Ricorso n.32 del 25 febbraio 2019 (della Regione autonoma della Sardegna)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 25 febbraio 2019 (della Regione autonoma della Sardegna).
(GU n. 18 del 2019-05-02)
Ricorso per la Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc. 80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore Francesco Pigliaru, in forza di procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dall'avv. Alessandra Camba (cod. fisc. CMBLSN57D49B354X; posta elettronica certificata: acamba@pec.regione.sardegna.it - fax: 070.6062418) e dal prof. avv. Massimo Luciani (cod. fisc.: LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in 00153 Roma, lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9;
Contro Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato ex lege, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 126, primo periodo, (limitatamente alle parole «, finalizzato» e alle parole «, a investimenti per la messa in sicurezza del territorio e delle strade»), secondo e terzo periodo; dell'art. 1, comma 875, limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso» fino alla fine del comma; della Tabella 8 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2018, n. 302, S.O., nonche' dell'art. 11-bis, comma 10, lettera a), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 11 febbraio 2019, n. 12, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2019, n. 36.
Fatto
1.- Oggetto del presente giudizio sono, in parte qua, i commi 126 e 875 (in una con la Tabella 8) della legge 30 dicembre 2018, n. 145, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2018, n. 302, S.O.
Per comodita' d'esposizione e' opportuno illustrare anzitutto il comma 875, il quale disciplina i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia.
Vi si prevede che, «al fine di assicurare il necessario concorso delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, entro il 31 gennaio 2019 sono ridefiniti i complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e ciascuno dei predetti enti, mediante la conclusione di appositi accordi bilaterali, che tengano conto anche delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018 e che garantiscano, in ogni caso, il concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo. In caso di mancata conclusione degli accordi entro il termine previsto dal primo periodo, in applicazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica previsti dagli articoli 117, terzo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, il contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8 allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento. Gli importi della predetta tabella 8 possono essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordi stipulati tra le regioni interessate entro il 30 aprile di ciascun anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 maggio del medesimo anno. L'importo del concorso previsto dai periodi precedenti e' versato al bilancio dello Stato da ciascuna autonomia speciale entro il 30 giugno di ciascun anno; in mancanza di tale versamento, il Ministero dell'economia e delle finanze e' autorizzato a recuperare gli importi a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Per la regione Friuli-Venezia Giulia resta ferma la disposizione dell'art. 1, comma 151, lettera a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220».
L'art. 11-bis, comma 10, lettera c), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, come novellato dalla legge di conversione approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati in data 7 febbraio 2019, ha modificato il comma in esame, sostituendo le parole «31 gennaio 2019» con le seguenti: «15 marzo 2019
La disposizione ora riportata reitera, in buona sostanza, il contenuto di analoghe previsioni contenute nelle precedenti leggi di bilancio. In particolare, si prevede la possibilita' per lo Stato e la Regione Sardegna (al quale ci si riferira' di seguito anche semplicemente come «Regione», non essendo qui toccata la posizione della Regione Friuli-Venezia Giulia) di stipulare un «accordo bilaterale» che definisca il concorso regionale alla finanza pubblica. Tuttavia, ove il termine decorra senza che le parti addivengano all'accordo (e di chiunque sia la responsabilita' della mancata convergenza di volonta'), il concorso alla finanza pubblica e' determinato nella cifra indicata dalla Tabella 8, allegata alla legge di bilancio. Essa puo' essere modificata, ma a condizione che rimanga invariato il «concorso complessivo» alla finanza pubblica. Si prevede, altresi', che la regione versi allo Stato il contributo di finanza pubblica entro il 30 giugno e che, in difetto, lo Stato possa operare attraverso i c.d. «accantonamenti», ovverosia trattenendo le somme dovute a titolo di compartecipazione ai tributi erariali. Il contenuto della tabella 8, infine, e' il seguente:
in milioni di euro
|
2019 |
2020 |
2021 |
Friuli-Venezia Giulia |
716 |
836 |
836 |
Sardegna |
536 |
536 |
536 |
Totale |
1.252 |
1.372 |
1.372 |
2.- Quanto al comma 126, esso istituisce e disciplina uno speciale fondo destinato agli interventi per la messa in sicurezza del territorio e delle strade.
Vi si prevede che «Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e' istituito un fondo, alimentato con le risorse residue del fondo di cui al comma 122, finalizzato, nell'ambito degli accordi tra lo Stato e le regioni a statuto speciale di cui al comma 875, a investimenti per la messa in sicurezza del territorio e delle strade. In caso di mancata conclusione, in tutto o in parte, degli accordi di cui al comma 875 entro il termine del 31 gennaio 2019, le somme del fondo di cui al primo periodo non utilizzate sono destinate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da raggiungere entro il 20 febbraio 2019, ad incrementare i contributi di cui ai commi 134 e 139, includendo trai destinatari anche le province e le citta' metropolitane, nonche' i contributi di cui al comma 107. In caso di mancata intesa il decreto e' comunque emanato entro il 10 marzo 2019».
Anche questo comma e' stato modificato dall'art. 11-bis, comma 10, lettera a), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, come introdotto dalla legge di conversione approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati in data 7 febbraio 2019, nel senso che il termine, inizialmente fissato al «31 gennaio 2019» e' stato spostato al «15 marzo 2019».
2.1.- Il fondo oggetto del comma in esame e' alimentato con le «risorse residue» del fondo di cui al comma 122. Quest'ultimo e' destinatario di una dotazione «di 2.780 milioni di euro per l'anno 2019, di 3.180,2 milioni di euro per l'anno 2020, di 1.255 milioni di euro per l'anno 2021, di 1.855 milioni di euro per l'anno 2022, di 2.255 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.655 milioni di euro per l'anno 2024, di 2.755 milioni di euro per l'anno 2025, di 2.590 milioni di euro per l'anno 2026, di 2.445 milioni di euro per l'anno 2027, di 2.245 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, di 2.195 milioni di euro per l'anno 2032, di 2.150 milioni di euro per l'anno 2033 e di 1.500 milioni di curo annui a decorrere dall'anno 2034» (cosi' il comma 122) ed e' destinato «oltre che per le finalita' previste dai commi 556, 826, 843 e 890, al rilancio degli investimenti degli enti territoriali» (comma 123).
Il comma 556 si limita a prevedere che «il fondo di cui al comma 122 e' ridotto di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2031, di 300 milioni di euro per l'anno 2032 e di 200 milioni di euro per l'anno 2033».
Il comma 826 opera un'ulteriore decurtazione al fondo di cui al comma 122 per le annualita' dal 2020 al 2028, al fine di finanziare i costi derivanti dall'esecuzione della sentenza della Corte costituzionale, n. 247 del 2017, che, attraverso una pronuncia interpretativa di rigetto, ha ripristinato le prerogative degli enti locali nell'utilizzo degli avanzi di amministrazione.
Il comma 843 attinge al fondo di cui al comma 122 per ulteriori 2.496,2 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020, al fine della copertura degli oneri per la riduzione del concorso alla finanza pubblica delle regioni ordinarie
Infine, il comma 890 sottrae al fondo di cui al comma 122 ulteriori 250 milioni di euro nelle annualita' dal 2019 al 2032 per la copertura degli oneri di finanziamento in favore delle province delle Regioni ordinarie, destinati a piani di sicurezza per scuole e strade.
2.2.- Una volta detratto quanto previsto dai commi 556, 826, 843 e 890, le «somme residue» a disposizione ammontano a 33,8 milioni di euro per l'anno 2019.
In caso di mancata stipula dell'accordo «in tutto o in parte [...] entro il 31 gennaio 2019», queste somme sono stornate per un diverso impiego.
Segnatamente, sono destinate ad aumentare i contributi statali gia' previsti ai commi 107, 134 e 139 dell'art. 1 della legge n. 135 del 2018 in favore dei comuni (commi 107 e 139) e delle regioni ordinarie (comma 134), con l'avvertenza che anche le province e le citta' metropolitane possono beneficiarne.
3.- Per completezza si deve osservare che la regolazione dei rapporti finanziari dello Stato con la Regione Sardegna (e con la Regione Friuli-Venezia Giulia) rappresenta un unicum nella legge di bilancio.
Come si e' gia' avuto modo di accennare, infatti, in altre disposizioni della legge di bilancio, lo Stato:
ha dato attuazione all'accordo sottoscritto il 16 novembre 2018 tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Presidente della Regione autonoma Valle d'Aosta (commi 877, 878 e 879);
ha dato attuazione all'accordo sottoscritto il 19 dicembre 2018 tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana (commi da 881 a 886);
ha previsto stanziamenti in favore delle Province autonome di Trento e Bolzano (comma 887);
ha dato esecuzione alle pronunce della Corte costituzionale in tema di finanza locale (comma 832);
ha previsto misure di favore nei confronti delle Regioni ordinarie (comma 843) e degli enti locali (commi 107, 134 e 139).
Le disposizioni indicate in epigrafe sono illegittime e gravemente lesive delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita' per i seguenti motivi di
Diritto
1.- Premessa. Le disposizioni censurate (e, in particolare, il comma 875 e la Tabella 8) si inseriscono nella complessa vicenda dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna, piu' volte scrutinata da codesta eccellentissima Corte e nota come «vertenza entrate», che ha visto le attribuzioni costituzionali e statutarie regionali vulnerate a piu' riprese e per differenti profili dal legislatore statale.
La regione ricorrente ha dovuto riscontrare che anche nella piu' recente legge di bilancio lo Stato, invece di ripristinare la legalita' costituzionale violata, ha nuovamente leso la sua autonomia finanziaria, protraendo e aggravando anche per il nuovo triennio di programmazione economico-finanziaria gli effetti incostituzionali che si erano gia' prodotti.
Tale circostanza e' ancor piu' grave, alla luce del fatto che lo Stato ha pattuito con l'Unione europea margini finanziari espansivi (il fatto e' notorio, cfr. anche la recentissima ordinanza della Corte costituzionale, n. 17 del 2019) e che il legislatore statale (facendo seguito agli accordi stipulati dall'Esecutivo) ha accolto le richieste di altre autonomie speciali (si vedano i commi 877 - 879 della legge di bilancio per la Regione Valle d'Aosta e 881 - 886 per la Regione Siciliana). A tal proposito e al fine di sgomberare il campo da ogni equivoco, si precisa che la ricorrente non intende certo dolersi delle misure favorevoli avviate nei confronti delle altre autonomie speciali: contenuto del presente gravame non e' la contestazione del trattamento favorevole riservato ad altre autonomie (che di per se' non incide sulle attribuzioni costituzionali della ricorrente), ma la rivendicazione delle attribuzioni costituzionali d'autonomia della Regione Sardegna, compromesse, una volta di piu', da un trattamento in malam partem.
1.1.- Prima di illustrare i motivi di ricorso, pero', e' necessario riepilogare sinteticamente le vicende principali della «vertenza entrate».
Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio tra la Ragioneria generale dello Stato e la Regione, il Ministero dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita' di una revisione dell'ordinamento finanziario regionale disciplinato dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo strumento di garanzia dell'autonomia economico-finanziaria della regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della fiscalita' che avevano reso parzialmente inoperativo il meccanismo di compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore.
Proprio in considerazione della palese insufficienza del quadro finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8 dello Statuto di autonomia, aumentando i canali di compartecipazione fissa alle entrate.
Contestualmente, lo Stato devolveva alla regione ulteriori 25 milioni di euro (comma 835), ma le imponeva il finanziamento integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (comma 836) e trasferiva all'ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuita' territoriale» (comma 837).
Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo art. 8 dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di euro), 2008 (371 milioni di euro) e 2009 (482 milioni di euro), specificando che «la nuova compartecipazione della regione Sardegna al gettito erariale entra a regime dall'anno 2010».
1.2.- Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8 dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra la Regione e lo Stato, concernente l'esecuzione dello stesso art. 8. In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi, ha riguardato i seguenti profili:
a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di dare esecuzione al riformato art. 8 attraverso la stipula di un accordo relativo alla capacita' di spesa regionale nel contesto del «Patto di stabilita' interno/territoriale». A questo proposito l'eccellentissima Corte (pur dichiarando inammissibile un conflitto proposto dalla regione avverso la nota ministeriale che negava l'accordo sul patto di stabilita' ampliando la capacita' di spesa della regione) ha accolto le tesi della regione, affermando che la riforma dell'art. 8 dello Statuto non puo' che riverberarsi immediatamente sull'equilibrio del bilancio regionale, tanto sul lato delle entrate, quanto su quello della spesa (cfr. sentenza della Corte costituzionale, n. 118 del 2012);
b) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di liquidare concretamente alla regione le maggiori somme derivanti dal rinnovato regime di compartecipazione, se non previa adozione di norme d'attuazione statutaria. Per questo profilo l'eccellentissima Corte costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare integralmente tutte le somme dovute, ha rivolto a quest'ultimo un severo monito affinche' si attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione al novellato art. 8 (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 95 del 2013);
c) la possibilita' per la regione di indicare come attivita' di bilancio in conto competenza le maggiori entrate derivanti dal riformato art. 8. A tal proposito, l'eccellentissima Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo Stato avverso una disposizione di legge regionale che consentiva alla regione di indicare in bilancio quelle somme (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 99 del 2012);
d) l'inclusione di alcune specifiche tipologie di entrate nella clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8 (che assegna alla regione i «sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici»; su questo profilo, come si dira' di seguito, sono intervenute le norme d'attuazione statutaria, a seguito di accordo in sede di «commissione paritetica»);
e) l'imposizione, da parte del legislatore statale, di contributi di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in via unilaterale nonche' nelle more dell'effettiva entrata a regime del nuovo sistema di compartecipazione. A tal proposito l'eccellentissima Corte costituzionale ha affermato che, nei confronti delle autonomie speciali, oneri nelle orme di generali contributi di finanza pubblica possono essere imposti esclusivamente attraverso il metodo pattizio, che deve essere sempre osservato. Inoltre, la Corte ha stabilito che, nell'esercizio della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», lo Stato puo' disporre unilateralmente obblighi di finanza pubblica solo se sono rispettati i seguenti limiti:
i vincoli di spesa devono avere ad oggetto non la generale autonomia finanziaria regionale, bensi' un ben specifico settore delle funzioni pubbliche regionali, nel quale si intende conseguire risparmi di spesa partitamente indicati (Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017);
non sono imponibili limiti di finanza pubblica per i settori di attivita' alla quale lo Stato non concorre almeno in parte (Corte costituzionale, sentenze numeri 341 del 2009 e 133 del 2010); il vincolo deve comunque consentire l'esercizio dell'autonomia regionale nell'allocazione delle risorse, pur nel rispetto del generale obiettivo di risparmio (Corte costituzionale, sentenza n. 82 del 2007);
il vincolo deve essere temporalmente limitato (Corte costituzionale, sentenza n. 199 del 2012);
non sono consentite proroghe dei vincoli e l'estensione dei contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo attraverso una nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione relativi al settore specifico per il quale rileva (Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017);
lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi di tali contributi di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti», ma tali somme devono comunque considerarsi nella disponibilita' contabile delle regioni e gli stessi accantonamenti non possono protrarsi per un periodo di tempo eccessivo e irragionevole (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 2015);
deve sempre essere consentita alle parti la possibilita' di intraprendere la via pattizia per regolare, anche a esercizio di bilancio inoltrato, i rapporti di finanza pubblica tra le parti (Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 2015);
non sono consentite, se non negli esatti limiti indicati dallo Statuto e dalle norme di attuazione statutaria, riserve erariali, ovverosia prelievi diretti a valere sulle risorse compartecipate (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012); gli accordi di finanza pubblica devono essere rispettati (Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017).
1.3.- Dopo le numerose e significative sollecitazioni di codesta eccellentissima Corte, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna hanno stipulato in data 21 luglio 2014 un «accordo in materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano i seguenti elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e Regione:
i) fissazione del livello massimo di spesa regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 1);
ii) certificazione del rispetto del patto di stabilita' regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2);
iii) determinazione dell'obiettivo programmatico per la finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2);
iv) determinazione del vincolo di bilancio per la regione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 e corrispondente non applicabilita', per la Sardegna, delle non compatibili disposizioni di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3);
v) determinazione del sistema di controllo sulla finanza regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4);
vi) composizione stragiudiziale del contenzioso in materia di finanza pubblica o, in caso di definizione giudiziaria, limitazione degli effetti positivi a favore della regione per un triennio (art. 5);
vii) recepimento, da parte della regione, delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6).
Alcune clausole dell'accordo sono state recepite dallo Stato tramite la loro trasposizione nell'art. 42, commi 9-12, del decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue:
«9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della regione Sardegna, l'obiettivo di patto di stabilita' interno della regione Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni di euro per l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia S.p.a.
10. A decorrere dall'anno 2015 la regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell'art. 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228.
11. Non si applica alla regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
12. La regione Sardegna nel 2014 non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al comma 461 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il rispetto del predetto limite».
Successivamente, nel dicembre del 2015, lo Stato e la Regione sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...] per il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno eliminato alcuni residui elementi d'incertezza concernenti il catalogo delle compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello Statuto (in particolare per quanto concerne le entrate derivanti da giochi e scommesse e la compensazione per la perdita di gettito derivante dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative per le patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno convenuto che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 8 della l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3, rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima in 4 annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3).
Contestualmente, la «commissione paritetica» ai sensi dell'art. 56 dello Statuto regionale ha licenziato il testo delle norme di attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito dal decreto legislativo n. 114 del 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148.
1.4.- Nelle more della stipula dell'accordo, pero', la Regione Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica sempre crescenti, alcuni dei quali imposti non in via temporanea, bensi' senza limiti di tempo.
In particolare, non prevedono limiti di tempo i seguenti accantonamenti:
l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della legge n. 147 del 2013 hanno determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000;
l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 1.428.404.000;
l'art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 903.303.000.
Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso), i seguenti accantonamenti:
l'art. 1, comma 526, della legge n. 147 del 2013 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 229.604.000 per il periodo 2014-2017;
l'art. 1, comma 400, della legge n. 190 del 2014 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 291.000.000 per il periodo 2015-2017.
1.5.- Nonostante l'apparente chiusura in via pattizia, la «vertenza entrate» si e' immediatamente riaperta, e non certo per responsabilita' dell'odierna ricorrente.
Appena diciasette mesi dopo la stipula e quindici mesi dopo il suo recepimento da parte del legislatore statale, la legge di bilancio per l'anno 2016 (legge n. 208 del 2015), al comma 680, ha imposto nuovi contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza far precedere tale imposizione dalla revisione dell'accordo di finanza pubblica.
Con la legge di bilancio successiva, poi, lo Stato ha ulteriormente definito e aggravato tale obbligo.
La regione, ritenendo che fosse stata cosi' violata la Costituzione, anche in riferimento all'accordo di finanza pubblica stipulato in data 21 luglio 2014 e successivamente recepito dal legislatore regionale, impugnava l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016.
In particolare, deduceva la regione, la clausola di cui all'art. 3 dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014 (a tenor del quale «a decorrere dall'anno 2015 [...] la Regione Sardegna si impegna a garantire il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012») aveva determinato il modo in cui la regione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionali. Per tale motivo la regione confidava nella stabilita' del quadro regolatorio dei rapporti economico-finanziari, con esclusione di nuovi oneri imposti dallo Stato per almeno un triennio (periodo che rappresenta l'arco di tempo di ordinaria programmazione di bilancio ai sensi della legge di contabilita' pubblica).
Nella sentenza n. 154 del 2017, l'eccellentissima Corte ha chiarito quale sia il regime dei rapporti di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna a seguito della stipula del menzionato accordo di finanza pubblica.
In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che:
l'accordo del 21 luglio 2014 «non escludeva affatto la possibilita' di imporre ulteriori contributi al risanamento finanziario, purche' fosse rispettato il metodo pattizio, nella specie garantito con la previsione di apposite intese da concludere con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»;
per tale ragione, il legislatore statale puo' chiamare le regioni autonome, compresa la ricorrente, a nuovi contributi di finanza pubblica, ma solo «previa intesa» con le medesime autonomie;
fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere anche con il coinvolgimento delle autonomie speciali, queste ultime non hanno «potesta' di deviare rispetto al comune percorso definito dalla Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato al fine di concordare il proprio contributo di finanza pubblica, in quanto «il principio di leale collaborazione [...] richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche»;
l'accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna «va ascritto al cosiddetto coordinamento dinamico della finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate per il governo di quest'ultima, come tali soggette a periodico adeguamento».
1.6.- Alla luce di tali statuizioni, gia' prima dell'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015, la Regione Sardegna chiedeva allo Stato di addivenire alla stipula di un nuovo accordo di finanza pubblica, specificamente rivolto al triennio 2017-2019 o al successivo triennio 2018-2020.
In particolare, per limitarsi alle interlocuzioni intervenute nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con nota del 24 marzo 2017, prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli affari regionali, il Presidente della regione ricordava che nei giorni 16 febbraio e 17 marzo 2017 si erano avute interlocuzioni tecniche tra l'assessore regionale al bilancio e il sottosegretario di Stato con delega agli affari regionali al fine di definire le linee di una nuova intesa tra Stato e Regione che subentrasse a quella stipulata in data 21 luglio 2014, destinata a esaurire i propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito, la regione chiedeva che si tenesse una riunione al fine di definire l'accordo di finanza pubblica per il successivo triennio. Tale richiesta e' rimasta inevasa.
La medesima richiesta e' stata rinnovata con nota prot. n. 1010 del 5 aprile 2017 dell'Assessore regionale al bilancio, indirizzata al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Successivamente, con nota prot. 3930 del 12 giugno 2017, il Presidente della regione ha nuovamente prospettato al Governo la necessita' di addivenire a un'intesa in materia di contributo di finanza pubblica, facendo presente che:
«la Sardegna, diversamente dalle altre regioni italiane, non ha ancora ripreso un sentiero di crescita economica dopo la forte crisi che ha investito l'Italia dal 2009 e mostra la maggiore riduzione del PIL tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il 2008 e il 2015)»;
«a partire dal 2012 (primo anno di applicazione degli accantonamenti di finanza pubblica) sono stati sottratti alla disponibilita' della regione 3,3 miliardi di euro di entrate proprie stabilite dalle norme statutarie»;
«a legislazione vigente permangono contributi di finanza pubblica, sotto la forma di accantonamenti a valere sulle entrate tributarie erariali compartecipate, dichiarati incostituzionali perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti per il contenimento della spesa sanitaria che la Regione Sardegna finanzia in proprio»;
«a partire dal 2018 la Sardegna chiede di rientrare in possesso di tali quote di entrate spettanti alla regione, in modo da superare il regime degli accantonamenti nel quadro di un nuovo accordo di finanza pubblica che tenga conto della capacita' fiscale e contributiva dei diversi territori italiani».
Infine, con successiva nota prot. n. 5870 del 1° settembre 2017, il Presidente della regione rivolgeva nuovamente un appello al Governo, al fine di recepire (almeno alcune del)le richieste regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da codesta eccellentissima Corte nel vasto contenzioso in tema di finanza pubblica intervenuto tra le parti del presente giudizio. Anche quell'appello e' rimasto inascoltato.
1.7.- Successivamente, l'art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha disposto che «[n]ell'anno 2019, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro.». Anche questa disposizione e' stata impugnata dalla ricorrente, per violazione delle sue attribuzioni in materia finanziaria, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione.
L'eccellentissima Corte costituzionale ha accolto il ricorso con la recentissima e fondamentale sentenza n. 6 del 2019, che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), nella parte in cui, nel triennio 2018-2020 e nelle more della definizione dell'accordo di finanza pubblica, non riconosce alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse, determinate secondo i criteri di cui in motivazione».
Si tornera' su quest'ultima decisione infra. Sin d'ora, pero', si deve ricordare che, con tale sentenza, codesta eccellentissima Corte ha affermato che il legislatore statale, nel regolare i rapporti finanziari con la Regione Sardegna:
non puo' ritardare l'esatta e piena esecuzione delle precedenti sentenze della medesima Corte;
nelle more della stipula dell'intesa non solo non puo' imporre ingiustificati sacrifici alla ricorrente, ma deve anche anticipare gli effetti della stipulanda intesa, sulla base dei criteri definiti desumibili dalla Costituzione e dai principi fondamentali dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le Autonomie speciali;
deve ispirare tanto gli atti amministrativi e le interlocuzioni con la regione quanto gli atti legislativi ai principi di chiarezza e trasparenza nell'elaborazione e rappresentazione dei dati finanziari e di bilancio.
Questi principi, come si vedra', sono stati di bel nuovo disattesi dalla legge n. 145 del 2018.
2.- Quanto all'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018, limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso» alla fine del comma, e all'annessa tabella 8.
Violazione degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, del principio dell'equilibrio dinamico di bilancio ex art. 81 della Costituzione, del principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 della Costituzione, del principio di leale collaborazione ex art. 117 della Costituzione e dell'art. 136 della Costituzione, in riferimento agli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' agli articoli 117 e 119 della Costituzione e all'art. 10 della legge costituzionale, n. 3 del 2001. Come si e' gia' detto in narrativa, l'art. 1, comma 875, della legge n. 145 del 2018, in una con la tabella n. 8, disciplina il contributo delle Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia alla finanza pubblica per il triennio 2017-2019.
2.1.- Detta disposizione ha una ben singolare impostazione: esordisce affettando un formale ossequio al principio dell'accordo tra lo Stato e le due Regioni, ma subito precisa che, comunque, l'accordo deve «garantire in ogni caso, il concorso complessivo alla finanza pubblica di cui al secondo periodo» del medesimo comma.
Il secondo comma disciplina l'eventualita' in cui le parti non pervengano alla stipula dell'accordo «entro il 31 gennaio 2019», circostanza che si e' puntualmente verificata.
Sulle ragioni per le quali non si e' stipulato l'accordo si tornera' infra (sub par. 2.5).
Subito, pero', si devono illustrare gli effetti prodotti dalla previsione in esame.
Dispone il secondo periodo dell'art. 875 che «il contributo complessivo alla finanza pubblica per gli anni dal 2019 al 2021 e' determinato in via provvisoria negli importi indicati nella tabella 8 allegata alla presente legge, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, salva diversa intesa con ciascuno dei predetti enti entro l'esercizio finanziario di riferimento». Il periodo successivo aggiunge che «gli importi della predetta tabella 8 possono essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordi stipulati tra le regioni interessate entro il 30 aprile di ciascun anno, da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 maggio del medesimo anno».
Come si vede, la legge consente alle parti di stipulare un accordo di finanza pubblica, ma tale accordo e' formalmente e sostanzialmente vincolato nel quantum. L'intesa con le regioni autonome, dunque, ove sia adottata, e' preordinata al solo riparto dell'onere tra le autonomie, alle quali, pero', non e' riconosciuto alcun potere di intervento sul quantum complessivo del contributo.
Tale modus procedendi e' illegittimo, in quanto violativo del principio di leale collaborazione, nella misura in cui, di fatto, azzera gli spazi disponibili al confronto tra lo Stato e le Regioni sul contributo regionale alla finanza pubblica. La soppressione di ogni spazio di autonomia economico-finanziaria determina ipso iure la violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e 117 della Costituzione, anche in riferimento alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto rappresenta un'ingiustificata e irragionevole lesione delle attribuzioni regionali in materia finanziaria ed esorbita dall'ambito competenziale dello Stato che, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, deve limitarsi a dettare i principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», senza poter determinare iussu principis, addirittura numericamente, il contenuto delle relazioni finanziarie con le regioni. La manifesta impossibilita' per la regione di addivenire a un accordo che le riconosca maggiori spazi, determinata dal contributo di finanza pubblica previsto unilateralmente dal legislatore statale, poi, determina anche la violazione delle attribuzioni amministrative regionali in materia finanziaria, tutelate non solo dagli articoli 7 e 8 dello Statuto, ma anche dall'art. 119 della Costituzione, ancora in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
Quanto sin qui dedotto trova conferma nella giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia.
Nella sentenza n. 154 del 2017, codesta eccellentissima Corte costituzionale ha stabilito che:
va «ribadito che - ancora per costante giurisprudenza costituzionale - i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono regolati dal principio dell'accordo, inteso, tuttavia, come vincolo di metodo (e non gia' di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e n. 118 del 2012)»;
«tale meccanismo puo' essere derogato dal legislatore ordinario, fino a che gli statuti o le norme di attuazione lo consentono (sentenza n. 23 del 2014; seguita dalle sentenze n. 19, n. 46, n. 77, n. 82, n. 238, n. 239 e n. 263 del 2015, n. 40 e n. 155 del 2016)»;
«Lo Stato, dunque, puo' imporre contributi al risanamento della finanza pubblica a carico delle Regioni a statuto speciale, quantificando, come nella specie, l'importo complessivo del concorso, e rimettendo alla stipula di accordi bilaterali con ciascuna autonomia, non solo la definizione dell'importo gravante su ciascuna di esse, ma, eventualmente, la stessa riallocazione delle risorse disponibili, anche a esercizio inoltrato (sentenza n. 19 del 2015)».
Alla luce di tali affermazioni di principio, l'eccellentissima Corte e' pervenuta a un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione scrutinata con la predetta sentenza n. 154 del 2017, affermando ch'essa si sarebbe dovuta leggere nel senso di consentire allo Stato e alle Regioni autonome interessate di modificare anche il quantum complessivo del contributo richiesto al comparto delle autonomie.
Tale possibilita' ermeneutica, pero', non e' consentita dalla previsione qui impugnata, che, come si e' visto, a piu' riprese insiste sull'invarianza del gettito complessivo nel triennio di programmazione.
Per vero, lo stesso orientamento era stato gia' seguito dall'eccellentisima Corte, nella sentenza n. 19 del 2015, nella quale si era affermato che la determinazione unilaterale preventiva del contributo delle autonomie speciali alla manovra puo' essere «conforme a Costituzione», purche' siano rispettati i «termini appresso specificati relativamente al carattere delle trattative finalizzate all'accordo».
Tali termini sono i seguenti:
i) deve sussistere un «margine di negoziabilita'» del contributo delle Regioni autonome;
ii) tale margine di negoziabilita' non puo' limitarsi (come accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie componenti presenti nella citata tabella relative alle diverse autonomie speciali, con obbligo di integrale compensazione tra variazioni attive e passive», per l'ovvia considerazione che «ogni margine di accordo comportante un miglioramento individuale dovrebbe essere compensato da un acquiescente reciproco aggravio di altro ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il meccanismo normativo [...] sarebbe sostanzialmente svuotato dalla prevedibile indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi l'onere dei miglioramenti destinati ad altri e, conseguentemente, sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione e dell'autonomia finanziaria regionale»;
iii) «lo strumento dell'accordo», invece, deve servire a «determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante»;
iv) proprio a tale proposito la Corte ha richiamato la «prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi stipulati in questa materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il Governo e la Regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 28 ottobre 2014)»;
v) «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, puo' e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l'accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruita' di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»;
vi) in conclusione, «l'oggetto dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale».
Nel caso di specie, come gia' detto, non ci sono spazi per una rimodulazione dei carichi finanziari previsti in capo alle regioni, sicche' la disposizione in esame non puo' che essere dichiarata illegittima per i segnalati vizi. Si aggiunga che il comma 875 nemmeno consente alla regione di recuperare spazi d'autonomia in ambiti diversi rispetto a quello dei rapporti economico-finanziari, ad esempio nel campo dell'imposizione tributaria o della finanza locale, come l'eccellentissima Corte ha suggerito al legislatore, menzionando le «diverse componenti delle relazioni finanziarie» che «trascendono la misura del concorso regionale».
In conclusione, la via pattizia e' formalmente menzionata, ma sostanzialmente impedita dal comma impugnato, che deve essere annullato in una con l'annessa «Tabella 8».
2.2.- Come si e' visto in narrativa, il contributo di finanza pubblica previsto dalla disposizione in esame e' temporalmente definito e limitato a un triennio. Anche in questo caso, pero', dietro la forma del dictum legislativo si cela una ben diversa sostanza della configurazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la ricorrente.
Le Regioni e le Province autonome sono onerate dei contributi di finanza pubblica aggravati dalla previsione degli «accantonamenti» (ovverosia delle trattenute operate dallo Stato a valere sulle entrate erariali compartecipate) sin dal 2011. I contributi imposti alla regione sono costantemente aumentati. Si e' passati dai circa 160 milioni di euro previsti tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 (cfr. art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011; art. 35, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012; art. 4, comma 11, del decreto-legge n. 16 del 2012) agli oltre 684 milioni di euro imposti nel 2018. Cio' sta a significare che il legislatore statale, anche attraverso tecniche legislative piu' volte stigmatizzate da codesta eccellentissima Corte costituzionale (come l'allungamento, anno per anno, della durata dei contributi inizialmente imposti: cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017, par. 4.6.2.2) ha eluso il principio della temporaneita' dei contributi di finanza pubblica. Tale elusione si produce e si aggrava ulteriormente anche nel caso di specie, in quanto protrae i contributi di finanza pubblica per ulteriori 3 anni, sino al 2020, per un ammontare particolarmente elevato.
Risulta violato - si ribadisce - il principio di temporaneita' delle imposizioni economico-finanziarie. Tale circostanza costituisce elemento sintomatico della violazione degli articoli 117 della Costituzione e 7 e 8 dello Statuto sardo.
Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica alle regioni ordinarie e alle autonomie speciali, ma solo in presenza di un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto per un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sentenza n. 193 del 2012, ad esempio, codesta eccellentissima Corte costituzionale ha ricordato di essersi «espressa sulla non incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto dalla propria costante giurisprudenza - che [sono legittime] le norme che "si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi" (sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)». Ove tale limite non sia rispettato, il contributo di finanza pubblica imposto alle regioni costituisce disposizione «di dettaglio» in una materia affidata alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, con la conseguenza ch'essa esorbita dall'ambito competenziale riconosciuto al legislatore statale.
Per tale ragione, il contributo di finanza pubblica imposto con il comma in esame, eludendo l'obbligo di temporaneita' delle misure restrittive di finanza pubblica piu' volte sancito dall'eccellentissima Corte costituzionale, e' violativo dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, per avere lo Stato debordato dall'ambito di competenza legislativa concorrente nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo, che tutelano l'autonomia finanziaria della regione.
2.3.- Il comma in esame e' anche violativo degli articoli 3, 81, 97 e 136 della Costituzione, in relazione alle attribuzioni di autonomia statutaria e costituzionale della ricorrente in materia economico-finanziaria, ex articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 118 della Costituzione.
Lo stesso legislatore statale stabilisce che l'accordo con la regione ricorrente deve tenere «conto anche delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, n. 154 del 4 luglio 2017 e n. 103 del 23 maggio 2018». Cio' sta a significare che gli «spazi finanziari» disponibili dovrebbero consentire:
di rimuovere il contributo di finanza pubblica previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, in ossequio a quanto stabilito dall'eccellentissima Corte nella sentenza n. 77 del 2015;
di consentire alla regione di concorrere, previa intesa, al contributo di finanza pubblica previsto per l'intero comparto delle regioni e delle province autonome dagli articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392, 394 e 528, della legge n. 132 del 2016, come prospettato dall'eccellentissima Corte nelle sentenze numeri 154 del 2017 e 103 del 2018.
Ebbene, e' del tutto evidente che, a fronte dei dati numerici inseriti nella Tabella 8, la legge impugnata ha assegnato alle parti un obiettivo impossibile.
Valga il vero.
Per gli anni 2019, 2020 e 2021, sono tuttora imposti sulla regione i seguenti contributi di finanza pubblica (corredati dal meccanismo degli accantonamenti sulle compartecipazioni):
148,5 milioni di euro derivanti dagli articoli 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011; dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012; dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge n. 16 del 2012;
101,7 milioni di euro derivanti dagli articoli 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012; 1, comma 481, della legge n. 147 del 2013;
285,3 milioni di euro derivanti dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012.
Ne viene un totale di 535,5 milioni di euro (tanto risulta dal decreto ministeriale MEF 10 ottobre 2018, che ha definito l'ammontare di tutti i contributi richiesti alla Regione per l'esercizio di bilancio appena passato).
Secondo le indicazioni del comma impugnato, da questa somma:
deve essere sottratto il contributo di finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, pari a 285 milioni di euro l'anno;
dovrebbe essere aggiunta la quota spettante alla regione dei contributi di cui alle leggi n. 208 del 2015 e 232 del 2016, pari a 219 milioni di euro l'anno (questa cifra si evince dalla proposta formulata dalla PCM alla Regione Sardegna concernente i contributi ora menzionati, cfr. Nomta della PCM - DAR prot. n. 1834 del 31 gennaio 2017).
Al netto delle sole decisioni assunte dallo Stato, dunque, i contributi richiesti dalla disposizione qui impugnata sarebbero pari a 468,7 milioni di euro.
Si tratta di una cifra ben minore di quella imposta dalla Tabella 8, pari a € 536 milioni di euro, dunque con una differenza di circa 67,3 milioni di euro.
Si badi: tale calcolo e' formulato secondo il peggiore scenario immaginabile, nel contesto della presente controversia, per la regione Sardegna. Il contributo di 219 milioni di euro sopra ipotizzato, infatti, e' stato calcolato recependo acriticamente la proposta elaborata da parte dell'Amministrazione statale. Tale proposta, pero', in ossequio al principio di leale collaborazione, deve essere oggetto di franca contrattazione tra le parti, anche in ragione dei criteri guida per la determinazione del concorso alla finanza pubblica elencati nella predetta sentenza della Corte costituzionale, n. 6 del 2019, sicche' potrebbe anche modificarsi in senso piu' favorevole per la regione.
In altri termini: le somme che devono essere «scorporate» dal contributo sinora imposto alla regione sono certe, mentre quelle che devono essere «sommate» sono incerte.
Nondimeno, anche a voler prendere per buona l'ipotesi di parte statale, gli spazi finanziari previsti dalla normativa censurata sarebbero certamente insufficienti.
Ne consegue che, dato che il contributo complessivo previsto dal comma in esame non puo' essere modificato, e' evidente che il legislatore statale, con la disposizione in esame, ha aumentato l'imposizione complessiva a carico della finanza regionale e si e' sottratto all'esecuzione della sentenza della Corte costituzionale, n. 77 del 2015, in quanto difettano gli spazi finanziari per poter «assorbire» la doverosa soppressione del contributo di finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012.
Alla luce di quanto sin qui osservato, e' evidente che la disposizione in esame, in una con la Tabella 8:
viola il principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, nella misura in cui regola i rapporti finanziari tra Stato e Regione Sardegna in maniera palesemente contraddittoria con gli obiettivi prefissati dallo stesso legislatore statale;
viola il principio del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 della Costituzione e il principio di leale collaborazione ex art. 117 della Costituzione, atteso che mette i competenti organi e uffici statali e regionali nella condizione di dover raggiungere un accordo di finanza pubblica le cui basi legislative sono inconciliabili con le finalita' stabilite tanto dalla legge quanto dai principi costituzionali;
viola l'art. 136 della Costituzione che regola gli effetti del «giudicato costituzionale» e impone al legislatore statale di «provvedere nelle forme costituzionali» a dare esecuzione alle sentenze dell'eccellentissima Corte, in quanto il legislatore statale si sottrae di bel nuovo all'onere di dare applicazione alla sentenza della Corte costituzionale, n. 77 del 2015;
viola gli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo nonche' gli articoli 117 e 119 della Costituzione, che tutelano l'autonomia economico-finanziaria regionale, qui illegittimamente compressa.
2.4.- Si e' visto supra che il comma 875 e la tabella 8 sono intimamente contraddittori, in quanto prevedono l'esecuzione della sentenza della Corte costituzionale, n. 77 del 2015, ma negano gli adeguati «spazi finanziari» necessari per provvedervi.
Occorrono, pero', due ulteriori precisazioni.
2.4.1.- In primo luogo, quelle derivanti dalla sentenza n. 77 del 2015 non sono le uniche somme che la Regione Sardegna deve recuperare a seguito di una pronuncia dell'eccellentissima Corte costituzionale.
Non vanno dimenticate, infatti, le sentenze numeri 205 del 2016 e 84 del 2018, con cui l'eccellentissima Corte ha affermato l'obbligo del legislatore statale di disporre la riallocazione delle risorse non piu' destinate alle province e intese a finanziare le funzioni non piu' svolte da quegli enti intermedi, riallocazione da effettuare in favore degli enti subentranti, tra i quali e' la ricorrente.
Secondo le elaborazioni degli uffici competenti prodotte secondo i criteri stabiliti dalla Commissione affari finanziari della conferenza delle regioni, che si depositano in giudizio, le risorse che devono essere riallocate in favore della Regione Sardegna ammontano a circa 33 milioni di euro annui per le annualita' 2016, 2017 e 2018.
Nemmeno in questo caso, pero', il legislatore statale si e' premunito di approntare le necessarie risorse finanziarie. Anche per questo profilo, dunque, risultano evidenti i vizi sopra illustrati di violazione dell'art. 3, 97 e 136 della Costituzione, in riferimento alle attribuzioni statutarie e costituzionali della ricorrente in materia finanziaria, ex articoli 7 e 8 dello Statuto nonche' ex articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione.
2.4.2.- La recentissima sentenza n. 6 del 2019 ha nuovamente precisato le modalita' attraverso le quali sia lo Stato sia le regioni e le province autonome devono dare esecuzione alle pronunce di codesta eccellentissima Corte costituzionale.
In particolare, si e' ribadito «il principio, secondo cui gli oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalita' adottate in subiecta materia possono essere traslati su esercizi successivi laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni conformi all'art. 81 Cost. e agli altri precetti costituzionali di ordine finanziario (sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015)».
Nondimeno, «le diacroniche rimodulazioni derivanti dalle pronunzie di questa Corte non possono essere rinviate ad libitum, ma devono essere adottate tempestivamente e comunque entro la prima manovra di finanza pubblica utile, perche' altrimenti gli interessi costituzionalmente tutelati rimarrebbero nella sostanza privi di garanzia».
Le «pronunzie adottate nella materia finanziaria», infatti, «ingenerano nei soggetti destinatari un obbligo a ottemperare che non contrasta con la naturale ampia discrezionalita' in sede legislativa nel determinare le politiche finanziarie, ma la circoscrive parzialmente entro il limite della doverosa conformazione alle statuizioni del giudice costituzionale».
A tal proposito, «in presenza di un difetto di copertura di spese obbligatorie accertato in sede di giudizio costituzionale, e' stato statuito che la doverosita' dell'adozione di appropriate misure da parte della Regione - pur rimanendo ferma la discrezionalita' della stessa nell'adozione della propria programmazione economico-finanziaria - viene a costituire un limite nella determinazione delle politiche di bilancio di futuri esercizi, circoscrivendone la portata attraverso il «rispetto del principio di priorita' dell'impiego delle risorse disponibili» (sentenza n. 266 del 2013) per coprire le spese derivanti dalle pronunce del giudice costituzionale (in tal senso anche sentenze n. 188 del 2016 e n. 250 del 2013)».
In questo senso, «e' proprio il meccanismo della "priorita' di intervento finanziario" a connotare il principio dell'equilibrio dinamico come giusto contemperamento, nella materia finanziaria, tra i precetti dell'art. 81 della Costituzione, la salvaguardia della discrezionalita' legislativa e l'effettivita' dei vincoli costituzionali».
Alla luce delle indicazioni della sentenza della Corte costituzionale, n. 6 del 2019, e' doveroso concludere nel senso che la mancata ottemperanza alle menzionate sentenze numeri 77 del 2015, 205 del 2016 e 84 del 2018 costituisce elemento sintomatico della violazione non solo dell'art. 136 della Costituzione, ma anche dell'art. 81 della Costituzione, atteso che l'illegittima imposizione di un contributo di finanza pubblica alle regioni e la mancata riassegnazione delle risorse per le ex funzioni provinciali equivalgono, in termini contabili, a un «difetto di copertura» nel bilancio dello Stato, che il legislatore statale dovrebbe sanare secondo il «principio di priorita'», ovverosia «entro la prima manovra di finanza pubblica utile».
Anche tale vizio, ovviamente, e' censurabile in questa sede, in quanto - per le ragioni piu' volte illustrate - ridonda in compressione delle attribuzioni regionali in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, della Costituzione), copertura delle funzioni pubbliche di competenza (art. 119 della Costituzione), speciale autonomia finanziaria della Sardegna (articoli 7 e 8 dello Statuto).
2.5.- Gli articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione e gli articoli 7 e 8 dello Statuto, ancora in riferimento al principio del rispetto del giudicato costituzionale e dell'equilibrio dinamico di bilancio, sono violati (con illegittima compressione dell'autonomia finanziaria regionale) anche per un altro profilo.
La menzionata sentenza della Corte costituzionale, n. 6 del 2019, ha affermato che il legislatore statale, nelle more della stipula dell'accordo di finanza pubblica, non puo' imporre all'odierna ricorrente oneri sostanzialmente «espropriativi» delle risorse finanziarie regionali. Al contrario, «fermo restando l'istituto dell'accordo come principale strumento attuativo del principio di leale collaborazione tra Stato e autonomia speciale nella materia finanziaria e - conseguentemente - impregiudicata la possibilita' che la trattativa tra Stato e Regione autonoma Sardegna possa riprendere con immediato esito costituzionalmente conforme, deve essere comunque assicurato per il triennio 2018-2020 un tempestivo, ragionevole e proporzionato contributo dello Stato, che anticipi, nel corso dell'esercizio 2019, gli effetti dell'accordo in itinere nel caso in cui quest'ultimo non venga stipulato con analoga tempestivita'».
E' la stessa sentenza a illustrare in che modo deve essere definito questo «tempestivo, tagionevole e proporzionato contributo» che «anticipi» gli effetti positivi dell'accordo:
«nella determinazione di tale concorso gli elementi da sottoporre a ragionevole e proporzionata ponderazione - al fine di concretizzare il principio di leale cooperazione tra Stato ed enti territoriali, conciliando le istanze di politica economica generale con la struttura regionalista del nostro ordinamento - sono ricavabili direttamente dalla vigente legislazione e dalla giurisprudenza di questa Corte» e sono i seguenti:
«andamento storico delle entrate e delle spese della regione, antecedente all'entrata in vigore della legge n. 42 del 2009»; ii) «dimensione della finanza regionale rispetto alla finanza pubblica complessiva»;
iii) «funzioni esercitate e relativi oneri»;
iv) «svantaggi strutturali permanenti», relativi in particolare a «costi dell'insularita'» e «reddito pro capite» rispetto alla media nazionale;
v) valore medio dei contributi di finanza pubblica imposti al comparto delle autonomie; vi) costi di «finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»; vii) principio dell'equilibrio dinamico di bilancio.
Secondo quanto illustrato dai competenti uffici regionali, in applicazione delle «linee guida» dettate da codesta eccellentissima Corte, lo Stato avrebbe dovuto determinare in favore della Regione Sardegna un ulteriore contributo, tale da consentire alla regione di recuperare uno svantaggio strutturale che si compone (quantomeno) delle seguenti voci:
660 milioni di euro di costi aggiuntivi da trasporto marittimo;
432 milioni di euro per assenza di rete di metanodotto;
minori entrate in ragione di un FIL pro capite pari a poco piu' del 70% della media nazionale.
Cosi' pero' non e' accaduto: il comma 875 e la tabella 8 non stanziano risorse adeguate a tale «ragionevole contributo». Ne consegue che lo Stato ha regolato i rapporti finanziari con la regione in maniera illegittima, irragionevole e contraria ai chiarissimi ditta di codesta eccellentissima Corte, in violazione degli articoli 117, comma 3, 119 e 136 della Costituzione, nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto.
3.- Quanto all'art. 1, comma 126, della 1. n. 145 del 2018. Violazione degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; violazione del principio di leale collaborazione ex art. 117 della Costituzione. Come si e' visto in narrativa, l'art. 1, comma 126, della legge n. 145 del 2018 stanzia alcune risorse da devolvere alle Regioni Sardegna e Friuli-Venezia Giulia «nell'ambito degli accordi tra lo Stato e le regioni a statuto speciale di cui al comma 875» (sopra esaminato), da destinare a «investimenti per la messa in sicurezza del territorio e delle strade».
Si prevede, altresi', che, «in caso di mancata conclusione, in tutto o in parte, degli accordi di cui al comma 875 entro il termine del 31 gennaio 2019», le somme sono destinate ad altri interventi, anche a favore delle regioni ordinarie, dei comuni, delle province e delle citta' metropolitane.
Tale disposizione e' incostituzionale per una pluralita' di profili.
3.1.- In primo luogo, e' violata l'autonomia finanziaria regionale, tutelata dagli articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione, nonche' 7 e 8 dello Statuto, in quanto al legislatore statale non e' concesso prevedere trasferimenti alle regioni con destinazione vincolata, ove tale destinazione rientri nelle competenze regionali.
A tal proposito e' maturato un orientamento giurisprudenziale pacifico, nel senso che «questa Corte ha stabilito, con giurisprudenza univoca e costante, che la legittimita' della destinazione di fondi a finalita' specifiche, operata da leggi dello Stato, e' condizionata dalla finalizzazione dei finanziamenti ad opere o servizi di competenza statale. Al riguardo la Corte ha affermato: «La finalizzazione a scopi rientranti in materia di competenza residuale delle regioni o anche di competenza concorrente comporta la illegittimita' costituzionale delle norme statali» (sentenza n. 231 del 2005; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 118 del 2006, n. 424 del 2004, n. 370 del 2003)» (cosi' la sentenza della Corte costituzionale, n. 105 del 2007).
Per tale ragione, la disposizione impugnata e' illegittima nella parte in cui devolve le risorse stanziate a finalita' specifiche, di competenza regionale. Tale vizio deve essere sanato con un intervento ablativo, limitato:
al primo periodo, dopo le parole «comma 122», alle parole «, finalizzato»;
ancora al primo periodo, dopo le parole «di cui al comma 875», alle parole «a investimenti per la messa in sicurezza del territorio e delle strade».
3.2.- Gli articoli 117, comma 3, e 119 della Costituzione e 7 e 8 dello Statuto, insieme al principio di leale collaborazione sono violati anche per un diverso profilo.
Come si e' detto, in caso di mancato accordo le somme sono stornate verso altri impieghi e, in particolare, a vantaggio anche di altri enti, diversi dalle due regioni autonome indicate dal comma 875.
La disposizione impugnata, dunque, non garantisce la ricorrente nel caso in cui il termine decorra infruttuosamente, nonostante la regione si sia offerta al dialogo con lo Stato in pieno spirito collaborativo.
Secondo la costante giurisprudenza di codesta eccellentissima Corte costituzionale, «il principio di leale collaborazione [...] "richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche"» (cosi' ex plurimis la sentenza della Corte costituzionale, n. 154 del 2017).
Al dovere di collaborazione non puo' che fare da contrappunto la necessita' di tutelare una parte rispetto alle c.d. «condotte di blocco» (piu' volte sanzionate dall'eccellentissima Corte) dell'altra. Tanto, pero', non accade nel caso di specie. La struttura della norma, infatti, consente allo Stato di recuperare piena potesta' di destinazione delle risorse stanziate pel solo fatto che il termine indicato dalla legge decorra infruttuosamente, cosi alterando l'equilibrio tra le parti che e' garantito dal principio di leale collaborazione.
A tal proposito, come gia' osservato supra, codesta eccellentissima Corte costituzionale ha costantemente affermato che le disposizioni che regolano i rapporti di finanza pubblica tra Stato e Regioni autonome rinviando alla stipula di un'intesa possono disciplinare il caso di mancato conseguimento dell'accordo attraverso una norma che «deve sempre avere una valenza provvisoria in relazione all'auspicato raggiungimento dell'intesa in tempi utili alle future manovre» (sent. n. 19 del 2015), anche in ragione' del fatto che «il contributo collaborativo dello Stato in sede istruttoria e nella sede collegiale della Conferenza non puo' ridursi alla merci attesa della scadenza del termine» (sent. n. 39 del 2013).
In questo senso, «la determinazione unilaterale» dei rapporti finanziari «deve essere concepita come rimedio ultimo per assicurare il rispetto dei vincoli europei connessi alla manovra di bilancio» (sent. n. 19 del 2015), mentre nel caso di specie essa e' disposta automaticamente, senza presuppone alcuna responsabilita' regionale e in senso irragionevolmente punitivo nei confronti delle due regioni autonome contemplate dal comma 875.
Non basta. Codesta eccellentissima Corte ha costantemente affermato che la centralita' dell'accordo di finanza pubblica tra Stato e autonomie speciali e' tale che «le risorse disponibili [...] ben possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato».
Tale possibilita', pero', e' irragionevolmente negata nel caso di specie. Per soprammercato, questa previsione e' ancor piu' lesiva delle attribuzioni della ricorrente proprio perche' le risorse in oggetto vengono stornate a favore di altri enti, addirittura estranei all'ambito territoriale regionale.
3.3.- Per queste ragioni, devono essere dichiarati incostituzionali i periodi secondo e terzo del comma 126, nella parte in cui prevedono (a seguito della novellazione ex art. 11-bis del decreto-legge n. 135 del 2018) che «in caso di mancata conclusione, in tutto o in parte, degli accordi di cui al comma 875 entro il termine del 15 marzo 2019, le somme del fondo di cui al primo periodo non utilizzate sono destinate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da raggiungere entro il 20 febbraio 2019, ad incrementare i contributi di cui ai commi 134 e 139, includendo tra i destinatari anche le province e le citta' metropolitane, nonche' i contributi di cui al comma 107. In caso di mancata intesa il decreto e' comunque emanato entro il 10 marzo 2019».
4.- Quanto all'art. 11-bis, comma 10, lettera a), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge con modificazioni dalla legge approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati in data 7 febbraio 2019. Violazione degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; violazione del principio di leale collaborazione ex art. 117 della Costituzione. Come esposto in narrativa, l'art. 11-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, alle lettera a) e c), ha novellato rispettivamente i commi 126 e 875 della legge impugnata, nel senso di modificare il termine per la stipula degli accordi di finanza pubblica dal 31 gennaio 2019 al 15 marzo 2019. La novella di cui alla lettera a) e' costituzionalmente illegittima, in quanto proroga un termine previsto da altra disposizione affetta da gravi vizi di costituzionalita'.
Ne risulta una illegittimita' derivante dalla violazione dei medesimi sopra invocati nel censurare l'art. 1, comma 126, della legge n. 145 del 2018, e per le ragioni sopra illustrate, cui per economia processuale si rinvia.
P. Q. M.
La Regione autonoma della Sardegna, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta eccellentissima Corte costituzionale voglia:
accogliere il presente ricorso;
per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 126, primo periodo, limitatamente alle parole «, finalizzato» e alle parole «, a investimenti per la messa in sicurezza del territorio e delle strade», secondo e terzo periodo; dell'art. 1, comma 875, limitatamente alle parole da «e che garantiscano, in ogni caso» fino alla fine del comma; e della Tabella 8 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2018, n. 302, S.O., nonche' dell'art. 11-bis, comma 10, lettera a), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 145, come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2019, n. 36.
Si deposita copia conforme all'originale della delibera della giunta regionale della Regione autonoma della Sardegna n. 7/57 del 12 febbraio 2019.
Roma-Cagliari, 22 febbraio 2019
Avv. Camba - Avv. Prof. Luciani