Ricorso n. 30 del 1° marzo 2006 (Regione Valle d'Aosta)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° marzo 2006 , n. 30
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° marzo 2006 (della Regione Valle d'Aosta)
(GU n. 13 del 29-3-2006)
Ricorso della Regione Valle d'Aosta, con sede in Aosta, piazza Deffeyes n. 1, C.F. 80002270074 in persona del presidente pro tempore, on. Luciano Caveri, rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 382 del 10 febbraio 2006, dal prof. avv. Giovanni Guzzetta, presso il cui studio sito in Roma, via Monti Parioli, 48, ha eletto domicilio; Contro il Governo in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna, 370, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei commi da 24 a 26, da 198 a 206, 214, 216, da 583 a 593, da 597 a 600, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», pubblicata nel supplemento ordinario n. 211/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 201 del 29 dicembre 2005. F a t t o 1. - Con la legge n. 266, pubblicata il 29 dicembre 2005, e' stata approvata la c.d. «finanziaria 2006». Il comma 24 dell'art. 1 di tale atto normativo si pone l'intento di garantire l'effettivita' delle prescrizioni contenute nel programma di stabilita' e crescita presentato all'Unione europea, di attuare i principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 119 Cost., di tutelare l'unita' economica della Repubblica, in particolare come principio di equilibrio tra lo stock patrimoniale e i flussi dei trasferimenti erariali nei confronti degli enti territoriali soggetti al patto di stabilita' interno, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano. In ordine a questi scopi, la disposizione impone la riduzione dei trasferimenti erariali, a qualsiasi titolo spettanti, nella misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita', aggiungendo che un'analoga riduzione sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti viene operata nei riguardi delle regioni e delle province autonome. Il comma successivo, peraltro, prevede una deroga a tale regime con riguardo all'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole o asili. Il comma 26 dell'art. 1 obbliga le amministrazioni interessate dalla disciplina di cui al comma 24, tra cui quindi anche le regioni a statuto speciale, a trasmettere al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni trimestrali cumulate degli acquisti e delle vendite di immobili per esigenze di attivita' istituzionali o finalita' abitative. La disposizione prevede, inoltre, l'emanazione, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, di un decreto da parte dello stesso Ministero che fissi le modalita' e lo schema della comunicazione di dette informazioni. La comunicazione in parola deve essere altresi' inviata all'Agenzia del territorio, la quale dovra' verificare la congruita' dei valori degli immobili acquisiti, segnalando gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilita'. 2. - Il comma 198 dell'art. 1 impone alle regioni, anche a statuto speciale, agli enti locali nonche' agli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando il conseguimento delle economie di cui all'art. 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni dal 2006 al 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004, diminuito di un punto percentuale. Le spese di personale considerate includono anche quelle per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o che presta servizio con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni. Il successivo comma 199 interviene a precisare alcuni dettagli per il calcolo delle spese per il personale di cui sopra. Il comma 200 specifica che gli enti anzidetti possono far riferimento, quali indicazioni di principio in vista del conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa di cui al comma 198 (quindi, diminuzione di un punto percentuale, rispetto al 2004, della spesa per il personale nel triennio 2006-2008) alle misure che nella legge in oggetto riguardano il contenimento della spesa per la contrattazione integrativa ed i limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato, nonche' alle altre specifiche misure in materia di personale. Il comma 201 stabilisce che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa per il personale, di cui al comma 198, attraverso interventi diretti alla riduzione del costo di funzionamento degli organi istituzionali. A norma del comma 202, al finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005 concorrono le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005, come individuate dall'art. 1, comma 91, della legge n. 311 del 2004. Per quanto concerne, in particolare, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il comma 203 stabilisce che quanto disposto nel comma 198 costituisce uno strumento di rafforzamento dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, intervenuta in attuazione dell'art. 1, comma 173, della legge n. 311 del 2004. Il comma 204 prevede, poi, anche per le regioni a statuto speciale, un sistema di monitoraggio, quale quello previsto dall'art. 1, comma 30, legge n. 311 del 2004, per verificare il rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198. I commi 205 e 206 dispongono, rispettivamente, che per le regioni e le autonomie locali le economie derivanti dall'attuazione del comma 198 restano acquisite ai bilanci degli enti per il miglioramento dei relativi saldi e che le disposizioni dei commi da 198 a 205 costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli artt. 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost. 3. - Il comma 214, con riguardo a tutte le amministrazioni pubbliche, sopprime le indennita' di trasferta, mentre il comma 216 prevede che il personale appartenente a dette amministrazioni che si rechi in missione o viaggio di servizio all'estero, il rimborso per le spese di viaggio in aereo spetta nel limite delle spese per la classe economica. 4. - I commi da 583 a 593 intervengono in materia turistica, disponendo che determinati soggetti «promotori» possono proporre alla regione interessata proposte riguardanti la realizzazione di insediamenti turistici di qualita' di interesse nazionale, anche mediante la riqualificazione di insediamenti ed impianti preesistenti. Il completamento dell'individuazione dei possibili «promotori» e rimesso ad un apposito regolamento, da adottare, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro delle attivita-produttive, di concerto con altri Ministri. Vengono altresi' definite le caratteristiche che debbono contraddistinguere tali insediamenti turistici di qualita', i requisiti delle relative «proposte», nonche' i criteri che le regioni debbono adottare nella loro valutazione ed il procedimento che esse sono tenute a seguire dopo averne apprezzato il pubblico interesse. 5. - I commi da 597 a 600 recano norme in materia di edilizia residenziale pubblica. Il comma 597 stabilisce che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri debba introdurre norme per la semplificazione dell'alienazione degli immobili di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati. L'emanazione di tale decreto e' sottoposta al previo accordo tra Governo e Regioni; la predisposizione di esso avviene in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti. Ma l'accordo in parola, specifica il comma 598, deve necessariamente conformarsi a determinati contenuti, che la stessa disposizione impone e che concernono il prezzo di vendita, l'esercizio del diritto di opzione, le finalita' cui debbono essere destinati i proventi delle alienazioni. Viene altresi' prevista, dal comma 600, la possibilita' da parte degli Istituti proprietari di affidare a societa' di comprovata esperienza in materia immobiliare e con specifiche competenze nell'edilizia residenziale pubblica, la gestione delle attivita' necessarie al censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei singoli immobili. 6. - Va infine rilevato che l'atto normativo indicato in epigrafe stabilisce, al comma 610 dell'art. 1, che «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti». Tuttavia, due ordini di considerazioni mostrano l'assoluta ambiguita' della portata normativa di tale «clausola di salvaguardia». Anzitutto, la legge in questione contempla espressamente, in differenti commi dell'art. 1 (quali quelli da 24 a 26, da 198 a 206, 214 e 216) l'applicabilita' della disciplina ivi prevista anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano. In secondo luogo, anche in commi ove tale riferimento espresso alle regioni a statuto speciale non figura (quali quelli da 583 a 593 e da 597 a 600), il tenore letterale delle disposizioni non consente di escludere con certezza l'efficacia delle relative norme anche nei riguardi delle suddette regioni. Si tratta di disposizioni che, se riferite anche agli enti regionali ad autonomia speciale ed alla Valle d'Aosta in particolare, presentano molteplici profili di illegittimita' costituzionale anche per contrasto con norme statutarie, mentre l'ambigua «clausola di salvaguardia» del comma 610 non permette di ritenere inequivocabilmente non interessata dalle disposizioni in questione la Regione Valle d'Aosta. La possibilita' che esse vadano interpretate in senso lesivo delle attribuzioni della Regione, induce a farle oggetto di impugnazione, sulla scorta della solida giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, per la quale «il giudizio in via principale puo' concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili, a condizione che queste ultime non siano implausibili e irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate cosi' da far ritenere le questioni del tutto astratte o pretestuose» (sent. n. 412 del 2004). 7. - Tutto cio' premesso, l'odierna ricorrente, ritenuta la lesione delle proprie attribuzioni costituzionali, impugna le disposizioni indicate in epigrafe del presente atto, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione dell'art. 48-bis dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) da parte delle norme di cui ai commi 24 e 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. L'art. 48-bis, comma 1, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948), aggiunto dall'art. 3 della legge cost. n. 2 del 1993, delega il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi recanti le disposizioni di attuazione dello Statuto speciale. Il comma 2 dello stesso articolo specifica, inoltre, che gli schemi dei decreti legislativi «sono elaborati da una commissione paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal Governo e tre dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta e sono sottoposti al parere del Consiglio stesso». Il d.lgs. n. 320 del 1994, intervenuto in attuazione dello stesso art. 48-bis dello Statuto, prescrive all'art. 1, tra l'altro, che «l'ordinamento finanziario della regione stabilito, ai sensi dell'art. 50, comma 3, dello Statuto speciale, con la legge 26 novembre 1981, n. 690» puo' essere modificato solo con il procedimento previsto al ricordato art. 48-bis dello Statuto medesimo. Com'e' agevole osservare, la disciplina dei trasferimenti erariali alla regione e' materia su cui la stessa legge n. 690 del 1981 e' intervenuta diffusamente predisponendo un articolato impianto normativo, la cui modifica, ancorche' parziale, per effetto del ricordato art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, a sua volta attuativo dell'art. 48-bis dello Statuto speciale, non puo' essere validamente operata, se non nel rispetto del particolare procedimento statutario sopra ricordato. Ora, i commi 24 e 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 pretendono, invece, di incidere pesantemente sulla normazione in merito ai trasferimenti erariali, «a qualsiasi titolo spettanti» alle regioni speciali, e dunque anche alla Valle d'Aosta, dettando modalita' di calcolo per la riduzione dei trasferimenti medesimi che, coinvolgendo cumulativamente una pluralita' di enti territoriali, non tengono in minimo conto il peculiare assetto normativo relativo alla regione ricorrente e risultano con esso incompatibile. Non essendo, quindi, stato seguito lo specifico procedimento contemplato dall'art. 48-bis, comma 2, dello Statuto speciale, per intervenire sulla materia, come richiesto dall'art. 1 del d.lgs. n. 320/1994, i citati commi 24 e 26 debbono essere considerati costituzionalmente illegittimi per essere in via indiretta in contrasto con la norma statutaria richiamata. 2. - Violazione dell'art. 4 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) e delle disposizioni di attuazione (in particolare, d.lgs. n. 431 del 1989), da parte delle norme di cui al comma 24 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. L'art. 4 dello Statuto speciale, nel garantire alla regione l'attribuzione delle funzioni amministrative, implicitamente tutela l'autonomia regionale in materia di attivita' (e relative determinazioni di spesa) dirette all'acquisto dei beni che siano strumentali tanto all'assolvimento di dette funzioni, quanto al funzionamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione stessa. Tale norma e' stata, in particolare, attuata mediante le disposizioni del d.lgs. n. 431 del 1989. Il comma 24 dell'art. 1 della legge che col presente ricorso si impugna, nel momento in cui prescrive la riduzione dei trasferimenti statali «in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita», impone indirettamente un illegittimo vincolo all'autonomia amministrativa e finanziaria regionale, per quel che concerne le decisioni in merito all'impiego delle proprie risorse. Dal momento, infatti, che la regione deve determinare come utilizzare le proprie risorse finanziarie entro un termine non ancora scaduto, avendo consapevolezza che dall'acquisto di determinati beni piuttosto che altri potra' derivare la riduzione del trasferimento statale, essa e' fortemente condizionata - quando non addirittura forzata - ad adottare una certa politica di spesa (con riferimento a specifiche «voci») determinata non da autonome determinazioni di politica di bilancio, ma dall'obiettivo di minimizzare la possibile riduzione dei trasferimenti. In sostanza, poiche' la riduzione dei trasferimenti e' legata alla spesa che la Regione sosterra' nel 2006 per l'acquisto di beni immobili (ossia ad una spesa non ancora effettuata), ne consegue che una previsione siffatta rappresenta un pesante condizionamento nei riguardi della facolta' di scelta regionale, con riguardo all'acquisto dei beni medesimi. Detto in altri termini, l'«indicatore» cui raffrontare il dato della spesa media del precedente quinquennio, ai fini del calcolo della prevista riduzione, e' costituito dalle «spese sostenute nel 2006» e dunque da un «parametro» non ancora determinato e soprattutto disponibile da parte della regione. Lo Stato, in buona sostanza, non mira a compiere un calcolo oggettivo e fisso dei passati andamenti di spesa regionali, utilizzando come indicatore una certa «voce» (acquisti immobiliari), ma a condizionare specificamente la politica degli investimenti immobiliari della regione. Circostanza tanto piu' censurabile in considerazione del fatto che l'art. 119, u.c., Cost. applica, viceversa, un regime, di autonomia particolarmente favorevole proprio per le spese per investimenti degli enti territoriali, consentendo solo con riferimento ad esse il ricorso all'indebitamento da parte dell'ente. Viceversa, la disposizione contestata e' idonea, in definitiva, ad introdurre uno specifico limite in relazione ad una singola ed individuata voce di spesa del bilancio regionale. Pertanto, come codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di affermare piu' volte in merito a casi analoghi (da ultimo, sent. n. 417 del 2005), essa deve considerarsi altresi' in contrasto con la garanzia, di rango costituzionale, riservata all'autonomia finanziaria regionale. Ne' a diverse conclusioni si potrebbe giungere considerando i predetti commi quale manifestazione di una competenza statale di coordinamento della finanza pubblica, da svolgersi, ai sensi dell'art. 117, comma 3 e 119, comma 2, Cost., attraverso la posizione di principi: la specificita' e la dettagliata incidenza delle disposizioni censurate, infatti, consente di escluderlo con nettezza, sulla scorta di quanto ribadito dalla giurisprudenza costituzionale da ultimo rammentata la quale esclude che le norme che fissano vincoli puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali siano qualificabili come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. 3. - Violazione dell'art. 45 e dell'art. 48-bis dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) da parte delle norme di cui al comma 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. La vigente formulazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 320 del 1994, gia' richiamato ed attuativo dello Statuto speciale, conformemente a quanto previsto dall'art. 48-bis di quest'ultimo, stabilisce che «il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della Regione, esclusa ogni valutazione di merito, si esercita esclusivamente sui regolamenti, eccettuati quelli attinenti all'autonomia organizzativa, funzionale e contabile del consiglio regionale, nonche' sugli atti costituenti adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea». L'art. 7 dello stesso decreto legislativo dispone che il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi indicati all'art. 8 spetta alla Commissione di coordinamento della Valle d'Aosta, prevista all'art. 45 dello Statuto speciale. Ora, il comma 26 dell'art. 1 della legge che qui si censura impone alla Regione di comunicare le informazioni trimestrali sugli acquisti e le vendite di immobili anche all'Agenzia del territorio, affinche' quest'ultima proceda a verificare la congruita' dei valori degli immobili acquisiti e segnali gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilita'. Cosi' disponendo, tale comma introduce un'illegittima forma di controllo sugli atti regionali assegnata ad un organo diverso dalla Commissione di coordinamento. Che l'attivita' svolta dall'Agenzia abbia natura di controllo, ed addirittura di controllo di merito, non appare dubbio e risulta, del resto, confermato dal suo dovere di segnalazione degli scostamenti rilevanti alle autorita' competenti. Sul punto e' significativo, peraltro, rilevare l'abrogazione da parte dell'art. 9, comma 2, della legge cost. n. 3 del 2001, di quanto originariamente fissato all'art. 125, comma 1, Cost., con riguardo al regime dei controlli statali sugli atti amministrativi regionali. Il fatto che la legge costituzionale si sia limitata ad espungere dalla Costituzione la previsione delle precedenti modalita' dei controlli in parola, senza contestualmente sostituirle con altre, lascia intendere in maniera chiara che l'attuale assetto costituzionale dei rapporti tra Stato e regioni impedisce ad una legge ordinaria di reintrodurre cio' che il legislatore costituzionale ha eliminato, tanto in relazione alle Regioni a statuto ordinario, quanto a fortiori nei confronti delle regioni a statuto speciale, in forza della clausola di cui all'art. 10 della medesima legge Cost. n. 3 del 2001, in base alla quale «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alla Province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». E' bene precisare, inoltre, che se non e' illegittimo un obbligo di comunicazione da parte delle amministrazioni pubbliche di informazioni sulla rispettiva situazione finanziaria alla Corte dei conti, come chiarito da codesta Corte con la citata sent. n. 417 del 2005, un'analoga valutazione non puo' essere espressa con riguardo all'obbligo di comunicazione in parola. Infatti, tale comunicazione - spettante non alla Regione, ma all'Agenzia del territorio - si configura come conseguenza di un'illegittima attivita' di controllo in nulla assimilabile a quello della Corte dei conti. Il controllo esercitato da un organo a carattere giurisdizionale (quale la Corte dei conti) e', difatti del tutto diverso, per modalita' e struttura, da quello svolto da un organo amministrativo statale come, nel caso di specie, l'Agenzia del territorio. Opinando diversamente, ne deriverebbe, assurdamente, la derogabilita' ad libitum da parte del legislatore statale della tassativa disciplina, attuativa dello Statuto e delle norme costituzionali richiamate, in materia di controlli sugli atti amministrativi regionali. Poiche', dunque, il comma 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 introduce una forma di controllo sugli atti amministrativi regionali incompatibile con quanto previsto dagli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 320/1994, attuativi dell'art. 45 dello Statuto speciale, e poiche' tale variazione normativa non e' avvenuta seguendo il procedimento stabilito all'art. 48-bis dello Statuto speciale medesimo, la norma contenuta in detto comma si palesa costituzionalmente illegittima per contrasto con i disposti statutari appena nominati. 4. - Violazione dell'art. 119, comma 2, cost., dell'art. 3, comma 1, lettera f) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge Cost. n. 4 del 1948) e delle norme attuative delle disposizioni dello statuto speciale in tema di autonomia finanziaria, da parte delle norme di cui ai commi da 198 a 206, 214 e 216 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. I commi da 198 a 206 dell'art. 1 della legge impugnata introducono, come riferito, norme intese a fissare un limite alla spesa per il personale per il triennio 2006-2008, anche a carico dell'amministrazione regionale, corrispondente all'ammontare dell'analoga spesa riguardante l'anno 2004, diminuito di un punto percentuale. Nonostante l'excusatio del comma 206, vale a dire l'affermazione della presunta riconducibilita' a «principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica» delle disposizioni dei commi da 198 a 205, esse si mostrano gravemente invasive dell'autonomia finanziaria regionale. Come codesta Corte ha avuto modo di ribadire (anche attraverso la piu' volte citata sent. n. 417 del 2005), le norme che fissano vincoli puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e ledono, pertanto, l'autonomia finanziaria di spesa salvaguardata da previsioni di rango costituzionale. Vale a dire, per la legge dello Stato e' legittimo fissare solamente un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sent. n. 36 del 2004)». Appare evidente che l'espresso riferimento, nelle disposizioni impugnate, alla voce di spesa riguardante il personale, quale voce da ridurre, si pone in contrasto netto e diretto sia con tale giurisprudenza, sia ovviamente con le norme di livello costituzionale che la Corte ha piu' volte correttamente individuato come parametro. In particolare, risulta violato l'art. 119 Cost., comma 2, che arresta la competenza statale esclusivamente alla determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, e determina l'illegittimita' di norme, quali quelle censurate, che si spingono ben oltre tale soglia. A quanto precede puo' essere aggiunto il riferimento al parametro di legittimita', per gli stessi motivi violato, rappresentato dal comma 1, lett. f) dello Statuto speciale, che attribuisce alla regione il compito di porre norme legislative di integrazione ed attuazione, nell'ambito dei principi individuati con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali e comunali». Si deve, anzitutto, rilevare che, in forza del combinato-disposto tra la disposizione statutaria citata e l'art. 117, comma terzo e 119, comma 2 Cost. (relativi, questi ultimi, alla competenza statale concorrente in tema di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario), la competenza regionale della Valle D'Aosta si atteggia oggi (in forza della clausola di cui all'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001) non piu' come meramente suppletiva rispetto alla competenza statale, ma appare garantita nell'ambito dei principi di coordinamento stabiliti dallo Stato, il quale deve limitarsi alla fissazione di tali principi. Del resto, che la potesta' legislativa in materia di autonomia finanziaria locale si articoli su due livelli, statale e regionale, e' gia' stato chiarito da codesta Corte nella sent. n. 47 del 2004). Da quanto detto emerge, pertanto, un ulteriore ed autonomo - sebbene connesso - motivo di illegittimita', dal momento che la normazione statale che si contesta interviene a vincolare anche la spesa per il personale delle amministrazioni comunali. Pertanto, il contrasto con l'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale e' apprezzabile anche su tale versante. 5. - Violazione del principio di leale collaborazione da parte delle norme di cui ai commi da 198 a 206 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Sotto altro profilo, i commi da 198 a 206 determinano, altresi', una violazione del principio costituzionale di leale collaborazione. Stabilendo, infatti, che la spesa per il personale nel triennio 2006-2008 non dovra' superare, per ciascuno ditali anni, il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento, il legislatore statale non tiene conto delle misure e degli atti gia' adottati in materia dalla regione, nel corso dell'anno 2005, sulla base ed in ottemperanza a quanto stabilito dalla legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005). Al contrario il principio di leale collaborazione imporrebbe, tra l'altro, agli enti che ne sono astretti (e dunque anche allo Stato) di non introdurre unilateralmente variazioni, anche di carattere normativo, in grado di determinare un vulnus al legittimo affidamento, sulla base del quale siano stati assunti, dagli altri enti, atti e comportamenti specifici che, in seguito a dette variazioni, si rivelino per esse irrimediabilmente pregiudizievoli. Nel caso di specie, in particolare, non tenendosi conto, nei commi da 198 a 206, di eventuali impegni di spesa per il personale, anche a tempo indeterminato, gia' legittimamente assunti nel corso del 2005 sulla base del quadro normativo vigente, il legislatore statale - richiedendo che il triennio 2006-2008 veda una spesa inferiore dell'1% alla relativa voce del 2004 - espone la regione al rischio di un'impossibilita' pratica di rispettare i nuovi parametri cosi' introdotti. La normazione censurata, dunque, proprio perche' e' in grado di porre ex ante la regione in una situazione di irrimediabile «inadempimento», contrasta in modo insanabile con il principio di leale collaborazione. In definitiva, anche qualora la regione tenesse da ora in avanti un comportamento «virtuoso» ed ineccepibile in termini di spesa per il personale, il sistema di valutazione previsto nella legge che qui si impugna, basato in modo del tutto irragionevole sul 2004 anziche' sul 2005, non escluderebbe una violazione dei parametri da esso introdotti. 6. - Violazione del principio della ragionevolezza, sub specie di vizio di irrazionalita', da parte delle norme di cui ai commi da 198 a 206 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Il comma 204 dell'art. 1 della legge impugnata col presente ricorso, addossando espressamente gli adempimenti indicati nel comma 198 (ai fini della riduzione delle spese di personale) anche alle «Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano» lascia intendere che la disposizione riguardi anche le regioni a statuto speciale, come avviene nella pressoche' generalita' dei casi in cui il termine «regione» sia associato all'espressione «province autonome». Tuttavia, nel precedente comma 148 si prevede che «per gli anni 2006, 2007 e 2008, le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell'economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2006-2008, anche con riferimento, per quanto riguarda le spese di personale, a quanto previsto ai punti 7 e 12 dell'accordo sottoscritto tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata il 28 luglio 2005; in caso di mancato accordo si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario». Ora, si mostra evidente l'incoerenza del contenuto normativo di disposizioni, quali i commi da 198 a 206 (e 204 in particolare), che sottopongono le regioni speciali ad un regime del tutto inconciliabile con il riferimento alla necessita' di un accordo, nella disciplina della subiecta materia, tra le medesime ed il Ministero dell'economia, contemplata in altra disposizione dello stesso atto normativo, ossia il comma 148. Si tratta di un'incoerenza tale da indurre a concludere per l'illegittimita' costituzionale di tali disposizioni anche sotto i riguardi del mancato rispetto del principio della ragionevolezza, a causa dell'inconciliabilita' di piu' norme contestualmente previste nella medesima legge. 7. - Violazione dell'art. 119, comma 2, Cost., dell'art. 3, comma 1, lett. i) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) e delle norme attuative delle disposizioni dello Statuto speciale in tema di autonomia finanziaria, da parte delle norme di cui ai commi 214 e 216 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Argomentazioni del tutto analoghe a quelle sopra sviluppate al punto 4 della presente motivazione in Diritto valgono anche in relazione all'illegittimita' dei commi 214 e 216, a norma dei quali sono soppresse le indennita' di trasferta ed il rimborso delle spese aeree, per missioni all'estero, e' corrisposto soltanto limitatamente al viaggio in classe economica. Si tratta di disposizioni simili, se non identiche, ad altre gia' dichiarate costituzionalmente illegittime da codesta Corte con le pronunce nn. 417 e 449 del 2005. In quest'ultima, in particolare, si e' ribadito - ancora una volta - che la «la previsione, da parte della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce di spesa della regione non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' in una indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli zstrumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi». 8. - Violazione dell'art. 2, comma 1, lett. q) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge Cost. n. 4 del 1948) e dell'art. 117, sesto comma, Cost., da parte delle norme di cui ai commi da 583 a 593 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. I commi da 583 a 593 dell'art. 1 della legge oggetto di censura, ove riferibili anche alle Regioni a statuto speciale, intervenendo in maniera dettagliata in materia di «insediamenti turistici di qualita' di interesse nazionale», si pongono in diretto contrasto con l'art. 2, comma 1, lett. q), dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, poiche' invadono una competenza riservata alla Regione. A quest'ultima, infatti, risulta attribuita dalla norma statutaria la potesta' legislativa primaria con riguardo a «industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio»; ne risulta dunque esclusa la legittimita' di un intervento statale, addirittura puntuale e specifico, quale quello contemplato nei commi contestati. Ne' a questo proposito puo' avere rilievo la circostanza che gli «insediamenti turistici di qualita» di cui si parla siano qualificati dal legislatore statale come «di interesse nazionale». Siano, a tale riguardo, sufficienti due considerazioni. Anzitutto, ove anche sussistesse l'interesse nazionale, esso potrebbe rappresentare un limite al concreto esercizio della potesta' legislativa della Regione speciale, ma non gia' un autonomo titolo competenziale in grado di legittimare lo Stato ad intervenire in qualunque settore materiale, benche' riservato, da norme di rango costituzionale, alla potesta' normativa della sola Regione. In secondo luogo, il «rispetto degli interessi nazionali», cui e' sottoposta la legislazione regionale valdostana, ai sensi dell'art. 2, comma 1, dello Statuto speciale (ribadendo che qui esso non rileva, poiche' non e' in questione un atto normativo regionale lesivo di tali interessi), deve intendersi superato, dal momento che l'art. 3 della legge Cost. n. 3 del 2001, nel riformulare l'art. 117 Cost., ha abrogato per le regioni a statuto ordinario l'interesse nazionale quale limite specifico all'esercizio dell'attivita' legislativa. E l'art. 10 della stessa legge costituzionale prevede che «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a Statuto speciale ed alla Province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Nemmeno puo', poi, invocarsi l'attrazione della materia, in via sussidiaria, nell'orbita delle competenze normative statali. Come chiarito da codesta ecc.ma Corte attraverso la sent. n. 303 del 2003, perche' tale attrazione possa considerarsi legittima, e' necessario che lo Stato abbia previamente assunto, per ragioni di tutela dell'esercizio unitario ex art. 118, comma 1, Cost., le relative funzioni amministrative. E non e' questo il caso di specie, dal momento che i commi contestati lasciano alle Regioni le funzioni amministrative riguardanti il settore oggetto di normazione. Con specifico riguardo al comma 586, si deve inoltre aggiungere una violazione della riserva di potesta' regolamentare in capo alla regione, nelle materie di propria competenza. Tale comma 586, infatti, rinvia - per l'attuazione di taluni profili (l'individuazione dei requisiti necessari per avanzare le proposte con riguardo agli insediamenti turistici di cui si parla) della disciplina legislativa statale, gia', come si e' detto, di per se' illegittima - ad un regolamento del Ministro per le attivita' produttive. Sicche', puo' dirsi che in questo caso l'illegittimita' costituzionale della previsione legislativa statale e' finanche duplice, in quanto essa non soltanto invade direttamente un ambito rientrante tra le competenze legislative regionali, ma rimette altresi' ad una successiva fonte secondaria la disciplina di aspetti di esso tutt'altro che irrilevanti. Ora, la potesta' regolamentare e' costituzionalmente attribuita allo Stato, a norma dell'art. 117, comma 6, limitatamente alle materie di legislazione esclusiva, elencate al comma 2 del medesimo articolo, tra le quali non figura in alcun modo il turismo. Pertanto, il comma 586 oltre ad essere incompatibile con l'art. 2, comma 1, lett. q), dello Statuto speciale, viola altresi' l'art. 117, comma 6, Cost. (sempre in forza della clausola di cui all'art. 10 legge Cost. n. 3 del 2001). Sul punto si e', peraltro chiaramente espressa codesta ecc.ma Corte nella sent. n. 30 del 2005, nella quale, in fattispecie analoga, ha precisato (sulla scorta della precedente giurisprudenza), che in materie di competenza concorrente la legge statale «non puo' spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminandone i principi che orientino l'esercizio della potesta' regolamentare per circoscriverne la discrezionalita' (sentenza n. 303 del 2003), con la conseguente illegittimita' costituzionale della norma che prevede l'applicabilita» dei regolamenti anche alle regioni. 9. - Violazione dell'art. 117, quarto e sesto comma, Cost. da parte delle norme di cui ai commi da 597 a 600 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Le disposizioni dei commi da 597 a 600 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, ora impugnata, intervengono in materia di edilizia residenziale pubblica, prevedendo che, attraverso un apposito d.P.C.m., vengano semplificate le norme in materia di alienazione degli immobili di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari. Si aggiunge che tale decreto deve essere preceduto da un accordo tra Governo e regioni in materia, ma allo stesso tempo si stabiliscono i contenuti indispensabili dell'accordo medesimo, in particolar modo con riguardo al prezzo di vendita delle unita' immobiliari ed alla destinazione dei proventi derivanti dalle alienazioni. La disciplina legislativa statale cosi' introdotta, ove riferibile anche alla regione ricorrente, e' posta in violazione dell'art. 117, comma 4, Cost., che attribuisce alle regioni (anche alla Valle d'Aosta, poiche', nel caso di specie, prevede una forma piu' ampia di autonomia rispetto a quella statutaria, ex art. 10, legge Cost. n. 3 del 2001) la potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (cfr. la gia' citata sent. n. 30 del 2005 di codesta ecc.ma Corte). E dunque, la normazione con riguardo agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, come codesta Corte ha avuto modo di acclarare, costituisce «espressione della competenza spettante alla regione», in via residuale ex art. 117, comma 4 (sent. n. 104 del 2004), dal momento che non si tratta di una materia espressamente attribuita alla potesta' legislativa statale. La violazione, inoltre, e' tanto piu' evidente in quanto si abilita, ancora una volta (cfr. punto precedente), un regolamento governativo a dettare una puntuale disciplina in tale ambito materiale. Anche a questo riguardo, va rilevato che la potesta' regolamentare statale, potendo intervenire a norma dell'art. 117, comma 6, Cost., soltanto negli ambiti in cui lo Stato ha potesta' legislativa esclusiva, va senz'altro esclusa in materia di edilizia residenziale pubblica. Ne' a tale proposito la previsione della necessita' di un accordo tra Stato e regioni, per la parziale determinazione del regolamento in parola, puo' considerarsi sanante. Anche per la considerazione che alcuni contenuti determinanti dell'accordo stesso vengono direttamente stabiliti dal comma 598, alle lettere a), b) e c). Si e', pertanto, in presenza di un accordo del tutto sui generis e puramente nominale, dal momento che la posizione della Regione su tali punti non puo' discostarsi da quanto lo Stato ha, con le disposizioni censurate, preventivamente stabilito in via legislativa.
P. Q. M. Con riserva di ulteriormente argomentare, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge n. 266 del 2005, limitatamente alle norme di cui ai commi da 24 a 26, da 198 a 206, 214, 216, da 583 a 593, da 597 a 600, dell'art. 1, nella parte in cui risultano applicabili alla Regione Valle d'Aosta e quindi lesive delle sue competenze costituzionalmente garantite, sotto i profili e per le ragioni dinanzi esposte. Roma, addi' 23 febbraio 2005 Prof. Avv. Giovanni Guzzetta