Ricorso n. 33 del 2 marzo 2006 (Provincia autonoma di Bolzano)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 marzo 2006 , n. 33
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 marzo 2006 (della Provincia autonoma di Bolzano)
(GU n. 14 del 5-4-2006)
Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della giunta provinciale pro tempore Dott. Luis Dumwalder, rappresentata e difesa, tanto unitamente quanto disgiuntamente, in virtu' di procura speciale in data 13 febbraio 2006 (all. 1), rogata dall'avv. Adolf Auckenthaler, Segretario generale della Giunta provinciale di Bolzano (Rep. 21322 dd. 13 febbraio 2006), e giusta deliberazione della Giunta provinciale della Provincia autonoma di Bolzano n. 402 del 13 febbraio 2006 (all. 2), dagli avv. proff. Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari, presso il qual'ultimo e' elettivamente domiciliata in Roma, via di Ripetta n. 142; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri in persona del Presidente del Consiglio in carica per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», art. 1, commi 24, 26, 67, 198, 204, 231, 232, 282, 283, 284, 330, 331, 332, 333, 409 e da 483 a 492, in Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2005, n. 302, S.O. F a t t o Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005 e' stata pubblicata la legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)». Prima di esporre partitamene i motivi di censura relativi alle disposizioni di cui ai commi 24, 26, 67, 198, 204, 231, 232, 282, 283, 284, 330, 331, 332, 333, 409 e da 483 a 492 dell'art. 1, e' opportuno anzitutto illustrare, almeno negli aspetti piu' rilevanti, il contenuto dei singoli commi impugnati. I. - L'art. 1, comma 24, «Limiti all'acquisizione di immobili per gli enti territoriali», al dichiarato fine di garantire effettivita' alle prescrizioni contenute nel programma di stabilita' e crescita presentato all'Unione europea, in attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 119 della Costituzione e ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, in particolare - si legge - come principio di equilibrio tra lo stock patrimoniale e i flussi dei trasferimenti erariali, prevede una riduzione sui trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti nei confronti degli enti territoriali soggetti al patto di stabilita' interno, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita'. L'ultimo periodo del comma 24 e' esplicito nell'affermare che «nei confronti delle regioni e delle province autonome viene operata un'analoga riduzione sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti». Per le ragioni che si diranno, l'impugnato comma 24 lede l'autonomia patrimoniale e finanziaria, di entrata e di spesa, attribuita alla provincia autonoma di Bolzano in forza del Titolo VI dello Statuto di autonomia, delle relative norme di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975 n. 473, ed ai decreti legislativi 16 marzo 1992, n. 268, e 24 luglio 1996, n. 432, e delle norme di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 386, e viola altresi' l'art. 119, primo comma, della Costituzione, che garantisce alle regioni e, in virtu' dell'art. 101. cost. n. 3/2001, alle province autonome autonomia finanziaria di entrata e di spesa. L'art. 1, comma 26, «Monitoraggio compravendita immobili», assoggetta le amministrazioni di cui al comma 24 e, quindi, anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, al monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, prevedendo l'obbligo di comunicare le informazioni trimestrali cumulate degli acquisti e delle vendite di immobili per esigenze di attivita' istituzionali o finalita' abitative, nonche' all'Agenzia del territorio, per le verifiche sulla congruita' dei valori degli immobili acquisiti e per la segnalazione degli scostamenti «agli organi competenti per le eventuali responsabilita». Tale disposizione attribuisce ad organi statali funzioni di controllo non previste dallo Statuto ne' dalle relative norme di attuazione, in particolare quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, e di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 266/1992. II. - L'art. 1, comma 67, «Disposizioni per l'Autorita' di vigilanza sui lavori pubblici», demanda all'Autorita' medesima la determinazione annuale dell'ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonche' le relative modalita' di riscossione, e risulta lesiva, per i motivi e sotto i profili che si diranno, delle attribuzioni provinciali in materia di lavori pubblici soprattutto nella parte in cui pone quale condizione di ammissibilita' dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche il versamento del previsto contributo da parte degli operatori economici. IIl. - L'art. 1, comma 198, «Concorso delle regioni e degli enti locali al contenimento degli oneri di personale», impone alle amministrazioni regionali, agli enti locali ed agli enti del Servizio sanitario nazionale di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica mediante l'adozione di misure atte a garantire che le spese di personale, ivi comprese quelle per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni, non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento. Tale previsione, oltre a porsi in contrasto con quanto disposto dal comma 148 dello stesso art., viola l'autonomia finanziaria della provincia e le sue attribuzioni in materia di personale provinciale, anche in connessione con l'art. 1, comma 204, «Verifica del rispetto degli adempimenti», parimenti impugnato, il quale assoggetta, tra gli altri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano al monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della «verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198». IV. - L'art. 1, ai commi 231 («Giudizi di responsabilita' contabile») e 232 («Delibera della sezione di appello»), della legge finanziaria 2006 prevede che i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata, in primo grado, sentenza di condanna nei giudizi di responsabilita' dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 266/2005 possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza. Si tratta di una disciplina irrazionale e idonea ad incidere sulle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alla provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto, in quanto, tra l'altro, si priva l'ente che ha subito il danno del diritto di vedersi adeguatamente risarcito. V. - Le norme di cui all'art. 1, comma 282, «Divieto di sospensione delle prenotazioni sanitarie», vietano alle aziende sanitarie ed ospedaliere di sospendere le attivita' di prenotazione ed impongono alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano l'adozione delle disposizioni necessarie per regolare i casi in cui la sospensione dell'erogazione delle prestazioni e' legata a motivi tecnici, con l'obbligo di informare il Ministero della salute. L'art. 1, comma 283, «Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prestazioni», prevede l'istituzione, da parte del Ministro della salute, della Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prescrizioni, cui affidare i compiti, tra l'altro, di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per i soggetti utenti del Servizio sanitario; di predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorita' di appropriatezza delle prestazioni, da adottarsi con decreto dello stesso Ministro; di predisposizione di forme idonee di controllo dell'appropriatezza delle prescrizioni delle medesime prestazioni; di fissazione dei criteri per la determinazione delle sanzioni amministrative previste dal successivo comma 284, «Sanzioni per sospensione prenotazioni sanitarie», e di quelle per la violazione dell'obbligo della tenuta del registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari di cui all'art. 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Il comma 284 assegna alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano il compito di applicare le predette sanzioni, «secondo i criteri fissati dalla Commissione prevista dal comma 283». I commi sopra citati, per le ragioni evidenziate nel seguito, violano le competenze della provincia autonoma di Bolzano in materia di formazione professionale e ordinamento del personale sanitario, igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera. VI. - I commi 330 («Fondo famiglia e solidarieta»), 331 («Bonus per figli nati o adottati nel 2005») e 332 («Bonus per figli nati o adottati nel 2006») dell'articolo 1 prevedono, previa istituzione di un fondo al fine di assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarieta' per lo sviluppo socio-economico, la concessione, da parte dello Stato, di un assegno pari ad euro 1.000,00 per ogni figlio nato o adottato nell'anno 2005 nonche' per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, o adottato, alle condizioni e secondo le modalita' stabilite al successivo comma 333 («Riscossione del bonus presso gli uffici postali»), violando, per i motivi sotto dedotti, le competenze statutarie della provincia autonoma di Bolzano in materia di assistenza e beneficenza pubblica e relative norme di attuazione, nonche' la disposizione di cui all'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266. VII. - Le disposizioni di cui all'impugnato comma 409, «Classificazione dispositivi medici», dell'art. 1, «ai fini della razionalizzazione degli acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale», prevedono, tra l'altro, quanto segue: a) la classificazione dei dispositivi medici e' approvata con decreto del Ministro della salute; con la stessa procedura sono stabilite altresi' le modalita' di alimentazione e aggiornamento della banca dati del Ministero della salute necessarie alla istituzione e alla gestione del repertorio generale dei dispositivi medici e alla individuazione dei dispositivi nei confronti dei quali adottare misure cautelative in caso di segnalazione di incidenti. Sono inoltre stabilite le modalita' con le quali le aziende sanitarie devono inviare al Ministero della salute, per il monitoraggio nazionale dei consumi dei dispositivi medici, le informazioni sui costi unitari dei dispositivi acquistati, mediante specificazione delle aziende produttrici e dei modelli e si prevede che «le regioni, in caso di omesso inoltro al Ministero della salute delle informazioni di cui al periodo precedente, adottano i medesimi provvedimenti previsti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria»; b) con la procedura di cui alla lettera a), quindi con decreto del Ministro della salute, viene stabilita, con l'istituzione del repertorio generale dei dispositivi medici, la data a decorrere dalla quale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale possono essere acquistati, utilizzati o dispensati unicamente i dispositivi iscritti nel repertorio medesimo; c) le aziende che producono o immettono in commercio in Italia dispositivi medici sono tenute a dichiarare mediante autocertificazione diretta al Ministero della salute, entro il 30 aprile di ogni anno, l'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attivita' di promozione; d) entro la data di cui alla lettera c), le aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici versano, in conto entrate del bilancio dello Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese autocertificate. I proventi derivanti da tali versamenti sono rassegnati sulle corrispondenti unita' previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute; e) i produttori e i commercianti di dispositivi medici che omettono di comunicare al Ministero della salute dati, documentazioni o altre informazioni previste da norme vigenti con finalita' di controllo e vigilanza sui dispositivi medici sono soggetti, quando non diversamente previsto, alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 46 del 1997. L'impugnato comma 409 prevede inoltre che, per l'inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici, i produttori e i distributori tenuti alla comunicazione sono soggetti al pagamento, a favore del Ministero della salute, di una tariffa di euro 100,00 per ogni dispositivo. I proventi derivanti dalle tariffe sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati alle competenti unita' previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute. Sotto profili molteplici, come si dira', anche queste disposizioni sono illegittime, in quanto norme di dettaglio lesive delle competenze legislative ed amministrative della provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali, igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera, nonche' dell'autonomia finanziaria ad essa riconosciuta. VIII. - I commi da 483 a 492 dell'art. 1 dettano norme relative alle concessioni idroelettriche, prevedendo, mediante la modifica di alcune disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, una nuova procedura per l'attribuzione a titolo oneroso delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico e attribuendo alla competenza del Ministero delle attivita' produttive, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la determinazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi, dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara. Vengono altresi' abrogate le disposizioni che prevedono prerogative in favore della Regione autonoma della Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano. In particolare, e' prevista la proroga di 10 anni delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica in corso rispetto alle date di scadenza previste dall'art. 12 del predetto decreto legislativo n. 79 del 1999, purche' siano effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti, specificando la natura, l'entita' e le modalita' di tali interventi, e viene introdotto un canone aggiuntivo unico a carico dei soggetti titolari delle concessione a favore dello Stato e dei comuni interessati. Viene inoltre prevista la possibilita' di prevedere nel bando di gara per concessioni idroelettriche, a determinate condizioni, il trasferimento della titolarita' del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici, dal concessionario uscente al nuovo concessionario. Si stabilisce altresi' che tali disposizioni costituiscono norme di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e attuano i principi comunitari resi nel parere motivato della Commissione europea in data 4 gennaio 2004 e che le regioni e le province autonome devono armonizzare i propri ordinamenti alle stesse entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Tali norme sono illegittime in quanto di dettaglio e sono impugnate - sotto i profili precisati piu' avanti - oltre che per violazione dell'art. 117 Cost. nei termini precisati oltre, per contrasto con il principio di leale collaborazione e con le disposizioni di cui agli articoli 12, 13, 14, 16, 17, 104 e 107 dello Statuto T.-A.A. e relative norme di attuazione, ed in particolare quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115; al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381; al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235; al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; al decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463. IX. - come si e' detto e come piu' diffusamente si vedra', in riferimento sia a disposizioni statutarie e di attuazione statutaria, sia a disposizioni del Titolo V della Costituzione, la richiamata disciplina statale risulta lesiva della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite della Provincia autonoma di Bolzano sotto molteplici profili. Di qui la necessita' della proposizione del presente ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», art. 1, commi 24, 26, 67, 198, 204, 231, 232, 282, 283, 284, 330, 331, 332, 333, 409 e da 483 a 492, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 24 e 26, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Stato (legge finanziaria 2006)». L'art. 1, comma 24, stabilisce quanto segue: «Per garantire effettivita' alle prescrizioni contenute nel programma di stabilita' e crescita presentato all'Unione europea, in attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 119 della Costituzione e ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, in particolare come principio di equilibrio tra lo stock patrimoniale e i flussi dei trasferimenti erariali, nei confronti degli enti territoriali soggetti al patto di stabilita' interno, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano i trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti sono ridotti in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta nel precedente quinquennio per la stessa finalita'. Nei confronti delle regioni e delle province autonome viene operata un'analoga riduzione sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti». Come si evince dalla rubrica del comma impugnato - «Limiti all'acquisizione di immobili per gli enti territoriali» - si tratta di un disciplina volta a limitare, attraverso il meccanismo sanzionatorio della riduzione dei trasferimenti, la spesa in conto capitale degli enti territoriali per l'acquisto di immobili, al fine apparente di evitare che per tali acquisizioni vengano utilizzati i trasferimenti erariali (misura la cui necessita' «per garantire effettivita' alle prescrizioni contenute nel programma di stabilita' e crescita presentato all'Unione europea» e' peraltro tutta da dimostrare). Tale disciplina lede non solo l'autonomia di spesa della ricorrente, garantita anche dall'art. 119, primo comma della Costituzione, ma si riflette soprattutto in una grave violazione della garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria provinciale, come delineata dal Titolo VI dello Statuto di autonomia e, con disposizioni non unilateralmente derogabili dal legislatore statale, dalle relative norme di attuazione introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975 n. 473, dai decreti legislativi 16 marzo 1992, n. 268, e 24 luglio 1996, n. 432, nonche' dalla alla legge 30 novembre 1989, n. 386. Il denunciato comma 24, nel reiterare l'esplicito riferimento alle province autonome e nell'utilizzare l'ampia formula «trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti», prevede infatti un meccanismo del tutto anomalo e illegittimo di ridimensionamento delle entrate provinciali, in caso di esercizio, da parte della provincia, della propria autonomia di spesa in termini eccedenti i limiti indicati nel comma 24 sopra riportato. A questo riguardo, occorre anzitutto premettere che e' arbitrario sia imputare l'acquisto di immobili a quella parte del bilancio dell'ente alimentata da trasferimenti erariali piuttosto che da entrate proprie (ammesso che il fine della disposizione impugnata sia quello di evitare che per tali acquisizioni vengano utilizzati i trasferimenti erariali); sia assumere a parametro di misurazione indifferenziato il quinquennio precedente, ben potendo l'ente territoriale aver previamente programmato rilevanti acquisti di immobili - unitamente alla necessaria copertura finanziaria - proprio per l'esercizio 2006, dopo un periodo (eventualmente, il quinquennio precedente) di flessione o di forte contrazione della spesa per immobili, cio' che comporta anche la violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. L'irrazionalita' del criterio in questione e le conseguenze in termini di disparita' di trattamento tra enti territoriali (in violazione dell'art. 3 Cost.) sono palesi. Si aggiunga che la disposizione non fornisce alcun chiarimento in ordine ai criteri di calcolo e determinazione della «spesa media sostenuta nel precedente quinquennio» per l'acquisto da terzi di immobili (si pensi, ad esempio, all'ipotesi dubbia dell'acquisizione di aree a scomputo di oneri di urbanizzazione). Ne' e' sufficiente, per escludere l'irrazionalita' e l'illegittimita' del comma 24, quanto stabilito dal successivo comma 25 («Deroghe ai limiti di acquisizione immobili»), a norma del quale «le disposizioni dei commi 23 e 24 non si applicano all'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole o asili». Anzi, in contraddizione con quest'ultima disposizione, la previsione di una riduzione dei «trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti» non consente neppure di comprendere quali trasferimenti e quali settori della spesa saranno colpiti dalla misura sanzionatoria, cio' che si traduce, tra l'altro, in un fattore di incertezza e di intralcio alla programmazione provinciale (tanto piu' che il comma impugnato, seppure apparentemente riferito al solo esercizio 2006, non da' alcuna certezza circa il proprio ambito temporale di efficacia ed il momento della decurtazione dei trasferimenti). Per quanto piu' specificamente concerne la garanzia statutaria dell'autonomia patrimoniale e finanziaria, di entrata e di spesa, della provincia autonoma di Bolzano, la disciplina impugnata viola e deroga unilateralmente le disposizioni statutarie e di attuazione statutaria di seguito indicate. Per quanto concerne il dettato statutario, risultano violate piu' disposizioni contenute nel Titolo V («Demanio e patrimonio della regione e delle province») e nel Titolo VI («Finanza della regione e delle province»), ed in particolare: l'art. 68, che presuppone un patrimonio immobiliare proprio delle province autonome, del quale la normativa introdotta dal comma 24 preclude l'incremento e l'autonoma gestione in conformita' ai programmi ed al fabbisogno della provincia, ledendo cosi' l'autonomia patrimoniale della stessa, nonche' l'autonomia contabile e di bilancio della provincia e dei comuni, garantita alla prima dagli artt. 83 e 84 dello Statuto, ed ai secondi dal citato art. 83; gli artt. 69, 70, 71, 75 e 78 dello Statuto (e norme di attuazione di cui al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, spec. artt. 2, 4, commi 1, 5), che disciplinano la garanzia di compartecipazione della provincia al gettito di tributi erariali, destinata ad essere illegittimamente menomata in caso di acquisizioni di immobili in misura eccedente il limite introdotto con la legge finanziaria 2006 in considerazione dell'apparente latitudine della previsione circa la corrispondente riduzione «sui trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti» ove interpretata, peraltro contro ogni logica, come applicabile anche alla compartecipazione al gettito dei tributi erariali, in quota fissa o, come nel caso dell'art. 78, in quota variabile; l'art. 80, il quale attribuisce alla ricorrente potesta' legislativa concorrente in materia di finanza locale, competenza che risulta illegittimamente lesa dalla previsione dell'applicazione del limite di spesa e del regime sanzionatorio di cui si tratta agli enti locali situati nel territorio provinciale (la competenza provinciale in materia di finanza locale e' affermata anche dall'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975 n. 473, recante «Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di finanza locale», a norma del quale «nella vigilanza e tutela di cui all'art. 54, n. 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, si intendono compresi tutti i provvedimenti di controllo in materia di finanza locale»; e dall'art. 17, commi 1 e 3, d.lgs. 16 marzo 1992 n. 268, «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale»). La disciplina statale in questione e' in contrasto anche con l'art. 104, primo comma, St. T.-A.A., che esclude la possibilita' di modifiche unilaterali del quadro statutario concernente l'autonomia finanziaria provinciale ad opera del legislatore statale («Fermo quanto disposto dall'art. 103 le norme del titolo VI e quelle dell'art. 13 possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province»). Per quanto concerne le norme di attuazione statutaria - neppure esse, com'e' ovvio, modificabili unilateralmente dal legislatore statale - occorre fare riferimento ancora alla legge 30 novembre i 989, n. 386 («Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria»), la quale, oltre alla modifica della sopra invocate disposizioni statutarie, all'art. 5 ha stabilito quanto segue: «1. - Le province autonome partecipano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri e le modalita' per gli stessi previsti. 2. - I finanziamenti recati da qualunque altra disposizione di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni, sono assegnati alle province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province». A questo riguardo, occorre in primo luogo rilevare che il censurato meccanismo legislativo di riduzione dei trasferimenti statali non tollera alcuna eccezione neppure con riguardo ai fondi di cui al comma 1 del richiamato art. 5 legge n. 386/1989, riduzione peraltro in contrasto con la garanzia costituzionale dei livelli minimi-essenziali delle prestazioni, cui fa riferimento il medesimo comma 1 citato. In secondo luogo, la disciplina statale denunciata appare altresi' in contrasto con il riportato comma 2, anche alla luce del successivo comma 3, ai sensi del quale «per l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto», individuazione, evidentemente, relativa al singolo finanziamento ed ai criteri per ripartirlo tra le regioni. La disposizione statale impugnata, inoltre, ribalta il meccanismo disciplinato dal d.lgs. 16 marzo 1992 n. 268 («Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale») all'art. 13, comma 3, in base al quale «in caso di assegnazione di finanziamenti ai sensi dell'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, i relativi stanziamenti di spesa sono comunque iscritti nel bilancio provinciale nella misura necessaria per far fronte rispettivamente agli impegni ed ai pagamenti previsti per l'esercizio in corso, salvo l'obbligo di compensare gli eventuali minori stanziamenti rispetto alle assegnazioni con maggiori stanziamenti negli esercizi successivi». Il successivo comma 4 conferma il sopra richiamato regime speciale dei trasferimenti in favore delle province autonome prevedendo che «le somme assegnate ai sensi dell'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, sono erogate in una o piu' soluzioni, prescindendo da qualunque altro adempimento». Non pare inutile, in ordine alla posizione gerarchica delle disposizioni di attuazione statutaria, richiamare la giurisprudenza costituzionale piu' recente. In essa, da un lato, si sottolinea l'equiparazione delle norme di attuazione statutaria alle norme statutarie, sotto il profilo della funzione di delineare il patrimonio di attribuzioni costituzionalmente garantite alle regioni speciali e alle province autonome (da ultimo, Corte cost., sent. n. 287/2005); dall'altro, la sovraordinazione gerarchica delle norme di attuazione rispetto alla legge ordinaria dello Stato, caratterizzata, come si legge nella recente sent. n. 249/2005, da una «naturale cedevolezza (anche nel momento interpretativo) . . . rispetto sia alle disposizioni dello statuto speciale che alle relative norme di attuazione». Le disposizioni sopra invocate e lo stesso art. 119 della Costituzione risultano poi lesi alla luce dei principi enunciati da codesta ecc.ma Corte nella sent. n. 417/2005 : «Va qui ribadito il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost.» (enfasi aggiunta). Con riguardo ai vincoli alle politiche di bilancio, che lo Stato puo' porre esclusivamente con riguardo alla spesa corrente, e non in conto capitale, mediante «disciplina di principio» e «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004), la medesima sent. n. 417/2005 - della quale e' opportuno riportare alcuni passaggi - chiarisce: «Perche' detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle regioni e degli enti locali debbono avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la legge statale puo' stabilire solo un "limite complessivo", che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004). Codesta Corte ha recentemente riaffermato tale principio, osservando che la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004). Nella specie, le disposizioni censurate non fissano limiti generali al disavanzo o alla spesa corrente, ma stabiliscono limiti [...] alle spese per l'acquisto di beni e servizi; vincoli che, riguardando singole voci di spesa, non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma comportano una inammissibile ingerenza nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa» (corsivo aggiunto). Le censure sopra avanzate vanno estese all'art. 1, comma 26, «Monitoraggio compravendita immobili», che assoggetta le amministrazioni di cui al comma 24 e, quindi, anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, al monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze: «Ai fini del monitoraggio degli obiettivi strutturali di manovra concordati con l'Unione europea nel quadro del patto di stabilita' e crescita, le amministrazioni di cui ai commi 23 e 24 sono tenute a trasmettere, utilizzando il sistema web laddove previsto, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una comunicazione contenente le informazioni trimestrali cumulate degli acquisti e delle vendite di immobili per esigenze di attivita' istituzionali o finalita' abitative entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre di riferimento. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalita' e lo schema della comunicazione di cui al periodo precedente. Tale comunicazione e' inviata anche all'Agenzia del territorio che procede a verifiche sulla congruita' dei valori degli immobili acquisiti segnalando gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilita». Il citato comma 26 attribuisce ad organi statali funzioni di vigilanza e controllo non previsti dallo Statuto di autonomia e relative norme di attuazione, in violazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, ed in particolare in contrasto con l'art. 2, comma 2 di tale d.P.R., il quale stabilisce che «il controllo di legittimita' sugli atti e il controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della provincia autonoma di Bolzano sono esercitati dalla sezione di controllo della Corte dei conti avente sede in Bolzano». La richiamata disposizione viola altresi' l'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266/1992, ai sensi del quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell'art. 22 dello statuto medesimo». Le richiamate norme di attuazione precludono al legislatore ordinario di introdurre strumenti anomali di controllo sulla gestione finanziaria provinciale. Ne' il comma denunciato puo' ritenersi, almeno nei confronti della ricorrente, legittima «espressione di un coordinamento meramente informativo», giustificabile sulla base dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sentt. nn. 417 e 35/2005; 376/2003). Tale disposizione, infatti, intende esplicitamente imporre alla provincia un obbligo di comunicazione ad organi ed enti statali (Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia del territorio) ai fini di successivi controlli e «verifiche sulla congruita' dei valori degli immobili acquisiti» e sugli «scostamenti rilevanti», anche ai fini della segnalazione di «eventuali responsabilita» (come chiaramente si desume dall'ultimo periodo del comma 26). Tra l'altro, si tratta di un controllo la cui regolamentazione e' affidata anche ad un decreto ministeriale per la disciplina delle modalita' e dello schema della comunicazione richiesta alla provincia ed agli enti locali situati nel suo territorio, in palese contrasto con i principi che regolano i rapporti tra fonti statali e provinciali (ex plurimis Corte cost., sentt. n. 420/1999, punto 4; n. 84/2001, punti 4 e 5; n. 314/2001, punto 5). 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. L'art. 1, comma 67, stabilisce che «l'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, cui e' riconosciuta autonomia organizzativa e finanziaria, ai fini della copertura dei costi relativi al proprio funzionamento di cui al comma 65 determina annualmente l'ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonche' le relative modalita' di riscossione, ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilita' dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche» (enfasi aggiunta). Nella parte in cui pone quale condizione di ammissibilita' dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche, il versamento del contributo da parte degli operatori economici, la riportata disposizione interferisce illegittimamente nelle competenze riconosciute alla provincia autonoma di Bolzano in materia di lavori pubblici di interesse provinciale, ed in particolare viola gli artt. 8, n. 1 7, e 1 6 dello Statuto (nonche' l'art. 1 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche»), ed altresi' l'art. 117, quarto comma, della Costituzione, applicabile alla provincia di Bolzano ex art. 10 legge cost. n. 3/2001, nella parte in cui attribuisce alle regioni competenza legislativa esclusiva in materia di lavori pubblici (quindi nelle ipotesi nelle quali, alla stregua del Titolo V Cost., essi non risultino riconducibili al terzo comma dell'art. 117, ovvero alla competenza statale in virtu' del secondo comma dello stesso articolo, o del principio di sussidiarieta). La previsione di un contributo da parte degli operatori economici «quale condizione di ammissibilita' dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche» costituisce infatti norma di dettaglio - disciplinante i procedimenti di scelta del contraente e, in generale, quelli comunque diretti alla realizzazione di opere pubbliche - per un verso introdotta in materia assegnata, nei limiti sopra specificati, alla competenza legislativa residuale di cui all'art. 117, quarto comma, della Costituzione; per un altro verso, in alcun modo configurabile (gia', peraltro, alla luce dei criteri enunciati nella non piu' recentissima sent. n. 482/1995) come principio dell'ordinamento giuridico o norma fondamentale delle riforme economico-sociali della Repubblica, ai sensi degli artt. 4 e 8 dello Statuto, parametri che, ai presenti fini, rilevano, in quanto piu' favorevoli, nei casi nei quali si tratti di lavori pubblici riconducibili - alla stregua del Titolo V Cost. ed in base ai criteri enunciati nella sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 303/2003 - al terzo comma dell'art. 117 (punto 2.3 della citata sentenza), ovvero alla competenza legislativa dello Stato, in virtu' del secondo comma dello stesso art., o del principio di sussidiarieta'. La disposizione impugnata, inoltre, viola i parametri invocati anche perche' prevede che la disciplina di dettaglio da essa introdotta sia ulteriormente specificata con provvedimento dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, in contrasto con la costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte che esclude l'intervento di fonti secondarie governative o ministeriali - e, a maggior ragione, di provvedimenti regolamentari di altre autorita' - nelle materie di competenza regionale (non e' inutile, al riguardo, ricordare la sent. n. 302/2003, la quale ha dichiarato, tra l'altro, che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, adottare, con il d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 e con il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, norme applicabili nei confronti delle regioni, anche a statuto speciale, e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e, conseguentemente, ha annullato gli artt. 1, comma 2, 2, comma 1, lettera b), 5, comma 1, lettera h) e 8, comma 1, del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, nonche' gli artt. 1, comma 2 e 188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nella parte in cui si riferiscono alle regioni, anche a statuto speciale, e alle province autonome di Trento e di Bolzano; b) che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri adottare, con il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, norme applicabili nei confronti delle province autonome di Trento e di Bolzano, e, conseguentemente ha annullato l'art. 1, comma 3, del predetto d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nella parte in cui si riferisce alle province autonome di Trento e di Bolzano). In chiave meramente illustrativa e senza la pretesa di censurare nel giudizio in via principale atti non legislativi, l'attitudine lesiva della disciplina statale denunciata risulta puntualmente confermata dalla Deliberazione 26 gennaio 2006 dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, «Indicazione delle modalita' attuative dell'art. 1, commi 65 e 67 della legge 23 dicembre 2005, n. 266» (in Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2006), laddove, all'art. 3, disciplina le modalita' e i termini per il versamento della contribuzione prevista, interferendo palesemente nelle attribuzioni provinciali, legislative e amministrative, in materia di procedimenti relativi alla realizzazione di opere pubbliche di interesse provinciale: «I soggetti [tenuti alla contribuzione] di cui all'art. 1, lettera a) del presente avviene dal momento della attribuzione, da parte dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, del codice di identificazione del procedimento di selezione del contraente, che deve essere riportato nell'avviso pubblico, nella lettera di invito o nella richiesta di offerta comunque denominata. I soggetti di cui all'art. 1, lettera b), del presente provvedimento sono tenuti al pagamento della contribuzione quale condizione di ammissibilita' alla procedura di selezione del contraente. Essi sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell'offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione. La mancata dimostrazione dell'avvenuto versamento di tale somma e' causa di esclusione dalla procedura di gara» (enfasi aggiunta). Il richiamato art. 1, «Soggetti tenuti alla contribuzione», della Deliberazione attuativa dell'impugnato comma 67 prevede che «sono tenuti a versare un contributo a favore dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, nell'entita' e con le modalita' previste dal presente provvedimento, i seguenti soggetti, pubblici e privati: a)le stazioni appaltanti di cui all'art. 2, comma 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni; b) gli operatori economici che intendono partecipare a procedure di scelta del contraente attivate dai soggetti di cui alla lettera a); c) gli organismi di attestazione di cui all'art. 8, comma 3 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni». Si fa riferimento a soggetti, organi ed uffici evidentemente sottoposti alla competenza legislativa della ricorrente per quanto riguarda i lavori pubblici di interesse provinciale, tra i quali, attraverso il rinvio all'art. 2, comma 2, della legge n. 109/1994, anche gli enti locali situati nel territorio della provincia di Bolzano. Occorre infine denunciare che l'impugnato comma 67 e' altresi' in contrasto, con riguardo alla contribuzione obbligatoria imposta ai soggetti pubblici e privati comunque coinvolti nelle procedure di appalto in ambito provinciale, con l'art. 75 dello Statuto T.-A.A., che attribuisce alle province autonome, tra le quote del gettito delle entrate tributarie dello Stato percette nei rispettivi territori, «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate [...] ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici» (primo comma, lettera g), «comprese anche le entrate afferenti all'ambito provinciale ed affluite, in attuazione di disposizioni legislative od amministrative, ad uffici situati fuori dal territorio delle rispettive province» (secondo comma). 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 198 e 204, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. L'art. 1, comma 198, stabilisce quanto segue: «Le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonche' gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando il conseguimento delle economie di cui all'art. 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell' 1 per cento. A tal fine si considerano anche le spese per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni». Il successivo comma 204 aggiunge che «alla verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198 si procede, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunita' montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti, attraverso il sistema di monitoraggio di cui all'art. 1, comma 30, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e per gli altri enti destinatari della norma attraverso apposita certificazione, sottoscritta dall'organo di revisione contabile, da inviare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario di riferimento». La formulazione del comma in oggetto, attraverso il rinvio all'art. 2 del testo unico n. 267/2000 e, soprattutto, il richiamo del medesimo comma 198 operato dal successivo comma 204, anch'esso impugnato, che espressamente include le province autonome tra gli «enti destinatari della norma» di cui al comma 198, sembra - in contrasto con quanto previsto dal precedente comma 148 dello stesso art. 1 legge n. 266/2005 - illegittimamente estendere, senza le garanzie e le procedure concordate previste dal citato comma 148, anche alla ricorrente, agli enti locali ed alle aziende sanitarie afferenti al suo territorio il limite alle spese di personale corrispondente al loro ammontare nell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento. Estensivamente interpretato, un limite siffatto, come risultante dai commi 198 e 204, e' irrazionale in rapporto al comma 148 del medesimo art. 1 della legge n. 266/2005 ed illegittimo in quanto lede l'autonomia di spesa della provincia garantita dall'art. 119, primo comma, Cost., e finisce per incidere sull'intera disciplina e gestione delle attivita' provinciali violando anche il d.lgs. 16 marzo 1992 n. 268 («Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale»), il quale, all'art. 17, comma 3, stabilisce, tra l'altro, che «le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale». D'altro canto, anche se interpretato come riferito alle sole aziende sanitarie, il comma 198 appare illegittimo in quanto, in primo luogo, lede la competenza primaria in materia di personale provinciale, che riguarda anche il personale degli enti strumentali della provincia autonoma di Bolzano; per quanto specificamente concerne la spesa per il personale sanitario, la giurisprudenza costituzionale ha sempre riconosciuto un'ampia competenza alle province autonome (Corte cost, sent. n. 315/2001) chiarendo che alle stesse, anche in considerazione del regime di autofinanziamento del sistema sanitario provinciale, «spetta anche, di massima, la determinazione ultima degli obiettivi di spesa» (Corte cost., sent. n. 63/2000). In secondo luogo e in ogni caso, la disciplina statale denunciata, comunque interpretata - contrariamente all'autoqualificazione, come tale irrilevante e comunque illegittima nella sua estensione e non riferibile alla ricorrente, di cui al comma 2006 («Le disposizioni dei commi da 198 a 205 costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione») - pone un vincolo specifico alla spesa provinciale, violando l'autonomia di spesa della provincia garantita anche dall'art. 119, primo comma, Cost., di cui si invoca l'estensione alla ricorrente nella parte in cui prevede una forma piu' ampia di autonomia finanziaria sul versante della spesa, alla luce della ormai consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la quale, ancora da ultimo, ha chiarito che «secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la previsione, da parte della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce di spesa della regione non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' in una indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere, criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento del1a spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi (v., ex multis, sentenze n. 417 del 2005 e nn. 390 e 36 del 2004)» (sent. n. 449/2005; enfasi aggiunta). Inoltre, il denunciato limite alle spese per il personale lede l'autonomia riconosciuta alla provincia in materia di contrattazione collettiva provinciale, con riguardo al personale dipendente dagli uffici provinciali e dagli enti sanitari dell provincia (Corte cost. sentt. nn. 315/2001 e 171/2005). Da quanto precede, e per le medesime ragioni, deriva l'illegittimita' anche del citato comma 204, che contiene una disciplina strumentale rispetto al comma 198, assoggettando anche le province autonome di Trento e di Bolzano, illegittimamente e contraddittoriamente incluse tra i destinatari della norma di cui al comma 198, al monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze per la verifica del rispetto degli adempimenti previsti dall'appena citato comma 198, in contrasto anche con l'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266/1992. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 231 e 232, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. L'impugnato comma 231 dell'art. 1 legge n. 266/2005 prevede che «con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilita' dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza». Il successivo comma 232, aggiunge che «la sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento». Non si ignora che codesta ecc.ma Corte ha di recente chiarito che, in tema di responsabilita' amministrativa, «vengono in evidenza le disposizioni dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, secondo le quali spettano alla competenza esclusiva dello Stato le materie della giurisdizione e dell'ordinamento civile», precisando che «nella disciplina generale della responsabilita' amministrativa i profili sostanziali sono strettamente intrecciati con i poteri che la legge attribuisce al giudice chiamato ad accertarla (come si rileva, ad esempio, dalla disposizione dell'art. 52 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante il "Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti", secondo la quale "la Corte, valutate le singole responsabilita', puo' porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto"), ovvero fanno riferimento a situazioni soggettive riconducibili alla materia dell'ordinamento civile». Ma nel caso dei denunciati commi 231 e 232, l'irrazionalita' della disciplina introdotta - nella sostanza, un anomalo provvedimento di «clemenza» in materia di responsabilita' erariale - si traduce in una lesione delle competenze riconosciute alla provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto di cui agli artt. 8, n. 1, e 16 dello Statuto, in quanto si priva l'ente che ha subito il danno - la provincia, anzitutto, nonche' gli enti strumentali della stessa - del diritto di vedersi adeguatamente risarcito. Inoltre, si introduce una disparita' di trattamento tra i dipendenti e gli amministratori provinciali, a seconda che ad essi siano addebitabili illeciti commessi prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 266/2005 ed a seconda che essi siano stati condannati o assolti in primo grado (paradossalmente, il convenuto assolto in primo grado potrebbe essere condannato in appello senza potersi avvantaggiare degli impropri benefici concessi all'appellante che impugni una sentenza di condanna pronunciata in primo grado, in entrambi i casi per «fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge» n. 266/2005). Nel presente caso, la palese violazione, da parte delle disposizioni denunciate, dei principi di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), certezza del diritto, razionalita' ed eguaglianza (art. 3 Cost.) pare invocabile come parametro nel presente giudizio in via principale in quanto si traduce nella dedotta lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite della ricorrente. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 282, 283 e 284 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. I commi 282, 283 e 284 della legge n. 266/2005 contengono una disciplina di estremo dettaglio lesiva delle attribuzioni costituzionalmente garantite della provincia autonoma di Bolzano in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, ordinamento del personale degli enti sanitari della provincia e connessa potesta' sanzionatoria amministrativa, formazione professionale. I commi impugnati contengono altresi' disposizioni incompatibili con il principio di legalita' ed i principi in materia di rapporti tra fonti statali e provinciali. In base al comma 282, «Alle aziende sanitarie ed ospedaliere e' vietato sospendere le attivita' di prenotazione delle prestazioni di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell'elenco previsto dall'art. 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, disposizioni per regolare i casi in cui la sospensione dell'erogazione delle prestazioni e' legata a motivi tecnici, informando successivamente, con cadenza semestrale, il Ministero della salute secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2002». Il successivo comma 283 stabilisce: «Con decreto del Ministro della salute, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e' istituita la Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prescrizioni, cui sono affidati compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per i soggetti utenti del Servizio sanitario, di monitoraggio, studio e predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorita' di appropriatezza delle prestazioni, di forme idonee di controllo dell'appropriatezza delle prescrizioni delle medesime prestazioni, nonche' di promozione di analoghi organismi a livello regionale e aziendale. Con detto decreto del Ministro della salute e' fissata la composizione della Commissione, che comprende la partecipazione di esperti in medicina generale, assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, di rappresentanti del Ministero della salute, di rappresentanti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di un rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. Le linee-guida sono adottate con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla costituzione della Commissione. Alla Commissione e' altresi' affidato il compito di fissare i criteri per la determinazione delle sanzioni amministrative previste dal comma 284. Ai componenti della Commissione spetta il solo trattamento di missione. A tal fine e' autorizzata la spesa annua di 100.000 euro a decorrere dall'anno 2006». Il comma 284, anch'esso impugnato, infine, prevede quanto segue: «Ai soggetti responsabili delle violazioni al divieto di cui al comma 282 e' applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 6.000 euro. Ai soggetti responsabili delle violazioni all'obbligo di cui all'art. 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e' applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 20.000 euro. Spetta alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione delle sanzioni di cui al presente comma, secondo i criteri fissati dalla Commissione prevista dal comma 283». Nel rinviare all'art. 3, comma 8, della legge n. 724/1994, il sopra riportato comma 284, estende la disciplina sanzionatoria alla responsabilita' del direttore sanitario per la tenuta, presso le aziende sanitarie ed ospedaliere, del «registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari». Come si vede, il comma 282 impone alle province autonome obblighi specifici, con disposizioni di estremo dettaglio, a cominciare dal divieto di sospendere le attivita' di prenotazione delle prestazioni di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza». La prenotazione delle prestazioni di cui al richiamato d.P.C.m. e' rimessa alla potesta' normativa delle regioni e delle province autonome dallo stesso Allegato 5 del d.P.C.m. sui L.e.a. (aggiunto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002, «Linee guida sui criteri di priorita' per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa»), il quale, al punto 1, prevede che «Le regioni e le province autonome indicano, entro il 31 maggio 2002, i criteri di priorita' per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, sulla base di valutazioni di appropriatezza e di urgenza, e le modalita' per una corretta gestione delle liste di prenotazione al fine di garantire l'uniformita' e la trasparenza delle stesse». Il divieto di cui al comma 282, unitamente alla previsione di disposizioni regionali e provinciali per regolare, «sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti», i casi in cui la sospensione dell'erogazione delle prestazioni e' legata a motivi tecnici, «informando successivamente, con cadenza semestrale, il Ministero della salute secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2002», costituisce disciplina di dettaglio lesiva delle attribuzioni legislative e amministrative provinciali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera di cui all'art. 9, n. 10, e 16 St. T.-A.A., e di cui all'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come modificato dal d.lgs. n. 267/1992, il quale al secondo comma stabilisce che «alle province autonome competono le potesta' legislative ed amministrative attinenti al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari; nell'esercizio di tali potesta' esse devono garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria». L'obbligo di informazione semestrale del Ministero della salute e' poi incompatibile con l'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266/1992. Con riguardo al citato art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, occorre sottolineare che il riferimento agli «standards minimi» previsti dalle normative nazionale e comunitaria concerne la garanzia dei livelli minimi delle prestazioni, in Provincia di Bolzano peraltro ampiamente assicurata ed anzi integrata con la previsione di livelli aggiuntivi, e non implica alcuna competenza statale in ordine alla definizione della strumentazione organizzativa necessaria per assicurare tali standards prestazionali. Qualora, a partire da una interpretazione estensiva della competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, si volesse teorizzare una competenza legislativa e regolamentare statale estesa alle concrete e dettagliate modalita' di organizzazione dell'attivita' assistenziale necessaria per garantire i livelli essenziali delle prestazioni (peraltro in contrasto con la sent. n. 120/2005, in tema di asili nido, che ha considerato estranei alla competenza statale di cui alla lettera m) l'assetto organizzativo e gestorio), occorre ricordare che si tratta di una competenza trasversale dello Stato comunque non applicabile alla ricorrente. Su questo punto la giurisprudenza costituzionale e' esplicita. Nella sent. n. 145/2005, si legge: «La tesi del Governo, secondo la quale la diretta applicabilita' della citata legge alla provincia deriverebbe dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui al nuovo art. 117, terzo comma, lettera m), della Costituzione, e', poi, priva di fondamento. Senza entrare nella valutazione di tale tesi e' sufficiente rilevare che le disposizioni della legge costituzionale n. 3 del 2001, modificativa del Titolo V della Costituzione, si applicano alle province autonome, ai sensi dell'art. 10 della stessa legge costituzionale, solo "per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite". Sicche', deve necessariamente escludersi che le disposizioni della suddetta legge costituzionale possano comportare limitazioni alla sfera di competenza legislativa gia' attribuita alla provincia ricorrente per effetto dello statuto di autonomia. Fermo restando, ricorrendone i presupposti, l'obbligo di adeguamento, imposto dall'art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 266 del 1992, ai principi e alle norme costituenti limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello stesso statuto». A quest'ultimo riguardo, occorre ribadire il carattere di estremo dettaglio della disciplina contenuta nell'impugnato comma 282 e la sua inidoneita' ad esprimere principi fondamentali o norme fondamentali delle riforme economico-sociali. L'impugnato comma 283 viola anzitutto l'art. 8, n. 29, dello Statuto T.-A.A., che attribuisce alla ricorrente potesta' legislativa primaria in materia di «addestramento e formazione professionale», giacche' prevede l'affidamento, con decreto ministeriale, alla istituenda Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prescrizioni, di «compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico». In materia di formazione del personale sanitario, la giurisprudenza costituzionale e' costante nel riconoscere la competenza legislativa esclusiva (ed anche, parallelamente, quella amministrativa) della Provincia autonoma di Bolzano (Corte cost., sentt. n. 316/1993; 354/1994; 406/2001). D'altro canto, anche la prevista predisposizione, da parte della Commissione di cui al comma 283, di «linee-guida», destinate ad essere poi adottate con decreto del Ministro della salute, «per la fissazione di criteri di priorita' di appropriatezza delle prestazioni, di forme idonee di controllo dell'appropriatezza delle prescrizioni delle medesime prestazioni, nonche' di promozione di analoghi organismi a livello regionale e aziendale» appare gravemente lesiva delle invocate attribuzioni della ricorrente in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, tanto piu' che se ne prevede l'adozione con atto non legislativo. Ne' la previsione delle «linee-guida» da adottarsi con decreto del Ministro della salute puo' legittimamente imporsi alla Provincia autonoma di Bolzano in virtu' del combinato disposto dei commi secondo, lettera m) e sesto, dell'art. 117 Cost., poiche', come si e' visto, tale problematico schema di ampliamento trasversale delle competenza legislative e regolamentari statali non puo' essere applicato in danno della ricorrente, ostandovi l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001, come chiaramente si desume dalla gia' richiamata sentenza n. 145/2005 di codesta ecc.ma Corte. Parimenti lesivo delle attribuzioni provinciali appare poi il sistema sanzionatorio delineato dai commi 283 e 284, sia per violazione delle competenza provinciali in materia di personale degli enti sanitari della provincia e di assistenza sanitaria ed ospedaliera, rispetto alle quali la disciplina delle sanzioni amministrative e' accessoria; sia per violazione dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992. Il comma 284, infatti, per un verso disciplina sanzioni amministrative in materie - il personale degli enti sanitari della provincia; l'assistenza sanitaria ed ospedaliera - nelle quali la competenza legislativa ed amministrativa spetta alla ricorrente (artt. 8, n. 1; 9, n. 10; 16 St. T.-A.A.; art. 2 d.P.R. n. 474/1975), e lo fa in contrasto con la costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che in piu' occasioni ha chiarito che «la competenza sanzionatoria amministrativa non e' in grado di autonomizzarsi come materia in se', ma accede alle materie sostanziali» (Corte cost., sent. n. 12/2004, che rinvia alle sentenze n. 361 del 2003; n. 28 del 1996; n. 85 del 1996; n. 187 del 1996; n. 115 del 1995; n. 60 del 1993). Per altro verso, la disciplina statale denunciata assoggetta inammissibilmente la provincia autonoma, in sede di applicazione delle sanzioni amministrative, ai criteri fissati dalla Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prescrizioni di cui al comma 283. Stabilisce infatti l'ultimo periodo del comma 284: «Spetta alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione delle sanzioni di cui al presente comma, secondo i criteri fissati dalla Commissione prevista dal comma 283», alla quale quest'ultimo comma illegittimamente affida «il compito di fissare i criteri per la determinazione delle sanzioni amministrative previste dal comma 284». Risulta del tutto evidente anche la violazione dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992, il quale esclude che nelle materie di competenza propria delle province autonome la legge possa attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative («diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell'art. 22 dello statuto medesimo»). Inoltre, altrettanto manifesta appare la violazione del principio di legalita' della sanzione amministrativa, in considerazione dell'ampia discrezionalita' concessa alla Commissione, e del principio che esclude l'adozione di atti statali di rango sub-primario in materie assegnate alla competenza legislativa e amministrativa delle province autonome (anche sulla base del quadro costituzionale precedente la revisione del 2001, la giurisprudenza costituzionale era ferma nell'escludere norme secondarie statali in materie di competenza delle regioni o delle province autonome: ex plurimis, Corte cost., sentt. nn. 376/2002; 84/2001; 209/2000; 420/1999; 408 e 352/1998; 250/1996; 482, 378 e 333/1995; 461, 97 e 61/1992; /1992; 391, 349, 204, 49/1991). Nel caso in oggetto, a maggior ragione, deve ritenersi illegittima l'attribuzione alla Commissione di cui al comma 283, da parte del legislatore statale, del potere paranormativo di adottare «criteri» destinati a regolare direttamente l'attivita' dei competenti organi provinciali, in sede di applicazione delle sanzioni amministrative. Qualora, peraltro, si volessero invocare i principi enunciati da codesta ecc.ma Corte nella sent. n. 361/2003, nella quale si e' affermata la competenza del legislatore statale di principio, ex art. 117, terzo comma, Cost, a determinare sanzioni amministrative volte a tutelare il diritto alla salute (in quanto accessorie alla disciplina legislativa del divieto di fumare in determinati locali), si dovrebbe comunque sottolineare che, in tale decisione, si chiarisce che una siffatta competenza statale deve essere integralmente esercitata in forma legislativa. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 330-333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. I commi da 330 a 333 dell'art. 1 disciplinano interventi statali in ambito assistenziale. Il comma 330 prevede che «al fine di assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarieta' per lo sviluppo socio- economico, e' istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, con una dotazione finanziaria di 1.140 milioni di euro per l'anno 2006, destinata alle finalita' previste ai sensi della presente legge». Il successivo comma 331 prevede che «per ogni figlio nato ovvero adottato nell'anno 2005 e' concesso un assegno pari ad euro 1.000». Il comma 332 stabilisce che «il medesimo assegno di cui al comma 331 e' concesso per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato». Il comma 333, infine, stabilisce nel dettaglio le modalita' di erogazione di tali prestazioni assistenziali nei termini seguenti: «Il Ministero dell'economia e delle finanze comunica per iscritto, entro il 15 gennaio 2006, la sede dell'ufficio postale di zona presso il quale gli assegni possono essere riscossi con riferimento all'assegno di cui al comma 331 e, previa verifica dell'ordine di nascita, entro la fine del mese successivo a quello di nascita o di adozione con riferimento all'assegno di cui al comma 332. Gli assegni possono essere riscossi, in deroga ad ogni disposizione vigente in materia di minori, dall'esercente la potesta' sui figli di cui ai commi 331 e 332, sempreche' residente, cittadino italiano ovvero comunitario ed appartenente a un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all'anno 2004 ai fini dell'assegno di cui al comma 331 e all'anno 2005 ai fini dell'assegno di cui al comma 332, non superiore ad euro 50.000. Per nucleo familiare s'intende quello di cui all'art. 1 del d.m. 22 gennaio 1993 del Ministro della sanita', pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 1993 . La condizione reddituale di cui al presente comma e' autocertificata dall'esercente la potesta', all'atto della riscossione dell'assegno, mediante riempimento e sottoscrizione di apposita formula prestampata in calce alla comunicazione del Ministero dell'economia e delle finanze, da verificare da parte dell'Agenzia delle entrate secondo procedure definite convenzionalmente. Per l'attuazione del presente comma il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro si avvale di SOGEI S.p.a.». Come si vede, previa istituzione del fondo di cui al comma 330, destinato ad assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarieta' per lo sviluppo socio-economico, i commi 331 e 332 prevedono la concessione, da parte dello Stato, di un assegno pari ad euro 1.000 per ogni figlio nato o adottato nell'anno 2005 nonche' per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, o adottato, alle condizioni e secondo le modalita' stabilite al successivo comma 333. Tale disciplina viola le competenze statutarie della Provincia autonoma di Bolzano in materia di assistenza e beneficenza pubblica e le relative norme di attuazione, nonche' la disposizione di cui all'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, sia nel disciplinare la prevista prestazione di natura assistenziale, sia nel prevederne l'erogazione direttamente attraverso organi ed uffici dell'amministrazione statale, la quale si rapporta direttamente, senza alcun coinvolgimento della provincia, con i cittadini in essa residenti, com'e' avvenuto attraverso lettere sottoscritte dal Presidente del Consiglio dei ministri (all. 3) e come e' previsto dal sopra riportato comma 333. Le erogazioni disciplinate dalla normativa impugnata, alla stregua del dettato statutario, hanno natura non gia' previdenziale ma assistenziale, e sono, come si e' detto, riconducibili all'art. 8, n. 25, dello Statuto, che attribuisce alle province autonome potesta' legislativa primaria in materia di «assistenza e beneficenza pubblica». L'invocata disciplina statutaria si inserisce nel solco della giurisprudenza costituzionale in base alla quale l'art. 38 della Costituzione «configura due modelli strutturalmente e qualitativamente distinti: l'uno, fondato sulla solidarieta' collettiva, garantisce ai "cittadini", ove ad alcuni eventi si accompagnino accertate situazioni di bisogno, "i mezzi necessari per vivere" ; l'altro, suscettibile di essere realizzato mediante gli strumenti mutualistico-assicurativi, attribuisce ai "lavoratori", prescindendo da uno stato di bisogno, la diversa e piu' elevata garanzia del diritto a "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita"» (Corte cost., sentt. n. 17 del 1995; n. 31 del 1986). In questo senso e' chiaramente orientata anche la normativa di attuazione statutaria. Stabilisce infatti l'art. 1 del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 58, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di previdenza e assicurazioni sociali», che la Regione T.-A.A., nell'esercizio delle attribuzioni di cui all'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, ha facolta' di integrare la legislazione dello Stato e di costituire appositi istituti autonomi o di agevolarne l'istituzione, «in materia di protezione dei lavoratori sia dipendenti che autonomi, nei casi di infortunio, malattia, invalidita' e vecchiaia, disoccupazione involontaria e maternita» [corsivo aggiunto]. In questa prospettiva, il legislatore regionale puo' adottare disposizioni legislative per integrare la legislazione statale nella materia della previdenza sociale obbligatoria strettamente intesa e - in base all'art. 6 dello Statuto e all'art. 1-bis. del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 58 (aggiunto dall'art. 1, d.lgs. 12 aprile 2001, n. 221) - disciplinare forme di previdenza complementare e integrativa. Per contro, la Regione Trentino-Alto Adige non ha competenza legislativa (ne' competenza amministrativa) nella materia dell'assistenza sociale, assegnata dallo Statuto (art. 8, n. 25) alla potesta' legislativa esclusiva delle province autonome, come ripetutamente affermato da codesta ecc.ma Corte, e ancora da ultimo nella sent. n. 106/2005, concernente la legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 ottobre 2003, n. 15 (Anticipazione dell'assegno di mantenimento a tutela del minore), dove si chiarisce che «l'intervento pubblico previsto dalle disposizioni censurate, come sopra descritto, appare quindi riconducibile alla nozione di "assistenza pubblica", materia certamente di competenza della Provincia autonoma di Bolzano ai sensi dell'art. 8, n. 25, dello statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige, come ribadito piu' volte alla stregua della giurisprudenza di questa Corte» (si vedano anche le sentt. nn. 267/2003; 520/2000; 355/1992; 75 e 36/1992; 532/1988; 139/1985; 250/1974). Con riferimento alle attribuzioni della ricorrente, si ricordi anche l'art. 4 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469, recante «Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica», che recita: «Le attribuzioni degli organi dello Stato relative alle pensioni ed agli assegni a carattere continuativo in favore dei ciechi civili, dei sordomuti e degli invalidi civili restano ferme fino a quando non sara' diversamente disposto con legge provinciale nel rispetto delle norme fondamentali concernenti il diritto alla prestazione ed i requisiti soggettivi degli assistibili» (corsivo aggiunto). Non si ignora la piu' recente giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che ha ricondotto alla «previdenza sociale» (in senso lato) di cui all'art. 117, secondo comma, lettera o) una disciplina statale analoga a quella di cui ai commi impugnati della legge n. 266/2005 (sent. n. 287/2004; la successiva sent. n. 423/2004, vertente su fattispecie differenti, ribadisce, al punto 7.3 del Considerato in diritto, la nuova impostazione). Si tratta, nondimeno, di una giurisprudenza basata sul quadro costituzionale novellato dalla legge di revisione n. 3/2001, che non altera, in base all'art. 10 della medesima legge di revisione, il quadro delle attribuzioni costituzionalmente garantite della Provincia autonoma di Bolzano come risultanti dallo Statuto (art. 8, primo comma, n. 25) e dalle norme di attuazione. D'altro canto, di cio' vi e' implicita e almeno parziale conferma e consapevolezza nel d.m. 28 novembre 2003, «Disposizioni attuative dell'art. 21 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in merito alla corresponsione dell'assegno per ogni figlio secondo od ulteriore per ordine di nascita», provvedimento di attuazione della disciplina legislativa oggetto della sent. n. 287/2004, il quale, all'art. 4, comma 1, precisa che «l'assegno pari ad Euro 1.000 e' concesso ed erogato, per gli aventi diritto residenti nei comuni delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dalle province medesime, secondo le norme dei rispettivi statuti». Al riguardo, giova ribadire quanto stabilito dal gia' citato art. 4 del d.P.R. 283-1975 n. 469, recante «Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica», il quale stabilisce che «le attribuzioni degli organi dello Stato relative alle pensioni ed agli assegni a carattere continuativo in favore dei ciechi civili, dei sordomuti e degli invalidi civili restano ferme fino a quando non sara' diversamente disposto con legge provinciale nel rispetto delle norme fondamentali concernenti il diritto alla prestazione ed i requisiti soggettivi degli assistibili» (corsivo aggiunto). Se, come si e' ribadito, le norme di attuazione attribuiscono alla Provincia autonoma di Bolzano competenza esclusiva con riguardo a tali importanti prestazioni (costituenti fondamentali diritti soggettivi, alla stregua dei principi enunciati nella citata sent. n. 423/2004), a maggior ragione devono ritenersi riconducibili all'art. 8, n. 25, dello statuto le provvidenze disciplinate dall'art. 1, commi 330-333, della legge n. 266/2005, che quindi illegittimamente dispone e disciplina la concessione delle stesse anche ai nuclei familiari residenti in Provincia di Bolzano, senza prevedere alcun coinvolgimento degli organi e degli uffici provinciali, coinvolgimento che, peraltro, di per se' non basterebbe a rendere le disposizioni impugnate compatibili con l'autonomia costituzionalmente garantita della ricorrente in questa materia se disgiunto da adeguate garanzie di pieno rispetto dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 266/1992, a norma del quale, «fermo restando quanto disposto dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nelle materie di cui al comma 1 le amministrazioni statali, comprese quelle autonome, e gli enti dipendenti dallo Stato non possono disporre spese ne' concedere, direttamente o indirettamente, finanziamenti o contributi per attivita' nell'ambito del territorio regionale o provinciale». Tale fondamentale disposizione di attuazione statutaria rende particolarmente rigoroso, anche rispetto agli interventi statali di cui ai denunciati commi 330-333, nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, il divieto dei vincoli di destinazione delle risorse previste da fondi statali ed il principio che vieta trasferimenti finanziari dallo Stato agli enti territoriali (e ad altri soggetti, pubblici e privati) con vincolo di destinazione, nelle materie di competenza regionale e provinciale, che la giurisprudenza ha in piu' occasioni ribadito (ex plurimis, sentt. n. 370/2003; 16 e 423/2004). 7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il comma 409 dell'art. 1 contiene una regolamentazione di dettaglio lesiva delle attribuzioni costituzionalmente garantite della Provincia autonoma di Bolzano in materia di igiene e sanita', assistenza sanitaria e ospedaliera, ordinamento degli uffici provinciali, autonomia finanziaria provinciale di entrata e di spesa. La disciplina impugnata, allo scopo apparente di razionalizzare gli acquisti da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere prevede che, con decreto del Ministro della salute, si provveda alla classificazione dei dispositivi medici acquistabili ed utilizzabili dal Servizio sanitario nazionale; a stabilire le modalita' di alimentazione e aggiornamento della Banca dati e le modalita' con cui le ASL devono inviare al Ministero le informazioni per il monitoraggio; all'istituzione di un repertorio dei dispositivi. Si tratta di una disciplina di estremo dettaglio che impone agli enti sanitari non solo limitazioni sul versante delle acquisizioni di dispositivi medici, peraltro estranee alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, ma anche specifici obblighi di vigilanza e informazione, ai fini del monitoraggio nazionale, nonche' una serie di adempimenti ed oneri a carico dei produttori di dispositivi medici. L'attitudine invasiva di tale normativa di dettaglio appare tanto piu' evidente alla luce dell'ampiezza del suo ambito di applicazione, in conseguenza della latitudine della definizione di dispositivo medico accolta dal d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 46, «Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici» («qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell'uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui e' destinato, con mezzi farmacologici o immunologici ne' mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi»). In particolare, le disposizioni dell'impugnato comma 409 prevedono quanto segue: «Ai fini della razionalizzazione degli acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale: a) la classificazione dei dispositivi prevista dal comma 1 dell'art. 57 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e' approvata con decreto del Ministro della salute, previo accordo con le regioni e le province autonome, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono stabilite: 1) le modalita' di alimentazione e aggiornamento della banca dati del Ministero della salute necessarie alla istituzione e alla gestione del repertorio generale dei dispositivi medici e alla individuazione dei dispositivi nei confronti dei quali adottare misure cautelative in caso di segnalazione di incidenti; 2) le modalita' con le quali le aziende sanitarie devono inviare al Ministero della salute, per il monitoraggio nazionale dei consumi dei dispositivi medici, le informazioni previste dal comma 5 dell'art. 57 della citata legge n. 289 del 2002. Le regioni, in caso di omesso inoltro al Ministero della salute delle informazioni di cui al periodo precedente, adottano i medesimi provvedimenti previsti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria». La previsione del decreto ministeriale per la classificazione dei dispositivi, unitamente a quanto lo stesso comma 409 poco oltre precisa alla lettera b) - e cioe' che «con la procedura di cui alla lettera a) viene stabilita, con l'istituzione del repertorio generale dei dispositivi medici, la data a decorrere dalla quale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale possono essere acquistati, utilizzati o dispensati unicamente i dispositivi iscritti nel repertorio medesimo» - introduce una disciplina di dettaglio in violazione dell'art. 9, n. 10, dello Statuto il quale, in materia di igiene e sanita', consente al legislatore statale di intervenire solo attraverso norme fondamentali di riforma o principi fondamentali e non anche con disposizioni legislative di dettaglio, ne', tanto meno, come invece illegittimamente previsto dalla legge n. 266/2005, con decreto ministeriale. Anche quanto previsto ai nn. 1 e 2 della lettera a) del comma 409 appare costituzionalmente illegittimo in quanto, con disposizioni di estremo dettaglio, si impongono specifici obblighi alle aziende sanitarie, ma anche alle regioni ed alle province autonome, in ordine alle informazioni relative agli incidenti ed ai costi unitari dei dispositivi medici acquistati semestralmente, con obbligo di specificare aziende produttrici e modelli. Ancora sub a) si prevede altresi' - con disposizione peraltro nel complesso ambigua e pertanto riferibile anche agli uffici provinciali - che le regioni «in caso di omesso inoltro al Ministero della salute delle informazioni di cui al periodo precedente, adottano i medesimi provvedimenti previsti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria»; inoltre, si prevede di disciplinare ulteriormente tutto cio' con decreto ministeriale, in materie (ordinamento degli uffici provinciali, igiene e sanita', assistenza sanitaria e ospedaliera) assegnate alla potesta' legislativa e amministrativa della ricorrente dagli artt. 8 n. 1, 9, n. 10, 16 dello Statuto e 2, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come modificato dal d.lgs. n. 267/1992. Appare costituzionalmente illegittimo anche quanto previsto alla lettera e), giacche' introduce disposizioni di dettaglio in materia di igiene e sanita'. Passando ad un ulteriore profilo, alla lettera c) del comma 409 si stabilisce - probabilmente allo scopo di contenere la «pressione promozionale» dei produttori di dispositivi medici sulle strutture e sugli operatori sanitari - che «le aziende che producono o immettono in commercio in Italia dispositivi medici sono tenute a dichiarare [...] l'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attivita' di promozione» rivolte ai medici e agli operatori sanitari. Inoltre, alla lettera d), si prevede che «entro la data di cui alla lettera c), le aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici versano, in conto entrate del bilancio dello Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese autocertificate [per le attivita' di promozione di cui alla lettera c)] al netto delle spese per il personale addetto. I proventi derivanti da tali versamenti sono riassegnati, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sulle corrispondenti unita' previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute». Gli ultimi tre periodi dell'impugnato comma 409 prevedono poi il pagamento, da parte dei produttori e dei distributori e a favore del Ministero della salute, di una tariffa di 100 euro per ogni dispositivo ai fini dell'obbligatorio inserimento delle informazioni relative nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici e per l'inserimento di informazioni relative a modifiche dei dispositivi gia' inclusi, prevedendo che, come nell'ipotesi precedente, «i proventi derivanti dalle tariffe sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, alle competenti unita' previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute». Neppure la disciplina contenuta alle lettere c), d) ed e) del denunciato comma 409 esprime norme fondamentali di riforma economico-sociale o principi fondamentali, e pertanto viola, le richiamate previsioni statutarie in materia di igiene e sanita' per il suo carattere dettagliato. Inoltre, con riguardo alle aziende di produzione e distribuzione che operano nel territorio provinciale, la stessa disciplina appare in contrasto con l'art. 75 dello Statuto T.-A.A., che attribuisce alle province autonome, tra le quote del gettito delle entrate tributarie dello Stato percette nei rispettivi territori, «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate [...] ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici» (primo comma, lettera g), «comprese anche le entrate afferenti all'ambito provinciale ed affluite, in attuazione di disposizioni legislative od amministrative, ad uffici situati fuori dal territorio delle rispettive province» (secondo comma). 8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 483 a 492, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. I commi da 483 a 492 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 dettano norme relative alle concessioni idroelettriche, prevedendo, mediante la modifica di alcune disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «Attuazione della direttiva 96/1992/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», una nuova procedura per l'attribuzione a titolo oneroso delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico e attribuendo alla competenza del Ministero delle attivita' produttive, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la determinazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi, dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara. Occorre anzitutto sottolineare l'impossibilita' di ricondurre, come vorrebbe l'incomprensibile formulazione del comma 491, l'intera disciplina contenuta nei commi impugnati all'art. 117, secondo comma, lettera e) ed agli obblighi comunitari («Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e attuano i principi comunitari resi nel parere motivato della Commissione europea in data 4 gennaio 2004»). Da un lato, infatti, l'impropria evocazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e) deve ritenersi inidonea a giustificare una deroga alle disposizioni statutarie e di attuazione statutaria in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico di seguito specificate, in virtu' dell'art. 10 della legge cost. n. 3/2001, come chiarito da codesta ecc.ma Corte - con riferimento ad un alinea non meno importante del secondo comma dell'art. 117 - nella sent. n. 145/2005. Dall'altro lato, gli obblighi comunitari non legittimano l'intervento del legislatore statale nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome al di fuori delle ipotesi nelle quali si giustifica l'adozione di provvedimenti sostitutivi ex art. 117, quinto comma, e 120, secondo comma, Cost. In secondo luogo, va subito denunciata la gravissima lesione dell'autonomia provinciale derivante, oltre che dal comma 492 («Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni e le province autonome armonizzano i propri ordinamenti alle norme dei commi da 483 a 491»), dall'abrogazione di cui al comma 484, il quale laconicamente recita: «E' abrogato l'art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79». Si tratta di un vulnus diretto all'autonomia della ricorrente, giacche' l'abrogato art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «Attuazione della direttiva 96/1992/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», rubricato «Prerogative della Regione autonoma della Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano», stabilisce: «1. - Sono fatte salve le prerogative statutarie della Regione autonoma Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano, secondo quanto previsto ai commi 15 e 16 dell'art. 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481. Il necessario coordinamento tra le norme del presente decreto ed i vigenti ordinamenti statutari della Regione Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e' demandato ad apposite norme di attuazione dei relativi statuti da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' al decreto legislativo da emanare ai sensi dell'art. 12, comma 10, del presente decreto. 2. - Le norme di attuazione degli statuti di cui al comma 1 possono definire norme anche indipendentemente dalla disciplina di cui ai commi 3, 6 e 7 dell'art. 12». L'impugnato comma 484 e' pertanto diretto a sopprimere le garanzie statutarie e quelle introdotte dalle norme di attuazione in materia di grandi concessioni di derivazione idroelettrica, ed in particolare dal d.lgs. 11 gennaio 1999, n. 463, «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica», adottato anche ai fini di cui al riportato art. 16 del d.lgs. n. 79/1999, illegittimamente abrogato. La disciplina recata dai commi da 483 a 492, soprattutto in conseguenza della portata esplicitamente lesiva dei riportati commi 484 e 492, viola la competenza legislativa provinciale, anche di attuazione del diritto comunitario, in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, a seguito delle citate norme di attuazione ed in forza dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001 non piu' limitata dall'art. 9, n. 9, dello Statuto e pertanto di natura (almeno) concorrente (come, per quanto attiene alla produzione e distribuzione di energia, esplicitamente riconosciuto da codesta ecc.ma Corte nella sent. n. 383/2005). L'impugnata disciplina statale si pone pertanto in contrasto, per i motivi in parte sopra gia' dedotti e di seguito meglio specificati, con specifico riferimento alle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico nella Provincia di Bolzano, con gli artt. 12, 13, 14, 16, 17, 104 e 107 dello Statuto di autonomia; con il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115, «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino- Alto Adige in materia di trasferimento alle Province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione»; il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche»; il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235, «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia»; il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica»; il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento». Inoltre i commi denunciati si pongono in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui prevede - in materia di produzione e distribuzione dell'energia - forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle garantite alla ricorrente dalle disposizioni statutarie e di attuazione statutaria. In particolare, il comma 483, mediante la modifica di alcune disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, prevede una nuova procedura per l'attribuzione a titolo oneroso delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico e attribuisce alla competenza del Ministero delle attivita' produttive, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la determinazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi, dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara, in contrasto con i principi che disciplinano i rapporti tra fonti statali e fonti provinciali nelle materie di competenza provinciale, qualora tale provvedimento statale abbia natura regolamentare; ovvero, qualora si tratti di un provvedimento concernente la singola gara, in contrasto con il principio di leale collaborazione, che in questi casi, versandosi in materia di competenza della ricorrente, imporrebbe quanto meno un'intesa forte (Corte cost., sent. n. 383/2005) e comunque in contrasto con l'art. 4 del d.lgs. n. 266/1992, a norma del quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative [...] diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell'art. 22 dello statuto medesimo». Al comma 485 e' poi prevista - illegittimamente, anche perche' con legge provvedimento non si puo' unilateralmente incidere sui rapporti concessori in oggetto - la proroga di dieci anni delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica in corso: «In relazione ai tempi di completamento del processo di liberalizzazione e integrazione europea del mercato interno dell'energia elettrica, anche per quanto riguarda la definizione di principi comuni in materia di concorrenza e parita' di trattamento nella produzione idroelettrica, tutte le grandi concessioni di derivazione idroelettrica, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogate di dieci anni rispetto alle date di scadenza previste nei commi 6, 7 e 8 dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, purche' siano effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti, come definiti al comma 487». Sotto il profilo finanziario, il comma 486 stabilisce che «il soggetto titolare della concessione versa entro il 28 febbraio per quattro anni, a decorrere dal 2006, un canone aggiuntivo unico, riferito all'intera durata della concessione, pari a 3.600 euro per MW di potenza nominale installata e le somme derivanti dal canone affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per l'importo di 50 milioni di euro per ciascun anno, e ai comuni interessati nella misura di 10 milioni di euro per ciascun anno», e cio' in contrasto con l'art. 71 dello Statuto di autonomia, a norma del quale «per le concessioni di grande derivazione di acque pubbliche esistenti nella provincia, accordate o da accordarsi per qualunque scopo, lo Stato cede a favore della provincia i nove decimi dell'importo del canone annuale stabilito a norma di legge», e con l'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale», il quale stabilisce che «i canoni di concessione di grande derivazione di acque pubbliche di cui all'art. 71 dello statuto, ceduti alle Province autonome di Trento e Bolzano nella misura fissa dei nove decimi, si riferiscono al demanio idrico dello Stato», mentre «i canoni per le concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche sul demanio idrico provinciale restano acquisiti al bilancio delle rispettive province». Dalla legge finanziaria 2006 viene altresi' prevista la possibilita' di prevedere nel bando di gara per concessioni idroelettriche, a determinate condizioni, il trasferimento della titolarita' del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione (comma 489: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 25, commi primo e secondo, del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il bando di gara per concessioni idroelettriche puo' anche prevedere il trasferimento della titolarita' del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici, dal concessionario uscente al nuovo concessionario, secondo modalita' dirette a garantire la continuita' gestionale e ad un prezzo, entrambi predeterminati dalle amministrazioni competenti e dal concessionario uscente prima della fase di offerta e resi noti nei documenti di gara»). I denunciati commi da 483 a 492 - senza prevedere, in contrasto con il principio di leale collaborazione, alcuna procedura di intesa con le regioni e le province autonome - introducono automatismi, come la proroga decennale delle concessioni, e contengono disposizioni di dettaglio incompatibili con la competenza legislativa spettante alla provincia e contrastanti con i parametri statutari e di attuazione statutaria sopra indicati, a cominciare dagli artt. 12 - il quale, tra l'altro, al quarto comma stabilisce che «il Ministero competente adotta i provvedimenti concernenti l'attivita' dell'Ente nazionale per l'energia elettrica (ENEL) nella regione, sentito il parere della provincia interessata» - e 13 St. T.-A.A., il quale stabilisce quanto segue: «Nelle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, i concessionari hanno l'obbligo di fornire annualmente e gratuitamente alle Province di Bolzano e di Trento - per servizi pubblici e categorie di utenti da determinare con legge provinciale - 220 kwh per ogni kw di potenza nominale media di concessione, da consegnare all'officina di produzione, o sulla linea di trasporto e distribuzione ad alta tensione collegata con l'officina stessa, nel punto piu' conveniente alla provincia. Le province stabiliscono altresi' con legge i criteri per la determinazione del prezzo dell'energia di cui sopra ceduta alle imprese distributrici, nonche' i criteri per le tariffe di utenza, le quali non possono comunque superare quelle deliberate dal CIP. I concessionari di grandi derivazioni a scopo idroelettrico dovranno corrispondere semestralmente alle province lire 6,20 per ogni kwh di energia da esse non ritirata. Il compenso unitario prima indicato variera' proporzionalmente alle variazioni, non inferiori al 5 per cento del prezzo medio di vendita della energia elettrica dell'ENEL, ricavato dal bilancio consuntivo dell'ente stesso. Sulle domande di concessione per grandi derivazioni idroelettriche presentate, nelle Province di Trento e di Bolzano, in concorrenza dell'Enel e dagli enti locali, determinati in base a successiva legge dello Stato, provvede il Ministro per i lavori pubblici di concerto col Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato e d'intesa con la provincia territorialmente interessata». Le prerogative previste in favore della ricorrente dalle citate disposizioni statutarie risultano esplicitamente disattese dal comma 484, che abroga l'art. 16 del d.lgs. n. 79/1999; dal comma 485, che, evidentemente senza la previa intesa di cui all'art. 13 dello Statuto, dispone la proroga decennale di «tutte le grandi concessioni di derivazione idroelettrica» in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 266/2005, «purche' siano effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti, come definiti al comma 487»; dal comma 489, secondo il quale il «bando di gara per concessioni idroelettriche puo' anche prevedere il trasferimento della titolarita' del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione», cio' che, di nuovo, esclude il necessario coinvolgimento della provincia attraverso la procedura di intesa prevista dallo Statuto. Ne' la disciplina statale impugnata pare lasciare spazio al meccanismo cooperativo previsto dal terzo comma dell'art. 14 St., a norma del quale «l'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato e della provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base a un piano generale stabilito d'intesa tra i rappresentanti dello Stato e della provincia in seno a un apposito comitato». L'intento di escludere le garanzie statutarie e di attuazione statutaria e' peraltro fatto palese dall'impugnato comma 484, il quale - abrogando l'art. 16 del d.lgs. n. 79/1999 - risulta specificamente preordinato alla soppressione delle garanzie e delle prerogative costituzionalmente garantite alla ricorrente in materia di grandi derivazioni idroelettriche, nonche' di produzione e distribuzione di energia elettrica, di cui ai citati artt. 12 e 13 dello Statuto ed alle relative norme di attuazione. Occorre infatti ricordare ancora che l'art. 16 del d.lgs. n. 79/1999, illegittimamente abrogato, tra l'altro, recita: «1. Sono fatte salve le prerogative statutarie della Regione autonoma Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano, secondo quanto previsto ai commi 15 e 16 dell'art. 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481». E il richiamato art. 2 della legge n. 481/1995 («Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilita'. Istituzione delle Autorita' di regolazione dei servizi di pubblica utilita») stabilisce per l'appunto che «nelle Province autonome di Trento e di Bolzano si applicano gli articoli 12 e 13 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e le relative norme di attuazione contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, e nel decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235». Come si vede, i commi impugnati della legge finanziaria 2006 introducono un congegno normativo diretto, all'evidenza, ad azzerare le garanzie statutarie e di attuazione statutaria nella materia in oggetto, cio' che peraltro risulta in termini non meno chiari considerando l'altra parte dell'art. 16 del d.lgs. n. 79/1999, «Attuazione della direttiva 96/1992/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», oggetto dell'abrogazione illegittimamente disposta dal comma 484, vale a dire il periodo nel quale si dispone che «il necessario coordinamento tra le norme del presente decreto ed i vigenti ordinamenti statutari [...] delle Province autonome di Trento e di Bolzano e' demandato ad apposite norme di attuazione dei relativi statuti». In tal modo, si intende «sospendere», ed anzi sopprimere, nel settore delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e del mercato interno dell'energia elettrica, non solo il sistema di garanzie risultante dalla citate disposizioni dello Statuto T.-A.A., ma anche, in blocco, l'insieme delle relative disposizioni di attuazione statutaria. In particolare, l'art. 6 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche», come sostituito dal d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463 («Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica»), il quale, al comma 2, prevede che «le derivazioni di acque, ivi comprese le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, sono regolate dal piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche di cui all'art. 8, che definisce altresi' il minimo deflusso costante necessario alla vita negli alvei sottesi»; e, al comma 4, che «i disciplinari delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico in atto alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono adeguati alle previsioni del piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche», elaborato secondo procedure cooperative dal comitato di cui all'art. 8. Si tratta di una disciplina delle quale evidentemente il comma 484 intende escludere l'applicazione ai procedimenti di scelta del concessionario ed ai rapporti concessori regolati dalle disposizioni impugnate, in particolare dai commi 483, 485 e 489. Analogo rilievo riguarda l'art. 14, secondo comma, del d.P.R. n. 381/1974. I commi denunciati risultano poi incompatibili con l'art. 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia» (aggiunto dall'art. 11 del d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463), il quale, al comma 1, stabilisce che «con decorrenza dal 1° gennaio 2000 e' delegato alle Province autonome di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, l'esercizio delle funzioni statali in materia di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». L'articolato ed ampio dettato del citato art. 1-bis, che si richiama anche integralmente in quanto nel suo complesso disatteso dai commi denunciati, ha operato la totale devoluzione alle province autonome delle funzioni relative al rilascio, alla proroga ed al rinnovo di concessioni di grandi derivazioni ad uso idroelettrico, come chiaramente si desume dall'intero articolo ed in particolare dal comma 5. A questo riguardo, non va dimenticato che, come codesta ecc.ma Corte ha chiarito nella sent. n. 133/2005, in materia di concessioni di grandi derivazioni di acqua «le modifiche delle norme di attuazione statutaria riguardanti la Regione Trentino-Alto Adige [ed il d.lgs. n. 79 del 1999, di recepimento della direttiva 96/1992/CE], hanno definitivamente conferito questa competenza alle Province di Trento e di Bolzano [ed alle regioni a statuto ordinario]». L'art. 1-bis introdotto dal d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica», prevede poi al comma 16 che «i proventi derivanti dall'utilizzo delle acque pubbliche, ivi compresi i canoni demaniali di concessione di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, spettano alla provincia competente per territorio. Le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, ivi compresi i canoni demaniali di concessione, sono disciplinati con legge provinciale nel rispetto dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari», configurandosi cosi' una competenza legislativa provinciale di tipo concorrente. Da quanto precede, appare incontestabile la violazione di tale articolata disciplina statutaria e di attuazione statutaria da parte dei commi impugnati - compreso il comma 486 («Il soggetto titolare della concessione versa entro il 28 febbraio per quattro anni, a decorrere dal 2006, un canone aggiuntivo unico, riferito all'intera durata della concessione, pari a 3.600 euro per MW di potenza nominale installata e le somme derivanti dal canone affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per l'importo di 50 milioni di euro per ciascun anno, e ai comuni interessati nella misura di 10 milioni di euro per ciascun anno») - i quali, come si e' evidenziato, intendono regolare i rapporti concessori in Provincia di Bolzano come se tali garanzie statutarie e di attuazione statutaria non vi fossero, con disposizioni autoapplicative e di estremo dettaglio. Con riferimento all'articolato quadro delineato dalle disposizioni di attuazione dello Statuto, occorre ricordare, in merito al valore delle norme di attuazione statutaria, che ad esse spetta non solo la funzione di precisare le attribuzioni costituzionalmente garantite delle regioni speciali e delle province autonome (da ultimo, Corte cost., sent. n. 287/2005), in una posizione di sovraordinazione gerarchica rispetto alla legge ordinaria dello Stato, ma anche, come codesta ecc.ma Corte ancora da ultimo ha chiarito nella recente sent. n. 249/2005, la funzione di integrare lo Statuto: le norme di attuazione, «essendo emanate con l'osservanza di' speciali procedure - sono dotate di forza prevalente, anche per la loro valenza integrativa del precetto statutario (sentenze n. 406 e n. 341 del 2001; n. 520 del 2000; n. 213 e n. 137 del 1998)». Anche la sentenza n. 353/2001, proprio con riferimento alle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 463/1999, ha ribadito che «le norme di attuazione dello statuto speciale si basano su un potere attribuito dalla norma costituzionale in via permanente e stabile (sentenza n. 212 del 1984; v. anche sentenza n. 160 del 1985), la cui competenza ha "carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica" (sentenza n. 213 del 1998; n. 137 del 1998; n. 85 del 1990; n. 160 del 1985; n. 212 del 1984; n. 237 del 1983; e n. 180 del 1980) e pertanto prevalgono, nell'ambito della loro competenza, sulle stesse leggi ordinarie, con possibilita', quindi, di derogarvi, negli anzidetti limiti (sentenza n. 213 del 1998; n. 212 del 1984; n. 151 del 1972). Le norme di attuazione dello statuto regionale ad autonomia speciale sono destinate a contenere, tra l'altro, non solo disposizioni di vera e propria esecuzione o integrative secundum legem, non essendo escluso un "contenuto praeter legem nel senso di integrare le norme statutarie, anche aggiungendo ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano", con il "limite della corrispondenza alle norme e alla finalita' di attuazione dello Statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale" (sentenza n. 212 del 1984; n. 20 del 1956). E' insito nelle norme di attuazione il compito di assicurare un collegamento e di coordinare l'organizzazione degli uffici, delle attivita' e delle funzioni trasferite alla regione e di quelle rimaste allo Stato, in modo che vi sia una armonizzazione dei contenuti e degli obiettivi particolari delle autonomie speciali con l'organizzazione dello Stato nell'unita' dell'ordinamento giuridico (sentenze n. 213 del 1998; n. 212 del 1984; n. 136 del 1969; n. 30 del 1968)». Cio' rende ancora piu' evidente l'incostituzionalita', sotto i profili indicati, dei commi da 483 a 492 dell'art. 1 legge n. 266/2005, che va comunque dichiarata anche in riferimento all'art. 116, primo e secondo comma, della Costituzione, agli artt. 104, primo comma, e 107 dello Statuto, nonche' in riferimento all'art. 2 del d.lgs. n. 266/1992, che non consentono al legislatore statale di incidere unilateralmente con legge ordinaria sul quadro statutario e di attuazione statutaria.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 23 dicembre 2005, n. 266 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», art. 1, commi 24, 26, 67, 198, 204, 231, 232, 282, 283, 284, 330, 331, 332, 333, 409 e da 483 a 492, pubblicata nel Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale della Repubblica - serie generale, n. 302 del 29 dicembre 2005. Si depositano i seguenti documenti: 1) Procura speciale in data 13 febbraio 2006 rogata dall'avv. Adolf Auckenthaler, Segretario generale della Giunta provinciale di Bolzano (Rep. 21322 dd. 13 febbraio 2006); 2) Deliberazione della giunta provinciale della Provincia autonoma di Bolzano n. 402 del 13 febbraio 2006; 3) Comunicazione della Presidenza del Consiglio dei ministri per richiesta bonus. Avv. Prof. Ferrari - Avv. Prof. Riz