Ricorso n. 30 del 3 marzo 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 14 del 2015-04-08)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, C.F.
…, n. fax … ed indirizzo p.e.c. per il ricevimento
degli atti …, presso i cui uffici
domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione
Lombardia, in persona del Presidente della Giunta Regionale in
carica, con sede in Milano, Piazza Citta' di Lombardia n. 1 per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 6,
comma 1, lettere a), c) ed f) della legge Regione Lombardia n. 35 del
30 dicembre 2014, intitolata "Disposizioni per l'attuazione della
programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art.
9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle
procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'
della Regione) - Collegato 2015" pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Lombardia n. 53, supplemento del 31 dicembre 2014, per
contrasto con gli articoli 3, 117, primo comma, 117 secondo comma,
lettere e) ed s) della Costituzione, nonche' i principi fondamentali
in materia di produzione, trasporto e distribuzione di energia e di
coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3,
della Costituzione e 120 della Costituzione, e cio' a seguito ed in
forza della delibera di impugnativa assunta dal Consiglio dei
Ministri nella seduta del 20 febbraio 2015.
Fatto
1. La legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2014, n. 35,
intitolata "Disposizioni per l'attuazione della programmazione
economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art. 9-ter della legge
regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della Regione) -
Collegato 2015", reca disposizioni per l'attuazione della
programmazione economica e finanziaria regionale, modificando leggi
regionali inerenti diverse materie.
L'art. 1 della legge reg. n. 35 del 2014 apporta diverse
modifiche alla legge regionale 27 giugno 2008, n. 19 (Riordino delle
comunita' montane della Lombardia, disciplina delle unioni di comuni
lombarde e sostegno all'esercizio associato di funzioni e servizi
comunali); in particolare la lett. a) del cit. art. 1 sostituisce
l'art. 18 della legge reg. n. 19 del 2008 i cui primi due commi, nel
testo attualmente vigente, dispongono:
"1. Le unioni di comuni lombarde sono costituite tra comuni
per l'esercizio associato di funzioni e servizi.
2. Le unioni di comuni esercitano in gestione associata, per
tutti i comuni che le compongono, almeno cinque delle funzioni di cui
all'art. 14, comma 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78
(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitivita' economica) convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122".
2. L'art. 6 della legge reg. n. 35 del 2014 dispone modifiche
alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi
locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione
dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche).
La lettera a) del cit. art. 6 aggiunge i commi 3-bis, 3-ter e
3-quater all'art. 14 della legge reg. n. 26 del 2003.
L'art. 14, comma 3-bis, legge reg. n. 26 del 2003 dispone che:
"Ai fini dell'applicazione di quanto previsto dall'art. 35, comma 6,
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive) convertito, con modificazioni, dalla legge 11
novembre 2014, n. 164, nel rispetto della programmazione regionale
dei flussi dei rifiuti urbani, nonche' dell'obiettivo di
autosufficienza per il recupero e smaltimento degli stessi sul
territorio regionale, con il termine rifiuti urbani prodotti nel
territorio regionale si intendono anche i rifiuti decadenti dal
trattamento dei rifiuti urbani".
Il successivo comma 3-ter prevede: "Il contributo previsto
dall'art. 35, comma 7, del d.l. 133/2014 convertito dalla l.
164/2014, e' determinato nella misura di euro 20,00 per ogni
tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato (codice CER 200301) di
provenienza extraregionale, trattato in impianti di recupero
energetico. Il trattamento e' da attuarsi previo accordo tra le
regioni interessate".
L'art. 6, lett. c), legge reg. n. 35 del 2014 sostituisce il
comma 4 dell'art. 53-bis il cui attuale testo dispone: "La Giunta
regionale, al fine di garantire la continuita' della produzione
elettrica e in considerazione dei tempi necessari per effettuare la
ricognizione delle opere di cui al comma 2 e per espletare le
procedure di gara, puo' consentire, per le sole concessioni in
scadenza entro il 31 dicembre 2017, la prosecuzione temporanea, da
parte del concessionario uscente, dell'esercizio degli impianti di
grande derivazione ad uso idroelettrico per il tempo strettamente
necessario al completamento delle procedure di assegnazione e
comunque per un periodo non superiore ai cinque anni come previsto
dall'art. 12, comma 1, del d.lgs. 79/1999".
Con l'art. 6, lett. f) legge reg. n. 35 del 2014 sono, inoltre,
aggiunti i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies all'art. 53-bis
della legge reg. n. 26 del 2013.
I citati commi 5-bis e 5-ter dispongono quanto segue: "5-bis. Il
canone aggiuntivo di cui al comma 5 costituisce corrispettivo per il
beneficio ottenuto dal godimento da parte del soggetto cui e'
consentita la prosecuzione temporanea della derivazione dell'acqua
pubblica, nonche' dell'esercizio delle opere e dei beni afferenti
alla concessione oltre il termine di scadenza della medesima. Il
corrispettivo e' stabilito in rapporto alla rendita conseguita dal
soggetto di cui al primo periodo per la prosecuzione temporanea di
cui al comma 4. Ai fini del presente articolo si applicano le
seguenti definizioni: a) rendita, quale differenza tra ricavo e
costo; b) ricavo, quale prodotto tra il prezzo di vendita
dell'energia comprensivo di eventuali incentivi e la quantita'
venduta; c) costo, formato dalla somma di costi operativi e di
ammortamento, di remunerazione del capitale, degli oneri, canoni e
tasse.
5-ter. Le disposizioni di cui al comma 5-bis si applicano anche
alle prosecuzioni temporanee in essere alla data di entrata in vigore
della legge recante "Disposizioni per l'attuazione della
programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art.
9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle
procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'
della Regione) - Collegato 2015", a decorrere dalla data di scadenza
delle rispettive concessioni di grande derivazione di acqua
pubblica".
Di conseguenza, l'art. 6, comma 1, lettere a), c) ed f), della
legge regionale in esame, dettando disposizioni difformi dalla
normativa statale di riferimento afferente alla materia della tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema e alla materia della tutela della
concorrenza per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva
si pone in contrasto con i principi generali previsti dalla normativa
europea in materia di libera concorrenza, violando l'art. 117, primo
e secondo comma, lettere e) ed s) della Costituzione, nonche' i
principi fondamentali in materia dl produzione, trasporto e
distribuzione di energia di cui all'art. 117, comma 3, della
Costituzione.
Le disposizioni della legge regionale summenzionate sono
illegittime e, giusta determinazione assunta dal Consiglio dei
Ministri nella seduta del 20 febbraio 2015, sono impugnate per i
seguenti
Motivi
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, legge reg. n. 35 del
2014 per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.
La norma e' illegittima nella parte in cui prevede l'esercizio,
da parte delle unioni di Comuni lombarde, di "almeno cinque" delle
funzioni comunali individuate dal legislatore come quelle da
considerare fondamentali ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. p),
Cost (cfr. art. 14, comma 27, di. n. 78 del 2010).
La legislazione statale, al fine di assicurare il coordinamento
della finanza pubblica ed il contenimento delle spese, ha, infatti,
fissato l'obbligo di gestione associata di tutte le suddette funzioni
fondamentali.
In particolare, l'art. 14, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010,
convertito dalla legge n. 122 del 2010, come integralmente sostituito
dall'art. 19 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge
n. 135 del 2012, prevede che i Comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti - ovvero fino a 3.000 se appartenenti a comunita' montane -
esercitano le funzioni fondamentali obbligatoriamente in forma
associata, mediante unione o convenzione, escluse le sole funzioni di
competenza statale (tenuta dei registri di stato civile, servizi
anagrafici, servizi elettorali).
L'art. 14, commi 31-ter e 31-quater, d.l. n. 78 del 2010, fissa
dei limiti temporali entro i quali gli enti territoriali interessati
devono assicurare l'esercizio in comune di tali funzioni
fondamentali; entro il 31 dicembre 2014 (1) tale processo sarebbe
dovuto essere completato. E' previsto, inoltre, l'esercizio di un
potere sostitutivo del Governo, preceduto da un intervento di diffida
da parte del Prefetto, in caso di inutile decorso del suddetto
termine.
La norma regionale prescinde, invece, da qualsivoglia termine,
lasciando privo di qualsiasi cogenza il precetto normativo in esame.
Sulla materia e' recentemente intervenuta codesta Ecc.ma Corte,
la quale ha chiarito come le norme di cui all'art. 19, comma 1, lett.
a), b), c), d) e), del suddetto d.l. n. 95 del 2012, convertito, con
modificazioni, dalla l. n. 135 del 2012, "risultano decisamente
orientate ad un contenimento della spesa pubblica, creando un sistema
tendenzialmente virtuoso di gestione associata di funzioni (e,
soprattutto, quelle fondamentali) tra Comuni, che mira ad un
risparmio di spesa sia sul piano dell'organizzazione "politica",
lasciando comunque alle Regioni l'esercizio contiguo della competenza
materiale ad essa costituzionalmente garantita, senza peraltro,
incidere in alcun modo sulla riserva del comma quarto dell'art. 123
Cost. In definitiva, si tratta di un legittimo esercizio della
potesta' statale concorrente in materia di "coordinamento di finanza
pubblica", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost." (Corte
cost., sent. n. 22 del 2014).
Se la normativa statale che impone ai Comuni di svolgere
determinate funzioni in forma associata e' da ritenere quale
espressione di un principio fondamentale in materia di coordinamento
della finanza pubblica, e' evidente che le disposizioni regionali con
essa contrastanti integrino una violazione dell'art. 117, comma 3,
della Costituzione.
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera a),
legge reg. n. 35 del 2014 per violazione degli artt. 3, 117, comma 2,
lett. s) e 120 Cost.
2.1 L'art. 6, comma 1, lettera a) della legge impugnata inserisce
il comma 3-bis all'art. 14 della legge regionale 12 dicembre 2003 n.
26 prevedendo che "Ai fini dell'applicazione di quanto previsto
dall'art. 35, comma 6, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle
opere pubbliche, la digitalizzazione dei Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 novembre 2014, n 164, nel rispetto della programmazione
regionale dei flussi dei rifiuti urbani, nonche' dell'obiettivo di
autosufficienza per il recupero e smaltimento degli stessi sul
territorio regionale, con il termine "rifiuti urbani prodotti nel
territorio regionale" si intendono anche i rifiuti decadenti dal
trattamento dei rifiuti urbani".
La norma impugnata prevede che ai fini dell'applicazione di
quanto previsto dall'art. 35, comma 6, d.l. n. 133 del 2014, con il
termine "rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale",
s'intendono anche i rifiuti decadenti dal trattamento dei rifiuti
urbani stessi.
Il menzionato art. 35 dispone che negli impianti d'incenerimento
con recupero energetico presenti nelle diverse Regioni deve essere
assicurata priorita' di accesso ai rifiuti urbani prodotti nel
territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno
e, solo per la disponibilita' residua autorizzata, al trattamento di
rifiuti urbani prodotti in altre Regioni.
La legge regionale impugnata, nell'introdurre aprioristicamente
nella categoria dei "rifiuti urbani prodotti nel territorio
regionale" indistintamente tutti i rifiuti derivanti dal trattamento
dei rifiuti urbani, si pone in contrasto con la disciplina nazionale
di riferimento, prevista dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Al riguardo si deve evidenziare che i rifiuti derivanti dal
trattamento dei rifiuti urbani ben potrebbero essere ricompresi nella
categoria dei rifiuti speciali o secondo le caratteristiche di
pericolosita', in quella dei rifiuti pericolosi, ai sensi di quanto
compiutamente disciplinato dall'art. 184 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Ai fini che qui rilevano, infatti, l'art. 184 cit., al comma 3,
lett. g) introduce, nella classificazione dei rifiuti speciali, i
"rifiuti derivanti dalla attivita' di recupero e smaltimento di
rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri
trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da
abbattimento di fumi".
Come stabilito da codesta Ecc.ma Corte "la competenza in tema di
tutela dell'ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti,
appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono percio' ammesse
iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito
territoriale la materia (ex plurimus sentenze n. 127 del 2010 e n.
314 del 2009)" (Corte cost., sent., n. 373 del 2010).
Inserire sic et simpliciter la categoria dei rifiuti derivanti
dal trattamento dei rifiuti urbani in quella dei rifiuti urbani
stessi, come avviene nell'impugnata legge regionale, si pone in
contrasto con la normativa statale e di conseguenza con l'art. 117,
comma 2, lett. s), Cost. che attribuisce allo Stato potesta'
legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema.
2.2 La norma impugnata inserisce il comma 3-ter all'art. 14,
legge reg. n. 26 del 2003; tale disposizione prevede che "Il
contributo previsto dall'art. 35, comma 7, del d.l. 133/2014
convertito dalla l. 164/2014, e' determinato nella misura di euro
20,00 per ogni tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato (codice
CER 200301) di provenienza extraregionale, trattato in impianti di
recupero energetico. Il trattamento e' da attuarsi previo accordo tra
le Regioni interessate".
Tale disposizione introduce illegittimamente un vincolo, non
previsto dal legislatore nazionale, per il trattamento dei rifiuti
destinati al recupero energetico.
Il d.l. n. 133 del 2012, all'art. 35, comma 7, dispone, infatti,
che "nel caso in cui in impianti di recupero energetico localizzati
in una Regione siano smaltiti rifiuti urbani prodotti in altre
Regioni, i gestori degli impianti sono tenuti a versare alla Regione
un contributo, determinato dalla medesima, nella misura massima di 20
euro per ogni tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato di
provenienza extraregionale. Il contributo, incassato e versato a cura
del gestore in un apposito fondo regionale, e' destinato alla
prevenzione della produzione dei rifiuti, all'incentivazione della
raccolta differenziata, a interventi di bonifica ambientale e al
contenimento delle tariffe di gestione dei rifiuti urbani. Il
contributo e' corrisposto annualmente dai gestori degli impianti
localizzati nel territorio della Regione che riceve i rifiuti a
valere sulla quota incrementale dei ricavi derivanti dallo
smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale e i relativi
oneri comunque non possono essere traslati sulle tariffe poste a
carico dei cittadini".
La norma nazionale sopra citata non prevede alcun accordo
interregionale per il trattamento dei rifiuti urbani in impianti in
grado di effettuare recupero ambientale; pertanto, la legge regionale
in esame, subordinando l'attuazione di tale trattamento ad un accordo
tra le Regioni interessate, frappone ostacoli alla praticabilita'
dello stesso, in assenza di alcuna competenza del legislatore
regionale al riguardo.
Si determina, inoltre, una disparita' di trattamento tra i
suddetti impianti collocati in altre Regioni, rispetto a quelli
situati nel territorio lombardo, in quanto questi ultimi potranno
ricevere conferimenti extraregionali solo dopo che la Regione di
produzione e quella di destinazione avranno siglato l'accordo, cio'
che potrebbe pregiudicare, tra l'altro - qualora l'accordo non avesse
esito positivo - "il conseguimento della finalita' di consentire lo
smaltimento di tali rifiuti in uno degli impianti appropriati piu'
vicini", introducendo "addirittura, in contrasto con l'art. 120 della
Costituzione, un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le
Regioni".
Cosi', condivisibilmente, si e' espresso il Consiglio di Stato,
in una pronuncia che, inoltre, afferma che "anche alla luce della
normativa comunitaria, il rifiuto e' pur sempre considerato un
"prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salve
eccezioni, della generale liberta' di circolazione delle merci"
(Cons. Stato, sez. VI, 19 febbraio 2013, n. 993; si veda anche Cons.
Stato, sez. V, 11 giugno 2013, n. 3215).
Del resto anche codesta Ecc.ma Corte, in diverse circostanze, si
e' esplicitamente espressa nel senso di annoverare anche i rifiuti
tra le cose la cui libera circolazione non puo' essere limitata dalle
Regioni alla stregua di quanto previsto dall'art. 120 Cost. (si veda
Corte cost., sent. n. 247 del 2006, n. 161 e 62 del 2005).
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera c),
legge reg. n. 35 del 2014 per violazione degli artt. 3 , 117, primo
comma e secondo comma lett. e),
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lettera f),
legge reg. n. 35 del 2014 per violazione degli artt. 3, 117, primo
comma e secondo comma lett. e), della Costituzione
4.1 La disposizione impugnata aggiunge i commi 5-bis, 5-ter,
5-quater e 5-quinquies dopo il comma 5 della legge reg. n. 26 del
2003.
In particolare il cit. comma 5-bis prevede che il canone
aggiuntivo che, a norma del precedente comma 5, deve essere
corrisposto dai concessionari di grandi derivazioni ad uso
idroelettrico le cui concessioni siano scadute o in scadenza e che
operino in regime di prosecuzione temporanea di cui al quarto comma,
"costituisce corrispettivo per il beneficio ottenuto dal godimento,
da parte del soggetto cui e' consentita la prosecuzione temporanea,
della derivazione dell'acqua pubblica, nonche' dell'esercizio delle
opere e dei beni afferenti alla concessione oltre il termine di
scadenza della medesima".
Tale norma regionale contrasta con quanto previsto dal d.lgs. n.
79 del 1999.
Il legislatore statale, infatti, ha dettato una disciplina
uniforme su tutto il territorio nazionale in materia di concessioni
idroelettriche, prevista dall'art. 12, comma 8-bis, del cit. d.lgs.
n. 79 del 1999 che dispone: "Qualora alla data di scadenza di una
concessione non sia ancora concluso il procedimento per
l'individuazione del nuovo concessionario, il concessionario uscente
proseguira' la gestione della derivazione, fino al subentro
dell'aggiudicatario della gara, alle stesse condizioni stabilite
dalle normative e dal disciplinare delle concessioni vigenti".
L'imposizione del suddetto canone, pertanto, contraddice in
maniera illegittima il principio, di derivazione comunitaria, della
libera concorrenza, in quanto incide negativamente sui gestori
operanti nel territorio della Lombardia rispetto a quelli di altre
Regioni.
Recentemente lo stesso legislatore statale, con il d.l. n. 83 del
2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, e'
intervenuto su tale materia disponendo: "Al fine di assicurare
un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attivita' di
generazione idroelettrica e parita' di trattamento tra gli operatori
economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti
i criteri generali per la determinazione, secondo principi di
economicita' e ragionevolezza, da parte delle Regioni, di valori
massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico" (art. 37,
comma 7, d.l. n. 83 del 2012).
Codesta Ecc.ma Corte, nella sentenza n. 28 del 2014, in merito al
cit. art. 37, ha evidenziato che tali disposizioni "mirano ad
agevolare l'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia
secondo condizioni uniformi sul territorio nazionale, regolando le
relative procedure di evidenza pubblica con riguardo alla tempistica
delle gare e al contenuto dei relativi bandi (commi 4, 5, 6 e 8),
nonche' all'onerosita' delle concessioni messe a gara (comma 7). Tali
norme - al pari di quelle che disciplinano «l'espletamento della gara
ad evidenza pubblica» per i casi di scadenza, decadenza, rinuncia o
revoca di concessione di grande derivazione d'acqua per uso
idroelettrico (sentenza n. 1 del 2008) - rientrano nella materia
«tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato (art.
117, secondo comma, lettera e, Cost.)" (in senso conforme si veda
anche Corte cost., sent. n. 64 del 2014).
4.2 L'art. 6, comma 1, lett. f), legge reg. n. 35 del 2014,
introduce, dopo il comma 5-bis, il comma 5-ter all'art. 53-bis della
legge reg. n. 26 del 2003, il quale prevede che "Le disposizioni di
cui al comma 5-bis si applicano anche alle prosecuzioni temporanee in
essere alla data di entrata in vigore della legge" n. 35 del 2014, "a
decorrere dalla data di scadenza delle rispettive concessioni di
grande derivazione d'acqua pubblica".
Il pagamento del canone aggiuntivo, introdotto dal precedente
comma 5-bis, e' imposto anche per le annualita' passate, successive
alla data di scadenza delle concessioni.
Prevedendo, quindi, un'applicazione retroattiva del canone
stesso, tale norma, oltre a essere fortemente afflittiva per il
gestore con riferimento anche alla possibilita' di pianificazione
dell'attivita' produttiva, contrasta, altresi', con un principio
fondamentale dell'ordinamento quale quello dell'irretroattivita'
della legge ex art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale (si
veda Corte cost., sent. n. 91 del 1982, n. 108 del 1981, n. 13 del
1977, n. 194 del 1976).
L'osservanza di tale principio che, pure, di per se', non assurge
al rango di norma costituzionale, e' rimessa "alla prudente
valutazione del legislatore, il quale peraltro, salvo estrema
necessita', dovrebbe a esso attenersi, essendo, sia nel diritto
pubblico che in quello privato, la certezza dei rapporti preteriti
(anche se non definiti in via di giudicato, transazione, ecc.) uno
dei cardini della tranquillita' sociale e del vivere civile" (cosi'
gia' Corte cost., sent. n. 118 del 1957); in ogni caso anche la
discrezionalita' del legislatore (la sua "prudente valutazione"), non
e' assoluta, ma incontra il limite del principio di ragionevolezza
che si ritiene sia espresso dall'art. 3 Cost.
Nel caso di specie non vi e' alcun ragionevole motivo che
giustifichi l'applicazione retroattiva di un canone aggiuntivo gia'
di per se', come sopra si crede di aver dimostrato, illegittimo; al
contrario, la disposizione impugnata finisce per aggravare vieppiu'
il pregiudizio subito dai gestori operanti nel territorio della
Lombardia rispetto a quelli di altre Regioni.
(1) Tale termine e' attualmente oggetto di proroga al 31 dicembre
2015 in sede di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014,
n. 192.
P. Q. M.
Per le considerazioni esposte, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta
Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 1 e 6, comma 1, lett. a), c) ed f),
legge Regione Lombardia n. 35 del 2014 per la violazione degli artt.
3, 117, primo comma, 117 secondo comma, lettere e) ed s) della
Costituzione, nonche' i principi fondamentali in materia dl
produzione, trasporto e distribuzione di energia e di coordinamento
della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, della
Costituzione e 120 della Costituzione.
Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:
1. l'estratto della deliberazione del Consiglio dei Ministri
del 20 febbraio 2015;
2. copia della impugnata legge della Regione Lombardia n.
35/2014.
Roma, 26 febbraio 2015
L'Avvocato dello Stato: Maria Gabriella Mangia