Ricorso n. 3 del 24 gennaio 2006 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 3 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 gennaio 2006.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 gennaio 2006 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 7 del 15-2-2006)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi, 12, Roma;
Contro la Regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del suo
presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della legge regionale 4 novembre 2005, n. 25 (B.U.R. n. 48 del 23
novembre 2005), Disciplina per l'installazione, la localizzazione e
l'esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di
radiotelecomunicazioni. Modificazioni alla legge regionale 6 aprile
1988, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale
della Valle d'Aosta) e abrogazione della legge regionale 21 agosto
2000, n. 31.
Secondo il suo statuto, la Regione autonoma Valle d'Aosta ha
potesta' legislativa in materia di urbanistica e piani regolatori per
zone di particolare importanza turistica (art. 2, lett. g), «in
armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico
dello Repubblica e col rispetto... degli interessi nazionali, nonche'
delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica».
In materia di igiene e sanita' la sua potesta' legislativa e'
solo «di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica
(art. 3, lett. l).
Dal punto di vista statutario dovrebbe essere indubbio che la
legge impugnata sia costituzionalmente illegittima.
L'oggetto nell'art. 1 e' individuato nella «installazione, la
localizzazione e l'esercizio di stazioni radioelettriche, postazioni,
reti di comunicazione elettronica e di altre strutture connesse».
Tra quelle elencate nell'art. 2 non rientrano la installazione,
l'esercizio delle reti, che presuppongono soluzioni di ordine
tecnico, che sicuramente esulano dalle competenze regionali.
Ma non vi rientra nemmeno la localizzazione perche' sia
l'urbanistica che i piani regolatori sono attribuiti alla
legislazione regionale, nei limiti gia' richiamati, ma solo «per le
zone di particolare importanza turistica», limitazione che non e'
richiamata dalla norma regionale.
Tra le finalita' l'art. 1.3 alla lett. a) indica la tutela della
salute, per la quale l'art. 3, lett. l) assegna alla regione la
potesta' legislativa, come si e' visto, solo per le norme di
integrazione e di attuazione delle leggi statali.
La lett. b), richiama di nuovo la localizzazione, qualificandola
corretta, insieme all'ordinato sviluppo delle stazioni
radioelettriche, anche attraverso la loro razionalizzazione e
concentrazione, operazioni che richiedono verifiche e valutazione di
ordine tecnico che, per impianti che debbono inserirsi in una rete
nazionale non possono competere ad una regione.
Il rilievo tecnico della competenza e' reso ancora piu' evidente
nella lett. c) dove e' previsto il rispetto dei parametri tecnici
riguardanti l'esercizio delle stazioni radioelettriche.
La illegittimita' costituzionale delle norme richiamate, alla
stregua dello Statuto regionale, dovrebbe essere, pertanto, fuori
discussione.
Poiche' investe sia l'oggetto che le finalita', la illegittimita'
si estende all'intera legge.
Resta da verificare se la legge regionale possa desumere la sua
legittimita', sia pure parziale, dall'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001.
Le materie interessate sono la tutela della salute e
l'ordinamento della comunicazione (art. 117, terzo comma, della
Costituzione).
La regione dimostra di concordare sul punto per aver richiamato
la legge n. 36/2001, a proposito della esposizione ai campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici, e il d.lgs. n. 259/2003,
per le comunicazioni.
La regione si doveva, pertanto, attenere ai principi fondamentali
della legge statale.
Come codesta Corte ha gia' accertato sin dalla sentenza
n. 307/2003 (che e' la prima, ma non la sola in materia) dalla legge
n. 36/2001 vanno desunti i principi fondamentali, in particolare i
valori soglia delle emissioni elettromagnetiche.
La legge ha delineato il giusto equilibrio tra le varie esigenze
convergenti, in particolare tra la tutela della salute, il governo
del territorio e la protezione ambientale. Le competenze regionali,
peraltro, non possono pregiudicare gli interessi estesi all'intero
territorio nazionale che trovano la loro attuazione nella
pianificazione della rete nazionale, della quale non puo' essere
pregiudicata la realizzazione.
Il d.lgs. n. 259/2003, che porta il codice delle comunicazioni
elettroniche, ha, come noto, attuato (alcune Direttive comunitarie il
cui rispetto si impone alle regioni in base, oltre che al terzo
comma, anche al primo comma dell'art. 117 Cost.
Diverse norme regionali vengono a risultare costituzionalmente
illegittime.
Art. 5.
Nel primo comma si impone la presentazione ai soggetti, indicati
nell'art. 4.2, dei progetti di rete e delle varianti, corredati delle
schema funzionale e della documentazione idonea ad attestare, per
ogni stazione radioelettrica, i dati anagrafici, tecnici, topografici
e fotografici.
La natura della documentazione richiesta sta ad indicare che la
regione ha voluto sottoporre i vari impianti a verifiche di ordine
tecnico da parte degli enti locali.
La materia, come si e' ricordato, e' stata gia' vagliata da
codesta Corte che, con la sentenza richiamata, ha riconosciuto la
competenza statale per la disciplina della realizzazione degli
impianti e delle reti rispondenti a rilevanti interessi unitari per
l'intero territorio dello Stato, interessi sottesi «indubbiamente»
alla considerazione del «preminente interesse nazionale di
definizione di criteri unitari e di normative omogenee».
E' attraverso la corretta progettazione che si assicura la
funzionalita' delle reti, che non possono essere disarticolate
regione per regione.
La previsione di un controllo tecnico della progettazione,
pertanto, e' sicuramente in violazione dei principi che regolano la
materia.
La illegittimita' viene a risultare ancora piu' evidente per il
fatto che lo stesso adempimento e' previsto per le varianti ai
progetti.
Secondo la regione anche varianti di ordine puramente tecnico,
senza nessuna rilevanza territoriale, sarebbe soggetta a verifica da
parte gli enti locali.
Art. 6.4 e art. 15.
L'art. 6.4 attribuisce alla giunta regionale la competenza a
fissare la misura dei diritti di istruttoria o di ogni altro onere
posto a carico degli operatori degli interessati all'ottenimento
dell'approvazione dei progetti e delle varianti, in relazione
all'attivita' di consulenza tecnica svolta dall'ARPA.
La norma chiarisce, anche se ce ne fosse stato bisogno, che la
documentazione tecnica richiesta serve a rendere possibile la
approvazione dei progetti, attribuita alla competenza di soggetti con
competenza territoriale ridotta e quindi sensibili solo agli
interessi locali.
E' palese la violazione dell'art. 93.1 del d.lgs. n. 259/2003 che
ha posto il divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di imporre
oneri o canoni che non siano stabiliti dalla legge statale.
La ragione e' evidente. Si e' voluto evitare che oneri o canoni
eccessivi rendessero antieconomici certi tracciati, orientando a
soluzioni meno utili dal punto di vista tecnico. Questi oneri
sarebbero causa di aumenti dei prezzi, che farebbero carico a tutti i
consumatori, e non solo a quelli operanti nella sfera territoriale
dei soggetti che li hanno imposti.
Una imposizione di oneri senza limiti finirebbero, dunque, per
condizionare la politica delle comunicazioni nazionali, che e' al di
fuori delle competenze regionali.
Gli stessi argomenti valgono per l'art. 15, che attribuisce,
sempre alla Giunta regionale, la competenza a fissare la misura dei
diritti di istruttoria e di ogni altro onere per l'attivita' svolta
dall'ARPA nell'ambito dei procedimenti di cui agli artt. 11, 12, 13 e
14.
C'e' da aggiungere che l'art. 11.3 prevede l'intervento dell'ARPA
«in merito al rispetto dei limiti di esposizione, delle misure di
cautela e degli obiettivi di qualita' stabiliti dalla normativa
statale vigente», operazioni queste che, investendo le tecniche di
progettazione e la funzionalita' degli impianti, sono sottratte alla
competenza, anche legislativa, della regione.
Nello stesso senso e' l'intervento dell'ARPA previsto nell'art.
12.1.
Nell'art. 13 non e' previsto nessun intervento dell'ARPA.
Art. 14.
Il comma 1 assoggetta alla denunzia di inizio dell'attivita'
sulla altre strutture di cui all'art. 2, comma 1, lett. h), vale a
dire «ricevitori passivi, tralicci, pali, recinzioni, locali di
ricovero, cavidotti, cabine elettriche».
Si tratta di opere che hanno gia' avuto una loro dislocazione,
che non viene mutata.
L'adempimento e' previsto «in assenza di mutamenti della
destinazione d'uso», anche in questo caso in funzione di eventuali
verifiche tecniche, che si collocano al di fuori delle competenze
regionali.
E' violato, inoltre, l'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 che al
comma 1 prevede solo l'autorizzazione degli enti locali per
l'installazione di nuove infrastrutture.
La denuncia di inizio di attivita' e' richiesta solo per la
installazione di impianti con tecnologia UMTS od altre, con potenza
in singola antenna uguale o inferiore ai 20 Watt (comma 3), o per la
installazione di una rete di telecomunicazione su aree ferroviarie
(comma 3-bis).
La disciplina statale, attuando i principi della normativa
comunitaria, e' rivolta alla semplificazione del procedimento,
attraverso la eliminazione di adempimenti non necessari, in quanto
non coordinati con poteri di intervento degli enti locali, evitando
cosi' costi, anche temporali, senza giustificazione.
La previsione di un adempimento, non strumentale ad interventi di
competenza degli enti che sono richiamati dalla norma impugnata,
viola pertanto l'art. 117 Cost. nel primo e nel terzo comma.
P. Q. M.
Si conclude perche' le norme impugnate siano dichiarate
costituzionalmente illegittime.
Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri 13 gennaio 2006.
Il vice avvocato generale dello Stato: Glauco Nori