Ricorso n. 31 del 13 maggio 2009 (Commissario dello Stato per la Regione siciliana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2009 , n. 31
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 maggio 2009 (del Commissario dello Stato per la Regione siciliana).
(GU n. 23 del 10-6-2009)
L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 30 aprile 2009, ha approvato il disegno di legge n. 250 dal titolo «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009», pervenuto a questo Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 4 maggio 2009. La suddetta delibera legislativa contiene, negli articoli 8, terzo comma, 29, 34, 58, 61, secondo e terzo comma e 77, disposizioni che danno adito a censura di incostituzionalita' per le motivazioni che di seguito si espongono. In particolare: 1. l'art. 8 «Patto di stabilita» recita come segue: 1. Al fine di evitare che la crisi economica in atto abbia pesanti refluenze sull'occupazione e sulle condizioni di vita dei cittadini residenti nel proprio territorio, la regione mette in atto azioni di sostegno dell'economia reale, nell'ambito del piano europeo di ripresa economica di cui alla Comunicazione della Commissione 2009/C 16/01. pubblicata nella G.U.U.E. del 22 gennaio 2009 serie C 16/1. 2. in armonia con quanto previsto dal patto di cui al comma 1, la regione si avvale della flessibilita' nella politica di bilancio offerta dal piano di stabilita' e di crescita, al fine di dare concreta attuazione agli interventi ed alle misure anticicliche da realizzare da parte degli enti locali. 3. Per la definizione del patto di stabilita' regionale di cui all'art. 24 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 e successive modifiche ed integrazioni, gli enti locali sono autorizzati per gli esercizi finanziari 2009-2010 a non tenere conto degli stanziamenti e delle erogazioni relativi a spese d'investimento. 4. I trasferimenti a carico del bilancio regionale ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 14 aprile 2006, n. 16, e le somme previste nei bilanci degli enti locali finalizzate al finanziamento delle misure di stabilizzazione dei precari ex lavoratori socialmente utili (LSU) previsti dalle leggi regionali 21 dicembre 1995, n. 85 e n. 16/2006, non sono considerate tra le spese correnti soggette al vincolo del patto di stabilita' e ai fini della determinazione della base di calcolo delle spese di personale. La disposizione contenuta nel terzo comma del sopra riportato articolo laddove prevede l'esclusione totale degli stanziamenti e delle erogazioni relativi a spese d'investimento dalla contabilizzazione da parte degli enti locali ai fini della definizione del patto di stabilita' regionale, si pone in contrasto con gli articoli 117, 119, secondo comma, e 120 della Costituzione. Infatti, sulla base degli articoli 77-bis e 77-ter del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica (Corte costituzionale sentenze n. 159/2008, n. 35/2005 e n. 36/2004), la competenza delle regioni a statuto speciale in materia di patto si stabilita' di cui al comma 6 del predetto art. 77-ter e' riconosciuta alle sole autonomie speciali che erogano le risorse per la finanza locale e non anche a quelle, come la Sicilia, nei cui territori le suddette risorse sono ancora trasferite agli enti locali dal Ministero dell'interno. Gli enti locali della regione, dal 1999 ad oggi, sono assoggettati alle regole generali dettate dalla legislazione nazionale, con conseguente monitoraggio e verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Peraltro, qualora le disposizioni contenute nel cennato terzo comma siano da ritenersi adottate in attuazione del comma 11 dell'art. 77-ter del d.l. n. 112/2008, non solo non e' dato evincere dalla lettera della norma ne' dai lavori preparatori che siano state seguite le procedure indicate nel medesimo comma 11 e nell'art. 7-quater, comma 7, del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni con la legge n. 33/2009, ma che, soprattutto, sia garantito «l'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 77-bis del citato d.l. n. 112/2008» per gli enti locali della regione. Infine la generalizzata esclusione di tutte le spese d'investimento dal patto di stabilita' interno previsto dalla disposizione in questione e' idoneo a comportare effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica privi di adeguata compensazione. L'art. 29 «Norme in materia di censimento degli alloggi popolari» recita come segue: All'art. 2 della legge regionale 5 febbraio 1992, n. 1, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti commi: «1-bis. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari annualmente provvedono, all'aggiornamento dei dati del censimento con le modalita' di cui al presente articolo come integrate dall'art. 1 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11. 1-ter. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari possono regolarizzare la posizione dei detentori senza titolo degli alloggi previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto. 1-quater. I dati annuali del censimento sono trasmessi all'Assessorato regionale dei lavori pubblici entro il successivo mese di marzo». La suddetta disposizione, integrando le previsioni di cui all'art. 2, primo comma, della l.r. n. 1/1992 con il comma 1-ter, sostanzialmente introduce a regime una indiscriminata e generica sanatoria delle occupazioni sine titulo degli alloggi popolari previo il mero pagamento delle mensilita' del canone dovuto anche indipendentemente dalla verifica del possesso dei requisiti prescritti per fruire dei benefici dell'edilizia popolare. La norma peraltro riproduce nella sostanza analoga disposizione contenuta nell'art. 2 della delibera legislativa all'origine della stessa legge regionale n. 1 del 1992 oggetto dell'attuale integrazione e dichiarata da codesta ecc.ma Corte costituzionalmente illegittima con sentenza n. 16 del 1992. Il legislatore regionale, infatti, nell'intento di regolarizzare l'occupazione abusiva di alloggi di edilizia sovvenzionata aveva allora tentato di introdurre una disciplina consolidante le situazioni di fatto costituitesi illegalmente, compensando i penalizzati legittimi assegnatari con la mera attribuzione di precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare. Codesta ecc.ma Corte in quell'occasione, pur prendendo atto delle difficolta' della regione a fronteggiare emergenze di ordine pubblico derivanti da operazioni di sgombero coattivo degli occupanti senza titolo, rilevo' che «una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente» e' di per se' causa di ben piu' gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrando ai cittadini rispettosi delle leggi che essi, anziche' tutelati, sono spogliati delle loro spettanze a favore di chi, quand'anche spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza fondamentale dell'abitazione, ha violato la legge. Codesta ecc.ma Corte altresi' soggiunse che si era toccato «uno dei principi costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto di farsi ragione da se' con lesione del diritto altrui e che ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem laedere si pone fuori dal quadro dei valori su cui e' costruito lo Stato di diritto». Ed invero il legislatore statale, proprio per impedire ogni regolarizzazione postuma di situazioni di abuso, ha comminato non solo sanzioni amministrative ma la nullita' assoluta e insanabile ed ha escluso l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica per chiunque occupi un alloggio senza le prescritte autorizzazioni (legge n. 513/1977, art. 26). Le medesime identiche considerazioni sono pertinenti anche alla norma in questione. Inoltre, anche a voler considerare la disposizione in questione quale norma di sanatoria e come tale non costituzionalmente preclusa in via di principio, secondo costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (ex plurimis sentenze n. 402 del 1993 e n. 474 del 1989) essa deve essere comunque soggetta ad uno «scrutinio di costituzionalita' estremamente rigoroso» volto a verificare l'esistenza «di uno stretto collegamento con le specifiche peculiarita' del caso tali da escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale con quella eccezionale successivamente emanata». Ma anche cosi' la norma in oggetto non puo' ritenersi esente da censura. Essa infatti si rivela manchevole perche' non sostenuta da interessi pubblici legislativamente rilevanti di preminente importanza generale, quali, ad esempio, il diritto all'abitazione e il mantenimento della sicurezza pubblica, cosi' come richiesto da codesta Corte in numerose pronunce (sentenza n. 94/1995), giacche' non e' emerso dal dibattito parlamentare, ne' risulta agli atti di questo ufficio, l'attuale esistenza nella regione di diffuse e consolidate situazioni di fatto costituitesi illegalmente la cui eliminazione o contrasto potenzialmente potrebbe compromettere l'ordine pubblico o essere particolarmente onerosa per la pubblica amministrazione. Ma vi e' di piu', la norma introduce a regime e senza limite di tempo l'annuale possibilita' di «regolarizzare» le detenzioni senza titolo prescindendo dalla decorrenza e dalla durata delle stesse che, per ipotesi, potrebbero avere inizio pure nella prospettiva dei periodici censimenti, cosi' ponendo i presupposti per una sorta di procedura di acquisizione delle abitazioni popolari del tutto fattuale e fondata anche su comportamenti estranei alle esigenze ed ai principi costituzionali della coesione e della solidarieta' sociale richiamati dall'art. 119, quinto comma, della Costituzione. La norma di cui trattasi ed in particolare l'inciso «1-ter. I comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari possono regolarizzare la posizione dei detentori senza titolo degli alloggi previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto», appare idonea a regolarizzare e ad incoraggiare situazioni di abuso e pertanto si pone in palese contrasto con gli articoli 3, 97 e 119, quinto comma della Costituzione, non riscontrandosi peraltro, nello Statuto Speciale, ove pure e' attribuita alla competenza regionale la materia lavori pubblici, alcuna disposizione che consenta alla Regione Siciliana una siffatta specifica estensione della autonomia legislativa. L'art. 34 «Programma di interventi per l'edilizia abitativa» recita come segue: 1. Entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'Assessore regionale per i lavori pubblici, previa delibera della Giunta regionale, predispone un programma di iniziative volte alla realizzazione di alloggi, nonche' di edilizia residenziale universitaria anche mediante il recupero di unita' immobiliari degradate, e di iniziative volte all'adeguamento a criteri antisismici, alla riqualificazione urbana ed alla riqualificazione energetica di edifici di proprieta' pubblica destinati ad alloggi popolari. Il programma di cui al presente comma e' approvato dall'Assessore regionale per i lavori pubblici sentito il parere delle competenti Commissioni legislative dell'Assemblea regionale siciliana, da rendersi entro 15 giorni dall'assegnazione. 2. In particolare il programma di cui al comma 1 finanzia: a) il recupero e la riqualificazione energetica di alloggi degradati e non abitati, di proprieta' degli Istituti autonomi case popolari e dei comuni; b) lo scorrimento della graduatoria dell'iniziativa «Contratti di quartiere II», per le proposte ammesse e non finanziate con risorse dello Stato e della regione; c) un'ulteriore dotazione di risorse del «Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile» di cui al decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici dell'11 luglio 2008, al fine di ampliare il numero delle proposte ammissibili al finanziamento; d) l'acquisto da parte dei comuni capoluoghi di provincia, di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica; e) i programmi integrati predisposti dai comuni. 3. Il programma di cui al comma 1 ripartisce le risorse in modo che alle iniziative di cui alla lettera a) di cui al comma 2 sia destinato non meno del 20 per cento dello stanziamento disponibile, alle iniziative di cui alla lettera b) non meno del 25 per cento, alle iniziative di cui alla lettera c) non meno del 15 per cento, alle iniziative di cui alla lettera d) non meno del 15 per cento, alle iniziative di cui alla lettera e) non meno del 25 per cento. 4. Al finanziamento del programma di cui al presente articolo ed entro il limite di spesa di 80.000 migliaia di euro si provvede mediante l'utilizzo delle risorse disponibili sui programmi ex Gescal a titolarita' regionale di cui alla specifica convenzione stipulata in data 18 luglio 2001 tra la regione e la Cassa depositi e prestiti. La sopra riportata disposizione relativa alla realizzazione di interventi per l'edilizia abitativa il cui finanziamento comporta una spesa di 80.000 migliaia di euro si pone in contrasto con l'articolo 81, quarto comma della Costituzione in quanto priva di idonea sufficiente copertura finanziaria. A seguito della richiesta di chiarimenti ai competenti uffici regionali, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, e' pervenuta a questo Commissario la documentata nota prot. n. 31250 del Dipartimento lavori pubblici dell'Assessorato lavori pubblici, datata 8 maggio 2009 in cui testualmente si afferma che «le disponibilita' residuali sui programmi ex GES.CA.L. non si ritiene consentano certezze per far fronte alle necessita' sopra rappresentate e tanto meno per il finanziamento del programma di intervento per l'edilizia abitativa indicato dall'art. 34 del disegno di legge n. 250 recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009». L'art. 58 «Definizione agevolata delle violazioni relative al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi» recita come segue: 1. Le violazioni riguardanti il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all'art. 2 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni, commesse dal 1° febbraio 2003 al 31 dicembre 2008, attinenti agli obblighi di dichiarazione, di versamento e di registrazione delle operazioni di conferimento in discarica, non adempiuti o irregolarmente adempiuti, possono essere definite senza irrogazione di sanzioni e senza applicazione di interessi. 2. La definizione avviene mediante la presentazione delle dichiarazioni omesse e la regolarizzazione di dicembre 2009. 3. Nello stesso termine di cui al comma 2, devono essere sanate le irregolarita' e le omissioni di versamento del tributo. 4. Salvo quanto disposto ai commi 2 e 3, gli avvisi di accertamento e di liquidazione notificati entro la data di entrata in vigore della presente legge, ancorche' divenuti definitivi per omessa impugnazione nei termini e non seguiti dal pagamento delle somme accertate o liquidate, possono essere definiti con il pagamento del tributo, con abbuono degli interessi e delle sanzioni. 5. Se l'accertamento concerne l'omessa o l'infedele dichiarazione, esso puo' essere definito con il pagamento dell'imposta o della maggiore imposta accertata e con abbuono degli interessi e delle sanzioni. 6. Il pagamento del tributo definito ai sensi dei commi 4 e 5 deve avvenire entro il 30 giugno 2009. Nello stesso termine il contribuente deve presentare o spedire alla provincia un'istanza di definizione dell'atto d'imposizione, indicando gli estremi di quest'ultimo e quelli dei versamento. 7. La presentazione dell'istanza di cui al comma 6 comporta la sospensione del procedimento giurisdizionale, in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 8. A tal fine, il contribuente deve presentare al giudice dinnanzi al quale pende il procedimento una domanda di sospensione correlata della fotocopia dell'istanza di cui al comma 6 e della relativa ricevuta di presentazione. 9. Il procedimento e' sospeso per la durata di 2 anni. 10. Conclusasi la durata della sospensione, la provincia comunica al giudice 1'estinzione della lite per cessata materia del contendere, ovvero la ripresa d'ufficio del processo sospeso. 11. Sulla base delle istanze prodotte ai sensi del comma 6, entro dodici mesi la provincia dispone lo sgravio delle somme eventualmente gia' iscritte a ruolo. Lo sgravio e' preceduto da un provvedimento di sospensione degli atti esecutivi da trasmettere al concessionario entro trenta giorni dalla presentazione delle istanze.» La disposizione introduce, richiamando la previsione dell'art. 13, comma 2 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002, una «definizione agevolata delle violazioni», applicando al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui all'art. 2 della l.r. n. 6/1997, l'abbuono di sanzioni ed interessi relativi al mancato e/o irregolare rispetto dell'obbligo di dichiarazione, versamento e registrazione delle operazioni di conferimento in discarica, ancorche' siano stati emessi avvisi di accertamento divenuti definitivi per omessa impugnazione nei termini. Il tributo in parola, istituito dall'art. 3 della legge 28 dicembre 1995 n. 549, come acclarato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 335 del 2005, «e' da considerarsi statale e non proprio della regione, senza che rilevi, in contrario, la devoluzione del relativo gettito alle regioni (in questo senso, ex plurimis, sentenze n. 241, n. 381 e n. 431 del 2004 in tema di IRAP; sentenze n. 297 e n. 311 del 2003, in tema di c.d. tassa automobilistica), con la conseguenza che, salvi i casi previsti dalla legge statale, si deve tuttora ritenere preclusa la potesta' delle regioni di legiferare sui tributi esistenti e regolati da leggi statali (cfr. sentenza n. 37 del 2004)». Detta preclusione opera anche per la Regione Siciliana, come codesta ecc.ma Corte ha chiarito nella recente sentenza n. 442 del 2008, atteso che l'art.36 dello statuto speciale e l'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 «riservano alla competenza di quest'ultima la potesta' legislativa nella materia dei tributi deliberati dalla medesima». La regione quindi non ha competenza legislativa per modificare i termini, le procedure di accertamento, le modalita', l'ammontare delle sanzioni definite puntualmente dal legislatore statale ai commi 31, 32 e 33 del prima menzionato articolo 3 della legge n. 549 del 1995, essendo demandato al legislatore regionale, al successivo comma 34, la disciplina dell'accertamento, della riscossione, dei rimborsi e del contenzioso amministrativo per quanto non previsto dalla norma statale, ipotesi cui non e' riconducibile la «definizione agevolata delle violazioni» teste' introdotta. Ne' puo' accreditare la competenza del legislatore regionale in subiecta materia il richiamo operato al comma 7, nei confronti dell'art. 13, comma 2 della legge n. 289/2002. Questo infatti fa esclusivo testuale riferimento ai tributi propri delle regioni, province e comuni, mentre il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi ha - come si e' detto - natura erariale. Il legislatore regionale quindi, intervenendo in una materia non attribuitagli dallo Statuto, ma rientrante nella competenza esclusiva dello Stato, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione, atteso che la disposizione in parola non e' neppure riconducibile ad alcuna delle materie di competenza legislativa elencate nello statuto speciale. L'art. 61 «Misure di contenimento dell'emergenza ambientale», recita come segue: 1. La Regione, per il tramite dell'Agenzia delle acque e dei rifiuti, provvede, ove indfferibilmente necessario, entro 10 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, alla nomina di commissari ad acta presso i comuni e le societa' d'ambito con i'incarico di individuare ed attuare le operazioni necessarie per monetizzare i crediti legittimamente vantati dai singoli ambiti territoriali ottimali (ATO) alla data del 31 dicembre 2008, facendo ricorso ad operazioni finanziarie assistite, anche mediante il supporto della regione, la quale puo' avvalersi di uno o piu' advisor. I commissari ad acta procedono, altresi', alla totale liquidazione dei debiti anche attraverso procedure transattive. 2. Sono fatti salvi gli atti di determinazione della tariffa per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni, adottati dalle societa' d'ambito per la gestione integrata dei rfiuti in esecuzione dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della Protezione civile, n. 2983 del 31 maggio 1999, come successivamente modificata ed integrata, nonche' dell'ordinanza del Commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti e la tutela delle acque della Sicilia dell'8 agosto 2003, n. 885, anche in assenza dell'adozione del regolamento previsto dall'art. 238, sesto comma, del predetto decreto legislativo. 3. Nelle more dell'adozione del regolamento di cui al comma 2 la tariffa per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti e' determinata ed approvata dalle Autorita' d'ambito ottimale territoriale ai sensi dell'ordinanza del Commissario delegato per i'emergenza rifiuti in Sicilia n. 885/2003 ed e' applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata. 4. Gli ATO rifiuti non possono procedere ad assunzioni di personale amministrativo appartenente a qualunque categoria, comprese quelle protette, ne' espletare procedure concorsuali, fino alla definizione dei nuovi ambiti territoriali di cui all'art. 45 della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2. Le procedure concorsuali in itinere debbono essere revocate. I commi 2 e 3 del sopratrascritto art. 61 contrastano con gli artt. 3, 5, 24, 100, 103, 113 e 114 della Costituzione, oltre che con l'art. 15, comma 2, dello statuto speciale, in quanto, da un lato, violano il canone dell'intangibilita' del giudicato e del principio di separazione tra le funzioni dello Stato, che preclude al legislatore di invadere la sfera di attribuzione dell'autorita' giurisdizionale privandola del potere di affermazione del diritto gia' accertato in maniera definitiva e, deall'altro sono lesivi dell'autonomia degli enti territoriali facenti parte dell'A.T.O. La disposizione in questione e' stata infatti proposta ed approvata successivamente al deposito, avvenuto il 9 febbraio 2009, della sentenza n. 48/2009 del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che ha accolto l'appello di un'associazione di utenti e dichiarato illegittima per violazione dell'art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la deliberazione dell'assemblea ordinaria di una societa' d'ambito con la quale era stata adottata la tariffa di igiene ambientale per gli anni 2006/2007, determinata secondo i criteri dell'ordinanza del Ministro dell'interno n. 2983 del 31 maggio 1999 e del Commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti e la tutela delle acque della Sicilia n. 885 dell'8 agosto 2003. L'alto Consesso ha infatti rilevato che la determinazione commissariale delle tariffe di igiene ambientale non puo' essere direttamente traslata al di fuori del procedimento del citato articolo 238 del d.lgs. n. 152/2006 dalle societa' d'ambito ai cittadini, in quanto la stessa ordinanza di protezione civile ha previsto che «le amministrazioni competenti provvederanno alla gestione ordinaria con le proprie disponibilita» le quali non possono che essere quelle conseguenti all'applicazione delle ordinarie norme tariffarie allorche' il servizio e' gestito, come nel caso in esame, dalle societa' d'ambito. Il Consiglio di giustizia amministrativa si e' inoltre pronunciato nel senso che, fin quando non sara' operativo il nuovo meccanismo tariffario disciplinato dal citato art. 238, le societa' d'ambito «non possono che gestire il servizio sulla scorta del regime tariffario stabilito dai comuni ricompresi nell'A.T.O.». Le disposizioni di cui trattasi, pur se appaiono stabilire una regola astratta, nella realta' esercitano una funzione provvedimentale concreta, che vanifica gli effetti di un giudicato e si sovrappone in via sostitutiva per il passato e per il futuro all'autonoma determinazione degli enti locali facenti parte dei vari Ambiti Territoriali Ottimali neutralizzandone l'autonomia riconosciuta e garantita dagli articoli 5 e 114 della Costituzione e 15 dello statuto speciale. La norma contenuta nel secondo comma inoltre si pone in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto lede il diritto di difesa ed il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale poiche' nei fatti vanifica il diritto esercitato dai ricorrenti con la proposizione dell'azione e soddisfatto con la pronuncia di accoglimento dell'appello, alterando altresi' la regolamentazione degli interessi stabiliti dalla citata sentenza esecutiva del Consiglio di giustizia amministrativa. Il legislatore interviene infatti successivamente all'esercizio dell'azione con una disposizione che pone nel nulla la tutela giurisdizionale, senza accompagnare tale intervento con una disciplina satisfattiva delle posizioni giuridiche degli interessati ricorrenti. Va inoltre rilevato che, secondo consolidata giurisprudenza di codesta eccellentissima Corte (ex plurimis sentenza n. 267/2007), sebbene non sia preclusa al legislatore la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all'autorita' amministrativa, tali leggi, c.d. «provvedimento», sono ammissibili entro il limite del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso (sentenze n. 492 del 1995. n. 346 del 1991 e n. 143 del 1989). Codesta ecc.ma Corte ha altresi' chiarito (sentenza n. 282 del 2005) che l'emanazione di legge con efficacia retroattiva, quale la disposizione del secondo comma in questione, incontra una serie di limiti che attengono alla salvaguardia di fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, fra cui va ricompreso il rispetto delle funzioni riservate al potere giudiziario, essendo precluso al legislatore intervenire con norme aventi portata retroattiva, come nel caso in specie, per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 525 del 2000). Va infine considerato che, anche non tenendo conto degli effetti della disposizione sul giudicato gia' formatosi e valutandola come norma di sanatoria, di per se' non preclusa costituzionalmente al legislatore, la stessa non supera il piu' rigoroso scrutinio di costituzionalita' richiesto da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 94/1995) in mancanza di interessi pubblici legislativamente rilevanti e di preminente importanza generale emersi nel corso dell'iter parlamentare o di chiarimenti da parte dell'amministrazione regionale, richiesti ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969. Inoltre la disposizione di cui al terzo comma in questione ove, sino all'approvazione del regolamento previsto dall'art. 238, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006, si attribuisce a regime all'autorita' d'ambito ottimale territoriale il compito di determinare ed approvare la tariffa in questione, configura una manifesta compressione delle autonomie locali. Infatti, benche' siano componenti dell'assemblea dei soci della societa' d'ambito in virtu' del loro generale potere di rappresentanza e sovrintendenza dei servizi e degli uffici comunali, i sindaci dei comuni appartenenti all'ambito territoriale non sono titolari di un proprio potere di determinare la disciplina delle tariffe per la fruizione di beni e servizi, essendo esso di esclusiva competenza del Consiglio comunale, organo rappresentativo dell'intera collettivita' locale. La potesta' legislativa regionale in materia di ordinamento e regime degli enti locali prevista dallo statuto speciale non puo' del resto spingersi sino a modificare, per una singola materia, l'ordinario riparto di competenza tra gli organi delle singole istituzioni locali, riservato ai rispettivi statuti e protetto anche dal comma 2 dell'art. 15 dello statuto speciale ove si afferma per gli enti locali la piu' ampia autonomia amministrativa e funzionale. L'art. 77 «Norme in materia di concessione di contributi» recita come segue: 1. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009, e' soppressa la lettera h) del comma 2, dell'art. 3 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10. Sono abrogate tutte le norme autorizzative di spesa relativi agli interventi riportati nella tabella «H» allegata alla legge regionale 6 febbraio 2008, n. 1. 2. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009 gli stanziamenti di bilancio dei capitoli di spesa contrassegnati con la nota «F» sono previsti ed autorizzati annualmente con la legge di approvazione del bilancio. 3. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009, le spese relative ai capitoli contrassegnati con la nota «A» sono autorizzate annualmente per gli importi determinati con la legge di approvazione del bilancio per l'esercizio finanziario 2009. La sopra riportata disposizione da' adito a censure di incostituzionalita' per violazione degli articoli 81, terzo e quarto comma, e 97 della Costituzione. Essa, da un canto, abroga dal corrente anno tutte le norme autorizzative di spesa relative agli interventi riportati nella tabella H allegata alla l.r. n. 1/2008 e, dall'altro, con i successivi commi 2 e 3 autorizza «tout court» l'inserimento nel bilancio di previsione di capitoli di spesa attinenti alla concessione di contributi contrassegnati con la nota A e F. Preliminarmente si osserva che nella nota contenente i chiarimenti resi dall'amministrazione regionale ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969 si afferma testualmente «che a seguito della decisione assembleare dell'articolo in questione e dei relativi documenti allegati» «e' stato fornito dall'ARS un elenco esplicativo degli interventi riconducibili ai richiamati commi 2 e 3». Ed invero nel resoconto stenografico provvisorio n. 88 della seduta dell'Assemblea di mercoledi' 29 - giovedi' 30 aprile 2009 (pag. 142) risulta la votazione ed approvazione dell'art. 66 (attuale articolo 77) «con le tabelle allegate cosi' come risultava dalla modifica della soppressione della tabella H». Tuttavia nel testo della delibera legislativa relativa al disegno di legge n. 250 dal titolo «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009» trasmesso dalla regione a questo Commissario dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto, il 4 maggio 2009 non risulta alcun allegato specifico riferibile all'art. 77. Al riguardo, si rileva che l'estrema genericita' delle disposizioni di cui trattasi potrebbe dare origine, come gia' si prospetta nel corrente esercizio finanziario, a situazioni di compromissione del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione. La norma, infatti, attesa la suddetta genericita' e la mancanza di un atto formale pubblico che ne definisca i contenuti e ne circoscriva gli effetti, non puo' essere considerata atta a contenere l'autorizzazione a nuove o maggiori spese non preventivamente «normate» e la conseguente iscrizione di nuovi capitoli nel bilancio della regione. Da un sommario esame del c.d. allegato tecnico al bilancio (di cui si allega uno stralcio), contenente la ripartizione in capitoli delle unita' previsionali di base relative al bilancio di previsione per il corrente esercizio finanziario autorizzato con la delibera legislativa n. 249 approvata nella seduta del 30 aprile 2009, si e' avuto modo di riscontrare l'iscrizione di ben oltre un centinaio di nuovi capitoli di spesa, suddivisi fra le varie rubriche di pertinenza dei diversi Assessorati, tutti relativi ad erogazioni di contributi ad enti, organismi, associazioni talora di notevole ammontare. Di tali capitoli di spesa, almeno quarantasette non consentono l'individuazione certa dei destinatari della provvidenza pubblica (ad esempio capitoli 377832, 377833, 37809 etc.); e nella prevalenza dei casi non e' indicata la finalita' per la quale il contributo e' assegnato (es. cap. 377823, 473719, 473726 etc.). In due capitoli manca l'indicazione della natura del beneficiano, la sede, l'attivita' svolta e la finalita' dell'erogazione (cap. 377789 e cap. 377818). Tutti i capitoli in questione recano come «nomenclatore», ovverossia come normativa che legittima e disciplina le modalita' di erogazione delle risorse economiche, l'acronimo «L.F.0/2009» cioe' la delibera legislativa n. 250 e quindi l'articolo 77 in questione. L'ampiezza dell'effetto gia' riscontrabile nell'allegato tecnico, riguardante decine di enti operanti in realta' e settori diversi, unitamente ai costi previsti ed al fatto che gli assegnatari dei contributi siano sostanzialmente individuati a prescindere da procedure volte a verificare il possesso dei requisiti e la rilevanza sociale dell'attivita', induce a ritenere compromesso il principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione. La non rinvenibile indicazione delle finalita' del contributo erogato renderebbe peraltro difficile la rendicontazione e la verifica della effettiva destinazione ad attivita' meritevoli del sostegno pubblico. Le cennate censure vanno tutte estese per interconnessione logica al primo comma, che appare in stretto rapporto funzionale con i successivi commi 2 e 3. Non puo' infine non evidenziarsi come la norma contenuta nel terzo comma, ove consente a decorrere dal 2009 e quindi anche per gli esercizio futuri, la generica autorizzazione all'inserimento nel bilancio per gli importi determinati con la legge di approvazione del documento finanziario per il corrente anno, si pone anche in contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione. Nel prospetto allegato all'art. 79 della delibera legislativa n. 250 in esame, in cui sono riportati gli effetti della manovra finanziaria per il triennio 2009-2011 nel riquadro B2 «maggiori spese finali» nella parte relativa all'art. 77, comma 3, infatti, non viene prevista alcuna spesa per gli anni 2010 e 2011 e conseguentemente alcuna copertura finanziaria degli oneri. Da ultimo, si rileva che qualora trovasse applicazione l'art. 77, norma come prima argomentato da non potersi considerare di per se' specifica autorizzazione di nuove o maggiori spese, poiche' priva di indicazioni sui destinatari dei contributi o di specifiche tabelle allegate, sarebbe consentito l'inserimento di nuove spese con legge di bilancio in violazione dell'art. 81, terzo comma della Costituzione.
P. Q. M. Con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Alberto Di Pace, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell'art. 28 dello statuto speciale, con il presente atto impugna le sottoelencate disposizioni del disegno di legge n. 250 dal titolo «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009» approvato dall'Assemblea regionale il 30 aprile 2009: art. 8, comma 3 per violazione degli articoli 117, 119, secondo comma e 120 della Costituzione; art. 29 limitatamente all'inciso «1-ter. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari possono regolarizzare la posizione dei detentori senza titolo degli alloggi previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto», per violazione degli articoli 3, 97 e 119, quinto comma, della Costituzione; art. 34 per violazione dell'art. 81, quarto comma della Costituzione; art. 58, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione e degli articoli 14, 17 e 36 dello statuto speciale della Regione Siciliana, nonche' del d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074; art. 61, commi 2 e 3, per violazione degli articoli 3, 5, 24, 100, 103, 113 e 114 della Costituzione e dell'art. 15, comma 2, dello statuto speciale della Regione Siciliana; art. 77 per violazione degli articoli 97 e 81, terzo e quarto comma, della Costituzione. Palermo, addi' 9 maggio 2009 Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: Di Pace