Ricorso n. 32 del 23 aprile 2014 (Regione Lazio)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 23 aprile 2014 (della Regione Lazio).
(GU n. 24 del 4.6.2014)
Ricorso della Regione Lazio, con sede in Roma, via Cristoforo
Colombo n. 212 (c.f. …), in persona del Presidente pro
tempore, Nicola Zingaretti, rappresentata e difesa, in forza di
procura a margine del presente atto ed in virtu' della Deliberazione
della Giunta regionale n. 196 del 15 aprile 2014 (doc. 1), dal Prof.
Avv. Francesco Saverio Marini (…; pec.
…; fax. …),
presso il cui studio in Roma, via dei Monti Parioli, 48, ha eletto
domicilio; ricorrente;
Contro Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi,
Piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi n.
12; resistente;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante "Interventi urgenti
di avvio del piano "Destinazione Italia", per il contenimento delle
tariffe elettriche e del gas [per la riduzione dei premi RC-auto],
per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015", convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio
2014, n. 9, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana n. 43 del 21 febbraio 2014, limitatamente all'articolo 13,
comma 15-bis, inserito in sede di conversione.
Fatto
1. Il rumore rappresenta una delle principali cause di
conflittualita' tra gli aeroporti e le comunita' locali residenti in
realta' urbane ad esse adiacenti. L'inquinamento acustico costituisce
infatti un fattore che, se non gestito adeguatamente, puo' arrecare
pregiudizio alla salute e condizionare lo sviluppo del traffico in un
determinato aeroporto, con ripercussioni dirette sul sistema
economico e territoriale. Nel caso degli aeroporti ubicati nella
Regione Lazio, le problematiche acustiche sono aumentate negli ultimi
anni, anche in ragione del notevole aumento di traffico a causa dello
sviluppo delle compagnie law cost. Tra le contromisure per la
mitigazione degli effetti prodotti dal rumore aereo figurano gli
interventi normativi istitutivi di imposte sul rumore effettivamente
prodotto, quale strumento deterrente e sanzionatorio nonche'
compensativo delle esternalita' negative prodotte dalle operazioni
aeroportuali.
2. Con la legge 21 novembre 2000, n. 342, "Misure in materia
fiscale", veniva istituita (artt. 90-95) l'imposta regionale sulle
emissioni sonore degli aeromobili (IRESA), che sostituiva la
precedente imposta erariale istituita dall'art. 10 del decreto-legge
27 aprile 1990, n. 90, coordinato con la legge di conversione 26
giugno 1990, n. 165, e la precedente imposta regionale sulle
emissioni sonore degli aeromobili - parallela al tributo erariale -
istituita con l'art. 18 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
3. Gli articoli 90 e seguenti della citata legge n. 342 del 2000
avevano stabilito che l'IRESA - imposta con parziale vincolo di
gettito a favore di opere di disinquinamento acustico e di
risarcimento dei soggetti eventualmente danneggiati dalle emissioni
sonore - fosse dovuta alle Regioni o alle Province Autonome per ogni
decollo o atterraggio di aeromobili civili negli aeroporti, da parte
dell'esercente dell'aeromobile ai sensi dell'art. 874 del Codice
della navigazione. La base imponibile era determinata in ragione del
numero degli atterraggi e decolli, del peso del velivolo, della sua
rumorosita', nel rispetto delle nonne internazionali sulla
certificazione acustica.
L'articolo 90, comma 4, della citata legge, richiedeva un decreto
dell'allora Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei
trasporti e della Navigazione e il Ministro dell'ambiente, per
stabilire le modalita' applicative dell'imposta. Detto regolamento,
tuttavia, non e' stato mai emanato.
4. Successivamente, in attuazione della legge 5 maggio 2009, n.
42, Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione, veniva emanato il d.lgs. 6
maggio 2011, n. 68, Disposizioni in materia di autonomia di entrata
delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore
sanitario, il cui articolo 8 ha stabilito: "Ferma la facolta' per la
regione di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2013 sono
trasformati in tributi propri regionali (....) l'imposta sulle
emissioni sonore degli aeromobili (...) di cui agli articoli da 90 a
95 della legge 21 novembre 2000, n. 342".
5. La legge della Regione Lazio 29 aprile 2013, n. 2, Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2013 (art. 11, legge regionale
20 novembre 2001, n. 25), ai sensi del menzionato articolo 8 del
decreto legislativo n. 68/2011, ha cosi' istituito (art. 5) l'imposta
regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA),
quale tributo regionale proprio, disciplinando il presupposto
dell'imposta, le esenzioni, nonche' la misura. In particolare
l'articolo 5, comma 5 della predetta legge regionale specifica che la
misura dell'IRESA determinata in riferimento: i) al peso massimo
dell'aeromobile al decollo; ii) al livello di emissioni sonore
dell'aeromobile, accertato - secondo gli standard di certificazione
internazionali ICAO (International civil aviation organization) - dal
paese in cui risulta immatricolato l'aeromobile, avendo come
riferimento la metodologia di calcolo riportata nell'annesso 16 alla
Convenzione sull'aviazione civile internazionale dell'ICAO (capitoli
II, III, e IV). Il successivo sesto comma dell'articolo 5 individua,
poi, la misura dell'IRESA, distinguendo gli aeromobili in tre
macro-classi. L'aliquota varia da un minimo di 1,60 euro per
tonnellata o frazione (aeromobili di classe C sotto le 25 tonnellate)
ad un massimo di euro 2,5 per tonnellata o frazione (aeromobili
sprovvisti di certificazione acustica o non rispondenti ai parametri
fissati dall'annesso alla convenzione ICAO) (doc. 2).
6. L'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, con la
segnalazione prot. n. AS1071 del 27 agosto 2013 (doc. 3), recante
"Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili come
prevista dall'art. 8 del decreto legislativo n. 68 del 6 maggio
2011", rilevava che la difformita' fra le normative delle sei Regioni
che avevano istituito l'IRESA fosse tale da "alterare le condizioni
di redditivita' dei vettori che fanno scalo solo in alcuni aeroporti
rispetto ad altri, con conseguenze distorsive sotto il profilo
concorrenziale per: 1) le compagnie aeree che offrono i propri
servizi prevalentemente negli aeroporti dove l'IRESA ha un'incidenza
maggiore e non possono agevolmente spostarsi da uno scalo all'altro;
2) i consumatori (prevalentemente non price-sensitive) per i quali, a
fronte di tariffe piu' alte determinate dal trasferimento a valle da
parte delle compagnie aeree dei maggiori costi sopportati, possono
risultare piu' attraenti scali limitrofi a quelli interessati da una
maggiore tassazione; 3) le societa' di gestione degli aeroporti, che
vedono conseguentemente alterate le proprie condizioni di
redditivita' a causa di una riduzione del numero di vettori e/o di
consumatori che decidono di frequentare lo scalo".
L'Autorita' osservava che "Le problematiche concorrenziali
evidenziate possono essere superate attraverso la definizione con
legge dello Stato di criteri uniformi per il calcolo dell'imposta, il
cui gettito dovra' ovviamente essere devoluto alle regioni di
pertinenza, cosi' come peraltro era gia' stato stabilito con la legge
21 novembre 2000, n. 342 (artt. 90-95), prima della modifica
intervenuta nel 2011". Inoltre, per evitare "arbitrarie
discriminazioni tra scali e tra imprese", riteneva si' dovesse "tener
conto dei seguenti parametri utilizzati in altri Paesi UE quali, ad
esempio nel Regno Unito, in Germania, in Spagna e in Olanda:
i) La previsione di aliquote differenziate tra voli diurni e
notturni;
ii) La previsione di parametri di pagamento rapportati
all'efficienza sonora degli aeromobili e non al tonnellaggio degli
stessi;
iii) La previsione di classi di aliquote che tengano conto
delle peculiarita' urbanistiche delle aree geografiche prospicienti i
singoli aeroporti".
7. Da ultimo, con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, il
Governo ha introdotto "Interventi urgenti di avvio del piano
"Declinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del gas [Per la riduzione dei premi RC-auto], per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015". In particolare, l'articolo 13 del decreto-legge detta
"Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori pubblici ed in
materia di trasporto aereo". Con la legge di conversione n. 9 del 21
febbraio 2014 e' stato inserito il comma 15-bis del citato articolo
13, oggetto dell'odierno giudizio. La disposizione stabilisce che:
"Al fine di evitare effetti distorsivi della concorrenza tra gli
scali aeroportuali e di promuovere l'attrattivita' del sistema
aeroportuale italiano, anche con riferimento agli eventi legali
all'EXPO 2015, nella definizione della misura dell'imposta regionale
sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA), di cui agli
articoli 90 e seguenti della legge 21 novembre 2000, n. 342, il
valore massimo dei parametri delle misure IRESA non puo' essere
superiore a euro 0.50. Fermo restando il valore massimo sopra
indicato, la determinazione del tributo e' rimodulata tenendo conto
anche degli ulteriori criteri della distinzione tra voli diurni e
notturni e delle peculiarita' urbanistiche delle ore geografiche
prospicienti i singoli aeroporti".
8. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Regione Lazio,
come in epigrafe rappresentata e difesa, impugna il decreto-legge 23
dicembre 2013, n. 145, recante "Interventi urgenti di avvio del piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del gas [per la riduzione dei premi RC-auto], per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015", convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio
2014, n. 9, limitatamente all'articolo 13, comma 15-bis, inserito in
sede di conversione, trattandosi di previsione lesiva delle
attribuzioni costituzionali della Regione e, pertanto, illegittima
alla luce dei seguenti motivi di
Diritto
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 15-bis, del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, inserito dalla legge di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione degli articoli 77,
comma 2,117, comma 3 e 119, commi 1 e 2 della Costituzione.
1. L'articolo 13, comma 15-bis, del decreto-legge n. 145 del
2013, inserito in sede di conversione dalla legge n. 9 del 2014, si
mostra costituzionalmente illegittimo, in primo luogo, in quanto il
Governo e il Parlamento hanno eluso il principio di omogeneita' della
decretazione d'urgenza, sia con riferimento alla disciplina del
decreto-legge nella sua complessita', sia con specifico riguardo
all'oggetto della norma impugnata - inserita solo dalla legge di
conversione - rispetto al contenuto del decreto-legge. Tale vizio
ridonda nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della
Regione Lazio e nel vulnus della sua autonomia finanziaria,
costituzionalmente tutelati dagli articoli 117, terzo comma e 119
della Costituzione.
In particolare, la disposizione impugnata, stabilendo il valore
massimo dei parametri cui ancorare l'imposta IRESA, ad oggi divenuta
tributo regionale proprio per effetto dell'articolo 8 del decreto
legislativo n. 68/2011, e' indebitamente andata ad incidere - come si
chiarira' nel prosieguo - su una materia di legislazione concorrente,
quale il "coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario". Inoltre, trattandosi, appunto, di un tributo regionale
proprio, e cioe' di tributo "istituito dalle regioni con proprie
leggi in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad
imposizione erariale" (art. 7, comma 1, lett. b), n. 3, legge 5
maggio 2009, n. 42 - "Delega al Governo in materia di federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione"), la
norma impugnata incide direttamente sull'autonomia finanziaria della
Regione Lazio di cui all'articolo 119, commi 1 e 2 della
Costituzione.
Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente
questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con
giurisprudenza costante ritiene ammissibili le q.l.c. prospettate da
una Regione, nell'ambito di un giudizio in via principale, in
riferimento a parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, riguardanti il riparto delle
competenze tra lo Stato e le Regioni, quando sia possibile rilevare
la ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e la
ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le
ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentenze n. 128 del
2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004). In
particolare, con riferimento all'art. 77 Cost., la Consulta ha
riconosciuto che le Regioni possono impugnare un decreto-legge per
motivi attinenti alla pretesa violazione del medesimo art. 77, "ove
adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro
competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004). Che e' appunto
quanto si lamenta nel caso di specie.
2. Venendo, ora, al merito della questione, l'elusione dell'art.
77, comma 2, della Costituzione, sotto il profilo del difetto di
omogeneita' della disciplina oggetto della decretazione d'urgenza
emerge, gia' prima facie, in base alla mera lettura del titolo del
decreto-legge, rubricato "Interventi urgenti di avvio del piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del gas [per la riduzione dei premi RC auto], per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015».
L'eterogeneita' delle discipline oggetto del decreto-legge
impugnato e' confermata anche dall'epigrafe del provvedimento, ove si
attesta "la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure per
l'avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle
tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi rc-auto, per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche,
quali fattori essenziali di progresso e opportunita' di arricchimento
economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della
competitivita' delle imprese".
Scendendo, poi, nel dettaglio del decreto-legge, si riscontra
l'introduzione di discipline "a regime" del tutto eterogenee,
incidenti su una pluralita' di materie. La giurisprudenza di codesta
Ecc.ma Corte, come noto, collega il riconoscimento dell'esistenza dei
presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad
una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o
dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista
funzionale e finalistico (cfr. Corte cost., sentt. n. 171 del 2007,
n. 121 del 2008).
Nel caso che qui occupa, le fattispecie disciplinate dal d.l. n.
145/2013 non appaiono accomunate da una natura unitaria, ne' del
resto l'introduzione di interventi oggettivamente eterogenei risulta
soneria dalla necessita' di approntare rimedi urgenti rispetto a
situazioni straordinarie venutesi a determinare. Infatti, il
"progresso e opportunita' di arricchimento economico, culturale e
civile", come pure il "rilancio della competitivita' delle imprese",
non possono certo considerarsi situazioni straordinarie idonee a
giustificare una disciplina di tal fatta.
Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul
punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al
titolo» pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma
dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del
Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012).
3. Il vizio di eterogeneita' censurato riguarda anche,
specificamente, la norma oggetto del presente giudizio, inserita in
sede di conversione dalla legge n. 9 del 2014. Sul punto, e' noto che
la legge di conversione deve osservare la necessaria omogeneita' del
decreto-legge (nella specie peraltro assente, come si e' appena
eccepito), la cui interna coerenza va valutata in relazione
all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal
Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita' e urgenza.
Il principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute
nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito
dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati,
che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e
gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla
materia del decreto-legge».
Sulla medesima linea si colloca la lettera inviata il 7 marzo
2011 dal Presidente del Senato ai Presidenti delle Commissioni
parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con
il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di interpretate in modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la norma dell'art. 97, comma 1, del regolamento, sulla
improponibilita' di emendamenti estranei all'oggetto della
discussione».
Ne discende che l'innesto, nell'iter di conversione,
dell'ordinaria funzione legislativa puo' essere effettuato, per
ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame
essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione. Se
tale legame viene interrotto, l'uso improprio, da parte del
Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con
speciali modalita' di procedura, allo scopo tipico di convertire, o
non, in legge un decreto-legge, determina la violazione dell'art. 77,
secondo comma, Cost.
La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e' costante nel
ritenere che "la legge di conversione deve avere un contenuto
omogeneo a quello del decreto-legge. Cio' in ossequio, prima ancora
che a regole di buona tecnica normativa, allo stesso art. 77, secondo
comma, Cost., il quale presuppone «un nesso di interrelazione
funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal
Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata
da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello
ordinario» (sentenza n. 22 del 2012). La legge di conversione - per
l'approvazione della quale le Camere, anche se sciolte, si riuniscono
entro cinque giorni dalla presentazione del relativo disegno di legge
(art. 77, secondo comma, Cost.) - segue un iter parlamentare
semplificato e caratterizzato dal rispetto di tempi particolarmente
rapidi, che si giustificano alla luce della sua natura di legge
funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente fora
di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un lasso
temporale breve e circoscritto. Dalla sua connotazione di legge a
competenza tipica derivano i limiti alla emendabilita' del
decreto-legge. La legge di conversione non puo', quindi, aprirsi a
qualsiasi contenuto ulteriore, come del resto prescrivono anche i
regolamenti parlamentari (art. 96-bis del Regolamento della Camera
dei Deputati e art. 97 del Regolamento del Senato della Repubblica,
come interpretato dalla Giunta per il regolamento con il parere
dell'8 novembre 1984). Diversamente, l'iter semplificato potrebbe
essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto
con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di
confronto parlamentare. Pertanto, l'inclusione di emendamenti e
articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del
decreto-legge, o alle finalita' di quest'ultimo, determina un vizio
della legge di conversione in parte qua" (cfr., tra le ultime, sent.
n. 32 del 2014, ord. n. 34 del 2013, sent. n. 22 del 2012).
La Corte aggiunge, ancora, che quello denunciato e' un vizio
procedurale peculiare, che per sua stessa natura puo' essere
evidenziato solamente attraverso un esame del contenuto sostanziale
delle singole disposizioni aggiunte in sede parlamentare, posto a
raffronto con l'originario decreto-legge. All'esito di tale esame, le
eventuali disposizioni intruse risulteranno affette da vizio di
formazione, per violazione dell'art. 77 Cost., mentre saranno fatte
salve tutte le componenti dell'atto che si pongano in linea di
continuita' sostanziale, per materia o per finalita', con
l'originario decreto-legge.
Nel caso di specie, la norma impugnata si mostra del tutto
estranea alla materia e alle finalita' del decreto-legge n. 145/2013,
dal contenuto peraltro gia' inammissibilmente eterogeneo. Il comma
15-bis dell'articolo 13, inserito dalla legge di conversione,
stabilisce, al dichiarato fine di "evitare effetti distorsivi della
concorrenza", che nella definizione dell'IRESA il valore massimo dei
parametri delle misure non possa superare il limite di euro 0,50. Ora,
e' agevole riscontrare come detto intervento normativo sia eterogeneo
rispetto alle finalita' perseguite dal Governo attraverso la
decretazione d'urgenza, desumibili dall'epigrafe del provvedimento, e
cioe' quelle di emanare misure per l'avvio del piano «Destinazione
Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per
la riduzione dei premi rc-auto, per l'internazionalizzazione, lo
sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonche' misure per la
realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015.
Non si vede, invero, nemmeno il nesso di funzionalita' tra il
comma 15-bis e il precedente comma 15 dell'articolo 13, quest'ultimo
originariamente inserito nel decreto-legge n. 145 del 2013 e solo
parzialmente modificato dalla legge di conversione, il quale nella
formulazione vigente recita: "I gestori aeroportuali comunicano
all'Autorita' di regolazione dei trasporti e all'Ente Nazionale per
l'Aviazione Civile l'esito delle procedure previste dal comma 14, ai
fini della verifica del rispetto delle condizioni di trasparenza e
competitivita'". A sua volta il comma 14 dell'articolo 13, come
convertito, prevede che "I gestori di aeroporti che erogano
contributi, sussidi o ogni altra forma di emolumento ai vettori aerei
in funzione dell'avviamento e sviluppo di rotte destinate a
soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini di utenza,
devono esprimere procedure di scelta del beneficiario tra parenti e
tali da garantire la piu' ampia partecipazione dei vettori
potenzialmente interessati, secondo modalita' da definirsi con
apposite Linee guida adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, sentiti l'Autorita' di regolazione dei trasporti e l'Ente
Nazionale per l'Aviazione Civile, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
Il censurato comma 15-bis, dunque, si mostra del tutto eterogeneo
rispetto alle misure introdotte e disciplinate dai precedenti commi
14 e 15, come pure diverse appaiono le finalita' dell'intervento del
legislatore. E cio' risulta confermato dal fatto che il comma 15-bis
e' dichiaratamente volto alla tutela della concorrenza, mentre nel
comma 14 il riferimento a "procedure di scelta del beneficiario che
siano concorrenziali", originariamente previsto dal d.l. n. 145/2013,
e' stato rimosso dalla legge di conversione n. 9 del 2014.
Ancora, la disciplina inserita dall'impugnato comma 15-bis si
mostra eterogenea rispetto ai contenuti complessivi dell'articolo 13,
rubricato "Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori pubblici
ed in materia di trasporto aereo", atteso che la disposizione in
esame incide soltanto formalmente sulla materia del trasporto aereo,
dettando invece una disciplina incidente sull'imposta collegata alla
rumorosita' degli aeromobili, e dunque sorretta da una diversa ed
autonoma ratio. Si e' gia' anticipato in narrativa, infatti, che
detta imposta e' nata quale strumento deterrente e sanzionatorio,
nonche' compensativo delle esternalita' negative prodotte dalle
operazioni aeroportuali, e dunque la sua disciplina risponde a
finalita' del tutto diverse da quelle indicate nella rubrica
dell'articolo 13 e sviluppate nel corpo della disposizione.
Si chiede dunque, alla luce di quanto precede, che codesta ecc.ma
Corte voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'impugnato articolo 13, comma 15-bis, del d.l. n. 145/2013,
inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 9 del 2014, per
eterogeneita' del contenuto del decreto-legge, e in quanto con
l'introduzione della norma contestata il Legislatore ha esorbitato
dalla potesta' di emendamento in sede di conversione, limitata ai
soli emendamenti e articoli aggiuntivi che siano strettamente
attinenti alla materia del decreto-legge.
Come detto, tale vizio ridonda direttamente su attribuzioni
spettanti alla Regione Lazio per Costituzione. Infatti, in attuazione
degli articoli 2 e 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante
«Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione», l'articolo 8 del decreto
legislativo n. 68/2011 ha stabilito che dal 1° gennaio 2013 l'imposta
sulle emissioni sonore degli aeromobili civili e' trasformata in
tributo regionale proprio.
Ne discende la competenza della Regione di istituire detta
imposta e di disciplinarne specificamente i contenuti. In
particolare, con la legge regionale n. 2 del 2013, la Regione Lazio
ha istituito l'IRESA quale tributo regionale proprio, a decorrere dal
1° maggio 2013 (art. 5).
L'intervento normativo in esame, individuando la misura massima
cui ancorare i parametri di definizione dell'IRESA, e' andato dunque
ad incidere direttamente sull'autonomia finanziaria che l'art. 119,
comma 2, della Costituzione attribuisce alle Regioni, le quali
(insieme agli altri enti indicati dalla norma), hanno risorse anche
autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in
armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario.
L'intervento in questione, inoltre, sebbene dichiaratamente volto
alla tutela della concorrenza, e' andato ad incidere trasversalmente
su un ambito materiale deferito alla competenza legislativa regionale
concorrente, e cioe' appunto il coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario. Anche codesta ecc.ma Corte ha recentemente
chiarito che la disciplina relativa a tributi regionali propri (come
nel caso di specie), diversamente da quella relativa ai tributi
regionali derivati (cioe' istituiti e regolati da leggi statali, il
cui gettito e' attribuito alle Regioni), e' ascrivibile alla materia,
di competenza legislativa concorrente, "coordinamento del sistema
tributario" di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. (sentenza n.
121 del 2013, sent. n. 30 del 2005).
Concludendo, secondo l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte,
"nella misura in cui le Camere non rispettano la funzione tipica
della legge di conversione. facendo uso della speciale procedura per
essa prevista al fine di perseguire scopi ulteriori rispetto alla
conversione del provvedimento del Governo, esse agiscono in una
situazione di carenza di potere.
In tali casi, in base alla giurisprudenza di questa Corte, l'atto
affetto da vizio radicale nella sua formazione e' inidoneo ad
innovare l'ordinamento e, quindi, anche ad abrogare la precedente
normativa (sentenze n. 123 del 2011 e n. 361 del 2010). Sotto questo
profilo, la situazione risulta assimilabile a quella della
caducazione di norme legislative emanate in difetto di delega, per le
quali questa Corte ha gia' riconosciuto, come conseguenza della
declaratoria di illegittimita' costituzionale, l'applicazione della
normativa praticate (sentenze n. 5 del 2014 e n. 162 del 2012), in
conseguenza dell'inidoneita' dell'atto, per il radicale vizio
procedurale che lo inficia, a produrre effetti abrogativi anche per
modifica o sostituzione» (Corte cost., sent. n. 32 del 2014).
Si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 15-bis, del d.l. n. 145/2013,
inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 9 del 2014, per
violazione degli articoli 77, secondo comma, 117 e 119 della
Costituzione.
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 15-bis, del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, inserito dalla legge di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione degli articoli
117, comma 2, lett. e) in combinato disposto con l'art. 3 della
Costituzione.
1. Il comma 15-bis dell'articolo 13, d.l. n. 145/2013, inserito
dalla legge di conversione n. 9 del 2014, stabilisce che, "al fine di
evitare effetti distorsivi della concorrenza tra gli scali
aeroportuali e di promuovere l'attrattivita' del sistema aeroportuale
italiano", nella definizione della misura dell'IRESA il valore
massimo dei parametri delle misure non possa essere superiore a 0,50
euro.
Si ritiene che l'intervento normativo in questione, sebbene
dichiaratamente volto all'esercizio di una competenza che la
costituzione riconosce come statale, abbia oltrepassato i limiti di
ragionevolezza e proporzionalita' che, secondo l'insegnamento di
codesta ecc.ma Corte, fungono da parametro di valutazione della
legittimita' dell'incidenza dell'intervento statale sulle
attribuzioni regionali. Benche', infatti, si riconosca al legislatore
statale, nell'esercizio della propria competenza nelle materie c.d.
trasversali - quale, appunto, quella della tutela della concorrenza
di cui all'art. 117, comma 2, lett. e) Cost. - la possibilita' di
incidere su ambiti materiali deferiti alla competenza regionale
concorrente o residuale, si afferma altresi' che tale ingerenza e'
legittima nei limiti della ragionevolezza e proporzionalita'
dell'intervento.
Nel caso de quo, l'irragionevolezza della normativa rispetto allo
scopo perseguito appare dimostrata da diversi fattori.
In primo luogo, la disposizione richiamata viola l'articolo 117,
comma 2, lett. e) Cost., in combinato disposto con l'articolo 3
Cost., sotto il profilo della contraddittorieta' intrinseca della
disposizione e della sua genericita'. Il legislatore, infatti, ha
introdotto una disciplina elusiva dello stesso scopo dichiaratamente
affermato dalla norma, e dal carattere eminentemente indefinito.
In proposito - come rilevato in fatto - la norma impugnata e'
stata pensata ed emanata a seguito della segnalazione dell'Autorita'
Garante della Concorrenza e del Mercato n. AS1071 del 27 agosto 2013,
avente appunto ad oggetto "Imposta regionale sulle emissioni sonore
degli aeromobili come prevista dall'art. 8 del decreto legislativo n.
68 del 6 maggio 2011" (doc. 3).
L'Antitrust, in particolare, aveva rilevato che, a seguito della
trasformazione dell'IRESA in tributo regionale proprio, l'imposta era
stata istituita soltanto in sei Regioni, e che nella disciplina
dell'IRESA, queste ultime non avessero tenuto in considerazione le
differenze tra voli diurni e notturni, le caratteristiche
urbanistiche dei vari scali, l'effettivo livello di emissioni sonore
dei velivoli.
Pertanto l'Antitrust suggeriva "la definizione con legge dello
Stato di criteri uniformi per il calcolo dell'imposta", tenendo in
considerazione alcuni parametri utilizzati in altri Paesi UE quali,
ad esempio: i) la previsione di aliquote differenziate tra voli
diurni e notturni; ii) la previsione di parametri di pagamento
rapportati all'efficienza sonora degli aeromobili e non al
tonnellaggio degli stessi; iii) la previsione di classi di aliquote
che tengano conto delle peculiarita' urbanistiche delle aree
geografiche prospicienti i singoli aeroporti.
Il legislatore, lungi dall'individuare "criteri uniformi per il
calcolo dell'imposta", ha invece fissato, inopinatamente, il limite
massimo "dei parametri delle misure IRESA", con cio' radicalmente
eccedendo le indicazioni dell'Antitrust ed anzi sostanzialmente
raggirandole. Per effetto della norma impugnata, infatti, i criteri
per la determinazione dell'IRESA sono rimasti indefiniti, se si
esclude il generico riferimento, nell'ultimo periodo della
disposizione impugnata, a "gli ulteriori criteri della distinzione
tra voli diurni e notturni e delle peculiarita' urbanistiche delle
aree geografiche prospicienti i singoli aeroporti", in base ai quali
dovrebbe essere "rimodulata" la determinazione del tributo, "fermo
restando il valore massimo sopra indicato".
Ebbene non c'e' dubbio che, attraverso la fissazione di un tetto
di imposta cosi' basso (euro 0,50 indipendentemente dal parametro preso
in considerazione), il legislatore abbia sostanzialmente voluto
svuotare di contenuto l'imposta, in modo da azzerarne le incidenze.
L'effetto raggiunto e' esattamente opposto a quello di incentivo
della concorrenza, il quale ultimo consiste appunto nel premiare e
incentivare le imprese piu' efficienti (che si dotino, ad esempio, di
apparecchi meno rumorosi e inquinanti). Cosi facendo, invece, i mezzi
piu' obsoleti e rumorosi saranno soggetti ad un regime
sostanzialmente analogo a quello riservato ai velivoli piu'
efficienti - posto che un limite di imposta cosi' basso e' inidoneo a
ingenerare differenze quantitative significative, a fronte invece di
evidenti disparita' qualitative fra i mezzi - con conseguente
elusione del principio di concorrenza. Come pure svuotata, per le
stesse ragioni, risulta la ratio sottesa all'istituzione dell'imposta
sulle emissioni sonore degli aeromobili civili, consistente appunto
in una misura deterrente e sanzionatoria nonche' compensativa delle
esternalita' negative prodotte dalle operazioni aeroportuali, e allo
stesso tempo incentivante l'efficienza nella dotazione dei velivoli
da parte delle imprese del settore.
2. Sotto concorrente profilo, l'irragionevolezza della norma si
evince altresi' confrontando il valore massimo fissato dal
legislatore statale rispetto alla misura dell'imposta stabilita dalle
altre Regioni che hanno istituito l'IRESA quale tributo regionale
proprio, ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 68/2011.
In particolare, il limite massimo fissato dal comma 15-bis e'
grandemente inferiore rispetto alle soglie minime stabilite dalla
legge regionale del Lazio n. 2 del 2013 (doc. 2), e comunque
inferiore a tutte le soglie massime applicate dalle altre Regioni che
hanno istituito l'IRESA quale tributo regionale proprio.
Ancora a conferma dell'irragionevolezza dell'intervento
normativo, sotto il profilo del difetto di proporzionalita', si
consideri altresi' che, come ricordato anche dall'Antitrust nella
propria segnalazione, in data 6 dicembre 2012, la Conferenza delle
Regioni e delle Province Autonome aveva approvato un documento
rubricato "IRESA (imposta regionale sulle emissioni sonore degli
aeromobili): Modalita' applicative», al dichiarato fine di "favorire
uniformita' di disciplina nelle Regioni ordinarie ed evitare che
elementi operativi o di dettaglio possano condurre a discriminazioni
tra le diverse Regioni" (doc. 4).
Ebbene il documento in questione, riconoscendo, in via
preliminare, che la determinazione delle aliquote applicabili rientra
"nell'ambito di autonomia di entrata e di spesa riconosciuta a
ciascuna Regione", ha approvato uno schema-tipo di proposta di legge
regionale istitutiva con tabella allegata.
Ebbene, le forbici previste dalla tabella in esame stabiliscono -
al pari della Regione Lazio - un limite massimo di applicazione
dell'aliquota pari ad euro 2,50, e dunque grandemente superiore a quello
stabilito dall'impugnato comma 15-bis, pari ad euro 0,50. Quest'ultimo
tetto, inoltre, e' addirittura inferiore all'importo minimo
dell'aliquota stabilito dalla Conferenza per determinate categorie di
aeromobili (doc. 4).
A fronte di quanto precede, non si capisce davvero in base a
quali risultati fattuali o approfondimenti istruttori il legislatore
sia giunto alla determinazione della soglia di 0,50 operata con la
norma impugnata. Approssimazione che risulta ancora piu' evidente se
si considera che la norma si dimentica addirittura di individuare il
parametro cui riferire il limite dello 0,50. Il che rende ancor piu'
manifesto il vizio di irragionevolezza che connota l'intervento
normativo e che lo rende costituzionalmente illegittimo pur se
asseritamente volto alla tutela della concorrenza.
3. Ancora ad indizio dell'irragionevolezza della norma oggetto
del presente giudizio, sotto il profilo del difetto di
proporzionalita', si consideri che per effetto della norma impugnata
gli introiti della Regione Lazio relativi alla riscossione dell'IRESA
subiranno una decurtazione superiore al 70%, con perdite di circa 40
milioni di euro l'anno. Infatti, la legge regionale n. 2 del 29
aprile 2013, istituendo l'IRESA e fissando le relative aliquote, ha
stimato un gettito annuo di circa 55 milioni di euro, mentre con
l'applicazione del tetto massimo introdotto dal contestato comma
15-bis, il gettito proveniente dall'IRESA per la Regione Lazio si
attesterebbe a circa 15 milioni di euro, con una perdita di circa il
73% (doc. 5).
Il sacrificio imposto alla Regione, peraltro, non trova adeguata
corrispondenza nel beneficio che, dalla determinazione della soglia
di euro 0,50, trarrebbero gli utenti del servizio. Infatti per effetto
della decurtazione in esame le tariffe praticate dagli operatori del
settore (che sono soliti "ricaricare" l'ammontare del tributo sul
costo del biglietto) non sarebbero soggette ad un risparmio incisivo,
con la conseguenza che anche gli effetti concorrenziali che
vorrebbero perseguirsi con la norma impugnata risulterebbero di
irrilevante incidenza. Deve dunque concludersi che l'art. 13, comma
15-bis, del d.l. n. 145/2013, come inserito dalla legge di
conversione n. 9 del 2014, sia costituzionalmente illegittimo in
quanto il legislatore, nell'esercitare la propria competenza
esclusiva nella materia "trasversale" della tutela della concorrenza,
ha travalicato i limiti di ragionevolezza e proporzionalita'
dell'intervento, senza peraltro ottenere nessun risultato utile sotto
il profilo specificamente tutelato. Si insiste pertanto per
l'annullamento della norma impugnata per violazione del combinato
disposto degli artt. 3 e 117, comma 2, lett. e) della Costituzione.
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, inserito dalla legge di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione degli articoli 3,
117, commi 2 e 3, e 119, commi 1 e 2 della Costituzione, anche con
riferimento all'articolo 11 del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 e
all'articolo 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
1. La norma impugnata si mostra costituzionalmente illegittima
anche in quanto ingerisce indebitamente sulle attribuzioni spettanti
alla Regione Lazio ai sensi dell'art. 117, comma 3 della
Costituzione, nonche' sulla sua autonomia finanziaria
costituzionalmente riconosciuta dall'art. 119, commi 1 e 2.
Valgano, in proposito, le seguenti considerazioni.
L'articolo 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, ha
stabilito che, "Ferma la facolta' per le regioni di sopprimerli, a
decorrere dal 1° gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri
regionali (...) l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili,
(...) di cui agli articoli da 90 a 95 della legge 21 novembre 2000,
n. 342».
Per effetto della norma in commento, dunque, l'IRESA,
originariamente disciplinata dagli artt. 90 e seguenti della legge n.
342/2000, e' stata trasformata in un tributo regionale proprio in
senso stretto, ai sensi del richiamato articolo 7, comma 1, lett. b),
n. 3) della legge n. 42 del 2009.
La disciplina dell'IRESA, pertanto, e' oggi ascrivibile alla
materia, di competenza legislativa concorrente, "coordinamento del
sistema tributario" di cui al terzo comma dell'articolo 117 Cost..
Codesta ecc.ma Corte ha recentemente chiarito che soltanto per i
tributi regionali c.d. "derivati" (cioe' istituiti e regolati con
legge dello Stato), la competenza legislativa rimane esclusivamente
statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione,
mentre nel caso di tributi "degli altri enti", e per quanto qui
rileva di quelli istituiti e regolati da leggi regionali, la
competenza legislativa e' concorrente (sent. n. 121 del 2013).
Nel caso in esame, la Regione Lazio con legge regionale n. 2 del
2013 ha provveduto (art. 5) ad istituire l'IRESA quale tributo
regionale proprio e a dettarne la relativa disciplina, stabilendo,
tra l'altro, le aliquote dell'imposta sulla base di diversi
parametri.
2. Cio' premesso, e' evidente come il comma 15-bis dell'articolo
13 del d.l. n. 145/2013, inserito in sede di conversione, nello
stabilire la misura massima dei parametri per la definizione
dell'IRESA, abbia inciso appunto su una sfera competenziale
attribuita alla legislazione regionale (per effetto del menzionato
art. 8, d.lgs. n. 68/2011), sotto il profilo del coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario. L'intervento in questione,
tuttavia, esorbita dalla potesta' legislativa di principio concessa
allo Stato in subiecta materia, considerato che si tratta, a ben
vedere, non di un principio fondamentale di coordinamento del sistema
tributario, bensi' di una statuizione di dettaglio di immediata
applicazione nei confronti delle Regioni.
Infatti, la determinazione di una aliquota massima cosi' bassa,
pari a euro 0,50 indipendentemente dai parametri di definizione
utilizzati, finisce per svuotare di contenuto le attribuzioni
regionali inerenti la graduazione dell'aliquota in base alle
caratteristiche del velivolo o in base agli altri parametri
utilizzati. In altre parole, il legislatore regionale sara' costretto
ad applicare, per tutti i velivoli, la soglia massima stabilita dal
legislatore, posto che altrimenti l'istituzione dell'imposta
risulterebbe del tutto inutile, in quanto il gettito resterebbe in
gran parte o totalmente assorbito dai costi amministrativi per la
riscossione dell'imposta, per il controllo e la lotta all'evasione.
In altri termini, fissando aliquote inferiori, differenziate per
tipologia di velivolo o in base ad ulteriori parametri, si
rischierebbe di ottenere l'assurdo risultato per cui i costi per la
riscossione dell'imposta sarebbero superiori alle relative entrate
riservate alla Regione.
Insomma, la norma impugnata fissa una misura massima cosi' bassa
da risultare, nella sostanza, una statuizione di dettaglio di
immediata applicazione, come tale non consentita nella suddetta
materia di potesta' legislativa concorrente.
Ne' per legittimare l'intervento statale potrebbe farsi leva
sull'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della
concorrenza. Sul punto non puo' non rilevarsi, in senso contrario,
che qualsiasi tributo regionale proprio, quale l'IRESA, incide, per
definizione, sulle attivita' economiche interessate dal relativo
presupposto di imposta, comportando, per l'effetto, delle
fisiologiche differenze tra le varie Regioni. Ne consegue che,
laddove si ammettesse il potere dello Stato di intervenire in modo
cosi' penetrante attraverso l'esercizio della competenza sulla
concorrenza, si finirebbe per eliminare la garanzia costituzionale
offerta alla competenza regionale sui tributi propri, svuotando di
significato l'articolo 119 della Costituzione.
3. Si consideri, ancora, che la nonna impugnata, incidendo in
modo significativo sulle entrate della Regione Lazio;si mostra
elusiva degli articoli 117 e 119 Cost., in combinato disposto con
l'art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011 e con l'art. 29 della legge 31
dicembre 2009, n. 196, di attuazione dell'articolo 81 della
Costituzione, anche in relazione all'art. 3 della Costituzione, per
difetto di proporzionalita' e ragionevolezza.
Come accennato, con l'introduzione del tetto massimo
dell'aliquota a euro 0,50, il gettito proveniente dall'IRESA per la
Regione Lazio si attesterebbe a circa 15 milioni di euro, con una
differenza di 40 milioni di euro annui rispetto alle entrate attese,
e dunque con una perdita della partita di bilancio pari al 73% (doc.
5).
Tale criticita' e' stata segnalata anche dalla Commissione
Bilancio, Tesoro e Programmazione nella seduta del 6 febbraio 2014,
nonche' dal Servizio Studi della Camera dei Deputati, i quali hanno
osservato "che la disposizione prevista al comma 15-bis risulta
suscettibile di ridurre in modo significativo le entrate di alcune
regioni che hanno deliberato aliquote d'imposta superiori, talora
anche in misura rilevante, rispetto al tetto massimo indicato dalla
norma. Restando invariata la facolta' di spesa delle regioni,
delimitata dal patto di stabilita' interno, la disposizione sembra
suscettibile di incidere negativamente anche sui saldi complessivi di
finanza pubblica. In proposito ritiene opportuno acquisire l'avviso
del Governo" (doc. 6).
Il menzionato art. 13, comma 15-bis si mostra illegittimo anche
sotto un distinto e concorrente profilo. L'autonomia regionale e',
infatti, lesa - e corrispondentemente risultano violati gli artt. 117
e 119 Cost. - anche per il fatto che l'intervento statale e' privo di
copertura finanziaria, nel senso che elimina un'imposta regionale
senza specificare le misure compensative.
Si consideri, sul punto, che l'art. 11 del d.lgs. n. 68/2011,
prevede, al primo comma, che "gli interventi statali sulle basi
imponibili e stille aliquote dei tributi regionali di cui
all'articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), della citata
legge n. 42 del 2009 sono possibili, a parita' di funzioni
amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione
di misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota
o attribuzione di altri tributi".
Ulteriore indice dell'irragionevolezza della disciplina censurata
sta nel fatto che l'art. 15-bis non contiene la previsione dell'onere
- inteso anche come minore entrata - a carico dei bilanci regionali,
ne' l'indicazione della copertura dell'onere stesso riferita a detti
bilanci annuali e pluriennali. A tal proposito si precisa che
l'articolo 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - "Legge di
contabilita' e finanza pubblica" - prevede, specificando l'art. 81,
quarto comma della Costituzione, che "Le leggi e i provvedimenti che
comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei
bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la
previsione dell'onere stesso e l'indicazione della copertura
finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali".
Alla luce di tutto quanto precede, si insiste per la declaratoria
di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 15-bis, d.l. n.
145/2013, inserito dalla legge di conversione n. 9 del 2014, per
violazione degli artt. 3, 117, commi 2 e 3, e 119, commi 1 e 2 della
Costituzione, anche con riferimento all'art. 11 del d.lgs. n. 68/2011
e all'art. 19 della legge n. 196 del 2009, di attuazione dell'art. 81
Cost.
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, inserito dalla legge di
conversione 21 febbraio 2014, n. 9, per violazione dell'art. 120, in
combinato disposto con gli articoli 117 e 119 della Costituzione,
sotto il profilo del principio della leale collaborazione.
Da ultimo, l'impugnato comma 15-bis si mostra costituzionalmente
illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione.
Al riguardo occorre premettere che l'intervento in esame, benche'
dichiaratamente ricollegato all'esercizio della potesta' legislativa
statale in materia di "tutela della concorrenza", detta una
disciplina che, per tutto quanto detto ai motivi che precedono,
incide su ulteriori ambiti materiali di competenza regionale. In
proposito, si ribadisce che il comma 15-bis, fissando la misura
massima dei parametri di definizione dell'imposta IRESA, tributo
regionale proprio in senso stretto, ha inciso direttamente su un
ambito materiale di competenza legislativa regionale concorrente, il
"coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", di
cui all'art. 117, comma 3 della Costituzione, nonche' sull'autonomia
finanziaria della Regione Lazio, riconosciuta dall'art. 119, commi 1
e 2 Cost., introducendo una disciplina che non puo' nemmeno essere
qualificata quale principio generale di coordinamento, bensi' come
disciplina di dettaglio immediatamente applicativa. Tali circostanze
avrebbero reso necessario il coinvolgimento delle Regioni nella
formulazione dell'emendamento di cui al comma 15-bis dell'art. 13 del
d.l. n. 145/2013, inserito in sede di conversione.
Peraltro va evidenziato che, secondo un costante orientamento di
codesta ecc.ma Corte, "ai fini del giudizio di legittimita'
costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad attribuire
alle norme una natura diversa da quelle ad esse propria, quale
risulta dalla loro oggettiva sostanza" (ex multis, sentenze n. 164
del 2012, n. 182 del 2011 e n. 247 del 2010). Pertanto, "per
individuare la materia alla quale devono essere ascritte le
disposizioni oggetto di censura, deve farsi riferimento all'oggetto
ed alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro ratio e
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, cosi' da
identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse
tutelato" (sentenze n. 430, n.196 e n. 165 del 2007).
Tale considerazione impone di riflettere, in primo luogo,
sull'effettiva ascrivibilita' della disciplina recata dal comma
15-bis impugnato alla materia "tutela della concorrenza".
L'intervento in esame, come si e' gia' eccepito, non e' idoneo ad
ingenerare alcuna apertura concorrenziale del mercato, anzi,
appiattendo l'imposta IRESA ad un valore talmente basso da risultare
tamquam non esset, finisce per violare lo stesso principio
concorrenziale che vuole premiare le imprese piu' efficienti e
competitive (quelle che, per quanto qui rileva, si dotino di
apparecchi meno rumorosi ed inquinanti).
Piuttosto, dettando un preciso vincolo al legislatore regionale
nella disciplina di un tributo "proprio", il comma 15-bis dovrebbe
essere ricondotto, in via prioritaria, alla materia del
"coordinamento del sistema tributario".
Ad ogni modo, pur a voler ricondurre effettivamente il comma
15-bis alla competenza statale in materia di concorrenza, resta il
fatto che l'intervento in esame incide direttamente su un interesse
differenziato della Regione e che interferisce in misura rilevante
sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima in materia di
tributi regionali propri.
Ebbene, quando un medesimo oggetto sia imputabile a materie, non
solo diverse, ma anche sottoposte a diversi regimi competenziali,
(nelle ipotesi, cioe', in cui ricorra una c.d. "concorrenza di
competenze"), il legislatore statale e' tenuto ad "attribuire
adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, le cui
potenzialita' precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di
intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa
matrice» (sentenza n. 33 del 2011). E l'applicazione di questo canone
impone alla legge statale di predisporre adeguate modalita' di
coinvolgimento delle Regioni a salvaguardia delle loro competenze"
(ex multis Corte cost., sent. n. 230 del 2013, n. 33 del 2011, n. 219
del 2005, n. 50 del 2005).
Cio' non e' avvenuto nel caso di specie, posto che l'introduzione
della norma impugnata non e' stata preceduta da alcuna forma di
cooperazione tra il legislatore statale e le singole regioni, mentre
l'incidenza della disciplina di cui al comma 15-bis su un ambito
materiale sottoposto a diversi ambiti di competenze, ne avrebbe reso
necessario il coinvolgimento. L'eccepita lesione del principio di
leale collaborazione, che ridonda direttamente sulle attribuzioni
regionali di cui agli artt. 117 e 119 Cost., riguarda specialmente
quelle regioni che, come la Regione Lazio, in attuazione dell'art. 8,
d.lgs. n. 68/2011, hanno istituito e disciplinato autonomamente
l'IRESA quale tributo proprio.
Alla luce di quanto precede, si insiste affinche' venga
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma
15-bis, del d.l. n. 145/2013, inserito dalla legge di conversione n.
9 del 2014, anche per violazione dell'art. 120 Cost., in combinato
disposto con gli artt. 117 e 119 Cost., sotto il profilo di elusione
del principio di leale collaborazione.
P.Q.M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale, ogni contraria
istanza e deduzione disattesa, in accoglimento del presente ricorso,
dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 23
dicembre 2013, n. 145, recante "Interventi urgenti di avvio del piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del gas [per la riduzione dei premi RC-auto], per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015", convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio
2014, n. 9, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana n. 43 del 21 febbraio 2014, limitatamente all'articolo 13,
comma 15-bis, di tale atto normativo, inserito in sede di
conversione, per violazione delle competenze costituzionalmente
garantite in capo alla Regione Lazio dagli articoli 117, comma 3 e
119 Cost., letti anche congiuntamente all'art. 77 Cost.; per
violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e) Cost., in combinato
disposto con l'art. 3 della Costituzione; per violazione delle sfere
di attribuzione costituzionali della Regione ricorrente di cui agli
artt. 117, comma 3 e 119, commi 1 e 2 Cost., anche con riferimento
all'art. 11 del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 e all'art. 19 della legge
31 dicembre 2009, n. 196, di attuazione dell'art. 81 Cost.; nonche'
per lesione dei principi costituzionali di ragionevolezza e leale
collaborazione, sotto i profili e per le ragioni dinanzi esposte.
Si depositera', unitamente al presente ricorso notificato, la
seguente documentazione:
1) Delibera della Giunta regionale della Regione Lazio n.
196/2014;
2) Legge della Regione Lazio 29 aprile 2013, n. 2, Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2013 (art. 11, legge regionale
20 novembre 2001, n. 25), art. 5;
3) Segnalazione Antitrust prot. n. AS1071 del 27 agosto 2013
Roma, 15 aprile 2014;
4) Documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle
Province Autonome in data 6 dicembre 2012, ad oggetto: "IRESA
(imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili):
Modalita' applicative";
5) Relazione Tecnica dell'Assessorato Politiche di Bilancio,
Demanio e Patrimonio della Regione Lazio;
6) Stralcio della seduta del 6 febbraio 2014 della
Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione e stralcio della
Relazione del Servizio Studi della Camera dei Deputati sul comma
15-bis.
Roma, 17 aprile 2014
Prof. avv. Marini