Ricorso n. 30 del 31 marzo 2004 (Regione Lazio)
N. 30 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2004 (della Regione Lazio)
(GU n. 13 del 31-3-2004)
Ricorso della Regione Lazio, in persona del presidente pro
tempore on. Francesco Storace, rappresentata e difesa, giusto mandato
a margine del presente atto e in virtu' della deliberazione della
giunta regionale del Lazio n. 95 del 16 febbraio 2004 dall'avv.
Francesco Pirani con studio in Roma, via Pietro della Valle n. 2 ed
elettivamente domiciliata ai fini del presente atto presso il di lui
studio;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 n. 167
della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del 27 dicembre 2003 titolata «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2004)
recante «finanziamento agli investimenti ... laddove al n. 167 e'
previsto al fine di potenziare la ricerca biomedica in Italia e in
particolare nelle aree territoriali di cui all'obiettivo 2, e'
assegnato all'Universita' campus bio-medico (CBM) di cui all'art. 19
del decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1991,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 31 ottobre 1991,
l'importo di 20 milioni di euro per l'anno 2004 e di 30 milioni di
euro per l'anno 2005 per la realizzazione di un policlinico
universitario».
La Regione Lazio intende sottoporre al vaglio di codesta on.
Corte, ex art. 127 II della Corte costituzionale, la norma richiamata
in quanto la stessa appare obiettivamente violatrice dei nuovi
principi di cui al novellato titolo V della Corte costituzionale e,
in modo particolare di quelli della potesta' legislativa concorrente
tra Stato e Regioni, della potesta' esclusiva della Regione, della
sussidiarieta', della leale cooperazione e della ragionevolezza.
In via preliminare si rileva che la disposizione sopra riportata,
sebbene inserita in un atto legislativo, si rammostra, sotto il
profilo sostanziale, come una norma di natura provvedimentale (legge
provvedimento).
Infatti la stessa e' priva di quei caratteri di generalita' ed
astrattezza propri della fonte normativa.
E' ovvio, pertanto, che disposizioni di questa natura dal punto
di vista formale e, quindi, procedimentale, non si differenziano
dagli atti aventi forza di legge ma, derogando ai principi generali
in ordine alla ripartizione delle funzioni tra organi legislativi ed
esecutivi, rappresentano un modo di provvedere in quanto finalizzate
a soddisfare, con precetti specifici, un interesse concreto e ben
individuato.
Cio' premesso si eccepisce e si solleva la violazione degli
articoli 97, 114, primo comma, 117, terzo comma e 118, primo comma, e
119 della Costituzione.
Lesione della potesta' legislativa delle Regioni, violazione del
principio di ragionevolezza, sussidiarieta' e leale cooperazione.
La riformulazione degli articoli 114, 117 e 118 ha comportato una
radicale e profonda riforma del titolo V della Corte costituzionale.
Infatti, in conseguenza della emanazione della nuova disciplina, la
dottrina ha parlato di un profondo sconvolgimento del sistema delle
fonti che si sarebbe risolto in un impianto costituzionale
completamente invertito rispetto a quello precedente.
Il nuovo titolo V ha, infatti, innovato le antiche regole di
riparto restringendo l'azione del Legislatore statale in un contesto
ben delineato (le materie di cui al secondo comma dell'art. 117 della
Costituzione). Cioe' tra i due estremi della competenza nominata
statale e la competenza regionale si pone la competenza concorrente
che porta ad una gestione normativa frazionata tra due diverse fonti:
lo Stato e la Regione.
Secondo quanto affermato dal terzo comma dell'art. 117 della
Costituzione il Legislatore costituzionale ha tassativamente indicato
le materie oggetto della «legislazione concorrente», annoverando tra
queste la ricerca scientifica e tecnologica e sostegno
all'innovazione per i settori produttivi.
E' fuori di ogni dubbio che la materia «ricerca biomedica»,
oggetto dell'intervento legislativo considerato, rientra in quella
piu' ampia che riguarda la ricerca scientifica e tecnologica inclusa
appunto nelle materie di potesta' legislativa concorrente.
In questo ambito spetta, pertanto, alla Regione la potesta'
legislativa diretta dovendo lo Stato limitare il suo intervento alla
determinazione dei principi fondamentali.
Nel caso di specie il legislatore statale, in maniera solo
apparente e di facciata, si limita nell'assegnare il finanziamento in
questione ad una mera enunciazione della generalita' e della
finalita' dell'intervento «al fine di potenziare la ricerca biomedica
in Italia e in particolare nelle aree territoriali di cui
all'obiettivo 2». Non vi e' dubbio, pero', che tale assegnazione, a
favore di un solo Istituto Universitario, peraltro privato, operante
nel territorio della Regione Lazio, non rappresenta una norma di
principio in materia di ricerca scientifica ma, piuttosto, un
precetto puntuale e mirato che concretizza una palese violazione
della sfera di autonomia regionale garantita dalla Costituzione.
Cio' posto si deve ancora sottolineare che, nel caso di specie,
sono stati violati i principi della sussidiarieta' e della leale
collaborazione.
Il principio della sussidiarieta' e' di derivazione comunitaria
poiche', in forza di esso, era data la possibilita' alla comunita' di
intervenire in determinate materie solo quando gli obiettivi
prefissati non potevano esse conseguenti in modo soddisfacente dai
singoli Stati membri.
Nel senso sopra indicato, quindi, ogni Ente sovraordinato svolge
una funzione «sussidiaria» rispetto all'ente locale piu' vicino al
cittadino, secondo una scala di attribuzione di funzione che inizia
dal comune e, passando attraverso la Provincia, la Regione e lo
Stato, termina con la ritenzione delle funzioni comuni di interesse
sovranazionale alla Unione europea.
Il principio in parola e', dunque, un criterio regolatore di
competenze, volto ad assicurare sia l'efficacia che l'efficienza
dell'organizzazione dei Pubblici Poteri e, in definitiva, il buon
andamento della funzione amministrativa (art. 97 Cost.).
Il principio della sussidiarieta', quindi, nel nuovo titolo V
della Costituzione (art. 118 Cost.) assume valore e dignita' di
principio costituzionale, quale formula organizzatoria dei Pubblici
Poteri.
Codesta Corte, recentemente, con la piu' volte citata sentenza
n. 303/2003, dovendo compulsare l'art. 1, comma 1 della c.d. Legge
Obiettivo, ha chiarito che il detto principio della sussidiarieta',
la' dove dispone che le funzioni amministrative, generalmente
attribuite ai comuni, possano essere allocate ad un diverso livello
di governo per assicurarne l'esercizio unitario, introduce un
meccanismo dinamico che rende meno rigido non solo l'originario
assetto delle funzioni amministrative, ma, nel contempo, la stessa
distribuzione delle competenze legislative.
Cio' in quanto il principio di legalita' (che impone che anche le
funzioni assunte per sussidiarieta' siano organizzate e regolate
dalla legge), porta necessariamente ad escludere che le singole
Regioni, con discipline differenziate, possano regolare e organizzare
funzioni amministrative attratte a livello nazionale.
Con la sentenza precitata si e' tuttavia specificato che, ai fini
di una legittima esplicazione del principio della sussidiarieta', e'
imprescindibile che si perfezioni una «intesa» tra i diversi livelli
di governo interessati.
Ne scaturisce una concezione «procedimentale e consensuale», nel
senso che la sussidiarieta' puo' concretarsi solo attraverso un
procedimento che prefiguri «un iter in cui assumano il dovuto risalto
le attivita' concertative di coordinamento orizzontale, ovvero le
intese, da perfezionarsi secondo il canone della leale
collaborazione».
Il principio della intesa o dell'accordo assurge, quindi, a
valore costituzionale complementare. La leale collaborazione
soddisfa, invece, esigenze di partecipazione e di consultazione,
attraverso strumenti di collaborazione e di dialogo, mentre l'intesa
e l'accordo sono veri e propri strumenti di codecisione. Dalle
argomentazioni espresse dalla Consulta discende in maniera perentoria
ed indiscutibile che l'attrazione allo Stato di competenze di altri
livelli di governo, puo' verificarsi in virtu' di una previa intesa
con l'Ente interessato o di un accordo stipulato con la Regione o con
le regioni coinvolte.
In buona sostanza, il ruolo delle Regioni non puo' essere
meramente consultivo, bensi' codecisionale.
Con i principi richiamati si e' indicata anche la necessita' di
interpretare il nuovo art. 117, terzo comma, Cost., in combinato
disposto con l'art. 118 Cost. Infatti, pur affermando che, in via di
principio, l'inversione della tecnica di riparto delle potesta'
legislative e l'enumerazione tassativa delle competenze dello Stato
avrebbe dovuto portare ad escludere la possibilita' di dettare norme
suppletive statali in materia di legislazione concorrente, cio' non
di meno si e' evidenziato che una simile interpretazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., sempre secondo codesta Corte,
avrebbe svalutato la portata precettiva dell'art. 118 Cost. In
sostanza, una retta interpretazione dell'art. 118 Cost. consentirebbe
allo Stato di emanare norme di carattere suppletivo, determinando una
temporanea compressione della competenza legislativa regionale, tutte
le volte in cui deve ragionevolmente assicurarsi l'immediato
svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato deve attrarre per
esigenze unitarie e che non possono essere esposte ai rischi
dell'ineffettivita'.
Sicche' la rinuncia regionale all'esercizio delle funzioni
amministrative e, dunque, legislative e' subordinata all'adesione
consensuale all'iniziativa assunta dallo Stato, secondo un modello
negoziale, improntato al principio di leale collaborazione ritenuto
idoneo a tutelare le prerogative riconosciute dalla Costituzione alle
Regioni.
Ora nella disposizione impugnata davanti a questa ecc.ma Corte e
di cui in epigrafe non sussistono le condizioni richieste.
Infatti: a) non e' prevista alcuna forma di coinvolgimento della
Regione sul cui territorio sono destinati a prodursi gli effetti
giuridici dell'intervento statale, b) l'intervento dello Stato, come
detto, e' motivato in modo del tutto generico e non e' fondato su una
reale ed effettiva esigenza di tutela di un interesse unitario della
Repubblica non suscettibile di localizzazione a livello regionale; c)
non sono rispettati i parametri di proporzionalita' e ragionevolezza
in quanto la realizzazione di un policlinico universitario da parte
dell'Universita' «Campus Biomedico» di Roma puo' concretamente
alterare e vanificare la complessa attivita' di programmazione
delineata dalla Regione Lazio in materia sanitaria e di tutela della
salute e in materia di diritto allo studio. Infatti la stessa e'
fuori di dubbio che presuppone ab initio, attraverso una valutazione
e proiezione anticipatoria, la ricognizione dei reali fabbisogni a
livello locale strettamente connessa, poi, all'effettiva
disponibilita' delle risorse finanziarie nel contesto del bilancio
regionale.
P. Q. M.
Chiede che l'on. Corte costituzionale voglia dichiarare, in
accoglimento del presente ricorso, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 4 n. 167 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nella
Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2003 titolata «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»
(legge finanziaria 2004) recante «finanziamento agli investimenti ...
laddove al n. 167 e' previsto al fine di potenziare la ricerca
biomedica in Italia e in particolare nelle aree territoriali di cui
all'obiettivo 2, e' assegnato all'Universita' campus bio-medico (CBM)
di cui all'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 28
ottobre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 31
ottobre 1991, l'importo di 20 milioni di euro per l'anno 2004 e di 30
milioni di euro per l'anno 2005 per la realizzazione di un
policlinico universitario» per violazione degli articoli 97, 114,
primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo comma, e 119 della
Costituzione riguardati sotto il profilo della ragionevolezza, della
sussidiarieta', della leale cooperazione tra Stato e Regioni e per
lesione della sfera di potesta' legislativa concorrente della Regione
e per la lesione dell'autonomia finanziaria delle regioni.
Roma, addi' 23 febbraio 2004
Avv. Francesco Pirani