli accordi regionali, i medici incaricati di espletare il servizio di continuita' in uno specifico ambito territoriale, possono essere organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le diverse finzioni territoriali» (enfasi aggiunta).

L'art. 67 dell'Accordo definisce invece i compiti e gli obblighi dei medici di continuita' assistenziale anche in questo caso rinviando, per taluni aspetti e profili, agli altri livelli di contrattazione collettiva, regionale o aziendale.

Dal complesso delle riportate disposizioni risulta dunque evidente che con riferimento sia all'organizzazione del servizio sia alla definizione dei compiti del personale sanitario la contrattazione collettiva nazionale o provvede direttamente oppure rinvia alla contrattazione collettiva regionale: il che vale, in particolare, per quanto attiene allo svolgimento, in modo strutturato, dell'attivita' di continuita' assistenziale «in sedi territoriali adeguatamente attrezzate» (art. 62, comma 4, ACN 23 marzo 2005) ovvero, per cio' che riguarda l'organizzazione dell'attivita' in questione, «secondo modelli adeguati a facilitare le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le diverse funzioni territoriali» (art. 62, comma 5, ACN 23 marzo 2005).

In tale contesto si inserisce dunque la norma regionale qui impugnata la quale, stabilendo che «presso tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza a quest'ultimo, e' collocata una sede del servizio di continuita' assistenziale, cui compete la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita'», interviene regolando sia il profilo organizzativo sia quello piu' specificamente contenutistico dell'attivita' di continuita' assistenziale: il profilo organizzativo, nella misura in cui prevede l'istituzione di una sede del servizio presso ciascun presidio ospedaliero dotato di pronto soccorso; il profilo contenutistico, in quanto affida ai medici di continuita' assistenziale operanti presso quelle sedi la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita' altrimenti rientranti nelle competenze dei medici incaricati dell'emergenza sanitaria territoriale.

In tal modo, pero', disciplinando l'organizzazione e il contenuto dell'attivita' di continuita' assistenziale, la disposizione regionale interviene su materia riservata dalla legge - statale - alla contrattazione collettiva - nazionale e regionale - eccedendo cosi' dagli ambiti attribuiti dalla Costituzione alla competenza legislativa delle regioni ed invadendo di converso quello riservato alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato dall'art. 117, comma 2, lettera l) della Carta fondamentale.

La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e' infatti da tempo fermamente orientata nel senso di ritenere che gli ambiti e gli oggetti riservati dalla legge alla contrattazione collettiva e ai diversi livelli nei quali questa si articola afferiscono alla materia dell'«ordinamento civile» e, come tali, sono in radice preclusi all'intervento regionale.

Percio', quando - come nella presente fattispecie - un contratto collettivo nazionale determina, negli ambiti di disciplina ad esso riservati da una legge dello Stato, le materie e i limiti entro i quali deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non e' consentito ad una legge regionale derogare a quanto in tal senso disposto dal contratto collettivo nazionale (v., con riferimento all'istituto della mobilita', la sentenza n. 68/2011).

Nella sentenza n. 256/2012 si e' poi ribadito che le disposizioni regionali che incidono su aspetti del rapporto di lavoro riservati alla contrattazione collettiva, violano l'art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. «in quanto i profili suddetti rientrano nella materia dell'ordinamento civile, appartenente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato» (v. anche, per l'afferenza all'ordinamento civile delle materie riservate dalla legge alla contrattazione collettiva, la sentenza n. 257/2016).

Da ultimo, e proprio con specifico riferimento alla disciplina del rapporto convenzionale con i medici di medicina generale contenuta negli accordi collettivi previsti dall'art. 8 del decreto legislativo n. 502/1992, codesta ecc.ma Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma di legge regionale riproduttiva del contenuto di una disposizione dell'Accordo collettivo integrativo del 16 settembre 2006 affetta da nullita' in quanto contrastante con l'Accordo collettivo nazionale del 23 marzo 2005 e con l'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001, che delimita gli ambiti della contrattazione collettiva ed i rapporti tra il livello di contrattazione nazionale ed i corrispondenti livelli regionali ed aziendali (sent. n. 186/2016).

Nell'occasione si e' appunto affermato che «La stessa contrattazione collettiva nazionale in materia di personale sanitario a rapporto convenzionale, fondata sull'espressa previsione delle norme statali precedentemente richiamate, e' certamente parte dell'ordinamento civile. Essa difatti si inserisce nel peculiare sistema integrato delle fonti cui la legge statale pone un forte presidio per garantirne la necessaria uniformita'.

Recuperare l'inapplicabile clausola dell'AIR, affetta da nullita', attraverso una prescrizione legislativa regionale, assunta in assoluta carenza di competenza legislativa, determina di per se' l'illegittimita' costituzionale della norma.

Rispetto alla richiamata giurisprudenza costituzionale in materia di impiego pubblico non esistono, sotto il profilo del presente giudizio, apprezzabili differenze per il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale con il Servizio sanitario nazionale, ascrivibile alla cosiddetta «parasubordinazione».

Infatti, vengono parimenti in evidenza le medesime esigenze di regolazione uniforme dei rapporti convenzionali dei medici con il Servizio sanitario nazionale giacche' la disciplina specifica e' costituita da una forte integrazione tra la normativa statale e la contrattazione collettiva nazionale (con una rigorosa delimitazione degli ambiti dell'ulteriore contrattazione decentrata) con un limitato rinvio - ma solo per ambiti e materie ben delineati - alla legislazione regionale, secondo schemi comuni agli altri settori del pubblico impiego».

E dunque, quando, come nella fattispecie, un contratto/accordo collettivo nazionale, negli ambiti di disciplina ad esso riservati da una legge dello Stato, regola direttamente alcuni profili del rapporto di lavoro ovvero determina le materie e gli aspetti sui quali puo' e deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non e' consentito alle regioni intervenire dettando, con proprie leggi, una disciplina autonoma e diversa.

La previsione regionale che qui si censura, disciplinando l'organizzazione del servizio di continuita' assistenziale presso i servizi ospedalieri dotati di pronto soccorso e demandando ai sanitari incaricati del servizio la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita', e' quindi costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost., perche', intervenendo su oggetti riservati alla contrattazione collettiva di settore, legifera su materia, quella dell'ordinamento civile, ad essa totalmente preclusa.

 

P.Q.M.

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati ed illustrati, l'art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 66 del 18 dicembre 2018, pubblicata nel B.U.R. Puglia n. 161 suppl. del 20 dicembre 2018, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 14 dicembre 2019.

 

Roma, 18 febbraio 2019

Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani

L'Avvocato dello Stato: Ranucci

 

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