Ricorso n. 31 del 16 aprile 2014 (Regione Campania)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
Cancelleria il 16 aprile 2014 (della Regione Campania).
(GU n. 23 del 28.5.2014)
Ricorso della Regione Campania (codice fiscale n. …),
in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, on.
dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta delibera della
Giunta regionale n. 88 del 28 marzo 2014 e giusta procura a margine
del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dal prof. avv.
Beniamino Caravita di Toritto (codice fiscale …), del
libero foro, e dall'avv. Maria D'Elia (codice fiscale
…), dell'Avvocatura regionale, e elettivamente
domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania
sito in Roma in via Poli n. 29 (fax: …; pec abilitata:
…);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma
1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 «Disposizioni
urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed
a favorire lo sviluppo delle aree interessate», introdotto dall'art.
1 comma 1 della legge 6 febbraio 2014, n. 6, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 10 dicembre 2013, n. 289, per violazione degli
artt. 119, 118, 117, comma 3, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonche'
del principio di ragionevolezza.
Fatto
Con decreto-legge n. 136 del 10 dicembre 2013, il Governo ha
adottato «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze
ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree
interessate». La legge di conversione n. 6/2014 ha introdotto
all'art. 6 di tale decreto, il comma 1-bis, che statuisce: «A
decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle regioni subentrano
ai Commissari straordinari anche nella titolarita' delle contabilita'
speciali per la gestione delle risorse di cui all'articolo 1, comma
111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla predetta
data, nelle medesime contabilita' speciali. A decorrere da tale data,
le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di cui al precedente
periodo sono trasferite, compatibilmente con gli equilibri di finanza
pubblica, nella disponibilita' dei bilanci regionali e devono essere
rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del
dissesto idrogeologico. I Presidenti delle regioni succedono ai
Commissari in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita'
pendenti alla data del predetto trasferimento. Essi garantiscono la
corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante le proprie
strutture organizzative e possono altresi' avvalersi, per le
attivita' di progettazione degli interventi, per le procedure di
affidamento dei lavori, per le attivita' di direzione dei lavori e di
collaudo, nonche' per ogni altra attivita' di carattere
tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e
all'esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, degli
uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati
interregionali alle opere pubbliche, nonche' della societa' ANAS
S.p.a., dei consorzi di bonifica e delle autorita' di distretto. Le
risorse finalizzate ad interventi di mitigazione del dissesto
idrogeologico sono utilizzate dalle regioni tramite accordo di
programma ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge 23
dicembre 2009, n. 191. Sono fatte salve, comunque, le modalita'
attuative previste dal citato articolo 1, comma 111, della legge n.
147 del 2013. Sono altresi' fatte salve le competenze del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi
dell'articolo 58, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152».
La disposizione sopra richiamata prevede dunque che, a partire
dal 1° gennaio 2015, ricada sui Presidenti delle regioni la
titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse
di cui all'art. 1, comma 111, legge n. 147/2013, nonche' l'intera
gestione di tutti i rapporti attivi e passivi e delle attivita'
pendenti alla data del trasferimento riferibili alla gestione
commissariale.
Nel garantire la corretta e puntuale attuazione degli interventi
mediante le proprie strutture organizzative, i Presidenti possono
avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi dei Comuni, nonche'
delle societa' ANAS S.p.a., dei consorzi di bonifica e delle
autorita' di distretto.
L'art. 6, comma 1-bis della legge n. 136/2013 risulta lesivo
delle prerogative della Regione Campania e viziato da manifesta
illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di
Diritto
Premessa.
La norma censurata risulta illegittima nella parte in cui dispone
che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle regioni
subentrano ai commissari straordinari anche nella titolarita' delle
contabilita' speciali per la gestione delle risorse di cui all'art.
1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla
predetta data, nelle medesime contabilita' speciali, nonche'
succedono in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita'
pendenti alla data del predetto trasferimento. Tale disposizione,
infatti, non tiene in debito conto la natura giuridica dei Commissari
nominati per fronteggiare situazioni di emergenza ai sensi della
legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Dunque, prima di passare in rassegna le singole censure di
costituzionalita', appare opportuno esaminare il sistema di
protezione civile, cosi' come delineato dalla predetta legge.
Tale sistema e' improntato su una ripartizione delle competenze e
delle responsabilita' tra diversi livelli istituzionali di governo in
relazione alle tipologie di eventi emergenziali che vengono in
rilievo (art. 2 della legge n. 225/1992).
In particolare, l'art. 2 comma 1 della citata legge distingue tre
diverse tipologie di eventi: (i) quelli che richiedono interventi
attuabili da singoli enti o amministrazioni competenti in via
ordinaria (lett. a); (ii) quelli che richiedono l'intervento
coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria
(lett. b); (iii) quelli che devono essere fronteggiati con mezzi o
poteri straordinari (lett. c: «calamita' naturali o connesse con
l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed
estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere
fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante
limitati e predefiniti periodi di tempo»).
Con riferimento agli eventi indicati alla lettera c) dell'art. 2
della legge n. 225/1992, le funzioni di intervento sono attribuite
alla competenza statale; ne' potrebbe essere diversamente,
trattandosi di funzioni «che hanno rilievo nazionale, data la
sussistenza di esigenze di unitarieta', coordinamento e direzione»
(Corte cost. sentenza n. 284 del 14 luglio 2006).
Lo Stato e' dunque titolare di una specifica competenza a
disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della
legge n. 225/1992, che si sostanzia, tra l'altro, nel potere di
deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata
e l'estensione territoriale, in stretto riferimento alla qualita' e
alla natura degli accadimenti.
Il predetto potere puo' essere esercitato anche mediante
l'adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel
rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5,
comma 2 legge n. 225/1992).
E' possibile inoltre che, per l'attuazione degli interventi di
emergenza, lo Stato si avvalga di commissari delegati, nominati dal
Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 5, comma 4 legge n.
225/1992).
Il commissario delegato agisce nella veste di organo statale,
essendo appunto lo Stato l'unico soggetto titolare della gestione
dello stato emergenziale; ne discende che, indipendentemente
dall'ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in
essere dai commissari devono essere considerati atti
dell'amministrazione centrale dello Stato, finalizzati a soddisfare
interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte
nella situazione d'emergenza.
In tal senso e' chiara la sentenza di Codesta Corte, secondo cui:
«... indipendentemente dal loro (piu' o meno determinato) ambito
territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai
commissari delegati sono atti dell'amministrazione centrale dello
Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del
Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli
delle comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di
emergenza, e cio' in ragione tanto della rilevanza delle stesse,
quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte.
Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza - ai sensi
del citato art. 5, comma 1, della legge 225 del 1992 - ha quale suo
presupposto il verificarsi di taluno degli eventi "di cui all'art. 2
comma 1 lettera c" della medesima legge, e cioe', non quelli naturali
o connessi con l'attivita' dell'uomo suscettibili di essere
fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e
amministrazioni competenti in via ordinaria» (o attraverso un
coordinamento degli stessi), bensi' solo «calamita' naturali,
catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono
essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (sentenza Corte
cost. n. 237 del 26 giugno 2007; cfr. anche Corte cost. n. 417 del 5
dicembre 2007 e Corte cost. n. 92 del 4 aprile 2008).
La predetta conclusione e' stata peraltro costantemente ribadita
anche da autorevole giurisprudenza amministrativa, la quale in piu'
occasioni ha avuto modo di affermare che il Commissario Delegato di
cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento
della protezione civile, per l'esecuzione dei compiti di cui alla
legge 24 febbraio 1992 n. 225 e' dotato, rispetto al delegante di
autonomia amministrativa, finalizzata strettamente ed esclusivamente
al raggiungimento degli obiettivi assentitigli per il superamento
dello stato emergenziale alle condizioni e nei termini previsti ai
sensi dell'art. 5 commi 1 e 2 della legge n. 225 del 1992: «Gli atti
assunti nell'esercizio delle funzioni delegate sono, pertanto,
riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorita' che
esercita nei confronti del commissario delegato attivita' di
supervisione e di indirizzo» (cfr. ex plurimis Tar Lazio, 18 ottobre
2012, n. 8595 e 9 agosto 2010 n. 30425); e ancora: «L'ufficio del
Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia e' un ufficio
che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, per cui e' evidente che gli atti assunti da tale organo
sono riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio, che ha nei
confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e di
indirizzo» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2013, n. 10).
Il Commissario delegato e', dunque, organo dell'apparato statale
e i suoi atti sono sempre riferibili alla Presidenza del Consiglio
dei ministri, cio' indipendentemente dalla circostanza che questi
rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza dell'amministrazione
e dell'ente ordinariamente competente: «l'attivita' svolta dal
Sindaco non implica automatica responsabilita' del Comune per
l'adempimento delle conseguenti obbligazioni ... al fine
dell'imputazione della suddetta responsabilita' occorre verificare di
volta in volta ed in base alla disciplina normativa di riferimento
l'appartenenza dello specifico interesse pubblico perseguito,
risultando riferibile l'attivita' svolta allo Stato o al Comune a
seconda della titolarita' dell'interesse medesimo» (Cass. Civ., Sez.
II^, 6 dicembre 2005, n. 26691; nella specie, la Suprema Corte
confermava la sentenza di merito e il difetto di legittimazione
passiva del Comune, avendo il Sindaco agito nella qualita' di
Commissario Straordinario di Governo); e ancora: «In ipotesi di
impugnativa di atti del sindaco adottati nella qualita' di
commissario delegato giusta ordinanza della presidenza del consiglio,
quest'ultima e' soggetto legittimato passivo» (Tar Lazio, Sez. I, 18
ottobre 2012, n. 8598).
Dalle considerazioni sin qui svolte se ne deduce dunque che:
lo stato di emergenza di cui alla lett. c dell'art. 2 della legge
n. 225/1992 rende necessario l'uso di un potere straordinario, di
tipo anche gestionale, di cui e' titolare soltanto lo Stato quale
autorita' centrale;
il Commissario delegato e' organo dello Stato centrale, di cui si
avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei compiti
attribuiti dalla legge n. 225/1992.
Delineato come sopra il quadro di riferimento ed in ragione di
esso appare evidente che l'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013
presenti manifesti profili di illegittimita' costituzionale.
1. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013, per
contrasto con gli artt. 119, commi 1, 4 e 5, Cost.
1.1. La norma in esame viola, in primo luogo, l'autonomia
finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 Cost., comma 1.
Come e' noto, l'articolo 119 della Costituzione prevede che le
Regioni e gli enti locali finanzino le proprie spese di
funzionamento, di intervento e di amministrazione, con i mezzi
prelevati dalla propria collettivita', salva naturalmente l'esigenza
di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate.
Le Regioni sono dunque titolari di autonomia finanziaria, intesa
sia come autonomia di entrata, sia come autonomia di spesa e piu' in
generale come potesta' di stabilire e gestire in modo autonomo le
risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle
funzioni loro affidate.
Orbene, la disposizione di cui al comma 1-bis dell'art. 6 del
D.L. n. 136/2013, in primo luogo, pregiudica l'autonomia finanziaria
di spesa delle Regioni poiche', prevedendo un meccanismo automatico
di subentro in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita'
pendenti facenti capo ai commissari delegati, impone alle Regioni (e
agli altri enti territoriali ordinariamente competenti) di farsi
carico della totalita' dei rapporti privatistici posti in essere
dall'organo statale, ivi compreso tutto il contenzioso pendente
riferibile ai Commissari delegati, e dunque le obbliga ad utilizzare
le proprie risorse per sostenere oneri finanziari (quali ad esempio
spese di giudizio o conseguenti ad eventuali condanne risarcitorie),
non preventivati e non autonomamente decisi.
Le Regioni, in definitiva, si vedranno spogliate di risorse
finanziarie che avrebbero potuto utilizzare per lo svolgimento dei
loro compiti istituzionali e che invece dovranno essere destinate per
scopi differenti imposti dalla legge statale.
Le scelte di spesa compiute dall'ente territoriale risulteranno
pertanto inevitabilmente alterate, dovendosi la Regione sobbarcare i
costi e ogni altra conseguenza economica di obbligazioni assunte e
contenziosi intrapresi e decisi non dall'ente, bensi' da un organo
statale.
Ne' varrebbe obiettare che la disposizione censurata trasferisce
le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di cui all'art. 1,
comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 nella disponibilita'
dei bilanci regionali.
Per espressa previsione della norma, infatti, tali risorse devono
essere rifinalizzate alla «prosecuzione degli interventi di
mitigazione del dissesto idrogeologico». E' dunque evidente che tali
somme possano essere stanziate a copertura di attivita' di gestione
dell'emergenza, e non siano certo sufficienti ne' previste per
sostenere altresi' eventuali spese di contenzioso, le quali
risulterebbero pero' essere le piu' ingenti e gravose per la Regione
Campania.
L'applicazione della disposizione in questione compromette
altresi' l'autonomia finanziaria di entrata delle Regioni.
In particolare, come si e' visto, una successione nei rapporti
come quella prevista dalla norma censurata si estenderebbe altresi'
ai rapporti processuali pendenti, la portata dei quali, per quel che
concerne la Regione Campania, e' davvero ingente.
Dal predetto contenzioso non possono che scaturire per la Regione
spese per la difesa in giudizio ed eventuali condanne risarcitorie in
caso di soccombenza di notevole entita', a fronte delle quali si
paleserebbe la carenza delle necessarie risorse finanziarie per
provvedere alla loro copertura.
Si prefigura cosi' la possibilita' concreta che la Regione,
trovandosi nell'impossibilita' finanziaria di far fronte alle nuove
spese attraverso le dotazioni previste a legislazione vigente, sia
costretta a deliberare aumenti fiscali o comunque a perseguire
politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe posto in essere.
Peraltro, l'eventuale nuova imposizione fiscale a cui la Regione
sarebbe costretta per far fronte alle spese conseguenti al subentro
di cui al comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 peserebbe
irragionevolmente proprio sull'ente nel cui territorio si e'
verificata l'emergenza ambientale, con la conseguenza che le
popolazioni colpite dal dissesto subirebbero un pregiudizio
aggiuntivo rispetto a quello gia' sopportato a causa dell'evento
emergenziale.
1.2. La disposizione in esame contrasta altresi' con gli artt.
119, commi 4 e 5 della Costituzione.
Nel dettaglio, il quarto comma dell'art. 119 Cost. stabilisce che
«le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (tributi
ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e
quote di spettanza del fondo perequativo) consentono ai Comuni, alle
Province, alle citta' metropolitane e alle Regioni di finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».
Il quinto comma dell'art. 119 Cost. prevede inoltre che, in
deroga al principio di corrispondenza tra funzioni esercitate ed
entrate ordinarie, lo Stato destini risorse aggiuntive a singoli enti
territoriali per garantire la realizzazione di alcuni valori
fondamentali della Repubblica, nonche' per provvedere a scopi che
esulano dal normale esercizio delle funzioni spettanti agli enti
territoriali.
In definitiva le citate norme costituzionali consacrano un
principio di corrispondenza fra risorse e funzioni, il quale non solo
non consente che le funzioni di un ente territoriale possano essere
finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in via
ordinaria, competono al suo bilancio, ma presuppongono altresi' le
risorse ordinarie degli enti territoriali siano destinate soltanto
alle funzioni da essi svolte e non certamente al finanziamento di
funzioni svolte dallo Stato o da organi statali.
Ebbene il suddetto principio di corrispondenza tra risorse
finanziarie degli enti territoriali e funzioni proprie di ciascun
ente risulta inevitabilmente compromesso dal comma 1-bis dell'art. 6
del D.L. n. 136/2013.
Come dedotto in premessa, infatti, lo Stato «ha una specifica
competenza» a disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1
lettera c) della legge n. 225/1992.
Tale competenza e' esercitata anche attraverso i commissari
delegati, i quali rappresentano la longa manus dell'apparato statale,
essendo appunto lo Stato unico soggetto titolare della gestione della
situazione emergenziale e dunque l'unico legittimato ad adottare gli
interventi necessari al suo superamento.
I provvedimenti assunti dai commissari delegati sono dunque
emanazione delle funzioni emergenziali proprie dell'amministrazione
centrale dello Stato e pertanto sempre imputabili alla Presidenza del
Consiglio dei ministri.
Cio' posto, e' innegabile che l'applicazione del comma 1-bis
dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 preveda un meccanismo di subentro
automatico dell'ente territoriale nella gestione dei rapporti
(incluso il contenzioso) intrapresi da e con le ex gestioni
commissariali, che ha come effetto immediato quello di far gravare
sul bilancio dell'ente, colpito dall'evento straordinario, il costo
di interventi connessi all'esercizio di funzioni rientranti, per
espressa previsione di legge, nella competenza esclusiva dello Stato
ovvero di organi statali.
Il venir meno del collegamento tra risorse finanziarie della
Regione e funzioni proprie dell'ente concretizza pertanto la
violazione dei commi 4 e 5 dell'art. 119 Cost.
La sussistenza di un contrasto tra la norma in esame e l'art.
119, commi 1, 4 e 5 Cost. trova peraltro conferma in una recente
pronuncia di Codesta Ecc.ma Corte, la n. 22 del 16 settembre 2012,
avente ad oggetto l'art. 2 comma 2-quater del decreto legge 29
dicembre 2010 n. 225, nella parte in cui introduceva i commi 5-quater
e 5-quinquies primo periodo all'art. 5 della legge n. 225/1992.
Si trattava, in particolare, di disposizioni concernenti il
finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi di maggiore
gravita', che condizionavano l'intervento finanziario dello Stato
alla persistenza dell'insufficienza di risorse regionali anche dopo
l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento da parte
del Governo della «rilevanza nazionale» dell'emergenza.
Ebbene la Corte ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale per
violazione dell'art. 119 Cost, atteso che «le norme impugnate, in
quanto impongono alle Regioni di deliberare gli aumenti fiscali in
esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della protezione
civile, in presenza di un persistente accentramento statale del
servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse. Parimenti, le
suddette norme ledono l'autonomia di spesa, poiche' obbligano le
Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi
statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di
compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro
specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Risulta
violato altresi' il quarto comma dell'art. 119 Cost., sotto il
profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le
funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per se' le
funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle
Regioni stesse».
2. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013 per
contrasto con gli artt. 117 comma 3 e 119 Cost.
L'art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge n. 136/2013, nel
caricare la Regione Campania di tutte le spese derivanti da scelte
gestionali operate dai commissari delegati e altresi' connesse ai
contenziosi instaurati da e nei confronti di questi ultimi,
interviene pesantemente, condizionandola e limitandola,
sull'autonomia finanziaria regionale, con violazione oltre che
dell'art. 119, anche dell'art. 117, comma 3 della Costituzione.
L'ambito delineato dalla combinazione delle predette previsioni
costituzionali attiene alla materia della finanza pubblica, in
un'accezione che comprende sia la necessaria stabilita' di bilancio
in risposta all'esigenza di unita' economica dell'ordinamento, sia il
bisogno di garantire gli indispensabili spazi di autonomia alle
Regioni (e agli altri Enti minori) nelle scelte decisionali inerenti
le loro competenze.
La ricerca di un punto di equilibrio tra queste due esigenze
coinvolge numerosi livelli istituzionali, in particolare ove si
considerino altresi' i vincoli di natura comunitaria che comportano
l'obbligo di uniformazione a criteri di contenimento e
razionalizzazione della spesa pubblica.
L'intervento statale in materia di «armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario» ex art. 117, comma 3, Cost. si e' spesso giustificato con
la difficolta' degli Enti locali e delle Regioni di far fronte agli
impegni assunti a livello europeo.
Tuttavia tale intervento statale, riguardando una materia
rientrante fra quelle a legislazione concorrente ex art. 117, comma
3, Cost, deve limitarsi alla determinazione dei principi
fondamentali, spettando invece alla Regione la disciplina di
dettaglio.
Orbene la norma in esame, imponendo alla Regione Campania dei
precisi vincoli di spesa, si pone in contrasto con la previsione di
cui all'art. 117, comma 3 Cost.
All'uopo e' opportuno ribadire «il principio costantemente
affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme che
fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci
delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia
finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. Il legislatore
statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle
politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in
limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo con
«disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento finanziario
connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi
comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del
2003 e nn. 4 e 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005).
E ancora, secondo Codesta Ecc.ma Corte, la legge statale «puo'
stabilire solo un "limite complessivo, che lascia agli enti stessi
ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e
obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004)", mentre, al contrario,
"la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di
una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio
fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto
specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio'
"in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area
[...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle
quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi
(ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del
2005).
Ebbene, anche in ragione del contenuto delle decisioni di Codesta
Corte sopra citate, non sembra potersi ritenere che la disciplina di
cui all'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n.136/2013 rechi soltanto
principi di coordinamento.
La norma in questione detta infatti una disciplina specifica e di
dettaglio, scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o comunitario
e totalmente lesiva delle prerogative regionali.
3. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, della legge n. 136/2013,
per contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost. in combinato disposto con
gli artt. 81 e 97 Cost.
Per tutto quanto detto sub 1, risulta innegabile che
l'applicazione del comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013
precluda alla Regione la libera disponibilita' di alcune somme, le
quali dovranno essere destinate alla copertura delle spese scaturenti
dal subentro, imposto dalla norma in esame, nei rapporti e nelle
attivita' pendenti facenti capo ai Commissari delegati.
La perdita della gestione diretta di liquidita', derivante
dall'applicazione della citata norma, non puo' che riflettersi anche
sulle capacita' operative della Regione: riducendo infatti le
disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo agli
stessi la possibilita' di gestire in modo libero e responsabile le
proprie risorse, si rende altresi' piu' difficoltoso fronteggiare i
costi connessi all'esercizio delle funzioni amministrative di
attribuzione regionale.
Ne risulta pertanto leso non solo l'art. 118 Cost. ma anche il
principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui
all'art. 97 Cost., il quale, richiedendo che ciascuna amministrazione
provveda rapidamente ed efficacemente all'espletamento delle proprie
funzioni, esige che l'esercizio di queste ultime sia adeguatamente
sorretto da beni e risorse, anche finanziarie.
A cio' si aggiunga inoltre che la disposizione di cui al comma
1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013, attraverso l'imposizione del
subentro degli enti territoriali nei rapporti, nelle attivita' e nel
contenzioso in corso facente capo ai Commissari Delegati e dei
conseguenti oneri di spesa, avrebbe dovuto, anche ai sensi dell'art.
81 Cost., prevedere adeguate misure compensative.
E' vero infatti che a seguito di manovre di finanza pubblica e'
possibile determinare riduzioni finanziarie delle Regioni.
Tuttavia, resta indispensabile che le predette manovre non
comportino uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze
di spesa finanziaria dell'ente territoriale e tale da rendere
insufficienti le risorse delle quali ciascuna regione dispone per
l'adempimento dei propri compiti (cfr. Corte costituzionale, sentenze
nn. 431 e 381 del 2004).
P. Q. M.
Chiede che Codesta Ecc.ma Corte, in accoglimento del presente
ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.
6, comma 1-bis del decreto-legge n. 136 del 2013 per violazione degli
articoli 119, 117, comma 3, 118, 81 e 97 della Costituzione.
Roma, 9 aprile 2014
Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia