Ricorso n. 29 del 20 marzo 2003 (Regione Toscana)
N. 29 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 marzo 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 19 del 14-5-2003)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 196
del 3 marzo 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 7,
primo comma, 46 e 51, settimo comma, della legge 16 gennaio 2003
n. 3, recante «Disposizioni ordinamentali in materia di Pubblica
Amministrazione».
Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20
gennaio 2003 e' stata pubblicata la legge n. 3/2003.
Nel testo sono state inserite disposizioni che incidono su
materie di competenza regionale, con profili di illegittimita'
costituzionale, specie alla luce delle innovazioni introdotte dalla
legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 che, com'e' noto, ha
modificato le disposizioni del titolo V, parte seconda, della
Costituzione. Da qui la necessita' della proposizione del presente
ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni di seguito indicate.
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, per
violazione dell'art. 117 e 119 Cost.
Il primo comma dell'art. 7 della legge n. 3/2003, concernente
disposizioni in materia di mobilita' del personale delle pubbliche
amministrazioni, inserisce l'art. 34/bis nel decreto legislativo 30
marzo 2001 n. 165.
Il nuovo articolo dispone che tutte le amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 165 (comprendente,
per quanto qui interessa, anche le regioni nonche' gli enti e le
aziende regionali) prima di procedere all'avvio di procedure di
assunzione di personale, sono tenute a darne comunicazione «ai
soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3"» presso i quali sono tenuti
gli elenchi del personale, in disponibilita', specificando l'area, il
livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali
specifiche idoneita' richieste.
Pertanto le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non
economici nazionali devono dare la suddetta comunicazione al
Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio
dei ministri, mentre le altre amministrazioni, comprese dunque le
regioni e gli enti e le aziende riconducibili all'organizzazione
regionale, devono effettuare detta comunicazione alle strutture
regionali e provinciali di cui al d.lgs. n. 469/1997.
Entro quindici giorni da tali comunicazioni, il Dipartimento
della funzione pubblica ovvero le predette strutture provvedono, se
possibile, ad assegnare, alle amministrazioni che hanno comunicato
l'esigenza di assunzione, il personale collocato in disponibilita'
ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti dalle leggi e
dai contratti collettivi.
Le strutture regionali e provinciali, ove non abbiano personale
«assegnabile" nelle loro liste, devono, entro quindici giorni, darne
comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica, il quale di
concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad
assegnare personale collocato nelle sue" liste di disponibilita' alle
amministrazioni diverse da quelle statali e, quindi, anche alle
amministrazioni regionali.
Se invece entro due mesi dalla comunicazione i soggetti preposti
non provvedono ad alcuna assegnazione di personale in disponibilita'
o interessato da processi di mobilita', le amministrazioni
interessate possono procedere ad avviare le procedure di concorso per
l'assunzione di personale. La norma stabilisce che le assunzioni
eventualmente effettuate in violazione delle procedura descritta sono
«nulle di diritto».
La disposizione e' fortemente lesiva delle attribuzioni
costituzionalmente garantite alle regioni.
L'art. 117, secondo comma, della Costituzione riserva alla
potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed
organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e
agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117, quarto comma, Cost., l'organizzazione amministrativa e
l'ordinamento del personale della regione, degli enti ed aziende
regionali.
In tale materia, dunque, la competenza legislativa delle regioni
e' esclusiva e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
La Corte costituzionale ha riconosciuto sussistere un'ampia
autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e del
personale - materia in cui evidentemente rientra anche la disciplina
delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente art. 117 Cost.
(sentenze n. 278/1983; n. 772/1988; n. 277/1983; n. 10/1980;
ordinanza n. 515/2002) e percio' tale potesta' sussiste con maggior
ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo Titolo V.
Le impugnate disposizioni violano totalmente la suddetta
autonomia legislativa regionale, perche' limitano la possibilita' di
indire concorsi per l'assunzione di nuovo personale, cosi'
interferendo sull'organizzazione amministrativa regionale e degli
enti ed aziende regionali.
Il grave vulnus, e' poi ancora accentuato perche' la norma non si
limita a prevedere per le Regioni l'obbligo - che sarebbe gia' di per
se' lesivo - di interpellare le strutture regionali che detengono le
liste del personale in disponibilita', ma, ove tali strutture non
abbiano personale assegnabile, l'autonomia regionale resta ancora
paralizzata dal successivo passaggio, perche' si deve attendere il
responso del Dipartimento della funzione pubblica che, di concerto
con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare
il personale collocato nelle sue liste di disponibilita'. Non esiste
alcuno dei titoli che in base all'art. 117 secondo comma Cost.
legittimi lo Stato ad emanare disposizioni legislative cosi'
pesantemente incidenti sull'ordinamento e sull'organizzazione
amministrativa regionale. Ne' la norma trova legittimazione
costituzionale invocando il concorso delle autonomie regionali al
rispetto degli obiettivi della finanza pubblica: lo Stato potra'
infatti determinare i principi del coordinamento della finanza
pubblica, come prevede l'art. 119 Cost., lasciando pero' spazio
all'autonoma scelta del legislatore regionale in merito alle
modalita' di attuazione dei principi posti.
Cio' non avviene nel caso in esame in cui si stabiliscono
puntuali adempimenti procedurali e, addirittura, si impone alle
regioni di assumere personale collocato in disponibilita'
dall'amministrazione statale, senza che si preveda, neppure, la
possibilita' per le regioni di valutare, in rapporto alle proprie
esigenze organizzative, l'effettiva adeguatezza professionale del
personale imposto, prima di procedere all'assunzione del medesimo.
Per gli esposti motivi le disposizioni sono lesive dell'autonomia
regionale.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 46 per violazione
dell'art. 117 Cost.
L'art. 46 dispone che i farmacisti che gestiscono in via
provvisoria una sede farmaceutica rurale o urbana ed i farmacisti cui
sia stata attribuita la gestione provvisoria, anche se hanno superato
il limite di eta' previsto dall'art. 4, secondo comma, della legge 8
novembre 1991 n. 362, hanno diritto per una sola volta a conseguire
la titolarita' della farmacia, purche' alla data di entrata in vigore
della legge risultino assegnatari da almeno due anni e non sia stata
pubblicata la graduatoria del concorso per l'assegnazione della
relativa sede farmaceutica. Il secondo comma prevede le cause di
esclusione dal suddetto beneficio.
Il terzo ed il quarto comma stabiliscono poi che le domande per
conseguire la titolarita' della farmacia devono pervenire alle
regioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge e che l'accertamento dei requisiti e delle condizioni previste
dalla norma e' effettuato entro un mese dalla presentazione della
domanda.
Pertanto lo scopo della norma e' quello di consentire il
conseguimento della titolarita' delle farmacie rurali o urbane ai
farmacisti che gestiscono in via provvisoria la stessa, prescindendo
dal limite di eta'.
L'art. 4 della legge n. 362/1991 infatti attribuisce alle regioni
il compito di bandire il concorso per il conferimento delle sedi
farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione, prevedendo che al
medesimo sono ammessi i cittadini di uno Stato membro dell'Unione
europea maggiori di eta', in possesso dei diritti civili e politici
e' iscritti all'albo dei farmacisti, che non abbiano compiuto
sessanta anni di eta' alla data di scadenza del termine di
presentazione delle domande.
Per il suo contenuto, la norma verte dunque in materia di tutela
del lavoro, rientrante nella potesta' legislativa concorrente, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma Cost.
E' percio' legittimo che lo Stato determini i principi
fondamentali (come quello relativo al possibile superamento del
limite di eta' per conseguire la titolarita' della farmacia), mentre
poi dovrebbe essere rimesso all'autonomia legislativa regionale
attuare il principio nelle forme e modi ritenuti piu' opportuni.
Invece la norma in esame disciplina nel dettaglio anche gli aspetti
procedurali, con cio' ponendosi in contrasto con la potesta'
legislativa regionale in materia.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 51, settimo comma,
per violazione dell'art. 117 Cost.
La disposizione in esame attiene alla tutela della salute e
sancisce il divieto di fumo nei locali chiusi.
Si tratta di un principio fondamentale che la regione non
contesta e che, anzi, intende pienamente attuare.
La contestazione riguarda il settimo comma della disposizione in
esame, il quale prevede che entro centoventi giorni dalla data di
pubblicazione della legge, con accordo sancito in conferenza
Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute di concerto con
i Ministri della giustizia e dell'interno, sono ridefinite le
procedure per l'accertamento delle infrazioni al divieto posto dalla
norma; la modulistica per il rilievo delle sanzioni stesse, nonche'
l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i processi
verbali, di quelli competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni
accertate ai sensi dell'art. 17 della legge n. 689/1981 e di quelli
deputati a irrogare le relative sanzioni.
La contestata disposizione riguarda, com'e' evidente, il
procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative in una
materia che, come la tutela della salute, e' soggetta alla potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
La Corte costituzionale, gia' sotto il vigore del previgente
Titolo V, ha affermato che, la competenza sanzionatoria non attiene
ad una materia a se', ma accede alle materie sostanziali, con
funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore e che
pertanto la medesima competenza e' riservata alle regioni nelle
materie di propria spettanza costituzionale (sent. n. 28/1996;
n. 187/1996).
Percio' tanto piu' oggi, nella vigenza del nuovo art. 117 Cost.,
per gli aspetti sanzionatori qui considerati, in materia attribuita
alla potesta' legislativa concorrente, lo Stato deve limitarsi a
stabilire i principi fondamentali, quale, appunto, e' sicuramente
quello, non contestato, posto dal primo comma relativamente al
divieto di fumo nei locali chiusi.
Ma la disciplina del procedimento per l'accertamento delle
infrazioni, con l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare
i processi verbali, a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni
non costituisce un principio ed e' pertanto rimessa alla potesta'
legislativa regionale.
Oltre tutto l'individuazione dei suddetti soggetti interferisce
con l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa regionale che e'
materia affidata alla potesta' legislativa residuale delle regioni,
ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost e per tale profilo
quindi la norma si pone ulteriormente in contrasto con le
attribuzioni regionali.
La ravvisata lesione dell'autonomia legislativa regionale non
puo' ritenersi superata dal fatto che gli aspetti suddetti del
procedimento di sanzionamento sono rimessi all'accordo sancito in
sede di Conferenza Stato-Regioni.
Infatti non e' costituzionalmente ammissibile attraverso gli
accordi e le intese condizionare, vincolare ed esautorare la potesta'
legislativa regionale esistente in materia di tutela della salute, in
quanto l'ordine costituzionale delle competenze legislative e'
indisponibile e non puo' dipendere da accordi (Corte cost.
n. 126/1996; n. 437/2001). Percio' la previsione dell'intesa non puo'
costituire un meccanismo attraverso il quale lo Stato si appropria di
potesta' legislative ad esso non riservate dalla Costituzione.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 7, primo comma, 46 e 51 settimo comma,
della legge 16 gennaio 2003 n. 3 per gli indicati motivi.
Si deposita la delibera di autorizzazione a promuovere il
giudizio n. 196/2003.
Firenze-Roma, addi' 20 marzo 2003
Avv. Lucia Bora - avv. Fabio Lorenzoni
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 marzo 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 19 del 14-5-2003)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 196
del 3 marzo 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 7,
primo comma, 46 e 51, settimo comma, della legge 16 gennaio 2003
n. 3, recante «Disposizioni ordinamentali in materia di Pubblica
Amministrazione».
Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20
gennaio 2003 e' stata pubblicata la legge n. 3/2003.
Nel testo sono state inserite disposizioni che incidono su
materie di competenza regionale, con profili di illegittimita'
costituzionale, specie alla luce delle innovazioni introdotte dalla
legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 che, com'e' noto, ha
modificato le disposizioni del titolo V, parte seconda, della
Costituzione. Da qui la necessita' della proposizione del presente
ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni di seguito indicate.
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, per
violazione dell'art. 117 e 119 Cost.
Il primo comma dell'art. 7 della legge n. 3/2003, concernente
disposizioni in materia di mobilita' del personale delle pubbliche
amministrazioni, inserisce l'art. 34/bis nel decreto legislativo 30
marzo 2001 n. 165.
Il nuovo articolo dispone che tutte le amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 165 (comprendente,
per quanto qui interessa, anche le regioni nonche' gli enti e le
aziende regionali) prima di procedere all'avvio di procedure di
assunzione di personale, sono tenute a darne comunicazione «ai
soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3"» presso i quali sono tenuti
gli elenchi del personale, in disponibilita', specificando l'area, il
livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali
specifiche idoneita' richieste.
Pertanto le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non
economici nazionali devono dare la suddetta comunicazione al
Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio
dei ministri, mentre le altre amministrazioni, comprese dunque le
regioni e gli enti e le aziende riconducibili all'organizzazione
regionale, devono effettuare detta comunicazione alle strutture
regionali e provinciali di cui al d.lgs. n. 469/1997.
Entro quindici giorni da tali comunicazioni, il Dipartimento
della funzione pubblica ovvero le predette strutture provvedono, se
possibile, ad assegnare, alle amministrazioni che hanno comunicato
l'esigenza di assunzione, il personale collocato in disponibilita'
ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti dalle leggi e
dai contratti collettivi.
Le strutture regionali e provinciali, ove non abbiano personale
«assegnabile" nelle loro liste, devono, entro quindici giorni, darne
comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica, il quale di
concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad
assegnare personale collocato nelle sue" liste di disponibilita' alle
amministrazioni diverse da quelle statali e, quindi, anche alle
amministrazioni regionali.
Se invece entro due mesi dalla comunicazione i soggetti preposti
non provvedono ad alcuna assegnazione di personale in disponibilita'
o interessato da processi di mobilita', le amministrazioni
interessate possono procedere ad avviare le procedure di concorso per
l'assunzione di personale. La norma stabilisce che le assunzioni
eventualmente effettuate in violazione delle procedura descritta sono
«nulle di diritto».
La disposizione e' fortemente lesiva delle attribuzioni
costituzionalmente garantite alle regioni.
L'art. 117, secondo comma, della Costituzione riserva alla
potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed
organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e
agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117, quarto comma, Cost., l'organizzazione amministrativa e
l'ordinamento del personale della regione, degli enti ed aziende
regionali.
In tale materia, dunque, la competenza legislativa delle regioni
e' esclusiva e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
La Corte costituzionale ha riconosciuto sussistere un'ampia
autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e del
personale - materia in cui evidentemente rientra anche la disciplina
delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente art. 117 Cost.
(sentenze n. 278/1983; n. 772/1988; n. 277/1983; n. 10/1980;
ordinanza n. 515/2002) e percio' tale potesta' sussiste con maggior
ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo Titolo V.
Le impugnate disposizioni violano totalmente la suddetta
autonomia legislativa regionale, perche' limitano la possibilita' di
indire concorsi per l'assunzione di nuovo personale, cosi'
interferendo sull'organizzazione amministrativa regionale e degli
enti ed aziende regionali.
Il grave vulnus, e' poi ancora accentuato perche' la norma non si
limita a prevedere per le Regioni l'obbligo - che sarebbe gia' di per
se' lesivo - di interpellare le strutture regionali che detengono le
liste del personale in disponibilita', ma, ove tali strutture non
abbiano personale assegnabile, l'autonomia regionale resta ancora
paralizzata dal successivo passaggio, perche' si deve attendere il
responso del Dipartimento della funzione pubblica che, di concerto
con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare
il personale collocato nelle sue liste di disponibilita'. Non esiste
alcuno dei titoli che in base all'art. 117 secondo comma Cost.
legittimi lo Stato ad emanare disposizioni legislative cosi'
pesantemente incidenti sull'ordinamento e sull'organizzazione
amministrativa regionale. Ne' la norma trova legittimazione
costituzionale invocando il concorso delle autonomie regionali al
rispetto degli obiettivi della finanza pubblica: lo Stato potra'
infatti determinare i principi del coordinamento della finanza
pubblica, come prevede l'art. 119 Cost., lasciando pero' spazio
all'autonoma scelta del legislatore regionale in merito alle
modalita' di attuazione dei principi posti.
Cio' non avviene nel caso in esame in cui si stabiliscono
puntuali adempimenti procedurali e, addirittura, si impone alle
regioni di assumere personale collocato in disponibilita'
dall'amministrazione statale, senza che si preveda, neppure, la
possibilita' per le regioni di valutare, in rapporto alle proprie
esigenze organizzative, l'effettiva adeguatezza professionale del
personale imposto, prima di procedere all'assunzione del medesimo.
Per gli esposti motivi le disposizioni sono lesive dell'autonomia
regionale.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 46 per violazione
dell'art. 117 Cost.
L'art. 46 dispone che i farmacisti che gestiscono in via
provvisoria una sede farmaceutica rurale o urbana ed i farmacisti cui
sia stata attribuita la gestione provvisoria, anche se hanno superato
il limite di eta' previsto dall'art. 4, secondo comma, della legge 8
novembre 1991 n. 362, hanno diritto per una sola volta a conseguire
la titolarita' della farmacia, purche' alla data di entrata in vigore
della legge risultino assegnatari da almeno due anni e non sia stata
pubblicata la graduatoria del concorso per l'assegnazione della
relativa sede farmaceutica. Il secondo comma prevede le cause di
esclusione dal suddetto beneficio.
Il terzo ed il quarto comma stabiliscono poi che le domande per
conseguire la titolarita' della farmacia devono pervenire alle
regioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge e che l'accertamento dei requisiti e delle condizioni previste
dalla norma e' effettuato entro un mese dalla presentazione della
domanda.
Pertanto lo scopo della norma e' quello di consentire il
conseguimento della titolarita' delle farmacie rurali o urbane ai
farmacisti che gestiscono in via provvisoria la stessa, prescindendo
dal limite di eta'.
L'art. 4 della legge n. 362/1991 infatti attribuisce alle regioni
il compito di bandire il concorso per il conferimento delle sedi
farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione, prevedendo che al
medesimo sono ammessi i cittadini di uno Stato membro dell'Unione
europea maggiori di eta', in possesso dei diritti civili e politici
e' iscritti all'albo dei farmacisti, che non abbiano compiuto
sessanta anni di eta' alla data di scadenza del termine di
presentazione delle domande.
Per il suo contenuto, la norma verte dunque in materia di tutela
del lavoro, rientrante nella potesta' legislativa concorrente, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma Cost.
E' percio' legittimo che lo Stato determini i principi
fondamentali (come quello relativo al possibile superamento del
limite di eta' per conseguire la titolarita' della farmacia), mentre
poi dovrebbe essere rimesso all'autonomia legislativa regionale
attuare il principio nelle forme e modi ritenuti piu' opportuni.
Invece la norma in esame disciplina nel dettaglio anche gli aspetti
procedurali, con cio' ponendosi in contrasto con la potesta'
legislativa regionale in materia.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 51, settimo comma,
per violazione dell'art. 117 Cost.
La disposizione in esame attiene alla tutela della salute e
sancisce il divieto di fumo nei locali chiusi.
Si tratta di un principio fondamentale che la regione non
contesta e che, anzi, intende pienamente attuare.
La contestazione riguarda il settimo comma della disposizione in
esame, il quale prevede che entro centoventi giorni dalla data di
pubblicazione della legge, con accordo sancito in conferenza
Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute di concerto con
i Ministri della giustizia e dell'interno, sono ridefinite le
procedure per l'accertamento delle infrazioni al divieto posto dalla
norma; la modulistica per il rilievo delle sanzioni stesse, nonche'
l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i processi
verbali, di quelli competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni
accertate ai sensi dell'art. 17 della legge n. 689/1981 e di quelli
deputati a irrogare le relative sanzioni.
La contestata disposizione riguarda, com'e' evidente, il
procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative in una
materia che, come la tutela della salute, e' soggetta alla potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
La Corte costituzionale, gia' sotto il vigore del previgente
Titolo V, ha affermato che, la competenza sanzionatoria non attiene
ad una materia a se', ma accede alle materie sostanziali, con
funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore e che
pertanto la medesima competenza e' riservata alle regioni nelle
materie di propria spettanza costituzionale (sent. n. 28/1996;
n. 187/1996).
Percio' tanto piu' oggi, nella vigenza del nuovo art. 117 Cost.,
per gli aspetti sanzionatori qui considerati, in materia attribuita
alla potesta' legislativa concorrente, lo Stato deve limitarsi a
stabilire i principi fondamentali, quale, appunto, e' sicuramente
quello, non contestato, posto dal primo comma relativamente al
divieto di fumo nei locali chiusi.
Ma la disciplina del procedimento per l'accertamento delle
infrazioni, con l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare
i processi verbali, a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni
non costituisce un principio ed e' pertanto rimessa alla potesta'
legislativa regionale.
Oltre tutto l'individuazione dei suddetti soggetti interferisce
con l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa regionale che e'
materia affidata alla potesta' legislativa residuale delle regioni,
ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost e per tale profilo
quindi la norma si pone ulteriormente in contrasto con le
attribuzioni regionali.
La ravvisata lesione dell'autonomia legislativa regionale non
puo' ritenersi superata dal fatto che gli aspetti suddetti del
procedimento di sanzionamento sono rimessi all'accordo sancito in
sede di Conferenza Stato-Regioni.
Infatti non e' costituzionalmente ammissibile attraverso gli
accordi e le intese condizionare, vincolare ed esautorare la potesta'
legislativa regionale esistente in materia di tutela della salute, in
quanto l'ordine costituzionale delle competenze legislative e'
indisponibile e non puo' dipendere da accordi (Corte cost.
n. 126/1996; n. 437/2001). Percio' la previsione dell'intesa non puo'
costituire un meccanismo attraverso il quale lo Stato si appropria di
potesta' legislative ad esso non riservate dalla Costituzione.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 7, primo comma, 46 e 51 settimo comma,
della legge 16 gennaio 2003 n. 3 per gli indicati motivi.
Si deposita la delibera di autorizzazione a promuovere il
giudizio n. 196/2003.
Firenze-Roma, addi' 20 marzo 2003
Avv. Lucia Bora - avv. Fabio Lorenzoni