Ricorso n. 31 del 1° marzo 2006 (Regione siciliana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° marzo 2006 , n. 31
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° marzo 2006 (della Regione siciliana)
(GU n. 13 del 29-3-2006)
Ricorso della Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. Giovanni Carapezza Figlia e dall'avv. Paolo Chiapparrone, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 73 del 13 febbraio 2006; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 24, 26, 43, 44, 198 e 204, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 302 del 29 dicembre 2005, in quanto ne e' disposta la applicazione nei confronti delle regioni a statuto speciale, e pertanto, per quanto qui rileva, nei confronti della Regione siciliana. F a t t o La legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).», pur imponendo, all'art. 1, comma 610, un'applicazione della recata normativa compatibile con le sovraordinate norme degli statuti speciali, contiene talune disposizioni che si pongono in contrasto con la asserita salvaguardia delle prerogative delle Autonomie speciali e quindi, per quanto interessa, della Regione Siciliana. In particolare, tra esse, sotto il profilo della ritenuta illegittimita' costituzionale, si censurano le disposizioni recate dai commi sottoelencati dell'articolo unico di cui si compone la legge: Commi 24 e 26. Premesso che il comma 24 correla la disposta riduzione di trasferimenti erariali, o comunque statali, a qualsiasi titolo spettanti agli enti territoriali ed alle regioni - ivi comprese, per espressa previsione del legislatore, quelle a statuto speciale - e province autonome, ad una misura corrispondente alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto di immobili e la spesa media sostenuta per la stessa finalita' nel quinquennio precedente, il comma 26 assoggetta le stesse amministrazioni, tra le quali appunto anche la Regione Siciliana, ad un monitoraggio, da parte del Ministero dell'economia, e ad un controllo, da parte dell'Agenzia del territorio, sulla congruita' dei valori degli immobili acquisiti. Commi 43 e 44. Il comma 43 prevede la soppressione dei trasferimenti dello Stato per l'esercizio delle funzioni gia' esercitate dagli uffici metrici provinciali e trasferite alle Camere di commercio, ed il successivo comma 44, correlativamente, dispone che al finanziamento di dette funzioni si provvede con i proventi derivanti dalla gestione di attivita' e dalla prestazione di servizi o con quelli di natura patrimoniale delle Camere. Commi 198 e 204. Il comma 204 impone anche alle regioni a statuto speciale l'obbligo del rispetto degli adempimenti previsti dal precedente comma 198 in materia di spese per il personale - e che specificamente si sostanziano nella obbligatoria adozione di misure che garantiscano che le spese in discorso non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento - e sottopone allo scopo le indicate amministrazioni ad una puntuale verifica da parte dello Stato. Le disposizioni richiamate, in quanto ne e' disposta la applicazione nei confronti della Regione siciliana, appaiono lesive delle attribuzioni della medesima e dell'autonomia alla stessa statutariamente riconosciuta, e, palesandosi costituzionalmente illegittime, vengono impugnate, rispettivamente per le motivazioni in prosieguo esposte, per le seguenti ragioni di D i r i t t o Violazione, degli articoli 81, quarto comma, e 119 della Costituzione, degli articoli 14, lettera p) e q), 20, 23 e 43 dello Statuto regionale, dell'art. 10, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143, nonche' dei principi sottesi ai commi 138/150 dello stesso art. 1 della censurata legge 23 dicembre 2005, n. 266. In via generale si premette che l'art. 14 dello Statuto della Regione Siciliana attribuisce alla medesima la potesta' esclusiva di dettare norme concernenti l'ordinamento contabile proprio nonche' degli enti locali e di tutte le realta' istituzionali ricomprese nel settore pubblico regionale. Orbene, anche a seguito delle modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione disposte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, codesta ecc.ma Corte si e' espressa nel senso che seppure spetta allo Stato, anche nei confronti delle regioni a statuto speciale, la determinazione dei principi fondamentali nella materia della armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, e' pur vero che in tale ambito lo Stato medesimo non puo', senza ledere l'autonomia finanziaria riconosciuta alle regioni (e in particolare, quella esclusiva riconosciuta in materia alla regione ricorrente) dettare norme di dettaglio in ordine alla natura delle spese da contenere ne' tanto piu' prevedere meccanismi che sotto l'apparenza di un mero obbligo di comunicazione di dati contabili si traducano, invece, in un vero e proprio controllo sugli atti (cfr. sentenza 26 gennaio 2004, n. 36, ed anche sentenze 30 dicembre 2003, n. 376, 13 gennaio 2004, n. 4 e 17 dicembre 2004, n. 390). In questo delineato riparto di competenze le norme impugnate non si limitano a indicare dei limiti di spesa nel quadro di indirizzi generali, finalizzati al suo contenimento e coerenti con il previsto patto di stabilita' e con gli obiettivi strutturali individuati in ambito comunitario, ma - interferendo con la potesta' legislativa esclusiva della regione in materia di patrimonio e finanza - si spingono ad operare una indiscriminata riduzione sui trasferimenti erariali e statali «a qualsiasi titolo spettanti» (comma 24), ad introdurre un controllo da parte dell'Agenzia del territorio sulla «congruita' dei valori degli immobili acquisiti» (comma 26), ed a dettare norme incidenti in tema di «esercizio delle funzioni gia' esercitate dagli uffici metrici provinciali» (commi 43 e 44) che contraddicono le norme d'attuazione dello Statuto siciliano. Ancora, viene illegittimamente imposta una indiscriminata riduzione delle spese di personale, sino al 2008, sulla base di quella sostenuta nel 2004; riduzione che non tiene conto del naturale aumento dei costi ormai intervenuti per effetto dell'applicazione dei contratti collettivi di lavoro intervenuti dopo il 2004 e di fatto preclude sia la possibilita' di stipularne di ulteriori che quella di applicare la pur dovuta indennita' di vacanza contrattuale. Disposizione irragionevole e illegittima non solo perche' viola l'autonomia finanziaria costituzionalmente riconosciuta, ma anche perche' interferisce con la materia dello stato giuridico ed economico del personale regionale che l'art. 14, lett. a) dello Statuto attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana. Esaurita tale premessa di ordine generale e' possibile procedere all'illustrazione dei singoli motivi di gravame. Le disposizioni recate dall'art. 1, commi 24 e 26 ledono l'autonomia garantita alla Regione dal suo Statuto di autonomia, ed in particolare dall'art. 14, lett. p) e dagli artt. 20 e 23 del medesimo Statuto speciale, nonche' l'art. 119 Cost. in tema di autonomia finanziaria di spesa, e l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La previsione di un monitoraggio in ordine agli acquisti e vendite di immobili, palesemente e per espresso finalizzato, o quantomeno correlato, ad un puntuale controllo, peraltro di merito e connotato da amplissima discrezionalita' di valutazione, circa la «congruita' dei valori degli immobili acquisiti», viola in primo luogo la potesta' legislativa della Regione Siciliana nella materia dell«'ordinamento degli uffici e degli enti regionali», quale e' identificata alla lettera p) dell'art. 14 dello Statuto, incidendo pesantemente sull'organizzazione amministrativa e sull'esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative ascritto alla regione dal successivo art. 20 dello Statuto di autonomia, e configura una modalita' di controllo estranea al sistema dell'autonomia speciale che, ai sensi dell'art. 23 dello stesso Statuto regionale, vede nella sola Corte dei conti il soggetto abilitato, nei limiti e con le modalita', peraltro, sanciti dalle Norme di attuazione in materia (d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655 come modificato ed integrato dal d.lgs. 18 giugno 1999, n. 200), a svolgere funzioni di controllo sugli atti del Governo e dell'Amministrazione regionale. Non si contesta in questa sede la legittimita' dell'esercizio di un coordinamento finanziario statale che, come codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire (sentenza 30 dicembre 2003, n. 376) puo' richiedere anche la rilevazione di dati e l'acquisizione di puntuali elementi fattuali, bensi' - ed anche a prescindere dalla inspiegabilita' ed irragionevolezza della norma di cui al comma 24 che, sulla base di un oscuro principio di equilibrio tra il flusso dei trasferimenti erariali, o comunque statali, e gli investimenti patrimoniali, correla la disposta riduzione di trasferimenti «a qualsiasi titolo spettanti» agli enti territoriali ed alle regioni (anche a statuto speciale) ad una misura corrispondente alla «differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta per la stessa finalita' nel quinquennio precedente» - la previsione di un controllo di merito a posteriori, con conseguente segnalazione degli «scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilita» che prevarica le riconosciute attribuzioni regionali e determina un inammissibile ed illegittima, sotto il profilo costituzionale, ingerenza nell'esercizio delle funzioni regionali. Ledono infine, in particolare, l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che, ponendo una clausola di salvaguardia delle attribuzioni delle Autonomie speciali, prevede che sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni recate dalla stessa legge costituzionale si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano esclusivamente «per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle attribuite», e violano il novellato art. 119 della Costituzione poiche' incidono sostanzialmente su di una materia (la finanza regionale e degli enti locali e strumentali riferibili al relativo territorio) attribuita alla sfera di competenza legislativa generale residuale riconosciuta in via esclusiva alle regioni. Le disposizioni di cui ai commi 43 e 44 ledono l'art. 43 dello Statuto regionale, in quanto determinano una sostanziale modifica di quanto sancito con il d.lgs. 16 marzo 2001, n. 143, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana concernenti il trasferimento alle Camere di commercio delle funzioni e dei compiti degli Uffici metrici provinciali», che dunque, quale norma interposta, viene parimenti leso, ed inducono altresi' una violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. A tal proposito si rileva, in primo luogo, che in applicazione di quanto disposto dall'art. 43 dello Statuto della Regione Siciliana - il quale impone appunto la determinazione della normativa di attuazione dello Statuto medesimo da parte della appositamente istituita Commissione paritetica - e' stato emanato l'appena citato d.lgs. 16 marzo 2001, n. 143, che, all'art. 1, comma 4, dispone che agli oneri derivanti alle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura delle corrispondenti province della Regione Siciliana, per l'esercizio delle funzioni amministrative e dei compiti gia' esercitati dagli Uffici metrici provinciali aventi sede nella regione, e trasferiti alle stesse Camere ai sensi del precedente comma 1 dello stesso articolo, «si provvede mediante somme da prelevarsi dagli stanziamenti di spesa del bilancio statale...». La disposta soppressione (comma 43) dei trasferimenti statali gia' previsti, modifica, con tutta evidenza ed in palese violazione dell'art. 43 dello Statuto regionale, la vigente, richiamata, normativa di attuazione dello Statuto, che, per effetto della disposizione qui impugnata, subisce dunque rilevanti modificazioni strutturali ad opera di una norma di rango inferiore (cfr. Corte cost., sentenza 27 luglio 2000, n. 377). E' ben nota infatti, la posizione, nella gerarchia delle fonti, attribuita alle norme di attuazione dello Statuto siciliano, che si pongono in posizione intermedia tra le norme delle leggi costituzionali e quelle delle leggi ordinarie, ed assumono, nello scrutinio di legittimita' costituzionale, il valore di norme interposte. Per quanto concerne poi la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, si premette che certamente, in conformita' al principio asserito da codesta ecc.ma Corte in tema di finanza regionale e locale (cfr., sentenza 14 novembre 2005, n. 417, ed ivi richiamata sentenza 28 giugno 2004, n. 196), e' da ritenere sussistente in capo alla regione la legittimazione a censurare, anche sotto tale specifico profilo, le disposizioni in discorso, poiche' la stretta connessione, in termini finanziari, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie funzionali consente di ritenere che la lesione delle competenze delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura della Sicilia sia idonea a determinare un vulnus anche delle competenze regionali. Cio' preliminarmente considerato si osserva che l'art. 81, quarto comma, della Costituzione impone il principio generale dell'obbligo di copertura delle nuove o maggiori spese; obbligo che codesta ecc.ma Corte ha sempre ritenuto estendersi oltre il bilancio dello Stato persona in senso stretto, obbligando viceversa tutti gli enti rientranti nel complesso della finanza pubblica allargata, e destinato altresi' ad operare non soltanto con una efficacia circoscritta all'interno del singolo ente, bensi' tale da condizionare anche i rapporti che intercorrono tra enti diversi, reciprocamente ordinati. Il principio costituzionale sancito dal richiamato art. 81, comma 4, non consente dunque al legislatore nazionale - a pena di una illegittima elusione del principio medesimo - di addossare agli enti rientranti nella cosi' detta finanza pubblica allargata, nuove e maggiori spese senza contestualmente indicare i mezzi con cui fare fronte agli oneri imposti (cfr., Corte cost. 17 dicembre 1981, n. 189, e 8 giugno 1981, n. 92); cio' anche nel presupposto dell'esistente collegamento finanziario tra simili enti e lo Stato, che appare in realta' «dare luogo ad un unico complesso». Si osserva peraltro che l'obbligo della copertura appare avere anche la finalita' di assicurare la razionalita' dei processi decisionali; razionalita' che esige consapevolezza delle conseguenze indotte sulla situazione finanziaria non soltanto dello Stato, ma anche degli enti sui quali gli oneri sono destinati a gravare. Inoltre, il medesimo principio costituzionale fornisce una garanzia agli enti sottoposti, salvaguardando la competenza dei loro bilanci a determinare i relativi equilibri finanziari. Le disposizioni impugnate incidono direttamente sull'autonomia e sulle attribuzioni finanziarie delle Camere di commercio, imponendo in buona sostanza alle medesime lo svolgimento, mediante l'utilizzo di proventi propri - gia' invero destinati al finanziamento ordinario delle stesse - delle funzioni ivi individuate, precedentemente invero trasferite ma solo a fronte di appositi stanziamenti di spesa. La norma impugnata risulta dunque costituzionalmente illegittima, poiche' addossa alle Camere un onere in precedenza sostenuto dallo Stato, senza determinare - in contrasto con l'articolo 81, comma 4, della Costituzione - una apposita copertura finanziaria, obbligandole ad imputare ai propri bilanci, mediante un corrispondente utilizzo di risorse proprie, la spesa occorrente, ed alterando quindi l'equilibrio tra mezzi finanziari ed insieme delle funzioni e/o competenze. Infine, in ordine alla previsione recata dal comma 198 la cui osservanza si impone anche alla Regione Siciliana giusta il disposto del successivo comma 204 - che ingiunge appunto la «verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198» anche nei confronti delle regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano - si osserva che essa lede le attribuzioni e le potesta' della regione ed in particolare l'art. 14, lettera p) e q) dello Statuto, l'art. 119 Cost. in tema di autonomia finanziaria di spesa, nonche' l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ponendosi altresi' in contrasto con i principi sottesi ai commi da 138 a 150 del medesimo art. 1 della legge finanziaria 2006 in commento, in tema di patto di stabilita'. Ed invero nel ribadire che anche tali norme ledono l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - da cui deriva che deve escludersi che le disposizioni della stessa legge possano comportare limitazioni alla sfera di competenza gia' attribuita a ciascuna Autonomia speciale per effetto del proprio Statuto - va considerato che secondo il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza 14 novembre 2005, n. 417) «le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. Secondo tale giurisprudenza, il legislatore statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio [come invero operato, in via generale, per le regioni a statuto ordinario, oltreche' per le province, i comuni e le comunita' montane, con i commi da 138 a 150 della stessa legge finanziaria 2006, e, per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, con il comma 148 della medesima legge n. 266 del 2005, che prevede appunto la definizione, entro il 31 marzo di ciascun anno, di un apposito accordo tra il Ministero dell'economia e delle finanze e ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma, con il quale fissare gli obiettivi e i vincoli assunti dalle regioni e dalle province autonome medesime quale loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica] (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo, con "disciplina di principio", "per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari" (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004). Perche' detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle regioni e degli enti locali debbono avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la legge statale puo' stabilire solo un "limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa" (sentenza n. 36 del 2004).». Non puo' inoltre, a tal proposito, non rilevarsi come il patto di stabilita' interno che ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma dovra' - ex gia' citato art. 1, comma 148, legge 266 del 2006 - concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze costituisce un quadro unitario e complessivo, all'interno del quale, in una condivisa visione d'insieme, completa e coerente, dovra' essere fissato un livello complessivo della spesa rilevante al fine del perseguimento degli individuati obiettivi di finanza pubblica, risultante dalla sommatoria di limiti quantificati per la spesa corrente ed in conto capitale, anche con riferimento alle economie di spesa, rispetto all'andamento tendenziale, afferenti il personale, secondo quanto puntualmente determinato con l'Accordo (richiamato dal comma 148 in commento) sancito in sede di Conferenza unificata il 28 luglio 2005 tra Governo, regioni e autonomie locali al fine di definire modalita', criteri e limiti generali per le assunzioni di personale e per la determinazione delle rispettive dotazioni organiche. E dunque in tale omnicomprensiva sede va definito ogni obiettivo cumulativo e globale di risparmio, attinente anche al personale, cui, in autonomia, ogni regione a statuto speciale dovra' provvedere. Come invero sempre codesta ecc.ma Corte, nella medesima, gia' richiamata, sentenza 417 del 2005, ha affermato, «la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004).». Le censurate disposizioni di cui all'art. 1, commi 198 e 204, della legge finanziaria 2006, che appunto non fissano limiti generali al disavanzo o alla spesa corrente, ma impongono l'adozione di misure atte a ridurre le spese per il personale, prescrivendo una riduzione delle stesse ed introducendo un preciso limite di spesa non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma, in contrasto con l'art. 119 della Costituzione comportano una inammissibile ingerenza nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa, e violano la competenza legislativa esclusiva della regione in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionale e di stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della regione sancita dall'art. 14, lett. p) e q) dello Statuto regionale.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale di tutte le norme impugnate, in quanto lesive delle attribuzioni della Regione Siciliana e dell'autonomia alla stessa statutariamente riconosciuta e poste in essere in violazione degli articoli 81, quarto comma, e 119 della Costituzione, degli articoli 14, lett. p) e q), 20, 23 e 43 dello Statuto regionale, dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143, nonche' dei principi sottesi ai commi n. 138/150 dello stesso art. 1 della censurata legge 23 dicembre 2005, n. 266. Con riserva di ulteriori deduzioni. Si deposita con il presente atto: autorizzazione a ricorrere (deliberazione della giunta regionale n. 73 del 13 febbraio 2006). Palermo, addi' 22 febbraio 2006 Avv. Giovanni Carapezza Figlia - Avv. Paolo Chiapparrone