Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 giugno 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 32 del 2016-08-10)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge contro la Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, con sede a Cittadella Regionale, viale Europa - Localita' Germaneto, 88100 - Catanzaro per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 10 giugno 2016, degli articoli 4 e 5 della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 47 del 21 aprile 2016.

In data 21 aprile 2016, nel n. 47 del Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, e' stata pubblicata la legge regionale 20 aprile 2016, n. 10 intitolata «Norme per la tutela della salute dei pazienti nell'esercizio delle attivita' specialistiche odontoiatriche».

In particolare, ed ai fini che qui interessano, l'art. 4 della legge - rubricato «Attivita' odontoiatrica non soggetta ad autorizzazione o a segnalazione certi di inizio attivita' - SCIA» - stabilisce che «non sono soggetti ad autorizzazione sanitaria all'esercizio, ne' a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), gli studi odontoiatrici che effettuano esclusivamente visite e/o diagnostica strumentale non invasiva».

Il successivo art. 5 - rubricato «Attivita' odontoiatrica soggetta ad autorizzazione sanitaria all'esercito» - dispone invece quanto segue:

«E' soggetta ad autorizzazione sanitaria all'esercizio, con integrale applicazione del procedimento previsto dalla legge regionale n. 24/2008:

a) l'attivita' volta ad erogare prestazioni odontoiatriche all'interno di ambulatori o di altre strutture sanitarie comunque non rientranti nella definizione di "studio odontoiatrico" di cui all'art. 2;

b) in via residuale, l'attivita' degli studi odontoiatrici che non rientra tra le prestazioni a minore invasivita' elencate nell'Allegato "B" alla presente legge, fatte salve le previsioni di cui all'art. 4».

Dette disposizioni eccedono le competenze regionali, invadono quelle statali e sono percio' violative di previsioni costituzionali: esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi di diritto

Prolegomeni

 

Per meglio comprendere il senso e la portata delle censure che si verranno esponendo e' d'uopo premettere che la Regione Calabria, per la quale si era verificata una situazione di disavanzo nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario suscettibile di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il 17 dicembre 2009 aveva stipulato, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), un Accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze - comprensivo di un Piano di rientro dal disavanzo sanitario - il quale individuava, come previsto dalla norma, gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui all'intesa (Stato-Regioni) prevista dal comma 173 della medesima disposizione.

Peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni previste dall'art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004, nonche' dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, in attuazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e dell'art. 8 comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la Regione Calabria e' stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007 n. 159 convertita in legge 29 novembre 2007, n. 222.

La norma da ultimo citata prevede infatti che, «qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro ... si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in relazione alla realizzabilita' degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la tutela dell'unita' economica e dei livelli essenziali delle prestazioni ..., il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano» (art. 4, comma 1, d.1. cit.); in caso di inottemperanza alla diffida o nell'ipotesi in cui gli atti e le azioni posti in essere risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro (art. 4, comma 2, primo periodo, d.l. cit.).

Ed infatti, nella seduta del 30 luglio 2010, il Consiglio dei ministri delibero' la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente pro tempore della Regione.

Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, il Commissario ad acta approvo' i Programmi operativi con i quali fu data prosecuzione al Piano di Rientro 2013-2015.

Sopraggiunta la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015), il Consiglio dei ministri, con delibera del 12 marzo 2015, ha conferito, ai sensi dell'art. 1, comma 569, della stessa legge, l'incarico di Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro all'ing. Massimo Scura, secondo i Programmi operativi di cui all'art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009.

Tale delibera attribuisce al nuovo Commissario ad acta i contenuti del mandato commissariale gia' affidato al Presidente pro tempore della Giunta regionale calabra. Al nuovo Commissario e' stato infatti assegnato l'incarico prioritario di adottare ed attuare i Programmi operativi e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualita', nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica, e nell'ambito della cornice normativa vigente.

In particolare, il mandato commissariale del 12 marzo 2015 affida al Commissario ad acta, al punto 10), tra le azioni e gli interventi prioritari, l'«attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale».

Alla luce del contesto normativo ed amministrativo teste' descritto, la legge regionale 20 aprile 2016, n. 10 contiene disposizioni che, come s'e' detto, appaiono sotto piu' rispetti viziate d'illegittimita' costituzionale.

 

A

 

1. Sotto un primo profilo, si osserva infatti che gli articoli 4 e 5 della legge regionale Calabria 20 aprile 2016, n. 10 - d'ora, in avanti, per brevita', la legge -, identificando le attivita' odontoiatriche rispettivamente non soggette ad autorizzazione sanitaria all'esercizio o a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) (art. 4) e quelle che sono invece soggette ad autorizzazione sanitaria all'esercizio (art. 5), dettano norme in materia sanitaria in costanza di vigenza del Piano di rientro dal disavanzo sanitario alla cui attuazione e' esclusivamente competente il Commissario ad acta in carica.

Per questo aspetto le due disposizioni sono incostituzionali, in primo luogo, per violazione dell'art. 120, comma 2, Cost. interferendo pesantemente con le funzioni commissariali di cui al punto 10) della deliberazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 12 marzo 2015 la quale, come s'e' detto, tra le azioni e gli interventi prioritari ha posto l'«attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale».

L'adeguamento alla legislazione statale della normativa regionale in materia di autorizzazioni allo svolgimento di attivita' sanitaria e' dunque compito e funzione - prioritaria e precipua - del Commissario ad acta, compito e funzione nelle quali la Regione commissariata non puo' indebitamente surrogarsi stabilendo, in via normativa, quali sono le attivita' sanitarie il cui esercizio e' soggetto ad autorizzazione e quali, invece, non lo sono o per le quali e' sufficiente una semplice segnalazione certificata d'inizio attivita'.

Legiferando in materia la Regione Calabria si e' percio' illegittimamente riappropriata di un potere dal cui esercizio e' stata temporaneamente interdetta per effetto dell'esercizio, da parte del Governo, del potere sostitutivo previsto dall'art. 120, comma 2, Cost. - e dalle relative norme statali di attuazione (in generale, quanto ai modi e ai termini, dall'art. 8 della legge n. 131/2003 e, nello specifico, dall'art. 4 del decreto-legge n. 159/2007) - al fine di garantire «la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» in materia di prestazioni sanitarie; e, cosi' facendo, e' percio' incorsa, eo ipso, nella violazione del precetto costituzionale sopra richiamato.

Si ricorda che, di recente, codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 120, comma 2, Cost., di altre disposizioni emanate dalla Regione Calabria proprio in materia sanitaria - legge regionale 29 marzo 2013, n. 12 - anche allora sotto il profilo della indebita interferenza della legge regionale impugnata con l'attivita' e le funzioni del commissario ad acta (sentenza 5 maggio 2014, n. 110).

In quell'occasione codesta Corte ha ricordato che la giurisprudenza costituzionale «ha piu' volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo e', nella specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (sul punto, v. anche le sentenze 3 maggio 2013, n. 79, 26 febbraio 2013, n. 28, 14 febbraio 2013, n. 18, 25 maggio 2012, n. 131, 11 marzo 2011, n. 78). Nella citata sentenza n. 79/2013 codesta Corte ha poi ulteriormente precisato che anche «la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali e' idonea - a prescindere dalla ravvisabilita' di un diretto contrasto con i poteri del commissario - ad integrare la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.».

2. Sotto altro, ma concorrente, profilo mette poi conto osservare che le stesse disposizioni regionali, prevedendo interventi in materia di organizzazione sanitaria non contemplati dal Piano di rientro e, segnatamente, dal «Programma 5» del Piano – approvato con decreto del Commissario ad acta n. 14 del 2 aprile 2015 -, riguardante le autorizzazioni e gli accreditamenti, si pongono in contrasto con i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009: e, in particolare, con quello fissato dal comma 95 dell'art. 2 citato a mente del quale gli interventi previsti nell'Accordo Stato-Regione e nel relativo Piano di rientro «sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».

Per questo riguardo le disposizioni regionali all'esame, intervenendo in ambito - quello autorizzatorio - che, siccome contemplato dall'Accordo sottoscritto e dal relativo Piano di rientro, e' attualmente riservato alla competenza del Commissario ad acta, violano pertanto l'art. 117, comma 3, Cost. contrastando con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute.

Con la citata sentenza n. 79 del 2013 codesta Corte ha infatti evidenziato che la giurisprudenza costituzionale «ha ripetutamente affermato che l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007).

Pertanto, il legislatore statale puo' «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010).

In tale contesto, la Corte ha gia' piu' volte riconosciuto all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 natura di «principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (cosi' la gia' ricordata sentenza n. 79/2013 che richiama a sua volta le pronunce 18 aprile 2012, n. 91, 12 maggio 2011, n. 163, 11 aprile 2011, n. 123, 23 aprile 2010, n. 141 e 17 marzo 2010, n. 100).

«Tali norme - prosegue, in motivazione, la sentenza n. 79/2013 - hanno, infatti, reso vincolanti per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato».

Per queste ragioni gli articoli 4 e 5 della legge regionale Calabria n. 10/2016 sono costituzionalmente illegittimi per violazione degli articoli 120, comma 2, Cost. e 117, comma 3, Cost.

 

B

 

L'art. 4 della legge e' pero' incostituzionale anche sotto un altro profilo.

Esso prevede, infatti, con formulazione generica e poco perspicua, che non sono soggetti ne' ad autorizzazione sanitaria all'esercizio ne' a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) quegli studi odontoiatrici che «effettuano esclusivamente visite e/o diagnostica strumentale non invasiva».

Per questo riguardo la norma si pone in palese contrasto con quanto stabilito dall'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 il quale, nel quadro della disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali, prevede, con atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanita', la definizione di «requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attivita' sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicita' dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi».

L'art. 8-bis del decreto legislativo n. 502/1992 stabilisce poi, per quanto qui interessa, che l'esercizio di attivita' sanitarie e' subordinato "al rilascio delle autorizzazioni di cui all'art. 8-ter" (art. 8-bis, comma 3): tale disposizione, quanto agli studi odontoiatrici, prevede che «l'autorizzazione all'esercizio di attivita' sanitarie e', altresi', richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessita' o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonche' per le strutture esclusivamente dedicate ad attivita' diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi» (art. 8-ter, comma 2).

L'art. 4 della legge regionale Calabria n. 10/2016, prevedendo in maniera assolutamente generica l'esclusione dall'autorizzazione sanitaria e dalla segnalazione certificata inizio attivita' gli studi odontoiatrici che effettuano visite e/o prestazioni diagnostiche strumentali «non invasive», senza peraltro specificare in alcun modo il livello di invasivita', si pone dunque in contrasto con il principio fondamentale di tutela della salute di cui sono espressione le citate disposizioni del decreto legislativo n. 502/1992 e, pertanto, viola i precetti di cui agli articoli 32 e 117, comma 3, della Costituzione.

Giova a tal proposito rammentare che con sentenza 16 aprile 2015, n. 59 codesta Corte ha evidenziato come «la competenza regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private debba senz'altro essere inquadrata nella piu' generale potesta' legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» (sentenze 31 marzo 2006, n. 134 26 maggio 2005, n. 200; nello stesso, sent. 19 dicembre 2012, n. 292 e 22 novembre 2012, n. 260).

Da tanto consegue - prosegue la Corte - «che, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., le scelte del legislatore regionale devono svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato (sentenze n. 162 del 2004 e n. 282 del 2002, ordinanza n. 323 del 2010)».

Quanto poi all'obbligatorieta' di autorizzazione da parte degli studi medici ed odontoiatrici, la medesima sentenza n. 59 del 2015 ha precisato che gli articoli 8 e 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, stabiliscono «requisiti minimi» di sicurezza e qualita' per poter effettuare prestazioni sanitarie (sentenza n. 292 del 2012) ed esprimono principi fondamentali nella materia «tutela della salute» (sentenze n. 245 e n. 150 del 2010).

Su tali basi la Corte ha giudicato pertanto incostituzionale la legge della Regione Abruzzo 17 aprile 2014, n. 21 che aveva espunto dal regime autorizzatorio una serie di prestazioni, tra cui numerosi interventi dentali e ortodontici in relazione ai quali, secondo la Corte, non e' ipotizzabile il venir meno dei livelli essenziali di garanzia previsti dal legislatore statale in ordine alla qualita' e sicurezza delle cure ed all'idoneita' delle dotazioni tecniche e strumentali.

Per le suesposte ragioni l'art. 4 della legge regionale Calabria n. 10/2016 - che genericamente esenta da autorizzazione sanitaria l'esercizio di attivita' odontoiatrica non invasiva - si pone in contrasto con gli articoli 32 e 117, comma 3, Cost. ed e' percio' costituzionalmente illegittimo.

P. Q. M.

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, gli arti. 4 e 5 della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 47 del 21 aprile 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 10 giugno 2016.

 

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:

1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 10 giugno 2016, della determinazione di impugnare la legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;

2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 47 del 21 aprile 2016.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

 

Roma, 13 giugno 2016

Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani 

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