Ricorso n.34 del 21 giugno 2016 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 giugno 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 32 del 2016-08-10)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, Contro la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro-tempore, per la declaratoria di Illegittimita' costituzionale degli artt. 1 comma 12, 4 commi 24, 25, 26 e 27, nonche' dell'art. 8 comma 13 della Legge Regionale Sardegna 11 aprile 2016, n. 5, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 10 giugno 2016.
Sul B.U.R. Sardegna 13 aprile 2016, n. 18 e' stata pubblicata la Legge Regionale 11 aprile 2016, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno 2016 e per gli anni 2016-2018 (legge di stabilita' 2016)».
Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni contenute negli artt. 1 comma 12, 4 commi 24, 25, 26 e 27, nonche' nell'art. 8 comma 13, per contrasto con gli artt. 117 secondo comma, lettere l) e s), terzo comma, nonche' con l'art. 118
Cost.
Propone pertanto questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti Motivi
Art. 1 comma 12 della legge regionale n. 5/2016
La legge regionale 11 aprile 2016, n. 5 nell'art. 1 (recante «Disposizioni in materia di programmazione unitaria e finanziaria») cosi' dispone al comma 12.
12. A decorrere dall'anno 2016, si applicano agli enti strumentali della Regione, alle unioni dei comuni, ai consorzi industriali provinciali e ai consorzi di bonifica le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 dell'art. 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), e successive modifiche e integrazioni, relativamente ai fondi, di qualunque natura, messi a disposizione da parte dello Stato, della Regione o dell'Unione europea in favore degli enti locali, delle loro associazioni e dei loro consorzi ed unioni, dei consorzi industriali provinciali e dei consorzi di bonifica, in quanto siano specificatamente destinati alla realizzazione di opere pubbliche delegate dalla Regione. A tal fine, la dichiarazione di impignorabilita' e' formalizzata con deliberazione da adottarsi, a cadenza trimestrale, da parte degli organi di amministrazione degli enti da notificarsi contestualmente alla Tesoreria regionale e agli istituti di credito presso i quali gli enti di cui al presente comma intrattengono rapporti.
Con tale disposizione la Regione estende ad una serie di soggetti (enti strumentali della Regione, enti locali, loro associazioni consorzi ed unioni, consorzi industriali provinciali e consorzi di bonifica) le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 dell'art. 159 decreto legislativo n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), relativamente a qualsiasi tipo di fondi che a tali soggetti vengano concessi purche' destinati alla realizzazione di opere pubbliche delegate dalla Regione.
Il citato art. 159 (recante «Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali») dispone infatti che «1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2. [...]
3. Per l'operativita' dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalita'.
4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme ne' limitazioni all'attivita' del tesoriere.
La disposizione in esame e' da ritenersi illegittima in quanto incide su materia riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e pertanto eccede dalla competenza regionale.
Tale principio e' stato costantemente affermato nella giurisprudenza della Corte.
In particolare nella sentenza n. 273/2012 relativa ad una legge regionale Puglia di analogo contenuto, la Corte ha precisato quanto segue:
Questa Corte, di recente, ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma regionale di contenuto sostanzialmente omologo a quella in esame (art. 25, comma 2, della legge della Regione Campania 19 gennaio 2009, n. 1), la quale stabiliva che gli enti nella stessa indicati «non possono essere sottoposti a pignoramenti» (sentenza n. 123 del 2010). Siffatta sentenza, confermando un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, ha ribadito che «l'ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale in quanto fondato sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l'uniformita' della disciplina dettata per i rapporti tra privati. Il limite dell'ordinamento privato, quindi, identifica un'area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione (ex plurimis, sentenze n. 295 del 2009 e n. 352 del 2001; analogamente, sentenza n. 50 del 2005)». La norma scrutinata - ha precisato la pronuncia - «nel disporre la suddetta impignorabilita', introduce una limitazione al soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori non prevista dalla normativa statale riguardante la materia, assegnando "alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali con quegli enti un regime, sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da quello di procedura civile) altrimenti applicabile" (sentenza n. 25 del 2007)», incidendo in tal modo su di una materia riservata dall'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
In precedenza, questa Corte aveva, altresi', scrutinato le censure proposte da una Regione nei confronti della norma di una legge dello Stato (art. 27, comma 13, della legge 28 dicembre 2001, n. 448) che stabiliva «un regime di impignorabilita' e insequestrabilita' delle somme di competenza degli enti locali, giacenti nelle contabilita' speciali del Ministero dell'interno», dichiarandole non fondate, sul rilievo che concerneva una materia oggetto del parametro costituzionale da ultimo citato, poiche' con essa erano stati «estesi degli istituti, l'impignorabilita' e l'insequestrabilita', gia' conosciuti dal codice di rito (..) di cui non puo' disconoscersi la natura processuale» (sentenza n. 18 del 2004).
Alla luce di detti principi, risulta palese che il citato art. 1 - estendendo, nei termini sopra indicati, l'istituto dell'impignorabilita' (commi 1 e 2) e prevedendo tempi e modi della rilevabilita' della stessa da parte del giudice (commi 1 e 3) - ha introdotto una limitazione al soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori dei consorzi di bonifica ed ha stabilito per gli stessi un regime peculiare, operando, quindi, nell'ambito di una materia attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato e, conseguentemente, ne va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, restando assorbita ogni altra censura.
La situazione della legge in esame non e' diversa; la disposizione impugnata estende sotto il profilo soggettivo ed oggettivo il campo di applicazione di una norma statale (art. 159 decreto legislativo n. 267/2000) che prevede ipotesi di impignorabilita' di somme.
Da cio' la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. nella parte in cui attribuisce invece alla competenza esclusiva dello Stato la materia «giurisdizione e norme processuali».
Art. 4 commi 24, 25, 26 e 27 della legge regionale n. 5/2016 La legge regionale 11 aprile 2016, n. 5 nell'art. 4 (recante «Disposizioni nel settore ambientale e del territorio») cosi dispone
ai commi da 24 a 27:
24. I termini di cui all'art. 2 della legge regionale 4 aprile 1996, n. 18 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 «Norme in materia di usi civici. Modifiche alla legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l'organizzazione amministrativa della Regione sarda»), sono riaperti per la durata di due anni decorrenti dall'entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (Buras) della determinazione con cui si provvede ad accertare la sussistenza e la tipologia degli usi civici nei territori dei comuni per i quali non esista ancora un provvedimento formale di accertamento.
25. Alla lettera b) del comma 1 dell'art. 18-bis della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l'organizzazione amministrativa della Regione sarda), e' aggiunto, alla fine, il seguente periodo: «o siano stati gia' adibiti, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla localizzazione di insediamenti produttivi nelle aree a cio' destinate all'interno delle delimitazioni dei consorzi industriali».
26. I terreni siti in agro di Irgoli, distinti nel catasto terreni al foglio 14, particella 8, foglio 17, particella 1, foglio 18, particelle 2, 3, 4, 5 e 6, foglio 19, particelle 1, 2 e 4, foglio 20, particelle 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 13, 39 e 41, foglio 28, particella 8, per i quali e' stata riconosciuta la perdita della destinazione funzionale originaria di terreni boschivi o pascolativi con verbale dell'Argea - Servizio territoriale del nuorese del 15 aprile 2008, costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale di uso civico.
27. La disposizione di cui al comma 26 si applica ai terreni siti nel Comune di Orosei che hanno perso l'originaria destinazione di uso civico, identificati catastalmente ai fogli 4, 7, 8, 9, 12, 34, 35, 38, 28, 30, 43, 16, 10, 11, 41. Le cessazioni degli usi civici hanno efficacia dalla data degli atti o provvedimenti ovvero, se precedenti, dalle date indicate negli atti o provvedimenti dalla data in cui e' venuta meno la destinazione funzionale degli usi civici.
Le disposizioni in esame sono da ritenersi illegittime in quanto incidono su materia riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali») alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e pertanto eccede dalla competenza regionale. Inoltre risulta violato anche il principio di leale collaborazione desumibile dall'art. 118 Cost. (richiamato piu' volte dalla Corte in relazione a settori in cui vi e' una connessione indissolubile tra materie di diversa attribuzione).
In particolare viene prevista una proroga dei termini per la richiesta di sclassificazione dal regime demaniale civico dei terreni (comma 24), l'inserimento di una ulteriore ipotesi di sclassificazione (comma 25), nonche' la sclassificazione di alcuni terreni che vengono sottratti al regime demaniale degli usi civici
(commi 26 e 27).
Tali disposizioni si pongono in contrasto con il citato art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e con le norme interposte sulla pianificazione congiunta rappresentate dagli artt. 135 (1) . e 143 (2) del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004).
In particolare la copianificazione obbligatoria per le aree vincolate gravate da vincoli paesaggistici prevista dal citato art. 143 e' norma di grande riforma economico-sociale. L'attivita' di ricognizione e delimitazione delle aree tutelate per legge (tra cui gli usi civici), ai sensi dell'art. 142 del codice, costituisce uno dei contenuti minimi del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c, del codice) e deve essere svolta congiuntamente dallo Stato e dalla Regione (art. 135 del codice).
Orbene, le disposizioni impugnate intervengono in modo unilaterale (ed anche con norme provvedimentali, come i commi 26 e 27) anziche' con la pianificazione condivisa con gli organi statali, in tal modo violando le disposizioni costituzionali sopra richiamate.
Tali principi sono stati di recente espressi dalla Corte con la sentenza n. 210/2014 proprio in sede di impugnazione di altra legge regionale Sardegna in tema di usi civici (la n. 19/2013), nella quale e' stato precisato che:
8.2. - Questa Corte ha affermato che «la conservazione ambientale e paesaggistica» spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenza n. 367 del 2007), aggiungendo che tale titolo di competenza statale «riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali o di Province autonome, con l'ulteriore precisazione, pero', che qui occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del 2007).
E cio' in aderenza all'art. 9 Cost., che sancisce quale principio fondamentale quello della tutela del paesaggio, inteso come morfologia del territorio, cioe' l'ambiente nel suo aspetto visivo. In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e' di per se' un valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007).
8.3. - Quanto agli usi civici in particolare, la competenza statale nella materia trova attualmente la sua espressione nel citato art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, le cui disposizioni fondamentali questa Corte ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009 e n. 51 del 2006): esse si impongono pertanto al rispetto del legislatore della Regione autonoma Sardegna, tenuto conto dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla propria potesta' legislativa (sentenza n. 51 del 2006).
9. - La coesistenza dei due ambiti competenziali impone la ricerca di un modello procedimentale che permetta la conciliazione degli interessi che sono ad essi sottesi. [...]
«la sovrapposizione fra tutela del paesaggio e tutela dell'ambiente si riflette in uno specifico interesse unitario della comunita' nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione tra uomo e ambiente naturale"» (sentenza n. 46 del 1995).
In tale prospettiva, deve concludersi che per una efficace tutela del paesaggio e dell'ambiente non e' sufficiente un intervento successivo alla soppressione degli usi civici: occorre al contrario garantire che lo Stato possa far valere gli interessi di cui e' portatore sin nella formazione del piano straordinario di accertamento demaniale, concorrendo a verificare se sussistano o meno le condizioni per la loro stessa conservazione, ferme restando le regole nazionali inerenti al loro regime giuridico e alle relative forme di tutela.
Con la citata sentenza la Corte ha quindi dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. l della legge regionale Sardegna n. 19/2013 nella parte in cui non prevedeva la tempestiva comunicazione del Piano straordinario di accertamento e degli altri atti modificativi dei vincoli di destinazione ai competenti organi statali, affinche' lo Stato potesse far valere la propria competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o l'apposizione di diversi vincoli, e affinche', in ogni caso, effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producessero prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale.
Alla luce di tali principi appare evidente come gli effetti modificativi diretti del regime dei beni gravati da usi civici, operati con la legge regionale in esame al di fuori della copianificazione paesaggistica, vengono a porsi in contrasto sia con l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., sia con l'art. 118 Cost. per mancato rispetto del principio di leale collaborazione.
Art. 8 comma 13 della legge regionale n. 5/2016.
La legge regionale 11 aprile 2016, n. 5 nell'art. 8 (recante «Disposizioni in materia di enti locali, pianificazione paesaggistica
e urbanistica, edilizia residenziale pubblica e lavori pubblici») cosi' dispone al comma 13:
13. Nel rispetto dei principi di finanza pubblica ed esclusivamente nei casi di violazioni riguardanti il mancato rispetto del patto di stabilita' interno per il 2015, ai piccoli comuni sardi non si applicano le sanzioni di cui all'art. 31, comma 26, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilita' 2012), qualora i comuni dimostrino di rientrare dallo sforamento entro l'anno 2016, anche al netto dei ritardi dei trasferimenti regionali, causa ovvero concausa della violazione. La presente disposizione si applica nel territorio regionale in forza della capacita' legislativa di cui all'art. 3 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e successive modifiche ed integrazioni.
La disposizione in esame prevede, per i piccoli comuni sardi, l'esenzione dal regime sanzionatorio in caso di mancato rispetto del Patto di stabilita' interno 2015.
La previsione esorbita dalla competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali di cui all'art. 3 dello Statuto speciale Sardegna (approvato con legge costituzionale n. 3/1948).
Infatti la disciplina sanzionatoria contenuta nella legge n. 183/2011 (Legge di Stabilita' 2012), all'art. 31 (recante «Patto di stabilita' interno degli enti locali»), comma 26 (3) viene a collocarsi all'interno di un quadro normativo volto ad assicurare il rispetto dei vincoli posti dallo stesso Patto di Stabilita', ed e' quindi riconducibile all'ambito della finanza pubblica e non di certo a quello degli enti locali e della finanza locale.
Ne consegue che la disposizione impugnata, introducendo deroghe all'art. 31, comma 26, della legge n. 183/2011, eccede dalle competenze della Regione fissate dall'art. 3 dello statuto regionale, ponendosi in contrasto con l'art. 117, terzo comma Cost. («coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»).
(1) L'art. 135 («Pianificazione paesaggistica»), cosi' dispone: 1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati - «piani paesaggistici». L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma l, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143.
2. I piani paesaggistici, con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonche' le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti. 3. In riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d'uso, per le finalita' indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualita'. 4. Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonche' delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate; c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio; d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilita' con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO
(2) L'art. 143 («Piano paesaggistico»), cosi' dispone: 1. L'elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno: a) ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, mediante l'analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135; b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso a termini dell'art. 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli artt. 140, comma 2, e 141-bis; c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell'art. 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonche' determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione; d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'art. 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1; e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all'art. 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione; f) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilita' del paesaggio, nonche' comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo; g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela; h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate; i) individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualita', a termini dell'art. 135, comma 3. 2. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalita' di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall'art. 135, comma 1, terzo periodo. Nell'intesa e' stabilito il termine entro il quale deve essere completata l'elaborazione del piano. Il piano e' oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L'accordo stabilisce altresi' i presupposti, le modalita' ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all'eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell'art. 141-bis. Il piano e' approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell'accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, e' approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. 3. Approvato il piano paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli artt. 146 e 147 e' vincolante in relazione agli interventi da eseguirsi nell'ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, salvo quanto disposto al comma 4, nonche' quanto previsto dall'art. 146, comma 5. 4. Il piano puo' prevedere: a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell'art. 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli artt. 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi puo' avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformita' degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale; b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 146. 5. L'entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 e' subordinata all'approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell'art. 145, commi 3 e 4. 6. Il piano puo' anche subordinare l'entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 4, all'esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l'effettiva conformita' alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate. 7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione sugli interventi realizzati e che l'accertamento di significative violazioni delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell'obbligo dell'autorizzazione di cui agli artt. 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni. 8. Il piano paesaggistico puo' individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti. 9. A far data dall'adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all'art. 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici.
(3) L'art. 31 comma 26 della legge n. 183/2011 cosi' dispone: 26. In caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: a) e' assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Gli enti locali della Regione siciliana e della regione Sardegna sono assoggettati alla riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata al primo periodo. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilita' interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente; b) non puo' impegnare spese correnti in misura superiore all'importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c) non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non puo' procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione; d) non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione; e) e' tenuto a rideterminare le indennita' di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell'art. 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data 30 giugno.
P. Q. M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli artt. 1 comma 12, 4 commi 24, 25, 26 e 27, ed 8 comma 13 della Legge Regionale Sardegna 11 aprile 2016, n. 5, per i motivi illustrati nel presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 10 giugno 2016.
Roma, 13 giugno 2016
L'Avvocato dello Stato: De Bellis