Ricorso n. 32 del 27 febbraio 2012 (Regione Molise)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 febbraio 2012 (della Regione Molise).
-(GU n. 13 del 28.03.2012 )
Ricorso della Regione Molise (P. IVA...) in persona del Legale Rappresentante, il Presidente pt, On.le Angelo Michele Iorio, rappresento e difeso, giusta mandato a margine del presente atto ed in virtu' di delibera giuntale di incarico n. 116 del 20 febbraio 2012, dall'avv.to Vincenzo Colalillo (...) presso il quale elettivamente domicilia in Roma alla via Albalonga n. 7 (studio Avv. Clementino Palmiero) (fax ... - Pec: ...);
Contro:
1) Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri in carica pro tempore;
2) Governo della Repubblica Italiana, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 23, commi da 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21, del decreto legge n. 201/2011, cosi come convertito, con modificazioni, dalla Legge di conversione, 22 dicembre 2011, n. 214, pubblicata sulla G.U. n. 300, G.O. del 27 dicembre 2011, per violazione degli articoli 5, 1 1 4, 1 1 7, commi 2 lett. p, 4 e 6, 118 e 119 della Costituzione, anche sotto il profilo di violazione del principio della leale collaborazione.
Fatto e diritto
La Regione Molise, e' stata istituita originariamente dalla legge costituzionale n. l del 27 dicembre 1963, originariamente con la sola Provincia di Campobasso, e successivamente, con legge costituzionale n. del , anche dalla Provincia di Isernia.
Inoltre dette Province sono elevate a livello istituzionale dallo statuto regionale del Molise, approvato, ai sensi dell'art. 123, 2° comma, Costituzione, giusta legge n. 347 del 22 maggio 1971, previa deliberazione di Consiglio Regionale del Molise del 26 gennaio e 12 e 23 marzo 1971.
D'altro canto, l'intero assetto organizzativo e legislativo della gestione del territorio molisano si articola secondo i principi di collaborazione verticale ed orizzontale delle due Province con la Regione, anche nella gestione del territorio.
Da cio', l'interesse sostanziale a che la Regione Molise permanga nel suo assetto istituzionale e territoriale, (con la presenza delle due Province nell'attuale posizione istituzionale, con i relativi compiti gestionali/organizzativi) con la necessita' di intervenire a far dichiarare l'illegittimita' delle disposizioni legislative che, di recente, incidono su tale assetto territoriale/istituzionale.
L'art. 23 del D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011, dal comma 14 al comma 21, contiene norme di sostanziale abolizione
delle Province, che la Regione Molise ritiene lesive delle competenze degli Enti Locali) inerenti il suo territorio = previsti direttamente dalla Costituzione e, di conseguenza, ma anche direttamente, lesive delle attribuzioni legislative regionali, delle stesse prerogative regionali costituzionalmente garantite e, in generale, dell'autonomia regionale.
I Consigli Provinciali di Campobasso ed Isernia hanno avanzato al Presidente della Giunta Regionale del Molise la richiesta propositiva di impugnare alla Corte Costituzionale l'art. 23, commi 14, 15, 16, 17, 18 19, 20, 20-bis e 21 del D.L. 211/2011, convertito dalla L. n. 214/2011.
La Regione e' legittimata a proporre la presente impugnativa per la lesione diretta subita dalle norme contestate, ma anche per la lesione delle prerogative costituzionali delle Province di Isernia e Campobasso, che si riflette sulla posizione istituzionale della Regione stessa.
Piu' volte si e' pronunciata codesta Ecc.ma Corte nel senso di ammettere censure relative a compressione di sfere di attribuzione provinciale o degli altri enti locali disciplinati dall'art. 114 della Cost. (nel testo di cui all'art. 1 legge Cost. del 18 ottobre
2001, n. 3), da cui deriva una compressione dei poteri delle Regioni (Corte Cost., nn. 417/2005, 196/2004, 95/2007,169/2007, 289/2009). E' di tutta evidenza, come si spieghera' in prosieguo, l'esistenza di tale profilo di illegittimita' costituzionale nella presente fattispecie, laddove la "compressione" coincide con la "sostanziale abolizione" stessa delle Province.
D'altro canto, nel vigente assetto costituzionale, proprio il riconosciuto rilievo delle autonomie locali contenuto nei principi fondamentali della Carta Costituzionale (art. 5) e radicalizzati nell'assetto istituzionale della Repubblica (art. 114, 1° comma Costituzione), impone una garanzia a tutela dell'unitarieta' della Repubblica e della decentrata sovranita' del popolo nel territorio localizzato.
Infatti, con la impugnata disposizione legislativa, l'Ente Provincia non si presenta piu' come esponenziale della collettivita' locale e attuatore dei principi garantivi alla Regione ed in cio' in palese contrasto con i precetti costituzionali. La stessa Corte Costituzionale ha gia' rilevato che nell'assetto costituzionale non devono essere violate le sfere di attribuzione garantite alla Regione, quale organo legislativo e di indirizzo, ma anche, a livello di principio, alle Province (a rilevanza costituzionale, ex art. 114 Cost.) e necessitate nel riparto attuativo dei rapporti Stato - Regione - Enti Locali, cui e' devoluta anche l'attuazione delle esercitate competenze legislative dello Stato (Corte Cost. n. 261/2011).
In tale ottica, non sembra utilizzabile l'istituto della legge ordinaria per il "declassamento istituzionale" delle Province.
La stessa legge n. 400/1988, art. 14, aveva gia' garantito e chiarito che non possono essere oggetto di decretazione d'urgenza del Governo (anche se convertito), le materie di cui all'art. 72, comma 4 della Costituzione, tra le quali sono incluse le norme di carattere
costituzionale.
A cio' aggiungasi che le funzioni, l'assetto e i compiti delle Province rientrano nelle statuizioni legislative del D.Lg.vo 267/2000 che, all'art. 1, comma 4, espressamente dispone che "trattasi di legge rinforzata, ai sensi dell'art. 128 Cost.".
E, pervero, la stessa adita Corte Costituzionale precisa che i principi di valorizzazione e promozione delle autonomie locali, di cui al TUEL, in attuazione dell'art. 5 Cost., fa ritenere che la normativa sull'Ente Locale opera a un livello superiore della stessa formazione statale (Corte Cost. n. 30/1959; id. 13/1974).
Ad un attento esame dell'art. 23 impugnato, si deduce, e da cio' la violazione dei principi costituzionali in esame, che la Provincia viene interamente trasformata, e da Ente costituzionalmente autonomo, degrada a Ente di secondo livello con mere funzioni di coordinamento degli Enti Comunali.
L'incidenza costituzionale del declassamento della Provincia emerge, in modo lapalissiano, se si considera che, per effetto della statuizione legislativa impugnata, l'Ente Provincia perde, sostanzialmente, la propria posizione istituzionale, la proprio autonomia ed attivita' di gestione amministrativa e la maggior parte delle originarie funzioni istituzionali.
E valga, a tal fine, significare proprio l'analisi dei singoli commi dell'art. 23 in questione.
Il comma 14 attribuisce alla Province funzioni esclusivamente di indirizzo e di coordinamento delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale e regionale, secondo le rispettive competenze.
E certamente, non puo' ritenersi che la sola funzione di indirizzo e coordinamento possa rappresentare quel nucleo di funzioni amministrative intimamente connesso al riconoscimento del principio di autonomia della Provincia, richiesto e previsto dalla Costituzione nell'art. 117 Cost., nonche' della garanzia di cui all'art. 118,
comma 1, in forza del quale le Province non solo sono titolari di funzioni conferite da leggi regionali e statali, ma anche di funzioni proprie.
Il comma 15 definisce organi della Provincia, il Presidente ed il Consiglio Provinciale.
Detto comma, nell'alterare l'assetto storico - istituzionale dell'Ente Locale Provincia, incide profondamente sulle disposizioni del T.U.E.L. (d.lg.vo 267/2000), modificando proprio la funzione istituzionale e la struttura organizzativa gestionale della Provincia.
Il comma 16 trasforma il Consiglio Provinciale da organo di elezione diretta ad organo ad elezione indiretta composto da 10 componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni.
Sembra palese che, in tal modo, viene meno l'autonomia istituzionale della Provincia (in contrasto con gli artt. 5 e 114 della Costituzione) tanto che la disposizione, eliminandone il potere di autodeterminazione del Consiglio, di fatto le abolisce (subordinandole ai Comuni, di cui ne diventano diretta emanazione) e ne diminuisce, non solo l'autonomia politico - rappresentativa della collettivita' locale, ma anche il potere di incidenza sul territorio globalmente inteso.
E' indubbio, come gia' da acquisita esperienza, che un organo eletto di secondo grado costituisce una rappresentanza frazionata del territorio, per cui la gestione globale e totale di questo, astrattamente generalizzata, viene meno. Inoltre, si viene a palesare un contrasto e una violazione dell'art. 14 della legge n. 400 del 1988, poiche' interviene sulla materia costituzionale ed elettorale che, per legge, e' sottratta alla decretazione d'urgenza.
Il comma 17 stabilisce l'elezione del Presidente da parte del Consiglio rinviando, per le modalita', a successiva legge statale.
Il comma viola gli stessi principi evidenziati per il comma 16.
A cio' aggiungasi che, l'assetto istituzionale - ordinamentale della Provincia deve garantire la rappresentanza del vertice come espressione della democrazia rappresentativa e della sovranita' popolare che si estrinseca attraverso il sistema elettorale diretto o quanto meno del proprio consiglio (eletto direttamente dal corpo elettorale).
In sostanza, con tale comma si viene ad incidere, in modo determinativamente negativo, sul principio della democrazia locale, espressione del principio costituzionale dell'art. 5, sottraendo, alla libera scelta del corpo elettorale, la individuazione e scelta dell'organo rappresentativo della Provincia.
In effetti, la scelta del Presidente della Provincia concretezza, al massimo livello, la garanzia di espressione del pluralismo politico e, quindi, della governabilita' in rappresentanza diretta del corpo elettorale.
La modifica, di cui al presente comma, svincola il Presidente, anche nelle sue scelte concrete, dal corpo elettorale per subordinarlo ad altro organo, cioe' il Consiglio, espressione di secondo grado, in quanto rappresentante dei singoli Comuni.
Il comma 18 attribuisce allo Stato ed alle Regioni, secondo le rispettive competenze, il trasferimento ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012, delle funzioni provinciali salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza.
E' previsto l'intervento sostitutivo da parte dello Stato.
Pervero, proprio il potere sostitutivo dello Stato determina una violazione sostanziale del principio di sussidiarieta' ed adeguatezza, alterando lo stesso indirizzo di decentramento amministrativo.
Il combinato disposto dell'art. 5, 114 e 118 Cost., garantiscono, alla Provincia, un autonomo livello di esercizio di funzioni, in attuazione del principio di sussidiarieta'.
Il comma 19 prevede, da parte dello Stato e delle Regioni, il trasferimento delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite.
A ben vedere, in tal modo, il nuovo assetto della Provincia viola o degrada depauperandolo il principio dell'autonomia organizzativa di un Ente a rilevanza costituzionale = quale e' la Provincia =, sopprimendone, di fatto, gli stessi poteri statutari (da tempo riconosciuti e garantiti) e poteri regolamentari per lo svolgimento di funzioni autonome.
Nell'ottica previsionale del comma 19, viene ad alterarsi anche l'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost., ivi compresi i meccanismi del Federalismo Fiscale; e cio' anche come fonte di finanziamenti per lo espletamento delle proprie funzioni.
Il comma 20 stabilisce la decorrenza dei nuovi organi, rimettendo, invero, al potere legislativo il termine di incidenza sull'assetto istituzionale delle Province, sull'attualita' della sua autonomia e, da ultimo, sugli stessi diritti dei cittadini nel potere
sovrano di elezione degli organi provinciali.
Non sembra costituzionalmente corretto riservare, al legislatore statale, il potere di individuare la decorrenza del nuovo assetto degli organi istituzionali dell'Ente Locale.
Il comma 20-bis esclude dall'applicazione le Province Autonome di Trento e Bolzano ed assegna alle Regioni a Statuto Speciale 6 mesi per adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni dei precedenti commi.
Il comma 21 consente ai Comuni l'istituzione di unioni o organi di raccordo per l'esercizio di specifici compiti o funzioni amministrative, garantendo l'invarianza della spesa.
I richiamati commi, di cui all'art. 23 Legge citata = tutti in stretta connessione tra loro =, violano gli articoli 5, 114, 117 commi 2 lett. p) 4 e 6, 118 e 119 della Costituzione, nonche' il principio di leale collaborazione in relazione all'art. 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3.
Quanto all'art. 5 della Costituzione, ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali, ed al principio del piu' ampio decentramento amministrativo ed all'adeguamento della legislazione statale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. L'articolo, nel suo complesso e' una garanzia fondamentale delle autonomie locali e quindi anche delle province come decentramento della operativita' degli organi statali nel territorio locale.
La statuizione dell'art. 5 non concretizza una enunciazione di mero tipo programmatico ma assume valore vincolante non solo come garanzia delle autonomie locali, ma anche come obbligo dello Stato (e della legislazione nazionale e regionale) di adeguarsi a tale parametro costituzionale come esigenza dello stesso decentramento amministrativo/burocratico.
E' evidente l'inversione del parametro costituzionale (garantito dal richiamato art. 5 Cost.) nella norma impugnata, con conseguente grave compromissione, anche dell'autonomia regionale e dell'assetto ordinamentale ed istituzionale della stessa.
In effetti il disposto costituzionale impone una garanzia di bilanciamento tra la forma unitaria della Repubblica ed il principio del decentramento a tutela proprio delle collettivita' locali in cui l'Ente Provincia, come momento di convergenza anche di Enti minori, assurge a momento di coagulo territoriale.
E certamente il depauperamento di detto Ente, cioe' la Provincia, non solo viola detto principio di garanzia, ma si pone in palese contrasto anche con lo statuito criterio secondo il quale la Repubblica non solo riconosce, ma anche promuove le autonomie locali.
E si appalesa consequenziale che snaturalizzando la funzione e i compiti della provincia si altera anche la forma, storicamente garantita, del decentramento amministrativo come articolazione sul territorio.
Quanto all'art. 114 della Costituzione (nella statuizione di cui alla L. cost. 3/2001).
La Costituzione statuisce, in modo chiaro ed espresso che la Repubblica e' costituita dalle Province, insieme ai Comuni, alle Citta' metropolitane, alle Regioni ed allo Stato, ribadendo che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo principi fissati dalla Costituzione.
Ed invero sia durante i lavori preparatori della Carta, sia in Assemblea, emerse in modo chiaro, che la Provincia, proprio in quanto parte dalla Repubblica, gode di garanzia e poteri di autonomia.
Posizione - questa - che con la disposizione impugnata viene meno in quanto si viene ad alterare la organizzazione costituzionale, nell'assetto di garanzia territoriale (e di rappresentanza diretta della popolazione localizzata su detto territorio).
E cio' a differenza di altri Enti intermedi.
Sul punto la stessa Corte Costituzionale, risolvendo la questione di legittimita' costituzionale relativa alle Comunita' Montane, proposta proprio dalla Regione Molise, ha statuito che le stesse non possono considerarsi come Enti dotati di propria autonomia strutturale e funzionale, dipendendo direttamente dalla Regione, in quanto non sono ricomprese nel tassativo elenco previsto dall'art. 114 della Costituzione. (Corte costituzionale, 24 giugno 2005, n. 244).
A contrariis, dunque, nel caso di specie, trova riconoscimento il principio in base al quale le Province, essendo espressamente ricomprese nell'elenco di cui all'art. 114 (ove si afferma che la Repubblica si riparte in ....) deve ritenersi che la Provincia e' ente dotato di una propria sfera di attribuzioni compiuta e totalmente autonoma, con prerogative riconosciute direttamente dalla Carta Costituzionale.
La modifica di tale assetto necessita di un procedimento aggravato, in quanto inerente l'eliminazione della Provincia nel suo organo amministrativo fondamentale, quale la riduzione del Consiglio Provinciale non piu' a organo di governo (nonostante la definizione del comma 15), ma solo ad organo di indirizzo e coordinamento delle attivita' dei Comuni (con l'attribuzione delle relative funzioni ai Comuni e alle Regioni, unitamente alle risorse umane, finanziarie e strumentali).
Proprio in cio' si viola, in modo sostanziale l'art. 114, in quanto il proposto riordino dell'Ente provincia come Istituzione territoriale locale deve essere mantenuto nella sua autonomia sostanziale (garantita dalla costituzione) e non puo' essere oggetto di "declassamento istituzionale" neppure (e soprattutto) per esigenze volte a risanare le finanze pubbliche. In tal modo, la statuizione legislativa ordinaria assurge a momento modificativo della Carta Costituzione.
Ne', peraltro viene lasciata (neppure in via residuale) una autonomia opzionale alle Province (o alla stessa regione come attuazione dei poteri di cui agli artt. 117/118/119) in violazione del secondo comma dell'art. 114.
Quanto all'art. 117, commi 2, lett. p), 4 e 6.118 e 119 Cost.
L'art. 117, secondo comma, lett. p) - nel testo vigente - della Cost., attribuisce, e residua, allo Stato legislazione esclusiva in materia elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali della Province e Citta' metropolitane.
E cio' proprio in contrapposizione alla attribuzione della materia alla Regione (per quanto di propria competenza) con gli artt. 122 e 123 Cost.
L'intervento "demolitorio" attuato con la norma impugnata, travalica la competenza statale il cui limite e' dato dal parametro costituzionale appena citato in stretta correlazione con gli artt. 5 e 114 della Costituzione istitutivi, appunto, delle autonomie locali e, per quello che qui ci riguarda, delle Province.
La potesta' legislativa esclusiva dello Stato in merito alle funzioni fondamentali della Province e Citta' metropolitane, puo', e deve, essere esercitata solo ed esclusivamente nel rispetto e garanzia della "esistenza" dell'Ente provincia quale "enti autonomi con poteri e funzioni secondo principi fissati dalla Costituzione".
In cio' la garanzia dell'intero impianto costituzionale come attuazione del principio della autonomia sancito (in modo vincolante) dall'art. 5 Cost.
Le norme impugnate, invece, sostanzialmente aboliscono le funzioni (e i relativi organi di Governo) fondamentali limitandosi ad attribuire alle Province "mere funzioni di indirizzo e coordinamento delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con
legge statale o regionale secondo le rispettive competenze".
Posto che la Provincia - proprio in quanto ente autonomo e' dotata di funzioni statutarie, regolamentari ed amministrative, appare evidente che con la attribuzione del mero "indirizzo e coordinamento" si svuotano del tutto le garanzie di autonomia di
detti enti, ledendo la stessa autonomia della Regione cui sono attribuiti poteri legislativi e regolamentari incidenti sulle Provincie.
Con lo impugnato disposto legislativo, sostanzialmente si viene a ledere la stessa autonomia dell'Ente Regione nelle sue competenze residuali e concorrenti; nonche' nella stessa potesta' regolamentare delle regioni laddove impone alle medesime di trasferire ai Comuni le funzioni delle Province e di tenere per se' quelle volte ad assicurare l'esercizio unitario.
Le Regioni, infatti, nell'ambito della propria potesta' legislativa e regolamentare detengono il potere di conferire o meno funzioni amministrative alle Province, anche attraverso l'istituto della delega.
Con la disposizione impugnata tale potere - diritto viene sostanzialmente soppresso.
A cio' aggiungasi che la stessa Provincia e', a sua volta, titolare anche di funzioni amministrative proprie e di potesta' regolamentare sull'organizzazione e lo svolgimento delle funzioni loro attribuite (artt. 118 e 117 Cost).
Eliminare tout-court dette funzioni attribuendole alle Regioni che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le attribuiscono ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se' quelle che ritiene non di competenza delle Regioni per attribuirle a sua volta ai Comuni, determina un totale sovvertimento dell'assetto costituzionale del sistema della autonomie locali.
La norma statale infatti, incide nelle stesse materie di competenza regionale (sia esclusiva che concorrente), con un effetto dirompente sulle conseguenti funzioni amministrative e sul loro esercizio in via diretta, attribuita o delegata.
L'esercizio del potere regionale innanzi richiamato viene determinativamente inciso se si considera che la Regione Molise ha gia' delegato o attribuito alle Province funzioni sue proprie.
Con la impugnata disposizione legislativa la Regione, e' obbligata a trasferire tali funzioni ai Comuni e tenere per se' quelle necessitate dall'unitarieta' dell'esercizio.
Non solo viene dunque lesa l'autonoma potesta' regolamentare delle Province di cui all'art. 117, comma sesto, Cost, ma viene altresi' imposto un paradigma di conferimento = indifferenziato e generale = con legge regionale agli enti locali (e quindi alla stessa Provincia).
In cio' una evidente compressione delle prerogative regionali in relazione all'art. 118 Cost.
E tale compressione si riverbera anche come violazione dei poteri attribuiti alla regione con l'art. 119 quanto alla correlata autonomia finanziaria.
In affetti la norma impugnata non solo non razionalizza l'esercizio delle funzioni amministrative, ma non determina nessun risparmio di spesa (obiettivo cui era finalizzato la statuizione impugnata).
Tali norme incidono dunque anche sull'autonomia amministrativa e organizzativa della Regione nei suoi rapporti con gli enti locali.
Peraltro, nell'ambito regionale, l'Ente Provincia garantisce la concreta esigenza ed attuazione di funzioni amministrative sul territorio ultracomunale, in modo coordinato ed omogeneo, in ampia fascia di laterie che si ricollegano direttamente al territorio nella sua omogeneita' ultracomunale e ambiti di programmazione di settore.
Violazione del principio di leale collaborazione in relazione all'art. 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 recante disposizioni per l'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3.
Il comma 18, che prevede l'intervento sostitutivo dello Stato, viola il principio di leale collaborazione non rientrando, le fattispecie ivi nominate, nell'art. 120 della Costituzione cosi' come applicato nell'art. 8 della L. n. 131/2003.
A cio' aggiungasi che la mancanza di concertazione tra Stato e Regioni ed Enti locali (appunto la stessa Provincia) di per se' viola il principio di leale "collaborazione".
In particolare, valga sottolineare che detto principio rappresenta un cardine dell'ingegneria istituzionale dei rapporti Stato - Regioni - Enti Locali.
E, pervero, la stessa giurisprudenza costituzionale ha evidenziato che si tratta di uno di quei "valori fondamentali cui la Costituzione informa i predetti rapporti". (Corte Cost. sent. n. 177 del 1988).
Posto che obiettivo della "manovra" (in cui si concretizzano le disposizioni legislative in esame) e' la riduzione delle spese, (pervero principio all'intervento gravemente incidente sull'autonomia della Provincia), ma considerato che nessun - o quanto meno insignificante - risparmio di spesa deriva dalle norme impugnate appare sproporzionatamente lesivo delle garanzie costituzionali (in un bilanciamento di posizioni e obiettivi) il disciplinato riordino complessivo delle istituzioni territoriali.
E' indirizzo consolidato della giurisprudenza costituzionale che le Regioni sono legittimate a censurare, in via di impugnazione principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni attinenti al riparto delle rispettive competenze, e che e' ammessa la deducibilita' di altri parametri costituzionali ove la loro violazione comporti (come nel caso di specie) una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite.
La norma impugnata viola quel principio di ragionevolezza che potrebbe fare ravvisare un interesse pubblico prevalente tale da giustificare una cosi' grave limitazione e invasione della sfera di competenza regionale e degli altri enti locali territoriali.
Principio riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale, nel momento in cui ha affermato che l'esistenza dei requisiti della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza necessari affinche' il Governo possa legittimamente emanare decreti-legge puo' essere oggetto di scrutinio di costituzionalita', il quale deve svolgersi su un piano diverso dalle valutazioni iniziale del Governo e successiva del Parlamento in sede di conversione e non e' precluso dall'eventuale legge di conversione.
A questa, infatti, non puo' riconoscersi efficacia sanante, poiche' il difetto dei requisiti del "caso straordinario di necessita' e d'urgenza" costituisce un vizio in procedendo della relativa legge, con cui e' alterato il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. (Corte costituzionale, 23 maggio 2007, n. 171).
La decisione in esame, peraltro, e' un decisivo parametro di riferimento se si considera il fatto che prende posizione sulla questione se alla legge di conversione di decreto-legge deve essere riconosciuta efficacia sanante della nullita' del medesimo decreto emanato dal Governo in mancanza dei casi straordinari di necessita' e
d'urgenza.
Istanza di sospensione
L'art. 35 della L. n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della L. n. 131/2003, consente che la Corte sospenda l'esecuzione delle norme impugnate se c'e' un rischio di pregiudizio grave e irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini.
La norma impugnata impone alle regioni a trasferire ai Comune, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni. L'art. 19 impone il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali, con intervento sostitutivo dello Stato.
E' di tutta evidenza l'esistenza dei presupposti per la concessione dell'invocata misura di sospensione.
P.Q.M.
Chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare - previa sospensiva all'esecuzione - l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, commi da 14 a 21, del d.l. n. 201/2011 cosi' come convertito dalla legge n. 214/2011 per violazione degli artt. 5, 114, 117 commi 2 lett. p), 4 e 6, 118, 119 e 120 della Costituzione anche sotto il profilo di violazione del principio di leale collaborazione e in relazione agli artt. 3, 77 e 97 della Costituzione.
Si deposita: delibera della Giunta Regionale Molise n. 116 del 20 febbraio 2012.
Isernia-Roma, 21 febbraio 2012
L'Avvocato: Colalillo