RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 Gennaio 2005 - 7 Gennaio 2005 , n. 3

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 gennaio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)

(GU n. 6 del 9-2-2005)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato,

Nei confronti della Regione Lombardia, in persona del suo
presidente della giunta, avverso l'art. 1, comma 1 (limitatamente
alle parole «salvo quanto disposto dalla presente legge»), l'art. 2,
commi 1 e 2, e l'art. 3, comma 1, della legge regionale 3 novembre
2004, n. 31, intitolata «disposizioni regionali in materia di
illeciti edilizi», pubblicata nel Bollettino ufficiale n. 45 del 5
novembre 2004 (supplemento ordinario).
La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 23 dicembre
2004 (si depositera' estratto del relativo verbale).
L'art. 32, comma 25, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269
convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326 ammette al cosiddetto
condono edilizio anche le «nuove costruzioni residenziali» non
superiori ai limiti volumetrici ivi indicati. L'art. 2, comma 1 della
legge regionale in esame invece esclude dalla sanatoria straordinaria
tutte le «nuove costruzioni, residenziali e non, qualora realizzate
in assenza del titolo abilitativo edilizio, e (ripetesi, e) non
conformi agli strumenti urbanistici generali (ossia non anche
attuativi) vigenti alla data di entrata in vigore della presente
legge». La disposizione appare non univoca laddove menziona la
«assenza del titolo abilitativo» e non anche la totale difformita' da
esso o le variazioni essenziali. Considerato il carattere derogatorio
della disposizione rispetto all'art. 1, comma 1, dovrebbe ritenersi
che l'esclusione dalla sanatoria concerna soltanto il caso della
assenza del titolo abilitivo; ma potrebbe anche essere data una
opposta interpretazione. L'art. 2, comma 1 inoltre riduce, per gli
ampliamenti, i limiti massimi di volumetria aggiuntiva ammessa a
sanatoria straordinaria. L'art. 2, comma 2, pone alla sanabilita' dei
mutamenti di destinazione d'uso, senza distinguere tra mutamenti
implicanti opere ed altri mutamenti e tra mutamenti incidenti sui
carichi urbanistici ed altri mutamenti, due limiti (o se si
preferisce due condizioni). Infine, l'art. 3, comma 1, esclude la
sanabilita delle opere abusive realizzate in «aree soggette a vincoli
... qualora il vincolo comporti inedificabilita' assoluta ...»
Le disposizioni menzionate contrastano con l'artt. 117 e
l'art. 119 della Costituzione. Nella fondamentale sentenza n. 196 del
2004 codesta Corte ha affermato che la disciplina amministrativa del
condono edilizio (non anche la repressione penale degli abusi piu'
gravi) rientra nella materia di competenza concorrente «governo del
territorio» (art. 117, terzo comma, della Costituzione). Ne consegue
che la regione e' tenuta ad attenersi ai principi posti dalla
legislazione statale.
In particolare, la sanabilita' delle «nuove costruzioni
residenziali» di relativamente modeste dimensioni realizzate in
contrasto con gli strumenti urbanistici (non anche in contrasto con
vincoli extraurbanistici) e' principio cui ogni regione deve
attenersi. La regione puo' specificare i limiti (quantitativi e non)
della sanabilita', e persino «limare» entro margini di ragionevole
tollerabilita' (come qualche altra regione ha fatto) le volumetrie
massime previste del legislatore statale; non puo' invece negare in
toto o in misura prevalente (rispetto al quantum di volumetria
ammesso dalla legge statale) la sanabilita' di dette nuove
costruzioni. Un diniego totale, quale quello contenuto nel citato
art. 2, comma 1, contraddice uno dei principi fondamentali
determinati dal legislatore statale e persino la configurabilita' -
ammessa anche da codesta Corte - di una sanatoria straordinaria degli
illeciti urbanistici. Per rafforzare il diniego la disposizione reca
anche le parole «e non conformi agli strumenti urbanistici generali
vigenti». La non conformita' di un intervento edilizio agli strumenti
urbanistici costituisce pero' necessario presupposto logico-giuridico
della sanatoria straordinaria; configurarla come limite condizionante
si traduce, in sostanza, in una ulteriore ragione di esclusione dalla
sanatoria stessa.
L'art. 2, comma 1, contrasta inoltre con gli artt. 117, secondo
comma e 119 della Costituzione. L'art. 117, secondo comma, lettere a)
ed e) attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di
rapporti con l'Unione europea (e relativi stringenti «vincoli») e di
«moneta» (oggi moneta unica difesa dai noti parametri di Maastricht)
nonche' in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato».
D'altro canto, l'art. 117, terzo comma e l'art. 119, secondo comma
attribuiscono allo Stato il compito - particolarmente arduo - di
coordinare la «finanza pubblica» (al singolare). Notoriamente, piu'
leggi del Parlamento fanno affidamento sul gettito del condono
edilizio per la copertura (art. 81 della Costituzione) di spese
pubbliche e di minori entrate; comprimere in misura oggettivamente
eccessiva le possibilita' di accedere alla sanatoria straordinaria
riduce sensibilmente quel gettito, lede le potesta' statali di
governo della finanza pubblica, e potrebbe persino essere considerato
indebita turbativa dell'equilibrio finanziario del Paese nel suo
insieme. Del resto, la regione non assume a proprio carico l'onere
conseguente alla riduzione del predetto gettito, non sposta cioe'
prelievo da coloro che hanno commesso gli abusi edilizi alla
generalita' dei cittadini che in essa risiedono.
Parimenti grave appare la lesione del principio di eguaglianza
(art. 3, primo comma della Costituzione) delle persone rispetto alla
legge e della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma lettera
l) della Costituzione (ordinamento civile e penale). Indubbiamente i
giudici comuni devono applicare anche le leggi regionali;
conseguentemente l'eccessiva restrizione, ad opera del legislatore
lombardo, dell'ambito di applicazione del legislatore statale in tema
di condono edilizio obbliga i giudici comuni a rendere, a carico dei
proprietari ed autori di illeciti (e di eventuali controinteressati e
parti offese), pronunce quanto meno asistematiche.
Identiche doglianze per inosservanza dei dianzi evocati parametri
costituzionali devono essere mosse anche nei confronti dell'art. 2,
comma 2. Piu' del limite quantitativo (500 metri cubi per unita'
immobiliare), non congruo ai mutamenti della destinazione d'uso,
rileva l'altro limite sul quale si e' gia' argomentato in occasione
della identica formula usata nel comma 1.
Una doglianza diversa e, per cosi' dire, di segno opposto deve
essere formulata nei riguardi dell'art. 3, comma 1, comma che appare
di non agevole interpretazione. Se inserito nel tessuto della
legislazione statale confermata dall'art. 1, comma 1, la disposizione
parrebbe superflua; se invece considerato esaustivo ed a se' stante
il comma, interpretabile a contrario, contrasterebbe con il principio
posto dall'art. 32, comma 27, lettera d) del citato d.l. 30 settembre
2003, n. 269.
Per quanto estenda l'ambito della sanabilita', detta disposizione
invade palesemente la competenza esclusiva del Parlamento nazionale
in materia i «ordinamento civile e penale» (art. 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione): nei giudizi civili e penali i
proprietari (imputati o convenuti) beneficiari di sanatoria solo
«regionale» chiederebbero pronunce non consentite dalla legislazione
statale (con prevedibili questioni di legittimita' costituzionale
sollevate in via incidentale).
La demolizione delle disposizioni sin qui considerate non produce
lacune, posto che essa consente il riespandersi della normativa
statale. Si confida peraltro in un nuovo sollecito intervento
legislativo della regione, intervento che - se effettivamente idoneo
a superare la controversia - potrebbe non essere reputato tardivo.



P. Q. M.
Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimita'
costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio,
con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla regione a non
procedere alla attuazione delle disposizioni stesse in pendenza del
giudizio.
Roma, addi' 28 dicembre 2004
Vice Avvocato generale: Franco Favara

Menu

Contenuti