Ricorso n. 3 del 13 gennaio 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 13 gennaio 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 6 del 2015-02-11)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i
cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 - fax
… - PEC …;
Contro la Regione Toscana in persona del Presidente pro tempore
per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge
della Regione Toscana 10 novembre 2014, n. 65 pubblicata nel B.U.R.
n. 53 del 12 novembre 2014 recante «Norme per il governo del
territorio».
La proposizione del presente ricorso e' stata deliberata dal
Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 dicembre 2014 e si
depositano, a tal fine, estratto conforme del verbale e relazione del
Ministro proponente.
La legge regionale n. 65/2014 che consta di 256 articoli, e due
allegati presenta profili di illegittimita' costituzionale in
riferimento agli articoli 25, 26, 27, 207 e 208 per i seguenti
Motivi
1) Violazione dell'art. 117, comma 1 e art. 117, comma 2, lettera
e) Costituzione, in relazione agli artt. 25, 26 e 27 della legge
regionale Toscana 10 novembre 2014 n. 65.
Gli articoli 25, 26 e 27, che riguardano l'approvazione di
previsioni urbanistiche in materia di medie e grandi strutture di
vendita, riproducono meccanismi di tutela degli esercizi di vicinato
che costituiscono un ostacolo effettivo alla libera concorrenza della
regione Toscana e pertanto, ponendosi in contrasto con le norme di
liberalizzazione contenute negli articoli 31 del d.l. n. 201/2011 e
nell'articolo 1, comma 1, del d.l. n. 1/2012, violano l'articolo 117,
comma 2, lettera e) della Costituzione.
In particolare, le disposizioni citate prevedono il ricorso alla
conferenza di copianificazione, nell'ambito della pianificazione di
nuovi impegni di suolo esterni al perimetro urbanizzato (art. 25), e
per l'approvazione delle previsioni « ...di aggregazioni di medie
strutture di vendita aventi effetti assimilabili a quelli delle
grandi strutture» (art. 26, comma 1, lett. a) e b).
L'articolo 27 chiarisce che «le previsioni di medie strutture di
vendita che comportano impegno di suolo non edificato al di fuori del
perimetro del territorio urbanizzato sono soggette alla conferenza di
copianificazione qualora risultino: a) non inferiori a 2.000 mq di
superficie di vendita per i comuni di cui all'articolo 15, comma 1,
lettera e) numero 2) della legge regionale n. 28 del 2005; b) non
inferiori a 1.000 mq di superficie di vendita per i comuni diversi da
quelli di cui all'articolo 15, comma 1, lettera e) numero 2)».
La conferenza di copianificazione verifica dette previsioni
tenendo conto, di: «a) la capacita' di assorbimento, da parte
dell'infrastrutturazione stradale e ferroviaria presente nel
territorio del comune e in quello dell'ambito di interesse
sovracomunale, del carico di utenze potenziali connesso al nuovo
esercizio; b) il livello di emissioni inquinanti, comprensivo
dell'incremento dovuto alla movimentazione veicolare attesa dalla
nuova struttura di vendita; c) la sostenibilita' rispetto alla tutela
del valore paesaggistico dei siti inseriti nella lista del patrimonio
mondiale dell'Organizzazione delle Nazioni unite per l'educazione, la
scienza e la cultura (UNESCO) (...); d) le conseguenze attese sulla
permanenza degli esercizi commerciali di prossimita', al fine di
garantire i servizi essenziali nelle aree piu' scarsamente popolate;
e) le conseguenze attese sui caratteri specifici e sulle attivita'
presenti nei centri storici compresi nell'ambito sovracomunale, e le
necessarie garanzie di permanenza delle attivita' commerciali
d'interesse storico, di tradizione e di tipicita'» (art. 26, comma
2).
In base al comma 5 dell'articolo 25, all'esito di questa verifica
la conferenza di copianificazione «indica gli eventuali interventi
compensativi degli effetti introdotti sul territorio».
Tali disposizioni, pur se relative a motivazioni di tipo
urbanistico, aggravano il procedimento autorizzatorio per le medie
strutture di vendita in forma aggregata, anche attraverso la
previsione di interventi compensativi, creando, di fatto ulteriori
tipologie di strutture commerciali.
Attraverso le disposizioni citate, la Regione Toscana tutela gli
esercizi di vicinato con sistemi che la Commissione europea ha, a
piu' riprese, chiesto di sostituire con strumenti alternativi di
qualificazione dei centri urbani o delle aree a scarsa densita' di
popolazione. Analoghi profili di illegittimita' costituzionale sono
stati recentemente riscontrati con riferimento all'articolo 20 della
legge regionale n. 52 del 2012, ritenute in contrasto con le norme di
liberalizzazione contenute nel d.l. n. 201/2011 e poi dichiarato
incostituzionale con sentenza n. 165/2014.
La disciplina introdotta dalle disposizioni impugnate non e' in
linea con quanto affermato nella sentenza n. 165/2014: l'introduzione
di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legislazione
vigente in considerazione delle dimensioni e della tipologia
dell'esercizio commerciale rappresentano un ostacolo effettivo alla
libera concorrenza della regione Toscana, sotto un duplice profilo,
regionale e intra-regionale.
Nel caso di specie, dette restrizioni derivano anche dalla
distanza tra le varie strutture di vendita come e' insito dal
richiamo al concetto di «aggregazione». Si tratta di restrizioni che
non sono adeguate ne' proporzionate rispetto alle finalita'
perseguite, che si pongono in contrasto con la direttiva 2006/123 CE
e con l'art. 31, comma 2, del d.l. n. 201/2011. Pertanto, le
disposizioni censurate, oltre a contrastare con l'art. 117, comma 1,
della Costituzione, invadono la potesta' legislativa esclusiva
statale in materia di tutela della concorrenza e quindi violano
l'articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.
2) Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) e art. 117,
comma 3 - governo del territorio - della Costituzione in relazione
agli artt. 207 e 208 della legge regionale Toscana 10 novembre 2014
n. 65.
Gli articoli 207 e 208 si pongono in contrasto con la normativa
statale di principio contenuta nella Parte I, Titolo IV, del D.P.R.
n. 380/2001 (Testo unico dell'edilizia), e quindi violano l'articolo
117, comma 3, della Costituzione, con riferimento alla materia
«governo del territorio». Inoltre, incidendo sul sistema di sanzioni
civili e penali previste dal medesimo Testo unico dell'edilizia,
invadono la potesta' legislativa esclusiva statale nella materia
«ordinamento civile e penale» e dunque violano l'art. 117, comma 2
lettera s) della Costituzione.
In particolare si osserva:
2.1.) L'articolo 207 («Sanzioni per opere ed interventi
edilizi abusivi anteriori al 1° settembre 1967») prevede, al comma 1,
che «con riferimento alle opere ed interventi edilizi eseguiti ed
ultimati in data anteriore al 1° settembre 1967 ... in assenza di
titolo abilitativo o in difformita' dal medesimo, ricadenti all'epoca
all'interno della perimetrazione dei centri abitati, il comune valuta
prioritariamente la sussistenza dell'interesse pubblico al ripristino
della legalita' urbanistica violata mediante rimessione in pristino.
Qualora il comune valuti che tale interesse sussista, applica, a
seconda dei casi, le sanzioni di cui agli articoli 196, 199, 200 e
206». Al comma 2, la disposizione disciplina l'ipotesi in cui, per le
opere edilizie di cui al comma 1, il comune non ravvisi la
sussistenza dell'interesse pubblico alla rimessione in pristino. La
lettera a) del comma 1 prevede che, per le opere in contrasto con gli
strumenti urbanistici comunali, il comune applichi una sanzione
pecuniaria, oltre ai contributi disciplinati dal Capo I del Titolo
VII. Per le opere e gli interventi conformi agli strumenti
urbanistici comunali, oltre ai suddetti contributi, si applica una
sanzione amministrativa pecuniaria non superiore ad euro 500. Il
comma 3 prevede che «La corresponsione delle somme di cui al comma 2
non determina la legittimazione dell'abuso».
Al comma 4 la norma disciplina l'ipotesi degli interventi
eseguiti in data anteriore al 1° settembre 1967, in assenza di titolo
abilitativo o in difformita' dal medesimo, qualora ricadenti
all'epoca della realizzazione dell'abuso al di fuori del centro
abitato. Detti interventi «sono da considerarsi consistenze legittime
dal punto di vista urbanistico-edilizio». Infine, il comma 7 del
medesimo articolo 207 prevede che «Il piano operativo puo'
assoggettare a specifica disciplina le consistenze edilizie oggetto
delle sanzioni di cui al comma 2. In assenza di specifica disciplina
su tali consistenze non sono consentiti interventi comportanti
demolizione e ricostruzione, mutamento della destinazione d'uso,
aumento del numero delle unita' immobiliari, incremento di superficie
utile di volume».
La disposizione impugnata si appalesa sotto piu' aspetti in
contrasto con la normativa statale di principio in materia di governo
del territorio e di ordinamento penale, in quanto, per gli abusi
edilizi realizzati in data anteriore al 1° settembre 1967, limita
l'applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 196, 199, 200 e
206 della l.r. n. 65/2014 agli interventi «ricadenti all'epoca
all'interno dei centri abitati» e per i quali il comune «ritenga
prioritariamente la sussistenza dell'interesse pubblico al ripristino
della legalita' violata mediante rimessione in pristino».
Dal combinato disposto dei commi 1, 2, 4 e 7, infatti, si evince
che dette sanzioni non trovano applicazione neppure per interventi
abusivi realizzati fuori dai centri abitati (che anzi sono definiti
consistenze «da considerarsi legittime dal punto di vista
urbanistico-edilizio»). Cio' in palese contrasto con gli articoli 27
(«Vigilanza sull'attivita' urbanistico edilizia»); 31 «Interventi
eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o
con variazioni essenziali»; 33 «Interventi di ristrutturazione
edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale
difformita'»; 34 «Interventi eseguiti in parziale difformita' dal
permesso di costruire» e 37 «Interventi eseguiti in assenza o in
difformita' dalla segnalazione certificata di inizio attivita' e
accertamento di conformita'» del d.P.R. n. 380/2001, che come noto,
configurano l'esercizio del potere comunale di vigilanza e
repressione degli abusi edilizi come un obbligo e non come una
facolta'. E' consolidato il principio per cui laddove vengano
accertate irregolarita' edilizie il dirigente comunale e' obbligato
ad adottare i provvedimenti repressivi e sanzionatori, non essendo
necessario che ricorrano ragioni di pubblico interesse. Cio' per una
precisa scelta del legislatore, che non ha previsto un termine di
decadenza o di prescrizione per l'esercizio dei poteri di repressione
degli abusi edilizi del comune e, al tempo stesso, ha previsto che le
sanzioni amministrative in materia, essendo volte essenzialmente a
reintegrare l'interesse pubblico leso, non possono estinguersi per
effetto del decorso del tempo. Il sistema sanzionatorio descritto nel
testo unico e' volto a garantire il primario interesse di tutela del
territorio ed eccede dalla competenza legislativa concorrente della
Regione in materia di governo del territorio» la possibilita' di
porre un limite all'esercizio di questo potere. Peraltro, l'articolo
31 del testo unico prevede che, nel caso di interventi eseguiti in
assenza di permesso di costruire, in totale difformita' o con
variazioni essenziali, laddove il proprietario non provveda alla
demolizione o al ripristino, «il bene e l'area di sedime sono
acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio comunale», e cio' a
prescindere da ogni accertamento dell'interesse pubblico
all'esercizio del sistema sanzionatorio.
Sulla base di un accertamento del tutto discrezionale e non
previsto dalla normativa statale «dell'interesse pubblico al
ripristino della legalita' urbanistica violata», la disposizione
regionale censurata non solo non prevede ne' la demolizione ne'
l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive,
ma addirittura consente, al comma 7, che i piani operativi possano
assoggettare dette consistenze a specifica disciplina, consentendo
anche su immobili abusivi «interventi comportanti demolizione e
ricostruzione, mutamento della destinazione d'uso, aumento del numero
delle unita' immobiliari, incremento di superficie utile lorda o di
volume».
Per le opere o gli interventi edilizi realizzati anteriormente al
1° settembre 1967 fuori dai centri abitati, gli interventi previsti
dal comma 7 sono sempre consentiti e l'esercizio del potere
repressivo previsto dagli articoli 196, 199, 200 e 206 della l.r. n.
65/2014 non e' previsto in spregio dei principi di imparzialita',
uguaglianza e buon andamento.
Inoltre, vista la formulazione del comma 4 (secondo cui questi
interventi sono da considerarsi «consistenze legittime del punto di
vista urbanistico-edilizio») per detti abusi non sembrerebbero
applicabili nemmeno le sanzioni penali e civili previste dal d.P.R.
n. 380/2001, in palese invasione della competenza legislativa
esclusiva statale nella materia «ordinamento civile e penale» (art.
117, comma 2, lettera l).
La previsione di cui al comma 7 si pone in contrasto anche con
l'art. 5 commi 9 e 10 del d.l. n. 70/2011, che non consente gli
interventi di demolizione e ricostruzione e gli ampliamenti per gli
edifici abusivi, con esclusione degli interventi per cui sia
rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
La disposizione impugnata, pur affermando, al comma 3, che «la
corresponsione delle somme di cui al comma 2 non determina la
corresponsione dell'abuso», sembra introdurre una surrettizia forma
di condono, andando cosi' ad invadere la competenza legislativa
statale. La disposizione di cui al comma 3, sembrerebbe essere volta
solo a fare salve le sanzioni penali (peraltro, come detto, solo nel
caso di immobili realizzati nei centri abitati), ma e' chiaro che,
nella sostanza, la norma consente di legittimare, sotto il profilo
urbanistico ed edilizio, interventi abusivi, sottraendoli
all'esercizio delle sanzioni amministrative previste dagli articoli
196, 199, 200 e 206 e consentendo ai piani operativi di disciplinare
interventi di ampliamento su questi immobili (interventi che,
peraltro, sembrerebbero ammessi anche in deroga dai piani operativi
nelle ipotesi previste dal comma 4).
Occorre ricordare che i condoni straordinari sono stati previsti
dalla legislazione statale per gli abusi piu' risalenti, proprio al
fine di chiudere con il passato per instaurare un regime di maggior
rigore nei controlli e nelle sanzioni in materia edilizia e che la
sanatoria straordinaria delle opere abusive e' sottratta alla
potesta' legislativa regionale.
La Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 225/2012
(punto 3 del Considerato in diritto, ha chiarito che: «nella
disciplina del condono edilizio convergono la competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di sanzionabilita' penale e la
competenza legislativa concorrente in tema di governo del territorio
di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 49 del 2006 e n.
70 del 2005)» e, soprattutto, che «e' stata ritenuta di stretta
interpretazione, in quanto espressione di principio generale
afferente ai limiti della sanatoria, l'individuazione da parte della
legge dello Stato delle fattispecie ad essa assoggettabili, di modo
che le stesse non possono essere comunque ampliate o interpretate
estensivamente dalla legislazione regionale. Per questo motivo
risulta pienamente conforme al dettato costituzionale l'art. 32,
comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, contenente la previsione
tassativa delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria, la
quale determina, in pratica, i limiti del condono, entro il cui
invalicabile perimetro puo' esercitarsi la discrezionalita' del
legislatore regionale» (sentenza n. 70 del 2005).
Sul punto, si veda anche la sentenza n. 290/2009, secondo cui
«Questa Corte ha gia' riconosciuto che "solo alla legge statale
compete l'individuazione della portata massima del condono edilizio
straordinario" (sentenza n. 70 del 2005: sentenza n. 196 del 2004),
sicche' la legge regionale che abbia per effetto di ampliare i limiti
applicativi della sanatoria eccede la competenza concorrente della
Regione in tema di governo del territorio».
La Regione Toscana, con la previsione impugnata, travalica i
limiti indicati dalla Corte costituzionale, in quanto il mero
riferimento all'interesse pubblico al ripristino alla legalita'
urbanistica violata consente al comune, per gli immobili abusivi
realizzati prima del 1967, di disporre effetti sostanzialmente
analoghi a quelli di un condono, che consistono nella non
applicazione delle sanzioni amministrative della demolizione e
dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale, anche al di la'
dei casi che la legge statale aveva individuato per i condoni
straordinari (il cui termine, peraltro, e' ormai inevitabilmente
chiuso). Conclusivamente, la disposizione regionale censurata,
ponendosi in contrasto con i principi fondamentali dello Stato in
materia di governo del territorio contenuti nel d.P.R. n. 380/2001
sopra richiamati, con le norme contenute nel d.l. n. 70/2011 in tema
di interventi in deroga, con le disposizioni in materia di sanzioni
civili e penali previste dal suddetto d.P.R. n. 380/2001 in tema di
reati edilizi, viola l'art. 117, comma 2, lett. s) e 117, comma 3
della Costituzione.
2.2) Considerazioni analoghe a quelle formulate al punto
precedente, con riferimento all'articolo 207 della legge regionale n.
65/2014, valgono anche per l'articolo 208 della stessa legge, che
ripropone disposizioni analoghe per opere ed interventi edilizi
abusivi anteriori al 17 marzo 1985, soltanto che, a differenza della
norma precedente, in questo caso non e' fatta alcuna distinzione tra
le opere eseguite all'interno o all'esterno del perimetro dei centri
abitati.
Pertanto la disposizione regionale censurata, ponendosi in
contrasto con i principi fondamentali dello Stato in materia di
governo del territorio contenuti nel d.P.R. n. 380/2001 sopra
richiamati, con le norme contenute nel d.l. n. 70/2011 in tema di
interventi in deroga, con le disposizioni in materia di sanzioni
civili e penali previste dal suddetto d.P.R. n. 380/2001 in tema di
reati edilizi, viola l'art. 117, comma 2, lett. s) e 117, comma 3
della Costituzione.
P.Q.M.
Si confida che codesta Corte vorra' dichiarare, l'illegittimita'
della legge regionale Toscana n. 65, del 10 novembre 2014 con
riferimento agli artt. 25, 26, 27, 207 e 208.
Si allega:
1. estratto conforme del verbale della seduta del Consiglio
dei ministri del 24 dicembre 2014;
2. relazione del Ministro proponente.
Roma, 9 gennaio 2015
L'Avvocato dello Stato: Stigliano Messuti