Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 23 febbraio 2012 (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri) . 
 
    (GU n. 13 del 28.03.2012 ) 



     Ricorso del Presidente pro tempore del  Consiglio  dei  Ministri (c.f...) rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f...) presso la quale ha il proprio domicilio in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;
    Nei  confronti  della  Regione  Autonoma  Trentino-Alto  Adige  / Autonome Region Trentino-Südtirol (c.f 80003690221)  in  persona  del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, con sede in  Trento  - Via Gazzoletti n. 2 - CAP 38122;
    Per   la   dichiarazione   di    illegittimita'    costituzionale dell'articolo 3, comma 3 e dell'articolo 7, commi 1 e 2, della  legge regionale Trentino-Alto Adige n. 8  del  14  dicembre  2011,  recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2012   e pluriennale 2012-2014  della  Regione  Autonoma  Trentino-Alto  Adige (Legge finanziaria)», pubblicata sul B.U.R. n.  51  del  20  dicembre 2011, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data  3  febbraio 2012.
    Con la Legge Regionale n. 8  del  14  dicembre  2011  la  Regione Autonoma del Trentino Alto Adige / Autonome Region  Trentino-Südtirol ha emanato le disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e pluriennale della Regione.
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe, la  Regione  Autonoma  del  Trentino-Alto  Adige  abbia  violato   la normativa costituzionale, come si confida di dimostrare  in  appresso con l'illustrazione dei seguenti

                               Motivi

1) L'art. 3. comma 3 della Leale Regione Autonoma Trentino-Alto Adige viola l'articolo 3 e  l'art.  117  secondo  comma  lettera  b)  della sostituzione.
    L'articolo predetto, che introduce modifiche alla legge regionale 18 febbraio 2005 n.1 (Pacchetto  famiglia  e  previdenza  sociale)  e successive modifiche, al comma 3, modifica l'art. 3,  comma  1  della legge regionale  n.  1/2005,  ai  fini  dell'erogazione  dell'assegno regionale al nucleo familiare per i figli ed equiparati, operando una distinzione tra cittadini italiani per i quali e' richiesta  la  sola residenza nella regione Trentino-Alto  Adige  e  cittadini  stranieri extracomunitari per i quali e' richiesto, invece, il  possesso  della residenza in regione da almeno cinque anni.
    Tale previsione non appare in linea con l'art. 41 del  d.lgs.  n. 286/98 (T.U. immigrazione) e con l'art. 80, comma 19, della legge  n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), che, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle  prestazioni,  anche  economiche,  di  assistenza sociale, equiparano ai  cittadini  italiani  gli  stranieri  titolari
della carta di soggiorno o di permesso di  soggiorno  di  durata  non inferiore ad un anno. Inoltre l'art. 9 del citato d.lgs. prevede, tra i requisiti  per  il  rilascio  del  permesso  di  soggiorno  CE  per soggiornanti  di  lungo  periodo,  il  possesso  di  un  permesso  di
soggiorno di almeno cinque anni.  I  cinque  anni  necessari  per  il rilascio del permesso CE non dipendono dalla residenza ma solo  dalla regolare presenza sul territorio nazionale.
    Pertanto la previsione regionale in esame, nella  misura  in  cui subordina l'attribuzione delle prestazioni assistenziali   de  quibus al  possesso,  da  parte  dei  cittadini  stranieri   extracomunitari legalmente  soggiornanti  sul   territorio   statale   dell'ulteriore
requisito  della  residenza  in  regione  per   un   periodo   minimo ininterrotto di cinque anni,  comporta  l'ingiustificata  e  assoluta esclusione dalle provvidenze in esame di intere categorie di  persone fondata, oltre che sulla discriminazione  tra  cittadini  italiani  e cittadini extracomunitari, sulla mancanza per questi  ultimi  di  una residenza temporalmente protratta. Tale previsione viola il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.
    Gia' la Corte costituzionale con sentenza n. 40  del  9  febbraio 2011 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 51, 52 e 53 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 24 del 2009,  modificativi   dell'art.   4   della   legge   della   regione Friuli-Venezia Giulia n. 6 del 2006 (Sistema integrato di  interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti  di  cittadinanza sociale), laddove prevedeva il diritto ad accedere agli interventi  e ai servizi del sistema integrato di interventi e  servizi  sociali  a tutti i cittadini comunitari residenti in Regione da almeno 36 mesi.
    La Consulta ha inoltre affermato che tale  norma  e'  illegittima perche'  contraria  ai  principi  costituzionale  di  uguaglianza   e ragionevolezza, in quanto l'esclusione dei cittadini  extracomunitari fondata sull'esclusivo criterio della nazionalita',  cosi'  come  dei
cittadini comunitari e italiani fondata sul criterio  dell'anzianita' di residenza, crea delle distinzioni  arbitrarie  in  relazione  alla natura  e  agli  scopi  dei  benefici  sociali  previsti,  volti   ad affrontare situazioni di bisogno e di disagio riferibili alla persona in quanto tale. Proprio dunque, la natura e le funzioni dei  benefici sociali interessati dalla normativa discriminatoria, fa si'  che  non possono essere tollerate distinzioni fondate sulla cittadinanza o  su particolari tipologie di residenza, nel momento in cui l'applicazione di tali requisiti finirebbe proprio per  escludere  i  soggetti  piu' esposti alle condizioni di  bisogno  e  di  disagio  dal  sistema  di prestazioni e di  servizi  che  deve,  invece,  perseguire  finalita' eminentemente sociali e di integrazione.
    Con particolare riferimento  all'attribuzione  delle  prestazioni assistenziali alle persone straniere  regolarmente  soggiornanti  sul territorio nazionale la Corte costituzionale  ha  inoltre  precisato, con la sentenza n. 61 del 2011, che  «una  volta  che  il  diritto  a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione,  non  si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei  loro  confronti, particolari limitazioni per il  godimento  dei  diritti  fondamentali della persona,  riconosciuti  invece  ai  cittadini»  ed  ha  inoltre aggiunto, circa l'individuazione delle condizioni  per  la  fruizione delle prestazioni, che  «la  asserita  necessita'  di  uno  specifico titolo di soggiorno per fruire dei servizi  sociali  rappresenta  una condizione restrittiva che, in tutta evidenza, si porrebbe (dal punto di vista  applicativo)  in  senso  diametralmente  opposto  a  quello indicato da questa Corte, i cui ripetuti interventi (n.d.r.  sentenze n. 187 del 2010 e n. 306 del 2008) sono venuti ad assumere  incidenza generale ed immanente nel  sistema  di  attribuzione  delle  relative provvidenze».
    Giova  ricordare  come  la  Corte  costituzionale  nelle   ultime sentenze richiamate (sentenze n. 61 del 2011, n. 187 del  2010  e  n. 306 del 2008) abbia affermato che al legislatore italiano  certamente consentito  dettare  norme,  non  palesemente  irragionevoli  e   non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino  l'ingresso  e la permanenza di stranieri extracomunitari  in  Italia.  Tali  norme, pero', devono costituire pur sempre il risultato di un ragionevole  e proporzionato  bilanciamento  tra  i  diversi  interessi,  di   rango costituzionale, implicati dalle  scelte  legislative  in  materia  di disciplina  dell'immigrazione,   specialmente   quando   esse   siano suscettibili di incidere sul godimento  di  diritti  fondamentali.  A cio' deve aggiungersi che la riscontrata  disparita'  di  trattamento riguarda  l'ambito  di  materia  dell'immigrazione,   di   competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.117  secondo  comma  lettera  b) della Costituzione, perche' attiene allo status economico  -  sociale dell'immigrato  e   del   suo   nucleo   familiare,   pregiudicandone l'uniformita' sul territorio nazionale.
    In via di sintesi,  voglia  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  dare risposta affermativa sulle seguenti questioni: - se l'art. 3, comma 3 della legge della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige n.  8  del  14 dicembre 2011, il quale prevede che «All'art. 3, comma 1 della  legge regionale n. 1/2005 e successive modifiche, le parole  "residenti  da almeno cinque anni nella regione Trentino-Alto  Adige  o  coniugati/e con persona in possesso del medesimo  requisito,  e'  corrisposto  un assegno regionale al  nucleo  familiare  peri  figli  ed  equiparati, qualora  residenti  in  regione"  sono  sostituite   dalle   seguenti "cittadini/e italiani/e residenti nella regione Trentino-Alto Adige o coniugati/e con  persona  in  possesso  dei  medesimi  requisiti,  e' corrisposto un assegno regionale al nucleo familiare per i  figli  ed equiparati,qualora  residenti  in  regione.  Per   i/le   cittadini/e stranieri/e  extracomunitari/e  e'  richiesto   il   possesso   della residenza in regione da almeno cinque anni. L'assegno spetta  inoltre ai/alle cittadini/e comunitari/e entro i limiti e secondo  i  criteri previsti dalla normativa europea  in  materia  di  coordinamento  dei sistemi nazionali di sicurezza sociale. Con il regolamento di cui  al comma 4 la Giunta regionale puo' prevedere  ulteriori  requisiti  per beneficiare dell'assegno di cui al presente articolo", violi l'art. 3 della Costituzione perche'  crea  una  ingiustificata  disparita'  di trattamento tra le provvidenze destinate  alle  famiglie  italiane  e comunitarie ed  a  quelle  extracomunitarie,  sottoponendo  solo  gli stranieri  extracomunitari  alla  condizione  della  residenza  nella regione predetta da almeno cinque anni, e dunque ledendo  il  diritto alla formazione e/o al mantenimento della famiglia da parte di questi ultimi soggetti; - se l'art. 3  comma  3  della  legge  regionale  n. 8/2011 violi l'art.117 secondo comma lettera b)  della  Costituzione, avendo dettato disposizioni concernenti la materia dell'immigrazione, di competenza esclusiva statale ai sensi del citato art. 117  secondo comma lettera b) della Costituzione medesima, perche' attinenti  allo status economico - sociale dell'immigrato e del suo nucleo familiare, pregiudicandone l'uniformita' sul territorio nazionale.
2)  L'articolo  7,  commi 1  e  2,  della  Legge   Regione   Autonoma Trentino-Alto Adige viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione e l'art. 117, secondo comma, lettera l) Costituzione.
    L'art. 7 predetto, recante norme  in  materia  di  personale,  al comma 1 stabilisce che «a decorrere dal 1° luglio 2012, ai  fini  del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, ai  sensi  dell'articolo 79 dello Statuto di autonomia, i trattamenti economici conseguenti ai
passaggi all'interno dell'area  sono  corrisposti  nei  limiti  delle risorse del Fondo per il finanziamento del sistema di classificazione del personale.» A sua volta, il comma 2 del ricordato art.7 statuisce che «Il comma 1  si  applica  anche  al  personale  delle  Camere  di Commercio, Industria,  Artigianato  e  Agricoltura  di  Trento  e  di Bolzano.»  (Tale  secondo   comma   ,   la   cui   esistenza   appare inscindibilmente legata a quella del comma 1, non appare  avere  vita autonoma  ed  e'  destinato  alla  declaratoria   di   illegittimita' incostituzionale  insieme  al  comma  1  di  cui   costituisce   mera estensione  al  personale  delle  Camere   di   Commercio;   la   sua impugnazione appare rientrante nell'oggetto dell'impugnazione  decisa dal Consiglio dei Ministri con la  deliberazione  datata  3  febbraio 2012, che si depositera'  insieme  al  presente  ricorso,  in  quanto contemplata evidentemente  nell'espressione  «compreso  quello  delle Camere di Commercio» di cui alle  righe  40-41  della  relazione  del Ministro per gli affari regionali allegata alla delibera  medesima  e che ne costituisce parte integrante).
    Le disposizioni regionali di cui al ricordato art.7 commi 1  e  2 contrastano con l'art. 9, comma 21 d.l. n. 78/2010 in base  al  quale «Per il  personale  contrattualizzato  le  progressioni  di  carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente  disposte per gli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.» L'art. 7, commi 1 e  2  predetti,  si pongano, pertanto, in  contrasto  con  l'art.  117,  comma  3,  della Costituzione in materia di coordinamento della finanza  pubblica,  al quale e' conforme il disposto dell'art. 79, comma  4  del  d.P.R.  31 agosto 1972 n. 670.
    I denunciati commi dell'art. 7 si pongono anche in contrasto  con l'art. 117  secondo  comma  lettera»  della  costituzione,  il  quale riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia  di ordinamento  civile.  E'  infatti  evidente  che  il  profilo   degli inquadramenti del lavoratori contrattualizzati  e  delle  conseguenze economiche degli stessi  attiene  alla  disciplina  del  rapporto  di impiego contrattualizzato alle dipendenze di  enti  pubblici  perche' fissa un limite generale ed uniforme all'autonomia contrattuale delle parti riguardo ad un  elemento  essenziale  del  rapporto  di  lavoro quale,  appunto,  l'effetto   economico   dell'   inquadramento   dei dipendenti nell'ambito dell'area di appartenenza.  In  altri  termini tale inquadramento in tutti i  suoi  aspetti,  compresi  gli  effetti economici, connota in modo essenziale il rapporto di lavoro.
    La ratio dell'art. 9 del d.l. n. 78/2010  e'  infatti  quella  di incidere sull'autonomia negoziale collettiva dell'intero settore  del pubblico  impiego  contrattualizzato,  per  l'esigenza  di  garantire l'uniformita'   sull'intero   territori   nazionale   delle    regole fondamentali di diritto che  disciplinano  i  rapporti  tra  privati;
regole che, come tali, si impongono  anche  alle  regioni  a  statuto speciale (Corte cost. sentenze 82/1998, 352/2001, 282/2004,  50/2005, 106/2005, 234/2005, 95/2007).
    In via di sintesi,  voglia  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  dare risposta affermativa sulle seguenti questioni:  -  se  l'articolo  7, commi 1 e 2 della Legge Regione Autonoma Trentino-Alto Adige n. 8 del 14 dicembre 2011 sia in contrasto  con  l'art.  117,  comma  3  della Costituzione poiche' espressione del potere legislativo della Regione esorbitante i limiti previsti dalla  norma  costituzionale;  -  se  i denunciati commi dell'art. 7 si pongono anche in contrasto con l'art. 117, secondo comma lettera l) della costituzione,  il  quale  riserva allo  Stato  la  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia   di ordinamento civile.


                               P.Q.M.

    Si conclude perche' l'articolo 3, comma 3 e l'art. 7, commi  1  e 2, della Legge Regione Autonoma  Trentino-Alto  Adige  n.  8  del  14 dicembre 2011 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    Si producono:
        1) l'estratto della deliberazione del Consiglio dei  Ministri del 3 febbraio 2012 con l'allegata relazione  del  Ministro  per  gli affari regionali, il turismo e lo sport;
        2) la copia della legge della Regione Autonoma  Trentino-Alto Adige / Autonome Region Trentino-Südtirol n.8 del 14 dicembre 2011.
          Roma, addi' 17 febbraio 2012

                  L'Avvocato dello Stato: Andronio 
 

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