Ricorso n. 34 del 4 marzo 2004 (Regione Umbria)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 Marzo 2004 - 4 Marzo 2004 , n. 34
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2004 (della Regione Umbria)
(GU n. 18 del 5-5-2004)
Ricorso della Regione Umbria, in persona del presidente della
giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della
giunta regionale n. 140 del 19 febbraio 2004 (doc. 1), rappresentata
e difesa, come da procura del 23 febbraio 2004, n. di rep. 310910
(doc. 2), rogata dal notaio Biavati del Collegio di Perugia,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto
in Roma presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri
n. 5,
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 17,
18, 20 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2004)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del 27 dicembre 2003, supplemento ordinario n. 196/L, per violazione
degli artt. 3, 117, 118, 119 Cost., e dei principi costituzionali di
legalita' sostanziale, uguaglianza, ragionevolezza, leale
collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.
Fatto e diritto
La legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) contiene
diverse disposizioni concernenti molte e differenziate materie,
accomunate dal fatto di avere direttamente o indirettamente rilievo
finanziario.
In particolare, essa dedica alcune disposizioni alla precisazione
della regola posta dall'art. 119, sesto comma, secondo il quale le
regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese
di investimento.
Ribadita al comma 16 tale regola, il comma 17 stabilisce quali
operazioni costituiscano indebitamento, e rientrino cosi' nel
divieto. Precisamente, esso dispone (primo periodo) che «per gli enti
di cui al comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti
dell'art. 119, sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di
mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni
di flussi futuri di entrata non collegati a un'attivita' patrimoniale
preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale
inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attivita'
oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unita' indipendente e
specializzata». Aggiunge poi (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione
accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche», mentre non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
L'ultimo periodo del comma 17 statuisce che «modifiche alle
predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
A sua volta, il comma 18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
Precisamente, secondo tale disposizione costituiscono
investimenti:
«a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui
concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche
anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero o
alla valorizzazione del territorio».
Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze, sentito l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera', e' meramente ripetitivo dell'ultimo periodo dello stesso
comma, il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea
Tali disposizioni restringono le possibilita' di azione delle
regioni rispetto alla regola costituzionale, e presentano diversi
elementi e profili di illegittimita'.
Nel contenuto, va premesso che la regola costituzionale del
divieto di indebitamento se non per investimenti e' direttamente
operativa, e non demanda alcun compito attuativo alla legge statale.
Anche se si ammettesse che questa possa dettare posizioni
specificative ed attuative, e' pero' evidente che tali disposizioni
dovrebbero attenersi al concetto economico di investimenti, e non
potrebbero arbitrariamente restringerlo, estendendo il divieto
costituzionale ad ambiti che esso non era destinato a coprire.
In particolare, e' da sottolineare che il comma 18, lettere g) ed
h), considera «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati a favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
In questo modo la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato concetto di investimento, escludendo dal suo ambito
alcuni trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di privati anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che la tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura
economica della spesa e che i trasferimenti in conto capitale ai
privati non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento (e, dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma 18, dunque, incide sull'autonomia finanziaria regionale
restringendo irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art. 119 Cost., nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
L'irragionevolezza della norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche all'interno della stessa legge n. 305 del 2003, se si pone
mente al fatto che l'art. 4, intitolato Finanziamento agli
investimenti contempla sin dal primo comma contributi a privati (e
poi ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di vista dell'ente finanziatore, un investimento - in ogni caso
l'art. 119, sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare spese di investimento». Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione da tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
Inoltre, la definizione contenuta nel comma 18, lettere g) ed h),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta nel regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9), relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nella comunita'. Tale regolamento, fra l'altro, comprende nell'ambito
dei trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli investimenti»
(D.92) e fra questi sono espressamente menzionati quelli alle imprese
private o a soggetti privati diversi dalle imprese. Dunque, le norme
impugnate violano anche l'art. 117, coma primo, Cost.., ed anche tale
illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia finanziaria
regionale.
Infine, le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita' di indebitamento delle regioni da quelle dello Stato,
per il quale continua a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia
finanziaria regionale.
Illegittime risultano anche le norme che prevedono che gli
elenchi di cui agli artt. 17 e 18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
In primo luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo periodo del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle finanze a modificare le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT, «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20 prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di quelle di investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti in sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il comma 17 potrebbe essere inteso nel senso che il Ministro e'
autorizzato a apportare quelle modifiche rese necessarie da nuovi
criteri elaborati a livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
Entrambe le norme, comunque, risultano illegittime. La materia in
questione e' il «coordinamento della finanza pubblica», che rientra
nella competenza concorrente di Stato e regioni. In tali materie,
l'attuazione delle fonti comunitarie non self-executing e' regolata,
tuttora, dall'art. 9, legge n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge
n. 131 del 2003 non si e' occupata della materia, mentre una apposita
legge modificativa della legge n. 86 del 1989 e' in corso di
discussione).
In attesa della legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia lo Stato ad attuare la direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga, perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4 legge n. 86 del 1989). Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro (sostanzialmente regolamentare) per il recepimento dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della sfera costituzionale di competenza regionale, dato che la
competenza dell'organo collegiale, prevista dalla legge n. 86 del
1989, deve ritenersi costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
Quanto al comma 20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso e' ancor piu' chiaramente illegittimo in quanto prevede un
potere sostanzialmente regolamentare in materia di competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost.
Della natura sostanzialmente regolamentare del decreto
ministeriale previsto dalle norme di cui sopra non sembra potersi
dubitare. Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una funzione amministrativa attribuita al Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che, comunque, mancherebbe qualsiasi meccanismo di coinvolgimento
delle regioni, in contrasto con principio di leale collaborazione e
secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
Infine, nella parte in cui si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro un «nudo» potere discrezionale, senza formulare criteri
idonei a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di legalita' sostanziale; ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e' affidato un potere dal tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente sull'autonomia regionale, la violazione del principio di
legalita' sostanziale (che si aggiunge a quella dell'art. 117, sesto
comma e del principio di leale collaborazione) si traduce in lesione
dell'autonomia stessa.
P. Q. M.
La Regione Umbria, come sopra rappresentata e difesa, chiede
voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' delle disposizioni sopra indicate, nei
termini sopra esposti.
Padova, addi' 23 febbraio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2004 (della Regione Umbria)
(GU n. 18 del 5-5-2004)
Ricorso della Regione Umbria, in persona del presidente della
giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della
giunta regionale n. 140 del 19 febbraio 2004 (doc. 1), rappresentata
e difesa, come da procura del 23 febbraio 2004, n. di rep. 310910
(doc. 2), rogata dal notaio Biavati del Collegio di Perugia,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto
in Roma presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri
n. 5,
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 17,
18, 20 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2004)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del 27 dicembre 2003, supplemento ordinario n. 196/L, per violazione
degli artt. 3, 117, 118, 119 Cost., e dei principi costituzionali di
legalita' sostanziale, uguaglianza, ragionevolezza, leale
collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.
Fatto e diritto
La legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) contiene
diverse disposizioni concernenti molte e differenziate materie,
accomunate dal fatto di avere direttamente o indirettamente rilievo
finanziario.
In particolare, essa dedica alcune disposizioni alla precisazione
della regola posta dall'art. 119, sesto comma, secondo il quale le
regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese
di investimento.
Ribadita al comma 16 tale regola, il comma 17 stabilisce quali
operazioni costituiscano indebitamento, e rientrino cosi' nel
divieto. Precisamente, esso dispone (primo periodo) che «per gli enti
di cui al comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti
dell'art. 119, sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di
mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni
di flussi futuri di entrata non collegati a un'attivita' patrimoniale
preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale
inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attivita'
oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unita' indipendente e
specializzata». Aggiunge poi (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione
accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche», mentre non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
L'ultimo periodo del comma 17 statuisce che «modifiche alle
predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
A sua volta, il comma 18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
Precisamente, secondo tale disposizione costituiscono
investimenti:
«a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui
concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche
anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero o
alla valorizzazione del territorio».
Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze, sentito l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera', e' meramente ripetitivo dell'ultimo periodo dello stesso
comma, il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea
Tali disposizioni restringono le possibilita' di azione delle
regioni rispetto alla regola costituzionale, e presentano diversi
elementi e profili di illegittimita'.
Nel contenuto, va premesso che la regola costituzionale del
divieto di indebitamento se non per investimenti e' direttamente
operativa, e non demanda alcun compito attuativo alla legge statale.
Anche se si ammettesse che questa possa dettare posizioni
specificative ed attuative, e' pero' evidente che tali disposizioni
dovrebbero attenersi al concetto economico di investimenti, e non
potrebbero arbitrariamente restringerlo, estendendo il divieto
costituzionale ad ambiti che esso non era destinato a coprire.
In particolare, e' da sottolineare che il comma 18, lettere g) ed
h), considera «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati a favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
In questo modo la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato concetto di investimento, escludendo dal suo ambito
alcuni trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di privati anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che la tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura
economica della spesa e che i trasferimenti in conto capitale ai
privati non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento (e, dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma 18, dunque, incide sull'autonomia finanziaria regionale
restringendo irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art. 119 Cost., nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
L'irragionevolezza della norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche all'interno della stessa legge n. 305 del 2003, se si pone
mente al fatto che l'art. 4, intitolato Finanziamento agli
investimenti contempla sin dal primo comma contributi a privati (e
poi ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di vista dell'ente finanziatore, un investimento - in ogni caso
l'art. 119, sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare spese di investimento». Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione da tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
Inoltre, la definizione contenuta nel comma 18, lettere g) ed h),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta nel regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9), relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nella comunita'. Tale regolamento, fra l'altro, comprende nell'ambito
dei trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli investimenti»
(D.92) e fra questi sono espressamente menzionati quelli alle imprese
private o a soggetti privati diversi dalle imprese. Dunque, le norme
impugnate violano anche l'art. 117, coma primo, Cost.., ed anche tale
illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia finanziaria
regionale.
Infine, le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita' di indebitamento delle regioni da quelle dello Stato,
per il quale continua a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia
finanziaria regionale.
Illegittime risultano anche le norme che prevedono che gli
elenchi di cui agli artt. 17 e 18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
In primo luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo periodo del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle finanze a modificare le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT, «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20 prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di quelle di investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti in sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il comma 17 potrebbe essere inteso nel senso che il Ministro e'
autorizzato a apportare quelle modifiche rese necessarie da nuovi
criteri elaborati a livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
Entrambe le norme, comunque, risultano illegittime. La materia in
questione e' il «coordinamento della finanza pubblica», che rientra
nella competenza concorrente di Stato e regioni. In tali materie,
l'attuazione delle fonti comunitarie non self-executing e' regolata,
tuttora, dall'art. 9, legge n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge
n. 131 del 2003 non si e' occupata della materia, mentre una apposita
legge modificativa della legge n. 86 del 1989 e' in corso di
discussione).
In attesa della legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia lo Stato ad attuare la direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga, perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4 legge n. 86 del 1989). Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro (sostanzialmente regolamentare) per il recepimento dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della sfera costituzionale di competenza regionale, dato che la
competenza dell'organo collegiale, prevista dalla legge n. 86 del
1989, deve ritenersi costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
Quanto al comma 20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso e' ancor piu' chiaramente illegittimo in quanto prevede un
potere sostanzialmente regolamentare in materia di competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost.
Della natura sostanzialmente regolamentare del decreto
ministeriale previsto dalle norme di cui sopra non sembra potersi
dubitare. Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una funzione amministrativa attribuita al Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che, comunque, mancherebbe qualsiasi meccanismo di coinvolgimento
delle regioni, in contrasto con principio di leale collaborazione e
secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
Infine, nella parte in cui si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro un «nudo» potere discrezionale, senza formulare criteri
idonei a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di legalita' sostanziale; ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e' affidato un potere dal tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente sull'autonomia regionale, la violazione del principio di
legalita' sostanziale (che si aggiunge a quella dell'art. 117, sesto
comma e del principio di leale collaborazione) si traduce in lesione
dell'autonomia stessa.
P. Q. M.
La Regione Umbria, come sopra rappresentata e difesa, chiede
voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' delle disposizioni sopra indicate, nei
termini sopra esposti.
Padova, addi' 23 febbraio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon