Ricorso n. 35 del 28 febbraio 2012 (Regione Piemonte)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 febbraio 2012 (della Regione Piemonte).
(GU n. 13 del 28.03.2012 )
Ricorso della Regione Piemonte (C.F. ), in persona del Presidente della Giunta Regionale Roberto Cota, autorizzato con delibera della Giunta Regionale n. 3-3434 del 21 febbraio 2012 rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto dall'avv. prof. Luca Antonini (C.F. - fax:…; Pec.:…) del Foro di Milano, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Andrea Manzi (C.F…) del Foro di Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax: 06/3211370, Pec:...), Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, commi 8, 9, 10 e 13 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'» per violazione degli articoli 3, 117, III, IV e VI comma della Costituzione, 118 e 119 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione; con istanza di sospensione dello stesso art. 35, commi 8, 9, 10 e 13.
F a t t o
Il decreto-legge n. l del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'» all'art. 35, commi 8, 9, 10 e 13 contiene disposizioni che contrastano con l'autonomia territoriale cosi' come configurata dalla Costituzione e conseguentemente ledono il sistema costituzionale delle competenze riconosciute alla regione.
Piu' precisamente l'art. 35 (Misure per la tempestivita' dei pagamenti, per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni statali, nonche' disposizioni in materia di tesoreria unica del suddetto decreto-legge) dispone, ai commi 8, 9, 10 e 13:
«8. Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2014, il regime di tesoreria unica previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e' sospeso. Nello stesso periodo agli enti e organismi pubblici soggetti al regime di tesoreria unica ai sensi del citato articolo 7 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e le relative norme amministrative di attuazione. Restano escluse dall'applicazione della presente disposizione le disponibilita' dei predetti enti e organismi pubblici rivenienti da operazioni di mutuo, prestito e ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle regioni e delle altre pubbliche amministrazioni.
9. Entro il 29 febbraio 2012 i tesorieri o cassieri degli enti ed organismi pubblici di cui al comma 8 provvedono a versare il 50 per cento delle disponibilita' liquide esigibili depositate presso gli stessi alla data di entrata in vigore del presente decreto sulle rispettive contabilita' speciali, sottoconto fruttifero, aperte presso la tesoreria statale. Il versamento della quota rimanente deve essere effettuato entro il 16 aprile 2012. Gli eventuali investimenti finanziari individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro da emanare entro il 30 aprile 2012, sono smobilizzati, ad eccezione di quelli in titoli di Stato italiani, entro il 30 giugno 2012 e le relative risorse versate sulle contabilita' speciali aperte presso la tesoreria statale. Gli enti provvedono al riversamento presso i tesorieri e cassieri delle somme depositate presso soggetti diversi dagli stessi tesorieri o cassieri entro il 15 marzo 2012.
10. Fino al completo riversamento delle risorse sulle contabilita' speciali di cui al comma 9, per far fronte ai pagamenti disposti dagli enti ed organismi pubblici di cui al comma 8, i tesorieri o cassieri degli stessi utilizzano prioritariamente le risorse esigibili depositate presso gli stessi trasferendo gli eventuali vincoli di destinazione sulle somme depositate presso la tesoreria statale.
13. Fermi restando gli ordinari rimedi previsti dal codice civile, per effetto delle disposizioni di cui ai precedenti commi, i contratti di tesoreria e di cassa degli enti ed organismi di cui al comma 8 in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere rinegoziati in via diretta tra le parti originarie, ferma restando la durata inizialmente prevista dei contratti stessi.
Se le parti non raggiungono l'accordo, gli enti ed organismi hanno diritto di recedere dal contratto».
In questi termini la disposizione interviene sulla gestione delle tesorerie di regioni ed enti locali, sospendendo l'efficacia delle disposizioni vigenti e riportando in vigore le norme risalenti agli anni ottanta, quando il sistema di finanziamento degli enti territoriali aveva un carattere sostanzialmente derivato, poiche' i trasferimenti statali costituivano la massima parte delle entrate dei suddetti enti.
Il regime di Tesoreria unica venne, infatti, introdotto dalla legge n. 720 del 1984, prevedendo che tutte le entrate degli enti locali venissero versate in due conti specifici, tenuti presso la Banca d'Italia: nel primo, infruttifero, dovevano essere depositate tutte le entrate provenienti direttamente o indirettamente dallo Stato; nel secondo, fruttifero, andavano depositate tutte le altre entrate degli enti territoriali.
Le disposizioni sulla Tesoreria unica, in questi termini, determinavano una situazione dove, di fatto, gli enti territoriali non disponevano di liquidita' su cui potere percepire interessi o sulla quale esercitare una propria autonomia finanziaria, dal momento che la loro liquidita' era quasi sempre solo sul conto infruttifero, essendo peraltro tenuti a utilizzare prioritariamente le disponibilita' esistenti sul conto fruttifero della Banca d'Italia.
Il tesoriere di ciascun ente territoriale curava quindi soltanto pagamenti e riscossioni, eventualmente attivava l'anticipazione di cassa, nel caso di indisponibilita' presso i conti presso la Banca d'Italia, senza potere gestire, pero', la liquidita' dell'ente.
Il d.lgs. n. 279 del 1997, anche a seguito di una pressante richiesta delle autonomie territoriali, motivata anche dalle disfunzioni del sistema di Tesoriera unica, ha poi superato quel modello introducendo, anche attraverso una prima fase di sperimentazione, significative modifiche che hanno portato all'evoluzione nel cosiddetto sistema di Tesoreria mista.
Quest'ultimo, per gli enti territoriali, prevede che le entrate costituite dalle assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente, direttamente o indirettamente, dal bilancio dello Stato, vengano versate nelle contabilita' speciali infruttifere ad essi intestate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato gestite dalla Banca d'Italia. Tutte le altre entrate, invece, non devono piu' confluire nei conti fruttiferi intestati all'ente presso la tesoreria provinciale dello Stato, ma rimangono presso i tesorieri dei singoli enti.
Il regime di Tesoreria mista e' stato progressivamente esteso (ad esempio alle Unita' sanitarie locali nel 1989), fino ad arrivare all'articolo 77-quater del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito con la legge n. 133 del 2008) che, ritenendo definitivamente concluso il periodo di sperimentazione avviato con il d.lgs. n. 279/1997, ha applicato il sistema di Tesoreria mista ai restanti enti territoriali, cui ancora non si riferiva.
L'introduzione del sistema di Tesoreria «mista» ha prodotto vantaggi evidenti in termini di autonomia, consentendo di gestire fuori dalla tesoreria dello Stato, tutte le cosiddette entrate proprie degli enti territoriali. La maggiore autonomia nel gestire le proprie risorse finanziarie ha consentito agli enti territoriali di realizzare, su quelle disponibilita', interessi attivi piu' elevati di quelli riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate in contabilita' fruttifera. Ha consentito, inoltre, anche agli enti di investire in forme piu' convenienti (pronti conto termini, Buoni ordinari del tesoro, o altro) parte di questa liquidita', realizzando una redditivita' superiore anche a quella prevista dalla contabilita' fruttifera presso la tesoreria provinciale dello Stato o dal contratto con il proprio tesoriere.
Il superamento del sistema di tesoreria unica ha comportato quindi dei vantaggi concreti e ha condotto gli enti territoriali:
verso una maggiore capacita' di programmazione delle proprie risorse dettata da un maggior controllo delle risorse liquide disponibili;
verso la possibilita' di attuare una politica di monitoraggio e controllo delle risorse; verso la possibilita' di ottenere maggiori rendimenti dal riversamento delle somme disponibili nella parte fruttifera del conto di tesoreria; verso la possibilita' di disporre di una nuova opportunita' di autofinanziamento.
Il comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge n. 1 del 2012 sospende ora fino al 31 dicembre 2014 l'attuale normativa sulla Tesoreria mista e recupera le disposizioni di cui all'art. 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e relative norme amministrative di attuazione, ripristinando la Tesoreria unica con obbligo di deposito delle disponibilita' sulle contabilita' speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.
Il comma 9 dell'art. 35 dispone poi che entro il 29 febbraio 2012 il tesoriere di ciascun ente dovra' provvedere a versare il 50 per cento delle disponibilita' liquide esigibili depositate presso il sistema bancario sulla contabilita' speciale aperta presso la tesoreria statale; il versamento della quota rimanente deve essere effettuato entro il 16 aprile 2012. Lo stesso comma 9 prevede, inoltre, che si debba procedere alla smobilizzo degli eventuali investimenti finanziari (da identificare con un futuro decreto del Ministro dell'economia e delle finanze), ad eccezione di quelli in titoli di Stato italiani, entro il 30 giugno 2012 e che le relative
risorse siano versate sulle contabilita' speciali aperte presso la tesoreria statale.
Il comma 10 prevede poi che fino al completo riversamento delle risorse sulle contabilita' speciali di cui al comma 9, per far fronte ai pagamenti, i tesorieri debbano utilizzare prioritariamente le risorse esigibili depositate presso gli stessi trasferendo gli eventuali vincoli di destinazione sulle somme depositate presso la tesoreria statale.
Il comma 13 dispone, infine, la possibilita', per effetto delle disposizioni di cui ai precedenti commi, di rinegoziare i contratti di tesoreria in essere, con diritto di recedere dal contratto in caso di mancato accordo.
In questi termini, con il ritorno al vecchio sistema di Tesoreria unica, gli enti territoriali non avranno piu' disponibilita' diretta delle proprie risorse depositate presso il sistema bancario. Il tesoriere di ciascun ente potra' e dovra' soltanto curare pagamenti e riscossioni, senza potere gestire, pero', la liquidita' dell'ente, secondo le disposizioni e le decisioni di quest'ultimo.
Si tratta di una grave limitazione dell'autonomia delle regioni e degli enti locali che risultano cosi' privati di un importante strumento di gestione finanziaria che ha permesso di conseguire risultati vantaggiosi. Sebbene si siano registrati, in alcune occasioni, anche casi di «abusi» di tale autonomia, con operazioni spregiudicate, il ritorno a una ben diversa stagione della storia delle autonomie territoriali, senza peraltro nemmeno prevedere una disciplina transitoria e senza alcuna forma di intesa o raccordo con gli enti territoriali, non appare consentito dall'attuale quadro costituzionale della autonomia finanziaria. Appare inoltre alquanto anomalo che in un decreto-legge recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'», si collochi una previsione che cancella l'attuale sistema senza considerare che regioni e enti locali selezionano i loro tesorieri con gare pubbliche che permettono di ottenere le migliori condizioni di mercato. E che le banche spesso si impegnano a garantire non solo interessi attivi e passivi vantaggiosi, ma anche altre utilita' senza costi per le amministrazioni. Si tratta di un regime di concorrenza che viene travolto con la norma sulla Tesoreria unica e gli enti territoriali risulteranno presumibilmente impoveriti, da diversi punti di vista, piu' di quanto ne beneficera' lo Stato, con un danno per tutto il sistema.
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 8, per violazione degli articoli per violazione degli articoli 3, 117, III e IV comma, 118, I e II comma, 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione.
La disposizione del comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, prevede che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in oggetto e fino al 31 dicembre 2014, in sostituzione dello speciale regime di tesoreria previsto per le regioni, gli enti locali e gli enti del comparto sanitario dall'articolo 7 del d.lgs. n. 279 del 1997, si applichi il regime di Tesoreria unica di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720 - e relative norme amministrative di attuazione - secondo cui tutte le entrate dei predetti enti devono essere versate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.
E' utile ricordare che l'accentramento in Tesoreria delle disponibilita' degli enti pubblici, avviatosi con le leggi n. 468 del 1978 e n. 119 del 1981, ha raggiunto il culmine proprio con l'emanazione della legge n. 720 del 1984, istitutiva del regime di Tesoreria unica, diretta, a suo tempo, all'interno di uno specifico contesto - caratterizzato da un lato dall'accentramento nello Stato del prelievo fiscale e dell'indebitamento e, dall'altro, da una rapida crescita dei trasferimenti agli enti territoriali conseguente ai primi decentramenti di compiti, con un aumento dei depositi bancari degli enti suddetti - ad assicurare un piu' razionale utilizzo delle risorse pubbliche, impedire un ristagno di liquidita' presso i tesorieri regionali e limitare i costi dell'indebitamento dello Stato.
Data la profonda diversita' delle circostanze storiche, la disposizione del comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge impugnato, che peraltro non prevede nessuna forma di intesa o di raccordo con gli enti territoriali, riveste una portata dirompente con riferimento all'attuale assetto, determinando il ritorno al sistema precedente alla riforma del 1997, con l'accentramento presso le contabilita' speciali accese in Banca d'Italia a nome degli enti di tutte le disponibilita' degli enti stessi diverse da quelle rivenienti da mutui, prestiti obbligazionari e da altre forme di indebitamento non sostenute da contribuzione statale (cosiddetto Regime di tesoreria unica tradizionale).
Quindi, anche le entrate proprie degli enti subiscono l'accentramento e tale regime opera anche con riferimento alle disponibilita' in essere sui conti bancari alla data di entrata in vigore del provvedimento.
E' utile premettere che questa ecc.ma Corte si e' a suo tempo occupata in piu' occasioni della costituzionalita' del sistema di Tesoreria unica, che ebbe a giustificare nella vigenza del precedente Titolo V della Costituzione e nel quadro di un sistema di finanza essenzialmente derivata: «le norme sulla tesoreria unica ... non incidono sull'autonomia finanziaria delle regioni nel disporre delle proprie risorse e riflettono un interesse nazionale, legato all'esigenza di consentire allo Stato il controllo della liquidita' e la disciplina dei relativi flussi monetari (v. sent. n. 132 del 1993, nonche' sent. n. 61 del 1987 e ord. n. 759 del 1988)» (sentenza n. 412 del 1993). Ancora nella sentenza n. 171 del 1999 si affermava che il sistema non era «lesivo dell'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni sino a quando esso non si trasformi in un mezzo improprio di controllo sulla spesa regionale: cio' non accade se resta fermo il diritto delle regioni di disporre delle risorse loro assegnate per effettuare le spese autonomamente da esse decise».
Questa ecc.ma Corte, in ogni caso, nel corso della propria giurisprudenza ha in piu' occasioni rilevato le disfunzioni di quel sistema, anche nella consapevolezza che tale scelta realizzava un «accentramento finanziario». Cosi' complessivamente (disfunzioni e accentramento) emerge dalle motivazioni della sentenza n. 243 del 1985: «l'intero "sistema'' in esame, ... richiede di essere applicato con i necessari adattamenti - anche e soprattutto alle regioni ordinarie e speciali: come questa Corte ha precisato fin dalla sentenza n. 94 del 1981, la dove si e' notato - quanto all'art. 31 della legge n. 468 - che "i ritmi di accreditamento dei fondi ... dalle tesorerie dello Stato alle tesorerie delle regioni'' devono svolgersi "sulla base ed in conformita' alle previste esigenze ed alle accertate disponibilita' di cassa delle regioni'' medesime ... Certo, resta ferma l'esigenza ... che i rapporti tra le tesorerie regionali e le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato siano regolati in modo tale da escludere il pericolo di improvvisi vuoti di cassa, che pregiudicherebbero il buon andamento dell'amministrazione ... Al Presidente del Consiglio dei ministri non puo' essere legittimamente demandata, in altri termini, l'opzione fra il coordinamento e l'accentramento finanziario, cioe' fra una serie di tesorerie regionali dotate di proprie giacenze, sebbene circoscritte
nella predetta misura del quattro per cento, e tesorerie puramente nominali, ridotte in sostanza ad agenti del tesoriere unico, sia quanto agli incassi sia quanto ai pagamenti».
Se i limiti del sistema di Tesoreria unica erano gia' ben noti alla giurisprudenza costituzionale precedente alla riforma del Titolo V e nel quadro di un sistema di finanza essenzialmente derivata, la questione della legittimita' costituzionale del comma 8 dell'art. 35 del decreto impugnato si pone oggi in termini decisamente diversi, all'interno del nuovo contesto che storicamente si e' configurato in conseguenza dell'evoluzione del sistema, non piu' fondato, com'era allora, sulla finanza derivata. Basti ricordare il profilo diacronico che ha condotto alla regionalizzazione della tassa di circolazione - d.lgs. n. 504 del 1992 -; all'introduzione della addizionale regionale all'Irpef e dell'Irap - d.lgs. n. 446 del 1997; all'istituzione della compartecipazione all'Iva - d.lgs. n. 56 del 2000.
L'evoluzione del sistema dalla Tesoreria unica al modello «misto» si e' inserita in questo quadro evolutivo, determinando il passaggio dall'accentramento al coordinamento finanziario (per utilizzare le definizioni utilizzate da questa ecc.ma Corte della citata sent. n. 94 del 1981). La legge delega n. 94 del 1997, la cui attuazione si e' concretizzata con l'emanazione del decreto legislativo n. 279 del 1997, all'art. 5, lett. e), prevedeva, infatti, tra i suoi principi direttivi quello di: «e) ridefinire il sistema della Tesoreria unica in modo da prevederne, per le regioni e gli enti locali, il graduale superamento in connessione con il progressivo conferimento di ulteriori funzioni ed entrate proprie».
Nella sentenza n. 507 del 2000, questa ecc.ma Corte prese atto che: «il sistema e' ora in via di parziale superamento, anche attraverso l'attuazione di una sperimentazione, mirandosi ad escludere gradualmente le entrate proprie degli enti dall'obbligo di versamento nei conti presso il Tesoro, ma stabilendo l'obbligo per gli enti di utilizzare, ai fini delle rispettive esigenze di spesa, dette entrate proprie con priorita' rispetto alle risorse trasferite dal bilancio dello Stato, e prevedendo la modulazione dei pagamenti statali a favore degli enti in relazione all'esaurimento delle disponibilita' esistenti sui conti presso il Tesoro (cfr. artt. 7, 8 e 9 del d.lgs. 7 agosto 1997, n. 279)».
In questo contesto e' poi intervenuta la modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione che, attuando un forte decentramento di funzioni normative, ha innovato profondamente il quadro della autonomia finanziaria riconosciuta alle regioni e agli enti locali, superando la formulazione del previgente art. 119 della Costituzione («Le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle provincie dei comuni»), e configurando nei seguenti termini la cifra della autonomia finanziaria:
«I comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno risorse autonome.
Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio».
Nel nuovo quadro costituzionale agli enti territoriali sono quindi riconosciute risorse autonome, tributi e entrate proprie, all'interno di un'autonomia finanziaria che si svolge nell'ambito dei principi di coordinamento e che non e' piu' circoscritta nelle forme e nei limiti della previgente formulazione dell'art. 119 della Costituzione.
E' utile precisare che il nuovo quadro costituzionale dell'autonomia impositiva regionale e' stato lucidamente chiarito da questa ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 102 del 2008 in relazione alla generalita' delle Regioni, fino al riconoscimento di una potesta' legislativa esclusiva in materia tributaria: «il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione prevede che: a) lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di "sistema tributario [...] dello Stato'' (art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.); b) le regioni hanno potesta' legislativa esclusiva nella materia tributaria non espressamente riservata alla legislazione dello Stato,
con riguardo, beninteso, ai presupposti d'imposta collegati al territorio di ciascuna regione e sempre che l'esercizio di tale facolta' non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni (artt. 117, quarto comma, e 120, primo comma, Cost.); c) le regioni e gli enti locali "stabiliscono e applicano tributi e entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento [...] del sistema tributario'' (art. 119, secondo comma, Cost.); d) lo Stato e le regioni hanno competenza legislativa concorrente nella materia del "coordinamento [...] del sistema tributario'', nella quale e' riservata alla competenza legislativa dello Stato la determinazione dei principi fondamentali».
Dopo i numerosi richiami di questa ecc.ma Corte (si veda ad esempio gia' la sentenza n. 370 del 2003) il sistema e' poi finalmente approdato all'approvazione della legge delega n. 42 del 2009 di attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione e ai relativi decreti legislativi di attuazione, tra i quali, in particolare, il d.lgs. n. 68 del 2011, che valorizza ulteriormente l'autonomia finanziaria regionale (tra l'altro disponendo, all'art. 1, comma 3, che il gettito delle fonti di finanziamento e' senza vincolo di destinazione) e il d.lgs. n. 118 del 2011 sulla armonizzazione dei bilanci, segnando cosi' un ulteriore passo in avanti verso un modello di autonomia finanziaria e di responsabilizzazione degli enti territoriali.
Nell'attuale contesto costituzionale, alla regione e' riconosciuta quindi anche una potesta' esclusiva in relazione al sistema tributario regionale, cioe' nella materia tributaria non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Con il comma 8 dell'art. 35 del decreto impugnato, tuttavia, si ritorna ad imporre il sistema di Tesoreria unica, con riversamento obbligatorio nelle casse delle Tesorerie statali, non solo in relazione alle entrate proprie derivanti dai tributi propri derivati, come la tassa di circolazione, che viene direttamente riscossa dalla regione, o come Irap e addizionale Irpef (oggi accreditate presso il tesoriere regionale), ma anche riguardo a quelle derivanti dai tributi propri autonomi, espressione della potesta' legislativa esclusiva riconosciuta alla regione.
Ad esempio, il d.lgs. n. 68 del 2011 dispone all'articolo 8 (Ulteriori tributi regionali) che: «1. Ferma la facolta' per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri regionali la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale, l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, di cui all'articolo 190 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, all'articolo 121 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, agli articoli 1, 5 e 6 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, all'articolo 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, all'articolo 5 della citata legge n. 281 del 1970, all'articolo 3 della citata legge n. 281 del 1970, agli articoli da 90 a 95 della legge 21 novembre 2000, n. 342».
Anche in relazione a questi tributi propri autonomi, ricadenti nell'ambito della competenza legislativa esclusiva della regione, si verrebbe ad applicare l'obbligo di sottostare al regime di Tesoreria unica, con conseguente privazione della facolta' di gestirne la liquidita' finanziaria.
Nel complesso si tratta, quindi, di conseguenze incompatibili con le nuove dimensioni costituzionali della autonomia finanziaria e normativa, con violazione degli articoli 3, per difetto di ragionevolezza, 117, III comma, sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, 117, IV comma, in relazione alla potesta' legislativa residuale riguardo al sistema tributario regionale, 119, sull'autonomia finanziaria.
E' pur vero che la giurisprudenza di questa ecc.ma Corte costituzionale ha affermato (dalla sentenza n. 376/2003 e fino alla recente sentenza n. 370/2010, dove peraltro si evidenzia anche l'esigenza di rispettare l'autonomia finanziaria delle regioni, sia di entrata sia di spesa) che il coordinamento finanziario puo' richiedere, per la sua stessa natura, anche l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo, ovvero che il carattere finalistico dell'azione di coordinamento esige che al livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresi' i poteri puntuali eventualmente necessari perche' la finalita' di coordinamento - che di per se' eccede
inevitabilmente, in parte, le possibilita' di intervento dei livelli territoriali sub-statali - possa essere concretamente realizzata.
Tuttavia, il ripristino del sistema di Tesoreria unica previgente alla riforma del 1997 (ponendosi, per utilizzare la parole gia' ricordate da questa ecc.ma Corte nella sent. n. 94 del 1981, come «accentramento finanziario» e non come mero «coordinamento»), costituisce una misura che travalica l'intero quadro degli ordinari strumenti di coordinamento, consentiti alla legislazione di principio statale, sin qui considerati dalla giurisprudenza costituzionale nella vigenza del nuovo Titolo V e appare una misura irragionevole e sproporzionata rispetto alla nuova dimensione costituzionale e legislativa della autonomia finanziaria regionale e locale, non piu' fondata, come nel periodo di vigenza della legge n. legge 29 ottobre
1984, n. 720, su un sistema di finanza derivata bensi' autonoma, anche per effetto del processo di attuazione dei decreti legislativi emanati in base alla legge n. 42 del 2009, che, ad esempio, dispongono la completa fiscalizzazione dei trasferimenti statali, aventi carattere di generalita', agli enti territoriali e quella dei trasferimenti regionali agli enti locali.
L'autonomia finanziaria implica la coincidenza dei centri di spesa e di provento per aumentare la responsabilizzazione degli amministratori pubblici, come peraltro stabilito nell'art. 2 della legge n. 42 del 2009: «u) previsione di strumenti e meccanismi di accertamento e di riscossione che assicurino modalita' efficienti di accreditamento diretto o di riversamento automatico del riscosso agli enti titolari del tributo» e come confermato e presupposto nei decreti legislativi di attuazione della stessa legge n. 42 del 2009.
Peraltro, va rilevato anche che l'esigenza di «gestire informazioni» tra centro e periferia ha gia' trovato, all'interno della descritta evoluzione, adeguata risposta nella istituzione del SIOPE avviata gia' dall'art. 28 della legge finanziaria per il 2003, che, allo scopo di garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunita' europea, ha imposto di codificare in modo uniforme gli incassi, i pagamenti e i dati di competenza economica rilevati dalle amministrazioni pubbliche, costituendo quindi una nuova forma di raccordo contabile, statistico ed informatico diretto a superare le asimmetrie informative tra Stato ed amministrazioni locali - va oltretutto ricordato che proprio in forza dell'evoluzione delle procedure SIOPE, dal 2010 alle regioni non viene nemmeno piu' richiesto, perche' ritenuto non piu' necessario, l'invio dei flussi trimestrali di cassa (si veda D.M. 23 dicembre 2009, n. 38666 - doc. allegato n. 2).
Anche l'esigenza del monitoraggio dei conti pubblici, che e' certamente un aspetto essenziale di un modello di governance, ha poi trovato attuazione nei diversi decreti legislativi di attuazione della legge n. 42 del 2009, non solo nel rafforzamento della possibilita' del controllo democratico dell'elettore, ma anche in specifiche articolazioni istituzionali e normative, come, ad esempio, in particolare, nel d.lgs. n. 118 del 2011, sull'armonizzazione dei sistemi contabili e finanche, per molteplici aspetti, nel d.lgs. n. 149 del 2011, relativo ai meccanismi premiali e sanzionatori (si pensi alla introduzione di forme di' bilanci certificati come la relazione di fine legislatura e di fine mandato, al potenziamento dei
controlli sulla regolarita' della gestione amministrativa e contabile, alle sanzioni per il mancato rispetto del Patto di stabilita', ecc.).
Sempre rispetto all'esigenza di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, la legge n. 196 del 2009, ha peraltro completato il quadro attraverso l'istituzione (art. 13) della Banca dati unitaria presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
E' pertanto in relazione all'evoluzione che ha condotto a questo nuovo contesto normativo e costituzionale che deve essere valutata la costituzionalita', in termini di ragionevolezza e di compatibilita' con il quadro autonomistico degli enti territoriali, del ritorno al sistema di accentramento finanziario previsto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720 e della sospensione del sistema di Tesoreria mista introdotto dal d.lgs. n. 279 del 1997.
In questa valutazione deve essere anche considerato che la legislazione regionale nel frattempo si e' espressa al riguardo, ad esempio, nel caso della Regione Piemonte, con la legge regionale n. 7 del 2001 che all'art. 3 ha specificato i criteri e i principi dell'ordinamento contabile della regione, indicandovi (comma 1, lett. a) «il conferimento di chiarezza e trasparenza ai documenti contabili al fine di consentire ai cittadini la massima conoscenza e comprensibilita' dei fatti economici e contabili che riguardano l'attivita' della regione».
Tali principi sono stati poi dettagliati dal Regolamento regionale di contabilita' n. 18/r del 2001, che all'articolo 34 disciplina il servizio di Tesoreria regionale (rinviando all'apposito Manuale operativo - doc. allegato n. 3 - secondo quando prevede l'art. 3 dello stesso regolamento) e all'art. 22, comma 1, prevede che «Le entrate sono riscosse dall'Istituto di credito che, sulla base di quanto previsto dall'art. 34, svolge la funzione di Tesoriere della regione. La riscossione delle entrate avviene mediante l'emissione di reversali di incasso e secondo le modalita' previste
nei manuali di cui all'art. 3».
Tale sistema si basa quindi sull'affidamento, tramite gara, ad un istituto di credito che attraverso una convenzione garantisce tassi attivi e passivi di particolare convenienza per la regione, oltre ad altri servizi utili a implementarne la capacita' finanziaria. Tali convenzioni vengono stipulate sulla base della giacenza media di cassa, che tanto piu' e' elevata, tanto piu' facilita l'ottenimento di condizioni favorevoli per la regione.
Nel caso di specie (doc. allegato n. 4) la convenzione in essere della Regione Piemonte permette di ottenere un tasso di interesse pari a 1,53 per cento lordo, che e' superiore a quello ottenibile dal conto fruttifero della Banca d'Italia previsto dal ripristino del sistema di Tesoreria unica, fissato nella misura dell'1,00 per cento lordo, a decorrere dal 1° maggio 2011, dall'articolo unico del decreto 13 maggio 2011.
E' evidente che le attuali condizioni di favore non potranno piu' essere ottenute dalla Regione - con una lesione di fatto della propria capacita' contrattuale - che non solo subisce la perdita immediata del maggiore interesse attivo, ma si appresta a subire anche quella derivante dalla piu' che probabile rinegoziazione in senso sfavorevole, sulla stessa convenzione in essere e su quelle future, delle attuali condizioni generali, ivi inclusa quella relativa alla misura degli attuali interessi passivi (oggi previsti nella misura dello 0,99 per cento sulle anticipazioni di cassa), in forza del venir meno della giacenza media e quindi della convenienza dell'Istituto convenzionato.
Tale aspetto e' stato messo in evidenza dalla audizione al Senato della Repubblica dell'Abi, dove si precisa: «La norma reca un forte impatto sul mercato dei servizi di tesoreria e di cassa, incide pesantemente sui contratti in corso in quanto comporta una alterazione degli equilibri contrattuali (di norma basati sulla previsione di giacenze); e' suscettibile di comportare pesanti costi di gestione» (doc. allegato n. 5).
La stessa capacita' amministrativa della regione e' menomata rispetto alla possibilita' di utilizzare le eccedenze di cassa derivanti dalla gestione della liquidita' in forme ancora piu' remunerative, come ad esempio la sottoscrizione di contratti pronti contro termine o obbligazioni.
La capacita' amministrativa della regione e' ulteriormente menomata dalla prassi che impedisce di stabilire un contatto diretto con le Tesorerie provinciali della Banca d'Italia, dovendo necessariamente passare attraverso la mediazione dell'Istituto bancario che ha assunto le funzioni di Tesoriere regionale.
In altre parole, la perdita della gestione diretta della liquidita' regionale si riflette sotto molteplici profili sulla capacita' operativa della amministrazione regionale, dal momento che la stessa gestione delle priorita' di pagamento e' fortemente connessa alla gestione di cassa (si veda Punto C3/Priorita' del Manuale operativo doc. allegato 3). Da questo punto di vista il comma 8 dell'articolo 35 del decreto-legge impugnato si pone in violazione anche della autonomia amministrativa della regione riconosciuta ai sensi dell'articolo 118, I e II comma, della Costituzione.
Da ultimo, sul punto, occorre considerare che il ripristino del sistema di Tesoreria unica collide in termini di incompatibilita' con il processo di razionalizzazione, responsabilizzazione e di trasparenza della spesa regionale in materia di sanita' prevista dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 118 del 2011, emanato in attuazione della legge delega n. 42 del 2009.
Piu' precisamente, l'articolo 20, significativamente titolato «Trasparenza dei conti sanitari e finalizzazione delle risorse al finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali» dispone la «perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale» e all'articolo 21 (Accensione di conti di tesoreria intestati alla sanita'), al fine di rendere operativa quella previsione, prevede:
«1. Per garantire trasparenza e confrontabilita' dei flussi di cassa relativi al finanziamento del fabbisogno sanitario regionale standard:
a) le risorse destinate al finanziamento del fabbisogno sanitario regionale standard che affluiscono nei conti di tesoreria unica intestati alle singole regioni e a titolo di trasferimento dal Bilancio dello Stato e di anticipazione mensile di tesoreria sono versate in conti di tesoreria unica appositamente istituiti per il finanziamento del servizio sanitario nazionale e funzionanti secondo le modalita' di' cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279;
b) le ulteriori risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale sono versate in appositi conti correnti intestati alla sanita' presso i tesorieri delle regioni secondo le modalita' previste dall'articolo 77-quater, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».
Questa perimetrazione, funzionale a garantire trasparenza, verificabilita' della spesa sanitaria e della misura del finanziamento con risorse proprie (lett. b, del comma 1, dell'art.21), viene travolta dalla disposizione del comma 8 dell'articolo 35, che non pare considerare in alcun modo l'esigenza di trasparenza e di corretta gestione della spesa sanitaria cui sono rivolte le previsioni citate, vanificando l'obbligo previsto - cui gia' peraltro la regione si e' conformata accendendo un apposito conto intestato alla sanita' -, riportando quindi in un unico indistinto contenitore statale i flussi di liquidita' regionali.
Questa circostanza prefigura, pertanto, un altro sintomo di irragionevolezza della disposizione impugnata, a ulteriore dimostrazione della lesione della autonomia regionale, vulnerata anche in relazione alla propria potesta' legislativa in materia di organizzazione sanitaria.
La medesima lesione dell'autonomia finanziaria costituzionalmente riconosciuta si verifica anche per gli altri enti territoriali, cui sono parimenti estendibili, a eccezione dell'ultimo aspetto citato relativo solo alla spesa sanitaria, le osservazioni precedenti.
E' solo utile in proposito segnalare che in alcune convenzioni con gli istituti bancari che svolgono il servizio di tesoreria sono stati inclusi accordi per la cessione pro soluto dei crediti verso l'Ente territoriale, rimediando in questi termini ai possibili tempi lunghi di pagamento delle imprese (vedi doc. allegato n. 6: Convenzione in essere della Provincia di Torino). Si tratta di servizi che non potranno piu' essere ottenuti per effetto del venir meno delle giacenze di cassa, con un danno per tutto il sistema territoriale.
E' altresi' opportuno segnalare che in molte situazioni, come ad esempio quella del territorio della regione Piemonte, caratterizzate dalla presenza di piccoli comuni (su 1.206 comuni, 1.071 hanno meno di 5.000 abitanti) e' probabile anche il rischio che, per effetto del venir meno della giacenza di cassa, si verifichi il venir meno della convenienza di qualsiasi istituto di credito ad assumere il servizio di tesoreria, con possibilita' di vedere andare deserte le gare di affidamento del servizio, previste dall'articolo 210 del d.lgs. n. 267 del 2000.
La disposizione del comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge impugnato, ripristinando il sistema di Tesoreria unica anche per province e comuni, per quanto complessivamente descritto, determina quindi una menomazione della capacita' amministrativa e finanziaria degli enti locali, che si ripercuote in una lesione della stessa autonomia regionale, non solo in forza della stretta connessione tra capacita' finanziaria e trasferimento delle funzioni amministrative che la regione, ai sensi dell'art. 118, I e II, comma puo' disporre a favore degli enti locali, ma anche in relazione alla circostanza che
anche la liquidita' derivante dal gettito dei tributi locali istituiti dalla legge regionale risulterebbe soggetto al regime della Tesoreria unica.
Questa ecc.ma Corte in piu' occasioni (sentenze n. 95 del 2007, n. 417 del 2005, n. 196 del 2004 e n. 533 del 2002) ha ritenuto che le Regioni siano legittimate a denunciare la legge statale anche per la violazione di competenze degli enti locali, perche' «la stretta connessione [...] tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali».
Per i motivi qui illustrati il comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge impugnato, ripristinando per regioni, inclusi gli enti del comparto sanitario, province e comuni un sistema di accentramento finanziario (e non quindi di mero coordinamento) configurato in ben altra stagione della storia dell'autonomia finanziaria e normativa degli enti territoriali, risulta, in sintesi, violare gli articoli 3, 117, III e IV comma, 118, I e IL comma, 119 della Costituzione, nonche' il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione, dal momento che nessuna intesa e' stata prevista con gli enti territoriali (a quest'ultimo riguardo basti ricordare come questa ecc.ma Corte nella sentenza n. 31 del 2005, abbia dichiarato l'illegittimita' del comma 3 dell'articolo 26 della legge n. 289 del 2003 in quanto la previsione ivi contenuta - pur se relativa alla competenza statale sul «coordinamento informativo statistico ed informatico» -, nella parte in cui contemplava il mero parere della Conferenza unificata, non era stata ritenuta misura adeguata a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione, poiche' in ogni caso la disposizione presentava un
contenuto precettivo idoneo a determinare una forte incidenza sull'esercizio concreto delle funzioni proprie della materia «organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti locali», con cio' rendendo indispensabile garantire un piu' incisivo coinvolgimento nella fase di attuazione delle disposizioni attraverso il corretto ricorso allo strumento dell'intesa).
Ne' puo' costituire un'attenuazione dei suddetti profili di incostituzionalita' il carattere non definitivamente abrogativo, bensi' meramente «sospensivo» della disposizione impugnata, che anzi ne evidenzia ulteriormente il carattere di irragionevolezza. La disposizione, infatti, finisce per vanificare un sistema ormai radicato, oltretutto costruito dopo una non breve sperimentazione, creando per un periodo temporaneo un'alterazione destinata a produrre perdite finanziarie, problemi applicativi, ritardi nei pagamenti, e altri probabili disfunzioni che non appaiono pienamente giustificati in relazione ai benefici ritraibili considerando l'intero sistema che compone la Repubblica ai sensi dell'art.114 della Costituzione.
Secondo la Relazione tecnica, infatti, con la norma in esame si prevede l'afflusso presso la tesoreria statale di almeno 8,6 miliardi di euro, quali media delle risorse detenute presso il sistema bancario da regioni, province, comuni, comunita' montane, unioni di comuni, enti del comparto sanita', universita' e dipartimenti universitari. Sempre secondo la Relazione tecnica l'afflusso di risorse proprie dei suddetti enti presso la tesoreria statale (sul sottoconto fruttifero con interesse pari attualmente all'uno per cento) si tradurra' in una minore emissione di titoli del debito pubblico, che dovrebbe comportare un risparmio per lo Stato stimato in 320 milioni di euro nel 2012, 150 milioni nel 2013 e 150 milioni nel 2014. Se tale e' l'effettivo obiettivo, indicato nella Relazione tecnica, cui e' rivolta la norma, occorre pero' considerare che per ottenere questo risultato - pur in se stesso importante nella contingenza attuale - viene travolto un sistema consolidato e rispettoso dell'autonomia territoriale, soprattutto relativo a un comparto di spesa che - anche per effetto degli intervenuti processi di decentramento delle funzioni legislative e amministrative - in base ai dati 2008, ammonta per le regioni a 179.723 milioni di euro (escludendo le spese per rimborso di prestiti e le contabilita' speciali), di cui 136.851 nelle RSO, (119.443 di spesa corrente e 17.407 in c/capitale); per le province a 13.782 milioni di euro (al netto di rimborso prestiti e spese per servizi per conto terzi), di cui 12.060 nelle RSO (7.952 di spesa corrente e 4.108 in c/capitale totale); per i comuni a 73.923 milioni di euro, (al netto di rimborso prestiti e spese per servizi per conto terzi), di cui 61.303 nelle RSO (41.305 spesa corrente e 19.997 in c/capitale).
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 9, per violazione degli articoli 3, 117, III, IV e VI comma, 118, I e II comma, 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione.
Al comma 9, l'articolo 35 del decreto impugnato prevede che il 50 per cento delle liquidita' degli enti, depositate presso il sistema bancario, debbano essere versate entro il 29 febbraio 2012 sulle contabilita' speciali fruttifere della tesoreria statale, e il restante 50 per cento entro il 16 aprile 2012. E' altresi' prevista l'emanazione, entro il 30 aprile 2012, di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro, per l'individuazione degli investimenti finanziari che devono essere smobilizzati entro il 30 giugno 2012 affinche' le relative risorse siano versate sulle contabilita' speciali aperte presso la tesoreria statale.
In questi termini la disposizione costituisce il risvolto operativo del comma precedente e in relazione ad essa, pertanto, si deducono per i medesimi motivi e profili, gli stessi vizi di incostituzionalita' prima evidenziati.
Si aggiungono pero' ulteriori aspetti sintomatici della irragionevolezza della disposizione, che pretende di avere un'immediata operativita' (la prima tranche deve essere versata entro il 29 febbraio 2012 sulle contabilita' speciali fruttifere della tesoreria statale) senza considerare la necessita', per un cambiamento cosi' radicale, di prevedere un periodo transitorio.
Le disfunzioni cui da luogo questa previsione sono evidenziate nel documento presentato dall'Abi nel corso dell'audizione al Senato della Repubblica (doc. allegato n. 5), laddove si evidenzia «l'effetto gia' di per se' dirompente della nuova disposizione», con la difficolta' di attivare «sistemi di gestione complessi», «con meccanismi di regolazione giornaliera in Banca d'Italia delle somme incassate». Essa emerge altresi' dal decreto Ministeriale (doc. allegato n. 7) n. 118629 - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - IGEPA del 8 agosto 2012 che all'articolo 4 (Accesso ai dati della tesoreria unica) afferma: «Gli enti ed organismi pubblici soggetti al sistema di tesoreria unica accedono alle informazioni riguardanti la movimentazione della propria contabilita' speciale con le modalita' previste all'articolo 3. A tale scopo all'interno del sito SIOPE e' istituita una specifica sezione», ma non dice da quando sara' effettivamente disponibile (ad oggi non ancora attivata, si veda : SIOPE doc. allegato n. 8).
In questi termini si evidenziano le difficolta' applicative della disposizione impugnata, perche' nel breve periodo, cui pure opera l'obbligo della disposizione, non saranno presumibilmente disponibili ne' adeguati sistemi operativi dei tesorieri, ne' la specifica sezione del SIOPE, limitando fortemente quindi la capacita' amministrativa degli enti territoriali che non potranno disporre, come invece avviene attualmente, di tutte le tempestive informazioni relative alla giacenza di cassa necessarie all'attivita' di previsione e riprogrammazione dei flussi finanziari.
Un altro aspetto del comma 9 dell'art. 35 del decreto impugnato deve essere poi considerato: si impone l'obbligo di smobilizzare entro il 30 giugno 2012 - affinche' le relative risorse siano versate sulle contabilita' speciali aperte presso la tesoreria statale - gli investimenti finanziari effettuati da regioni ed enti locali, prevedendo che gli investimenti destinati a ricadere nel suddetto obbligo saranno individuati, entro il 30 aprile 2012, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro.
Sara' quindi il citato decreto ministeriale ad individuare, senza che la disposizione del comma 9 stabilisca alcun criterio (con ulteriore, peraltro, danno per le possibilita' di programmazione degli enti territoriali), a quali forme di investimento finanziario si applichera' l'obbligo di smobilizzo a carico degli enti territoriali. Tale procedura, intervenendo con un decreto ministeriale di carattere normativo, sebbene non sia qualificato come tale, nell'ambito della competenza legislativa concorrente relativa al coordinamento della finanza pubblica, risulta violare anche il comma VI dell'art.117 della Costituzione.
Va peraltro ricordato che questa ecc. ma Corte nella sentenza n. 425 del 2004 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 che attribuivano al Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, il potere di disporre, con proprio regolamento, modifiche alle predefinite (dalla stessa legge) tipologie di indebitamento e di investimenti, perche' in tal modo operava una sostanziale delegificazione senza alcuna predeterminazione di criteri atti a delimitare la discrezionalita' dell'esecutivo nazionale. Secondo la sentenza: «una siffatta previsione presupporrebbe il rispetto del principio di legalita' sostanziale, in forza del quale l'esercizio di un potere politico-amministrativo incidente sull'autonomia regionale (nonche' sull'autonomia locale) puo' essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni dell'esecutivo, delimitandone la discrezionalita' (cfr. sentenze n. 150 del 1982, n. 384 del 1992, n. 301 del 2003)».
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 10, per violazione degli articoli 3, 117, III e IV comma, 118, I e II comma, 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione.
Il comma 10 dell'art. 35 del decreto-legge impugnato stabilisce che, fino al completo riversamento delle suddette risorse sulle contabilita' speciali, per far fronte ai propri pagamenti gli enti ed organismi pubblici di cui al comma 8 devono utilizzare prioritariamente le risorse esigibili depositate presso tesorieri e cassieri, trasferendo gli eventuali vincoli di destinazione sulle somme depositate presso la tesoreria statale.
In questo modo si vincolano gli istituti che gestiscono i servizi di tesoreria regionali e locali a utilizzare prioritariamente le risorse residue, giacenti sui conti degli enti territoriali (e relative alle loro entrate proprie), gia' nella fase transitoria e prima ancora del completo riversamento nella tesoreria statale, con una ulteriore lesione dell'autonomia degli enti territoriali e delle rispettive capacita' di programmazione.
Tale disposizione, in termini analoghi alla precedente, costituisce quindi un risvolto operativo del comma 8 del decreto-legge impugnato, in relazione ad essa, pertanto, si deducono per i medesimi motivi e profili, gli stessi vizi di incostituzionalita' prima evidenziati.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 13, per violazione degli articoli 3, 117, III e IV comma, 118, I e II comma, 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione.
Il comma 13 dispone, infine, la possibilita', per effetto delle disposizioni di cui ai precedenti commi, di rinegoziare i contratti di tesoreria in essere, con diritto di recedere dal contratto in caso di mancato accordo. E' chiaro che, come gia' in precedenza evidenziato, venendo meno la giacenza della liquidita', gli istituti bancari non avranno interesse a mantenere le condizioni piu' favorevoli accordate agli enti territoriali nelle convenzioni di tesoreria sotto la vigenza del regime di Tesoreria mista. Gli enti territoriali quindi subiranno una rinegoziazione in senso sfavorevole, cui la disposizione del comma 13 offre copertura stabilendo ex lege la possibilita' del recesso in caso di mancato accordo sulla rinegoziazione.
Tale disposizione del comma 13, in termini analoghi alle precedenti, costituisce quindi un risvolto operativo del comma 8 dell'art. 35 del decreto-legge impugnato, che presuppone e richiama;
in relazione ad essa, pertanto, si deducono per i medesimi motivi e profili, gli stessi vizi di incostituzionalita' evidenziati riguardo al comma 8.
Istanza di sospensione.
La Regione Piemonte chiede che codesta ecc.ma Corte, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale delle disposizioni del decreto-legge qui censurate, sospenda l'esecuzione dei commi 8, 9, 10 e 13 dell'articolo 35 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'», ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953, come sostituito dall'art. 9 della legge n. 131/2003, che tanto consente in presenza di un rischio di pregiudizio grave e irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini.
Le disposizioni censurate impongono alla Regione Piemonte, agli enti del comparto sanitario e agli enti territoriali di provvedere a versare sulle contabilita' speciali fruttifere della tesoreria statale, entro il 29 febbraio 2012, il 50 per cento delle liquidita' dei suddetti enti depositate presso il sistema bancario, e il restante 50 per cento entro il 16 aprile 2012.
Si tratta di adempimenti che richiedono interventi complessi e onerosi sul piano finanziario ed organizzativo, con riflessi sulle convenzioni in corso e sulla capacita' operativa del sistema degli enti territoriali.
Risponde all'interesse generale evitare l'avvio di un processo di tali dimensioni - che avrebbe effetti irreversibili sulle istituzioni - prima che ne sia approfonditamente valutata la compatibilita' costituzionale.
P. Q. M.
Chiede che l'ecc. Corte costituzionale:
sospenda l'esecuzione dell'articolo 35, commi 8, 9,10 e 13 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'»;
dichiari la illegittimita' costituzionale dell'articolo 35, commi 8, 9, 10 e 13 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 - Supplemento ordinario - n. 18, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'» per violazione degli articoli 3, 117, III, IV e VI comma della Costituzione, 118 e 119 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione.
Si depositano:
1) delibera della Giunta Regionale n. 3-3434 del 21 febbraio 2012, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale;
2) D.M. 23 dicembre 2009 sulla cessazione dell'obbligo di invio dei dati della trimestrale di cassa;
3) manuale operativo di contabilita' della Regione Piemonte;
4) convenzione in essere della Regione Piemonte con il proprio istituto tesoriere;
5) audizione di Abi presso il Senato della Repubblica, X Commissione (Industria, commercio, turismo);
6) convenzione per la cessione pro soluto della Provincia di Torino;
7) D. M. n. 118629 - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - IGEPA dell'8 febbraio 2012;
8) SIOPE, schermata iniziale.
Torino-Roma, addi' 28 febbraio 2012
Avv. prof. Antonini