RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 Marzo 2004 - 3 Marzo 2004 , n. 32
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2004 (della Regione Toscana)
(GU n. 16 del 21-4-2004)

Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 66
del 9 febbraio 2004, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi
18, 19, 20, 53, 54, 55, 60 e 61; dell'art. 4, commi 29 e 30;
dell'art. 4, commi da 99 a 103 della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)».
Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 299, del 27 dicembre 2003 e' stata pubblicata la legge
finanziaria per l'anno 2004.
Le impugnate disposizioni sono lesive delle competenze regionali
per i seguenti motivi di

D i r i t t o

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 18, 19, e
20 per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione.
Le disposizioni in esame elencano le tipologie delle spese che
costituiscono investimenti, agli effetti dell'art. 119, sesto comma,
Cost., ai sensi del quale e' ammesso il ricorso all'indebitamento
solo per finanziare spese di investimento. In maniera improvvisa in
legge finanziaria sono state cosi' introdotte nuove norme
sull'indebitamento degli enti locali e delle regioni che rendono
illegittimo il finanziamento con indebitamento di una serie di
interventi destinati alla realizzazione di investimenti, in
considerazione dell'elencazione tassativa e di dettaglio contenuta
nelle norme impugnate.
Cio' determina una violazione dell'art. 119 Cost., perche' non
sono rispettate le modalita' di attuazione stabilite dalla citata
norma costituzionale, a garanzia di una corretta ed equilibrata
realizzazione del sistema finanziario regionale e locale. A tal fine
e' stata istituita l'Alta Commissione di studio con lo specifico
compito di indicare al Governo i principi generali del coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario, per la corretta
attuazione dell'art. 119 Cost.; tale Commissione dovra' ultimare i
propri lavori entro il 30 settembre 2004. Si presenta percio'
incostituzionale, all'infuori di detta procedura, introdurre norme
che pesantemente vengono ad interferire sui bilanci regionali.
Le disposizioni sono altresi' in contrasto con l'art. 117 Cost.:
infatti la materia del coordinamento della finanza pubblica e'
soggetta alla potesta' legislativa concorrente e percio' lo Stato
dovra' limitarsi a fissare solo i principi fondamentali.
L'elencazione puntuale ed esaustiva delle spese di investimento non
costituisce certamente un principio fondamentale ma una disciplina
dettagliata, autoapplicabile e percio' incostituzionale.
Inoltre il comma 20 dispone che le modifiche alle tipologie di
cui ai commi 17 e 18 saranno in futuro disposte con decreto del
Ministro dell'economia e finanze sentito l'ISTAT.
Tale disposizione viola l'art. 117, sesto comma, Cost., perche'
si consente ad un decreto ministeriale di disciplinare aspetti
interferenti con una materia soggetta a potesta' legislativa
concorrente, in violazione della citata norma costituzionale.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 53, 54, 55,
60 e 61 per violazione dell'art. 117 Cost.
Le impugnate disposizioni pongono limiti e vincoli all'assunzione
di personale anche per le regioni e gli enti del Servizio sanitario,
analogamente a quanto gia' disposto dall'art. 34 della legge
n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), impugnato dalla Regione
Toscana.
In particolare, il comma 53 dell'art. 3 in esame dispone che per
l'anno 2004 alle Amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2
(comprendente anche le regioni) e 70, comma 4 del decreto legislativo
n. 165/2001 e' fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale
a tempo indeterminato, ad eccezione del personale relativo a figure
professionali non fungibile, la cui consistenza organica non sia
superiore all'unita' nonche' alle categorie protette; la norma
prosegue facendo salve, per le autonomie regionali, locali e per gli
enti del Servizio sanitario, le assunzioni previste ed autorizzate
con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 12
settembre 2003 (emanato ai sensi della citata legge n. 289/2002) e
non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente
legge.
Il comma 54 dispone - per le amministrazioni dello Stato, anche
ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici,
le universita', gli enti di ricerca e gli enti di cui all'art. 70,
comma 4 del decreto legislativo n. 165/2001 - la deroga al suddetto
divieto di assunzione nel limite di un contingente di personale
complessivamente corrispondente ad una spesa annua lorda a regime
pari a 280 milioni di euro; il comma 55 detta la procedura da
attivare per tale deroga, prevedendo una autorizzazione ad assumere
richiesta mediante la compilazione di apposito modello recante
criteri e parametri individuati dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica e dal Ministero
dell'economia e delle finanze.
Il comma 60 dispone che ai fini del concorso delle autonomie
regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica,
con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare
entro sessanta giorni previo accordo tra Governo, regioni e autonomie
locali, sono fissati, per le amministrazioni regionali, per le
province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno per
l'anno 2003 e gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e
limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004. Tali
assunzioni devono comunque essere contenute, ad eccezione del
personale del servizio sanitario nazionale, entro percentuali non
superiori al 50% delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso
del 2003. Per gli enti del Servizio sanitario possono essere disposte
esclusivamente assunzioni, entro i detti limiti, di personale del
ruolo sanitario. Fino all'emanazione dei decreti di fissazione dei
criteri e limiti per le assunzioni trovano applicazione le
disposizioni di cui al comma 53 (e quindi il divieto di assunzione
ivi previsto) sino al 30 giugno 2004; successivamente trovano
applicazione i decreti del 12 settembre 2003.
Gli enti, in caso di assunzioni di personale, devono
autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di
stabilita' interno per l'anno 2003.
Il comma 61 dispone che i termini di validita' delle graduatorie
per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche,
che per l'anno 2004 sono soggette a limitazioni delle assunzioni,
sono prorogati di un anno.
Le suddette disposizioni sono incostituzionali.
L'art. 117, secondo comma della Costituzione riserva alla
potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed
organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e
agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117, quarto comma, l'organizzazione amministrativa e
l'ordinamento del personale della Regione e degli enti regionali. In
tale materia, dunque, la competenza legislativa delle regioni e'
piena e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
Parimenti compete alle regioni dettare disposizioni di carattere
ordinamentale ed organizzatorio relative agli enti del servizio
sanitario: quale che sia infatti la qualificazione giuridica che si
intenda attribuire alle aziende ASL, e' comunque certo che le stesse
non sono enti pubblici nazionali e percio' la competenza a
disciplinare la relativa organizzazione amministrativa e
l'ordinamento del personale non e' statale, stante il disposto
dell'art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione.
La Corte costituzionale ha riconosciuto sussistere un'ampia
autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e di stato
giuridico dei dipendenti - in cui rientra evidentemente anche la
disciplina delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente
art. 117 Cost. (sentt. n. 278/1983; n. 772/1988; n. 277/1983;
n. 10/1980; ordinanza n. 515/2002) e percio' tale potesta' sussiste
con maggior ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo titolo V, come
affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2003 e
nella pronuncia n. 17/2004, ove e' rilevato che «nell'assetto delle
competenze costituzionali configurato dal nuovo titolo V, parte II,
della Costituzione, l'autofinanziamento delle funzioni attribuite a
regioni ed enti locali non costituisce altro che un corollario della
potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento e
organizzazione amministrativa ...».
Impedire alle regioni di assumere personale significa incidere
sull'ordinamento e sull'organizzazione della Regione stessa; ne
consegue l'illegittimita' costituzionale dei vincoli e dei limiti in
relazione alla possibilita' di assunzione del personale e di utilizzo
delle graduatorie gia' approvate, che non trovano fondamento
nell'art. 117 Cost.
Tale illegittimita' non viene superata neppure dalla prevista
emanazione, previo accordo in Conferenza unificata, dei futuri
decreti di cui al comma sessantesimo. Cio' perche' non e'
giuridicamente ammissibile sostituire l'esercizio di una potesta'
legislativa costituzionalmente affidata alle regioni in via
esclusiva, con accordi stabiliti in sede di conferenza unificata tra
il Governo e le regioni stesse volti a definire criteri e limiti non
previsti in Costituzione per l'esercizio di competenze regionali.
Inoltre la lesione sussiste anche perche', in attesa dell'emanazione
dei previsti decreti, e' sancito comunque il blocco delle assunzioni
di cui al comma 53 sino al 30 giugno 2004.
Ne' la norma puo' ritenersi legittima per l'invocato concorso
delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di
finanza pubblica. Infatti il legislatore statale legittimamente
impone anche alle Amministrazioni regionali di rispettare i suddetti
obiettivi, ma poi - posto tale principio - deve lasciarsi spazio
all'autonomia regionale di decidere come attuarlo. Invece la norma
impugnata contiene analitiche disposizioni puntuali e di dettaglio e
non lascia alcuno spazio all'intervento legislativo regionale in
materia. La Corte costituzionale (sent. n. 36/2004) ha rilevato che
il legislatore statale puo' imporre agli enti autonomi, per ragioni
di coordinamento finanziario, vincoli alle politiche di bilancio;
potra' trattarsi di vincoli alla entita' del disavanzo di parte
corrente, di ulteriori vincoli alla crescita della spesa corrente, ma
tali vincoli non possono essere cosi' puntuali da arrivare ad
impedire alle regioni e agli enti del Sistema sanitario di assumere
il personale necessario per l'organizzazione delle proprie funzioni,
per l'espletamento dei propri compiti e per l'erogazione dei dovuti
servizi.
Lo Stato ponga dunque l'obiettivo finanziario che deve essere
perseguito anche dalle Amministrazioni regionali (e cio' costituisce
quel vincolo che la Corte ha ritenuto legittimo, se pure si traduce
in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma poi
lasci all'autonomia della Regione decidere le modalita' con cui
raggiungere quell'obiettivo e, quindi, se procedere tramite la non
assunzione del personale ovvero attraverso altre misure finanziarie.
Per gli esposti motivi le disposizioni sono lesive delle
competenze regionali sancite dall'art. 117 Cost.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 29 e 30,
per violazione dell'art. 117 Cost.
Il comma 29 della disposizione impugnata dispone che, nelle more
dell'adozione dei decreti legislativi previsti dalle leggi 5 giugno
2003, n. 131 e 7 marzo 2003, n. 38, gli interventi in favore del
settore ittico di cui alla legge n. 41/1982 sono realizzati dallo
Stato, dalle regioni e dalle province limitatamente alle rispettive
competenze previste dalla parte IV del VI Piano nazionale della pesca
e dell'acquacoltura adottato con decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali 25 maggio 2000.
Il comma 30 dispone che entro il 28 febbraio 2004, in attuazione
di quanto stabilito dal precedente comma, e in deroga alle
disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 della legge n. 41/1982, con
decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali e'
approvato il Piano nazionale della pesca e dell'acquacoltura per
l'anno 2004.
La disposizione e' costituzionalmente illegittima.
Essa infatti interviene in materia di pesca ed acquacoltura,
ovverosia in ambiti non riservati alla potesta' legislativa esclusiva
statale, ne' ricompresi nell'elenco delle materie di cui all'art.
117, terzo comma Cost.
Ne consegue che la materia rientra nelle competenze residuali
delle regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. e pertanto
la disposizione di cui al comma 29 si presenta limitativa delle
attribuzioni regionali nel settore della pesca, in quanto essa
mantiene in essere l'attribuzione di competenze cosi' come definite
anteriormente alla riforma costituzionale n. 3/2001.
Anche il comma 30 e' incostituzionale in quanto dispone
l'approvazione del piano della pesca e dell'acquacoltura per il 2004
con un atto ministeriale, senza alcun coinvolgimento della Regione,
in una materia, invece, di spettanza regionale, in totale violazione
dell'art. 117 Cost.
Il piano nazionale della pesca viene infatti ad incidere su
competenze regionali: ebbene un atto ministeriale non costituisce una
fonte idonea ad interferire sull'esercizio di attribuzioni
costituzionalmente garantite alle regioni, cosi' come chiarito dalla
giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 333/1995; n. 482/1995;
nn. 302 e 303/2003).
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi da 99 a
103, per contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost.
Il comma 99 della disposizione impugnata prevede che agli
studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi di cui all'art. 3 del
decreto ministeriale n. 509/1999 (laurea, laurea specialistica,
diploma di specializzazione e dottorato di ricerca) possono essere
concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi.
A tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione
di garanzie sul rimborso dei prestiti finanziari concessi dalle
banche e dagli altri intermediari finanziari; detto fondo puo' essere
utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi per
il rimborso dei prestiti fiduciari agli studenti privi di mezzi e
agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree
sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge n. 289/2002.
Il comma 101 stabilisce che la gestione del Fondo spetta a
Sviluppo Italia S.p.a. sulla base di criteri ed indirizzi stabiliti
dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di
concerto con il Ministero dell'economia e finanze, sentita la
Conferenza permanente Stato-regioni.
Il comma 102 stabilisce la dotazione del fondo; il comma 103
dispone l'abrogazione dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 16 della legge
n. 390/1991.
Con tale abrogazione viene soppresso il c.d. «prestito d'onore»
previsto dai citati commi della legge n. 390/1991, la cui disciplina
era rimessa alle regioni e che la Regione ricorrente ha disciplinato
dapprima con la legge regionale 28 gennaio 2000, n. 7 (recante norme
per il diritto allo studio universitario) e con l'attuativo piano di
settore approvato con deliberazione del Consiglio regionale 9 luglio
2002, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni, che,
nell'allegato a), parte seconda, punto 2 detta indirizzi per
l'attuazione del servizio di «Prestito d'onore» fissandone i
presupposti, l'ammontare, le cadenze per la corresponsione. Di
recente poi la materia e' stata ridisciplinata con la legge regionale
26 luglio 2002, n. 32, e con il regolamento di esecuzione approvato
con decreto del presidente della giunta regionale 8 agosto 2003,
n. 47/R.
Le norme impugnate sostituiscono il prestito d'onore con
l'erogazione del prestito fiduciario per il finanziamento degli studi
e a tale fine e' istituito un apposito fondo gestito a livello
statale e, precisamente, tramite Sviluppo Italia S.p.a. in base ai
criteri ed indirizzi stabiliti dal Ministro.
Risulta evidente che le impugnate disposizioni violano l'art. 117
Cost., perche' intervengono a disciplinare strumenti volti a
garantire il diritto allo studio, rientrante tra le attribuzioni
regionali, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
Trattasi, tra l'altro, di competenze che alle regioni erano
attribuite gia' nella vigenza del precedente art. 117 Cost. e che la
Regione Toscana ha gia' disciplinato - come sopra rilevato -
prevedendo l'erogazione del prestito d'onore.
Qualora poi, in ipotesi, si ritenga che la disciplina
dell'erogazione del prestito fiduciario rientri nell'istruzione,
resterebbe ugualmente l'illegittimita' denunciata.
Infatti la materia istruzione - salva l'autonomia delle
istituzioni scolastiche - forma oggetto di potesta' legislativa
concorrente, mentre allo Stato e' riservata solo la potesta'
legislativa esclusiva in materia di «norme generali sull'istruzione».
La disciplina del prestito fiduciario finalizzato al
finanziamento degli studi per gli iscritti ai corsi di cui all'art. 3
del decreto ministeriale n. 509/1999 non costituisce ne' un principio
fondamentale destinato ad orientare le regioni titolari della
potesta' concorrente, ne' una norma generale sull'istruzione; la
stessa costituisce invece una normativa analitica, puntuale,
specifica, non cedevole, relativa ad un sostegno finanziario per il
completamento degli studi.
La norma e' pertanto in contrasto con l'art. 117 Cost.
Inoltre le disposizioni impugnate sono in contrasto anche con
l'art. 119 Cost.
Come ha chiarito la Corte costituzionale (sentenze n. 16/2004 e
n. 49/2004) il novellato art. 119 Cost. non consente un intervento
finanziario diretto dello Stato fuori dall'ambito dell'attuazione di
discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria
competenza o della disciplina degli speciali interventi finanziari in
favore di determinati comuni (art. 119, quinto comma), con la
conseguente inammissibilita' di tali forme di intervento in materie e
funzioni la cui disciplina spetta invece alla legge regionale, come
nel caso in oggetto. Infatti «l'esigenza di rispettare il riparto
costituzionale delle competenze legislative fra Stato e regioni
comporta che quando i finanziamenti riguardino ambiti di competenza
delle regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di
programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio
territorio» (sent. citata n. 16/2004).
Come gia' rilevato, il finanziamento degli studi rappresenta una
finalita' non riconducibile a materie o compiti di esclusiva
competenza statale e riconducibile, invece, a materie e ambiti di
competenza residuale delle regioni (diritto allo studio) o al piu'
concorrente (istruzione).
Per i rilevati motivi le disposizioni sono costituzionalmente
illegittime.


P. Q. M.
Si confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 18, 19, 20, 53, 54, 55, 60 e 61;
dell'art. 4, commi 29 e 30; dell'art. 4, commi da 99 a 103 della
legge 24 dicembre 2003, n. 350. recante ýDisposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2004)ý, per i motivi indicati nel presente ricorso.
Firenze - Roma, addi' 23 febbraio 2004
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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