Ricorso n. 3 del 7 gennaio 2014 (Provincia autonoma di Trento)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 gennaio 2014 (della Provincia Autonoma di Trento).
(GU n. 7 del 5.2.2014)
Ricorso della Provincia Autonoma di Trento (cod. fisc.
…), in persona del Presidente pro tempore Ugo Rossi,
autorizzato dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 2571
dell'11 dicembre 2013 (doc. 1) e dalla delibera del Consiglio
provinciale 18 dicembre 2013, n. 5 (doc. 2), rappresentata e difesa -
come da procura speciale n. 27962 di rep. del 13 dicembre 2013 (doc.
3) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della
Provincia - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc.
…) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc.
…) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e
dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. …) di Roma, con
domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri,
n. 5,
Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2-bis,
comma 2, e dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di
altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e
di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di
trattamenti pensionistici», convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 ottobre 2013, n. 124, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
254 del 29 ottobre 2013, Supplemento Ordinario n. 73/L, per
violazione:
dello Statuto speciale approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), con riferimento agli articoli 75, 79, 103, 104
e 107, e delle connesse norme di attuazione;
del titolo VI dello stesso Statuto speciale, con particolare
riferimento agli articoli 79, 80 e 81, ed alle relative norme di
attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, segnatamente
articoli 9, 10, 10-bis e 17, 18 e 19);
dell'articolo 8, n. 25) e dell'articolo 16 dello stesso
Statuto speciale nonche' delle relative norme di attuazione (decreto
del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469);
in quanto occorra dell'articolo 117 della Costituzione in
combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3,
del principio di ragionevolezza, espresso dall'art. 3 Cost.
F a t t o
La presente impugnazione e' rivolta avverso due specifiche norme
del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, nel testo risultante dalla
conversione in legge 28 ottobre 2013, n. 124, recante «Disposizioni
urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di
sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di
cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici».
Invertendo l'ordine prescelto dal legislatore, conviene iniziare
l'esame dall'art. 3, il quale direttamente si collega agli articoli 1
e 2 (che non formano oggetto di impugnazione), mentre l'art. 2-bis -
come subito dopo si dira' - si riferisce ad una situazione specifica,
dettando una disciplina particolare.
La ragione dell'art. 3 sta nel fatto che le disposizioni degli
articoli 1 e 2, determinando per il 2013 l'esonero dall'Imposta
Municipale Propria (IMU) dell'abitazione principale (la cosiddetta
«prima casa»), determina una rilevantissima diminuzione del gettito
destinato ai Comuni. Il legislatore si e' fatto carico di tale
problema, appunto individuando nel bilancio statale determinate
risorse compensative.
Sennonche', mentre per quanto riguarda i comuni delle Regioni a
statuto ordinario, della Sicilia e della Sardegna l'art. 3
precisamente determina l'ammontare del contributo (comma 1) e ne
prevede la ripartizione in favore dei Comuni (comma 2), per quanto
riguarda i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle
d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di Bolzano
(cioe' delle autonomie speciali cui «la legge» - in realta' lo
Statuto speciale - attribuisce competenza in materia di finanza
locale), si dispone (comma 2-bis) che «la compensazione del minor
gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle disposizioni
degli articoli 1 e 2 del presente decreto» avvenga «attraverso un
minor accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214».
In altre parole, per le comunita' regionali e provinciali in
questione la «compensazione» non avviene attraverso la corresponsione
di risorse, ma attraverso una «minore sottrazione».
Tale comma 2-bis dell'art. 3 forma oggetto della presente
impugnazione, per le ragioni che verranno esposte di seguito nella
parte in Diritto, e che si collegano all'impugnazione gia' proposta
dalla stessa Provincia autonoma avverso l'articolo 13, comma 17, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
Forma oggetto di impugnazione - come anticipato - anche il comma
2 dell'art. 2-bis.
Il comma 1 di tale articolo (che non forma oggetto di
impugnazione) determina anch'esso per i comuni un minor gettito IMU:
esso infatti prevede che, «per l'anno 2013 e limitatamente alla
seconda rata dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201», i comuni possano
«equiparare all'abitazione principale» le unita' immobiliari (non di
lusso) concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo
grado che le utilizzino come abitazione principale: ed e' dunque
evidente che da tale equiparazione deriva un minor gettito fiscale,
dato che in sostanza si tratta di una esenzione dall'imposta.
In questo contesto, il comma 2 - oggetto della presente
impugnazione - stabilisce che, «al fine di assicurare ai comuni delle
regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano il ristoro dell'ulteriore
minor gettito dell'imposta municipale propria derivante
dall'applicazione del comma 1», ai «comuni medesimi» e' assegnato «un
contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di euro
per l'anno 2013, secondo le modalita' stabilite con decreto del
Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede
di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281».
Si noti che, nel determinare le modalita' di assegnazione, il
comma 2 dell'art. 2-bis non richiama i meccanismi dell'art. 3, il
quale a sua volta non si riferisce all'art. 2-bis.
Cosi' essendo formulato il testo del comma 2, si intende qui che
a tali importi compensativi del minor gettito IMU non sia applicabile
il meccanismo di cui all'art. 3, comma 2-bis (peraltro, ove si
dovesse intendere il contrario, varrebbero comunque le censure
rivolte a tale disposizione).
Invece, il comma 2 dell'art. 2-bis e' qui censurato in quanto, in
violazione delle regole che, come si dira', governano la finanza
locale nella provincia di Trento, i relativi fondi vengono
corrisposti direttamente ai comuni, anziche' alla Provincia stessa,
affinche' provveda al fabbisogno dei propri Comuni secondo le regole
appena ricordate.
Poste tali premesse, le disposizioni impupiate risultano lesive
delle competenze della ricorrente Provincia autonoma di Trento e
costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis.
Come esposto in narrativa, l'art. 3 del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 102, e' rivolto a temperare l'impatto sulle finanze locali
dell'eliminazione dell'IMU sulla prima casa, disposta dagli articoli
1 e 2 dello stesso atto.
A questo fine, esso individua due distinti meccanismi. Per quanto
riguarda i comuni delle Regioni a statuto ordinario della Sicilia e
della Sardegna l'art. 3 determina con precisione l'ammontare del
contributo (comma 1) e ne prevede la ripartizione in favore dei
Comuni (comma 2).
Per quanto riguarda i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia
e Valle d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di
Bolzano (cioe' delle autonomie speciali cui «la legge» - in realta'
lo Statuto speciale - attribuisce competenza in materia di finanza
locale), si dispone (comma 2-bis) che «la compensazione del minor
gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle disposizioni
degli articoli 1 e 2 del presente decreto» avvenga «attraverso un
minor accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214».
Converra' ricordare che lo «accantonamento» previsto
dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, altro non e' che il meccanismo attraverso il quale lo Stato ha
ritenuto di poter acquisire dalle autonomie speciali aventi
competenza in materia di finanza locale il maggior gettito
determinato dallo stesso art. 13 rispetto alle entrate che affluivano
ai comuni della Provincia di Trento in base alle norme previgenti.
Dal momento che, in forza dell'art. 80, comma 1-ter dello Statuto di
autonomia, «le compartecipazioni al gettito e le addizionali a
tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti
locali spettano, con riguardo agli enti locali del rispettivo
territorio, alle province», il recupero allo Stato del maggior
gettito era posto a carico della Provincia.
Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone che «con le
procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province
autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio
statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel
proprio territorio». Tuttavia, il richiamo alle procedure
collaborative di cui alle norme di attuazione e' subito smentito dal
periodo seguente, il quale precisa che, «fino all'emanazione delle
norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un
importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo»
(enfasi aggiunta). Il quinto periodo provvede poi a quantificare gli
oneri del «recupero» a carico della autonomie speciali.
Cosi' stando le cose, la disposizione qui contestata, al fine di
«compensare» i comuni della diminuzione del gettito IMU derivante
dall'esenzione della prima casa, compie l'operazione inversa,
disponendo - appunto - un «minor accantonamento».
Nell'intento del legislatore, dunque, si tratta di una
disposizione favorevole alle Province autonome, e la ricorrente
Provincia ovviamente non la contesta nella parte in cui - supposto
legittimo l'onere determinato dall'art. 13, comma 17, ed in
particolare supposto legittimo il meccanismo dell'accantonamento -
tale onere con il connesso meccanismo risulti diminuito in forza
della nuova disposizione.
Vi sono tuttavia altre ragioni di censura, che vengono di seguito
esposte.
In primo luogo, la ricorrente Provincia ha impugnato con apposito
ricorso diverse disposizioni del d.l. n. 201 del 2011, contestandone
la legittimita' costituzionale. Tale ricorso e' tuttora pendente, con
il n. 34/2011, e di esso e' opportuno riportare la parte relativa
all'art. 13, comma 17:
«In questi termini, la fittizia comunalizzazione dei tributi
immobiliari si traduce nel transito delle corrispondenti risorse dal
bilancio provinciale al bilancio statale. La Provincia, che prima
"integrava" la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora
ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie
dei comuni (art. 81, comma 2, St.), e dovrebbe contestualmente
versare allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle
maggiori entrate dei Comuni, o comunque in misura corrispondente a
quella a priori determinata dalla impugnata disposizione.
In un sistema nel quale la Provincia ha la responsabilita'
complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle
risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce
contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria
provinciale.
In ogni modo, il terzo e quarto periodo del comma 17, dunque,
violano l'art. 75 St. e gli artt. 9 e 10 d.lgs. n. 268/1992 perche'
pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al
di fuori dei casi previsti.
Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17
produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima
spettavano alla Provincia a titolo di compartecipazione all'Irpef
fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art.
80, comma 1-ter), sia nel caso in cui si ritenga che la Provincia
dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le
proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di
"far tornare" nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia e
ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo
Statuto e dalle norme di attuazione (comma 17, terzo periodo).
Inoltre, essi violano l'art. 79 St. perche' l'avocazione e'
disposta con il fine del concorso al risanamento della finanza
pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di
concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica, non
derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto.
Ancora, essi violano gli artt. 103, 104 e 107 St., proprio
perche' pretendono di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs. n.
268/1992 con una fonte primaria "ordinaria".
L'art. 107 St. e' violato anche perche' il comma 17, terzo
periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle
norme di attuazione.
Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del
quarto periodo del comma 17 che prevede lo "accantonamento" delle
quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto.
Va rilevato, infatti, che tale "accantonamento" contrasta
anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello Statuto e con l'intero
sistema finanziario della Provincia da esso istituito.
E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come
entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano
utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni
costituzionali, e non perche' esse vengano "accantonate". L'istituto
dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza
alcuna.
Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina
anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva
del trasferimento».
Ove, come la Provincia autonoma di Trento confida, il proprio
ricorso venisse ritenuto fondato, non vi sarebbe alcun
«accantonamento» delle somme che lo Statuto prevede spettino alla
Provincia, ne' dunque alcun possibile «minor accantonamento».
In altre parole, la disposizione e' illegittima in quanto, invece
di prevedere la corresponsione della somma in favore delle Province
autonome (oltre che delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle
d'Aosta), ed in particolare della Provincia autonoma di Trento,
prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e' gia' di
per se' costituzionalmente illegittimo.
Tra l'altro, la disposizione conferma anche ulteriormente la
natura «sottrattiva» e lesiva dello stesso accantonamento, che anche
il legislatore statale tratta come se fosse non un regime di
temporanea indisponibilita' ma una vera posta passiva, il cui
ammontare puo' venire diminuito da una iniezione di risorse.
La disposizione, attribuendo un beneficio destinato a rivelarsi
solo apparente, viola - oltre alle disposizioni del titolo VI dello
Statuto (e segnatamente l'art. 75, che garantisce alla Provincia la
compartecipazione ai tributi erariali), lo stesso principio di
ragionevolezza.
In definitiva, e' l'illegittimita' costituzionale dell'intero
meccanismo dell'imposizione unilaterale di un contributo finanziario,
realizzato con lo strumento del cosi' detto accantonamento (in
realta' vera sottrazione di risorse statutariamente spettanti), in
violazione dei parametri gia' fatti valere con il ricorso n. 34/2011,
che si riverbera nell'illegittimita' costituzionale anche della
parziale «attenuazione» di tale accantonamento, destinata - ove il
menzionato ricorso sia ritenuto fondato - ad essere travolta
anch'essa o comunque a divenire inoperante.
Accanto a tale fondamentale profilo di illegittimita', vi e'
pero' anche da osservare che il beneficio che alle Province autonome
(e alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta) dovrebbe
derivare dal «minor accantonamento» non e' affatto quantificato, ne'
risulta in alcun modo quantificabile.
Oltre alla precedente censura, dunque, anche nella denegata
ipotesi che l'accantonamento di cui all'art. 13, comma 17, del d.l.
n. 201 del 2011 fosse ritenuto legittimo, e conseguentemente fosse
ritenuta legittima anche l'attribuzione alla ricorrente Provincia di
risorse finanziarie nella forma di una diminuzione di tale
accantonamento, andrebbe comunque rilevata l'illegittimita'
costituzionale della assegnazione di risorse non quantificate e non
quantificabili.
Si noti che lo stesso d.l. n. 102 quantifica perfettamente
l'ammontare dei contributi da assegnare - quale compenso del «minor
importo IMU» - ai comuni delle Regioni ordinarie, nonche' alla
Sicilia e alla Sardegna (art. 3, comma 1, d.l. n. 102/2013),
stabilendo altresi' il meccanismo di ripartizione «in proporzione
alle stime di gettito da imposta municipale allo scopo comunicate dal
Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle
finanze» (art. 3, comma 2). Rimangono invece non quantificate e non
quantificabili le risorse destinate al «minor accantonamento» in
favore, tra l'altro, delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Ora, sembra evidente che una ragione sostanziale di
ragionevolezza, di equita' e di uguaglianza esige che tali risorse
vengano quantificate e ripartite secondo criteri corrispondenti. Di
qui l'ulteriore censura di illegittimita' costituzionale, in quanto
la norma non individua le risorse spettanti alla ricorrente
Provincia, secondo criteri corrispondenti a quelli utilizzati per gli
altri comuni, in violazione del principio di ragionevolezza e delle
regole statutarie rivolte ad assicurare certezza alle risorse
assegnate alle Province autonome.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2-bis, comma 2.
Come esposto in narrativa, anche il comma 2 dell'art. 2-bis,
oggetto della presente impugnazione, e' volto a «compensare» i comuni
«delle regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano» di un minor gettito
IMU.
Si tratta, in questo caso, del minor gettito che deriva dalla
circostanza che, ai sensi del comma 1, i comuni sono autorizzati ad
«equiparare all'abitazione principale» una unita' immobiliare (non di
lusso) concessa in comodato a parenti in linea retta entro il primo
grado che la utilizzino come abitazione principale.
Allo scopo di assicurare il «ristoro» del minor gettito che
deriva da queste decisioni, il comma 2 assegna a tali comuni «un
contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di curo
per l'anno 2013, secondo le modalita' stabilite con decreto del
Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede
di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281». Manca tuttavia in questo caso - forse per la
circostanza che l'art. 2-bis e' frutto di un emendamento introdotto
in sede di conversione - la norma che per le Province autonome di
Trento e di Bolzano (e, per comunanza di logica giuridica, per le
Regioni speciali Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta) dispone il
trasferimento dei corrispondenti importi ad esse, anziche'
direttamente ai singoli comuni.
Ne risulta, per quanto riguarda i comuni della provincia di
Trento, un diretto finanziamento statale, determinato secondo criteri
decisi pur essi dallo Stato, in contrasto con le disposizioni
statutarie ed attuative che prevedono e regolano la competenza
legislativa ed amministrativa della Provincia in materia di finanza
locale nonche' le relazioni finanziarie tra la Provincia stessa e lo
Stato con riferimento al finanziamento dei comuni.
Del resto, che nel rispetto dello Statuto e delle norme di
attuazione tale debba essere il meccanismo risulta dagli stessi
precedenti della legislazione statale, come e' reso evidente
dall'art. 1 del d.l. n. 93 del 2008 (conv. in legge n. 126 del 2008),
che, nel disporre l'Esenzione ICI prima casa, al comma 4 regolava i
meccanismi di compensazione per i singoli comuni, quantificando le
risorse disponibili e stabilendo che in sede di Conferenza
Stato-Citta' ed autonomie locali fossero stabiliti «criteri e
modalita' per la erogazione del rimborso ai comuni che il Ministro
dell'interno provvede ad attuare con proprio decreto».
Contestualmente, pero', era disposto che «relativamente alle regioni
a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed
alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in
ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono
all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro
territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme
di attuazione» (comma 4, enfasi aggiunta; si noti che il comma 4 e'
stato mantenuto in vigore dall'articolo 13, comma 14, lettera a, del
d.l. n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011).
D'altronde, il contrasto con il sistema statutario ed attuativo
della finanza locale risulta chiaramente dalla considerazione delle
norme che disciplinano le competenze provinciali ed i rapporto tra
Provincia e Stato nella materia.
Infatti, lo Statuto speciale attribuisce alle province autonome
la potesta' legislativa in materia di finanza locale (articolo 80,
comma 1), nonche' la corrispondente potesta' amministrativa (articolo
16).
Tale competenza si manifesta in una serie di compiti e poteri.
Cosi' ai sensi dello stesso articolo 80, comma 1-bis, secondo
periodo, anche nel caso di tributi istituiti con legge dello Stato la
legge provinciale puo' consentire agli enti locali di modificare le
aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti
delle aliquote superiori definite dalla normativa statale.
Questa competenza si giustifica in quanto e' poi la stessa
Provincia ad avere la responsabilita' complessiva della finanza dei
comuni, come e' reso manifesto dal compito di provvedere al loro,
finanziamento. Cosi' l'articolo 81, comma 2, dello Statuto prevede
che, allo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento
delle finalita' ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalle
leggi, le Province autonome corrispondono loro idonei mezzi
finanziari da concordare tra il Presidente della Provincia ed una
rappresentanza unitaria dei comuni; corrispondentemente, spetta alla
legge provinciale disciplinare il patto di stabilita' interno per i
comuni del proprio territorio, come stabilito dall'art. 79, comma 3,
dello Statuto.
Coerente con il disegno risulta cosi' anche il regime di
attrazione alla Provincia delle entrate erariali altrove spettanti
direttamente ai comuni, secondo quanto stabilito dal gia' citato art.
80, comma 1-ter, in base al quale «le compartecipazioni al gettito e
le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato
attribuiscono agli enti locali spettano, con riguardo agli enti
locali del rispettivo territorio, alle province», ed in base al quale
ove «la legge statale disciplini l'istituzione di addizionali
tributarie comunque denominate da parte degli enti locali, alle
relative finalita' provvedono le province individuando criteri,
modalita' e limiti di applicazione di tale disciplina nel rispettivo
territorio».
Nell'ambito della normativa di attuazione statutaria l'articolo
17 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, provvedendo al
trasferimento alle province autonome delle funzioni statali in
materia di finanza locale (comma 1), prevede che le province
disciplinino con legge i criteri per assicurare un equilibrato
sviluppo della finanza comunale; l'articolo 18 demanda alla legge
provinciale la definizione delle modalita' e dei criteri per la
conclusione dell'accordo previsto dal predetto articolo 81 dello
Statuto speciale (comma 2).
In definitiva, secondo il modello di finanza locale definito
dallo Statuto di autonomia la Provincia autonoma appare il baricentro
del sistema, il punto di snodo necessario tra lo Stato e i Comuni, il
punto nel quale si valutano correttamente e specificamente le
necessita' del sistema locale e dei singoli comuni, sulla base di
regole e criteri autonomamente definiti, d'intesa con i Comuni
stessi, al livello provinciale: un modello concretamente realizzato
sin dalla legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36, recante «Norme
in materia di finanza locale», in seguito costantemente mantenuta ed
aggiornata; un modello che, palesemente, esclude trasferimenti
diretti dallo Stato ai comuni, i quali darebbero vita ad una
impropria «amministrazione» statale dei comuni trentini, in
violazione dei compiti affidati alla Provincia dagli articoli 80 e 81
dello Statuto, e rappresenterebbero un momento di incoerenza e di
irrazionalita' del sistema, con ulteriore violazione dell'art. 3
Cost.
Al contrario, i criteri e le modalita' di riparto delle risorse
finanziarie da attribuire ai comuni devono essere definiti
nell'ambito del sistema finanziario provinciale, e tenendo conto di
tutti gli elementi caratterizzanti di tale sistema: ad esempio, per
quanto riguarda gli indicatori dei requisiti economici necessari per
l'accesso all'agevolazione, dovra' tenersi conto di quelli gia'
stabiliti dalla Provincia nell'esercizio delle proprie attribuzioni
in materia di politiche sociali ai sensi dello Statuto (in
particolare art. 8, n. 25) e delle relative norme di attuazione (in
particolare d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469), nonche', dopo il 2001, ai
sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione (in
connessione con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3).
Di conseguenza, l'impugnata disposizione risulta
costituzionalmente illegittima in quanto non prevede - in luogo della
diretta assegnazione di risorse statali ai singoli comuni -
l'assegnazione delle corrispondenti risorse alla Provincia stessa,
affinche' essa ne disponga secondo le proprie regole in attuazione
del proprio compito statutario di finanziamento dei comuni.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
l'illegittimita' costituzionale:
dell'articolo 2-bis, comma 2, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di
altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e
di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di
trattamenti pensionistici», nella parte in cui non prevede che le
risorse destinate ai comuni della provincia di Trento siano
assegnate, anziche' direttamente ai comuni, alla Provincia, affinche'
questa ne disponga nell'ambito della propria competenza in materia di
finanza locale;
dell'articolo 3, comma 2-bis, dello stesso decreto-legge, in
quanto esso non dispone, anziche' un «minore accantonamento» ai sensi
dell'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011, l'assegnazione
delle corrispondenti risorse alla Provincia autonoma di Trento,
nonche' nella parte in cui non quantifica tali risorse in termini
corrispondenti alla quantificazione calcolata per i rimanenti comuni,
nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.
Trento-Padova-Roma, 24 dicembre 2013
Prof. avv. Falcon - Avv. Padrazzoli - Avv. Manzi