Ricorso n. 29 del 3 marzo 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 14 del 2015-04-08)
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f.
….), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in
carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato (c.f. …), presso i cui uffici ha
domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (fax … - PEC
…), ricorrente;
Contro Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente;
Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita'
dell'art. 3, comma 1, della Legge Regionale Toscana 30 dicembre 2014
n. 88, pubblicata sul B.U.R. n. 66 del 31 dicembre 2014, avente ad
oggetto «Modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3
(Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 - Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio»). Disposizioni in materia di ambiti territoriali di
caccia.
Con legge 11 febbraio 1992 n. 157 lo Stato ha dettato norme per
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio, in attuazione e recepimento delle direttive comunitarie.
La disciplina statale prevede che tutto il territorio
agro-silvo-pastorale nazionale sia soggetto a pianificazione
faunistico venatoria, finalizzata - per quanto attiene alle specie
carnivore - alla conservazione delle effettive capacita' riproduttive
e al contenimento naturale, e - per quanti attiene alle altre specie
- al conseguimento della densita' ottimale e alla sua conservazione
mediante la riqualificazione delle risorse ambientali ed alla
regolamentazione del prelievo venatorio.
La pianificazione in questione e' demandata alle regioni ed alle
province, che vi provvedono destinandovi in modo differenziato il
proprio territorio con le modalita' fissate dalla stessa legge
statale.
La legge statale impone che il territorio agro-silvo-pastorale di
ogni regione sia destinato per una quota del 20/30 per cento alla
protezione della fauna selvatica (intendendosi per protezione il
divieto di abbattimento e cattura ai fini venatori) e consente una
destinazione dello stesso territorio, fino ad un massimo del 15 per
cento, a caccia riservata a gestione privata e a centri di
riproduzione della fauna selvatica.
Sulla restante parte del territorio regionale devono essere
promosse forme di gestione programmata della caccia; ed ai fini della
pianificazione generale del territorio le regioni stesse devono
predisporre piani faunistico venatori articolati per comprensori
omogenei.
Le modalita' di pianificazione del territorio per consentire la
gestione programmata della caccia, fissate dalla legge statale,
prevedono che ogni regione ripartisca il territorio stesso in ambiti
territoriali di caccia (ATC); detti ambiti devono essere di
dimensione sub provinciale, possibilmente omogenei e delimitati da
confini naturali.
Ogni ambito territoriale di caccia, una volta individuato dalla
regione, riceve dal Ministero delle Politiche Agricole un indice di
densita' venatoria minima (risultante dal rapporto tra il numero dei
cacciatori e il territorio agro-silvo-pastorale nazionale), cha ha
validita' quinquennale.
Una volta conosciuto l'indice di densita' minima dei propri
ambiti territoriali di caccia, le regioni approvano ed applicano il
piano faunistico venatorio ed il relativo regolamento di attuazione,
anch'esso modificabile e revisionabile ogni cinque anni.
Per recepire le disposizioni della legge nazionale, la Regione
Toscana ha emanato la legge regionale 12 gennaio 1994 n. 3,
successivamente piu' volte modificata.
All'art. 11 la legge regionale prevedeva, in piena coerenza con
la norma nazionale, che gli ambiti territoriali di caccia (ATC)
avessero dimensione sub provinciale, con confini e denominazione
individuati nel piano faunistico venatorio provinciale.
La legge regionale n. 88 del 30 dicembre 2014, pubblicata sul
BURL Toscana n. 66 del 31 dicembre 2014, ha modificato la legge
regionale n. 4/1994 con diverse disposizioni.
In particolare, l'art. 3 ha integralmente sostituito il testo
dell'art. 11 della legge precedente prevedendo, tra l'altro, che gli
ambiti territoriali di caccia (ATC) sono nove e con confini che
coincidono con quelli delle province; la loro denominazione e' quella
della citta' capoluogo della provincia sul cui territorio insiste
l'ambito.
In sostanza, il territorio dell'ambito di caccia si identifica
fisicamente, in tutto e per tutto, con il territorio della relativa
provincia venendo meno il carattere sub provinciale che la legge
statale e la legge regionale previgente avevano stabilito.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ritiene che questa norma
leda il riparto della potesta' legislativa tra Stato e Regioni come
fissato dalla Costituzione, e pertanto propone la presente
impugnazione affidata al seguente
Motivo
Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della Legge della
Regione Toscana 30 dicembre 2014, n. 88, in riferimento all'art. 117,
comma 2, lettera s) della Costituzione.
Sotto la vigenza dell'art. 117 della Costituzione prima della sua
riforma ad opera della legge costituzionale n. 3/2001, la disciplina
della caccia era materia affidata per le regioni a Statuto ordinario
alla potesta' legislativa concorrente, e dunque per essa la regione
poteva emanare norme nel rispetto e nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.
In tale contesto, la legge 11 febbraio 1992 n. 157 aveva assunto
la forza e la natura della legge quadro dettando, anche in attuazione
della normativa comunitaria, i principi fondamentali della materia e
demandando alle regioni la loro realizzazione attraverso una
vastissima gamma di poteri legislativi e regolamentari con la
connessa dotazione di funzioni amministrative.
Come tale essa era stata considerata dalla giurisprudenza
costituzionale nel valutare il canone di legittimita' delle norme
emanate dalle regioni a statuto ordinario enucleandone i principi
fondamentali (v. ad es. Corte Cost. 30 dicembre 1997 n. 448 nei
riguardi della Regione Liguria), senza tralasciare i suoi connotati
di legge di grande riforma economico sociale affermata nel giudicare
la legittimita' delle norme emanate dalle regioni a statuto speciale
aventi in materia potesta' legislativa esclusiva (v. ad es. Corte
Cost. 12 gennaio 2000 n. 4 nei riguardi della Regione Sicilia, e
proprio sul punto della consistenza territoriale degli ambiti di
caccia, e Corte Cost. 210/2001).
Nell'attuale assetto costituzionale, in cui la materia della
caccia - non demandata alla potesta' legislativa dello Stato - spetta
alla competenza esclusiva delle regioni, occorre valutare se le
singole norme configgano o meno con la riserva statale.
Si tratta quindi di vedere se la norma regionale Toscana qui
denunciata, nella parte in cui individua l'estensione degli ambiti
territoriali di caccia in perfetta coincidenza con l'area delle
provincie cosi' superando il vincolo di sub provincialita' imposto
dall'art. 14 della legge n. 157/1992, leda le prerogative dello Stato
nel legiferare nelle materie di sua competenza, ed in particolare
nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. La
disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema puo' infatti incidere sulla materia della caccia ove
l'intervento dello Stato sia rivolto a garantire standard minimi e
uniformi di tutela della fauna (Corte Cost. 20 dicembre 2012 n.
5368).
E circa la portata lesiva della norma qui denunciata, la risposta
non puo' che essere affermativa, proprio sulla base della
considerazione che tale elemento territoriale ha ricevuto dalla
giurisprudenza costituzionale.
La Corte Costituzionale infatti, nella citata sentenza n. 4/2000
ebbe ad affermare che la legge n. 157/2000 e' tesa a perseguire un
punto di equilibrio tra il primario obiettivo della salvaguardia del
patrimonio faunistico nazionale e l'esercizio dell'attivita'
venatoria, e che momento essenziale di tale equilibrio (che si attua
attraverso una corretta programmazione della caccia) e' la
valorizzazione dei caratteri di omogeneita' del territorio, che
appunto portano alla corretta delimitazione degli ambiti territoriali
di caccia.
In questa ottica, la configurazione prevista dalla legge
nazionale di ripartizioni territoriali quanto piu' vicine agli
interessati - nell'ottica del miglior rapporto tra il cacciatore ed
il territorio stesso, nonche' della valorizzazione del ruolo della
comunita' ivi insediata e chiamata a gestire le risorse faunistiche
attraverso gli organi direttivi degli ambiti - appare un elemento di
assoluta rilevanza tale da giustificare come essenziale la dimensione
sub provinciale degli ambiti di caccia.
E di conseguenza e' stata ritenuta costituzionalmente illegittima
la norma regionale che - in modo del tutto identico a quello della
legge qui denunciata - aveva previsto ambiti territoriali di caccia
di estensione corrispondente a quella delle provincie. E
l'affermazione appare tanto piu' significativa quanto si consideri
che essa e' stata resa, prima della riforma costituzionale del 2001,
nei confronti di potesta' legislativa regionale esclusiva.
In sostanza, la dimensione sub provinciale degli ambiti
territoriali di caccia e' la sola che consente la piena
valorizzazione delle peculiarita' ambientali, naturalistiche ed umane
del singolo contesto spaziale, e che pertanto costituisce dato
fondamentale della regola statale, perche' realizza in pieno quelle
esigenze di omogeneita' del territorio, di ottimalita' del rapporto
tra cacciatori ed estensione superficiale e di partecipazione della
collettivita' locale, che secondo la valutazione del legislatore
nazionale sono fattori essenziali di tutela della fauna. E la tutela
della fauna e' elemento irrinunciabile del piu' ampio concetto di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, compito indiscutibilmente
riservato allo Stato.
Si consideri che l'Istituto Nazionale Fauna Selvatica (ora
ISPRA), nel «Documento Orientativo per i criteri di omogeneita' e
congruenza per la pianificazione faunistico venatoria», da un punto
di vista squisitamente tecnico individua una dimensione ideale delle
ATC compresa tra un minimo di alcune migliaia di ettari ed un massimo
di 10.000/15.000 Ha. E tale orientamento tecnico scientifico e' stato
recepito nella scelta dimensionale degli ATC operata dal legislatore
statale.
Ora, estendere l'estensione degli ambiti territoriali di caccia
oltre la dimensione prevista dal legislatore appare misura che incide
in modo inammissibile su quelle esigenze di tutela perche'
compromette quel requisito di omogeneita' di habitat che la legge
considera essenziale ai fini della tutela faunistica. Requisito di
omogeneita' che certamente non e' ravvisabile in estensioni
territoriali di dimensioni superiori, e soprattutto in presenza di
territori provinciali - come quelli della regione Toscana la cui
ampiezza e varieta' di contesti naturali e' garanzia di
eterogeneita'.
Ne' vale ad attenuare il giudizio negativo sul piano della
legittimita' costituzionale la previsione, nel corpo della norma
denunciata, della possibilita' di istituzione di sottoambiti; tale
«apertura», infatti, per le sue caratteristiche future, eventuali, e
come tali incerte, non e' idonea a garantire il conseguimento dei
fini di tutela perseguiti dalla norma statale (v. ancora Corte Cost.
12 gennaio 2000 n. 4 in presenza di analoga previsione affidata al
potere assessorile).
Si aggiunge che l'art. 14 della legge n. 157/1992 non solo
individua una dimensione sub provinciale come estensione ottimale
degli ambiti, ma impone che essi siano definiti da confini naturali;
con il che appare impossibile per la singola regione far coincidere
gli ambiti stessi con il territorio di una provincia, delimitato da
confini politici.
Il concetto e' stato di recente ancora una volta ribadito dalla
giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto costituzionalmente
illegittima, proprio per i motivi sopra esposti e richiamati e
proprio in relazione all'art. 117, comma 2, lettera s), l'art. 43
della legge n. 10/2004 della Regione Abruzzo che aveva indebitamente
accorpato - addirittura in un unico comparto regionale - il proprio
territorio agro-silvo-pastorale ai fini della programmazione
dell'attivita' venatoria (Corte Cost. 17 giugno 2013 n. 142) in
violazione del principio di tutela della fauna selvatica di
competenza dello Stato e vincolante per le regioni.
P. Q. M.
Per tutte le esposte argomentazioni, la Presidenza del Consiglio
dei ministri, come sopra rappresentata e difesa, conclude, affinche'
la Corte Costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione Toscana 30
dicembre 2014 n. 88, pubblicata sul BUR n. 66 del 31 dicembre 2014,
in relazione all'art. 117, comma 2 lettera s) della Costituzione.
Si deposita:
delibera del Consiglio dei ministri nella seduta del 20
febbraio 2015.
Roma, 25 febbraio 2015
L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini