N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 marzo 2003 (della Regione Campania)
(GU n. 21 del 28-5-2003)

Ricorso della regione Campania, in persona del presidente della
giunta regionale pro tempore on. Antonio Bassolino, rapp.to e difeso,
giusta mandato a margine ed in virtu' della deliberazione della
giunta regionale n. 863 del 7 marzo 2003, dal prof. avv. Vincenzo
Cocozza e dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale,
insieme con i quali elett. te domicilia in Roma, presso l'ufficio di
rappresentanza della regione Campania alla via del Tritone n. 61.
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma
1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 recante «Disposizioni
ordinamentali in materia di pubblica amministrazione», pubblicata nel
supplemento ordinario n. 5/L della Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20
gennaio 2003, che inserisce l'art. 34-bis del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, per violazione degli artt. 114, 117 e 118 della
Costituzione nonche' del principio di leale cooperazione fra Stato e
Regione e per lesione della sfera di competenza della Regione.

F a t t o

In data 20 gennaio 2003 e' stata approvata la legge n. 3 recante
«Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione».
L'art. 7 di tale legge ha disposto che le amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1, comma 2, ivi compreso quindi le Regioni, «prima di
avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a
comunicare ai soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3, l'area, il
livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali
specifiche idoneita' richieste». Tale comunicazione, ai sensi del
comma 2 del nuovo art. 34-bis del decreto legislativo n. 165/2000,
consentira', laddove le strutture regionali accertino l'assenza nei
propri elenchi di personale in disponibilita', alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di
concerto con il Ministero dell'economia di «assegnare alle
amministrazioni che intendano bandire il concorso il personale
inserito nell'elenco previsto dall'art. 34, comma 2, nonche'
collocato in disponibilita' in forza di specifiche disposizioni
normative».
Vengono stabilite, poi, sanzioni per il mancato rispetto di tali
adempimenti. Siffatta disciplina normativa, consentendo un intervento
diretto dello Stato nell'ambito dell'organizzazione amministrativa
della Regione, incide in modo invasivo sulle competenze regionali in
tema di personale, organizzazione degli uffici nonche' di
organizzazione del mercato del lavoro, attualmente affidate alla
potesta' legislativa esclusiva delle Regioni.
Tale invasivita' della disciplina, concretandosi in una serie di
vizi di legittimita' costituzionale, induce alla proposizione del
presente ricorso per i seguenti

M o t i v i

1. - Violazione degli artt. 114 e 117, in part. quarto comma,
Cost. lesione della sfera di competenza delle Regioni. Violazione del
principio di leale cooperazione.
1.1. - L'art. 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, introdotto dalla disposizione legislativa impugnata, si
inserisce nell'ambito della disciplina di cui al Capo III del
medesimo decreto relativo agli «uffici, piante organiche, mobilita' e
accessi», dopo il gia' esistente art. 34.
In particolare, con riferimento alla gestione del personale in
eccedenza, tale art. 34 gia' prevedeva che fossero istituiti appositi
elenchi contenenti i nominativi del personale in disponibilita'.
Lo stesso articolo, pur approvato in regime del previgente art.
117 Cost. e del conseguente riparto di competenze, coerentemente con
un principio di autonomia organizzativa gia' in precedenza immanente
nel sistema, soprattutto in relazione alla piu' recente evoluzione
dell'impianto legislativo relativo ai rapporti Stato-Regioni,
prevedeva l'istituzione di due distinti elenchi, uno relativo alle
Amministrazioni dello Stato e uno delle Regioni, vestiti
autonomamente dai rispettivi Enti di appartenenza.
In tal modo ciascun soggetto istituzionale procedeva, secondo
meccanismi analoghi, ma nel rispetto della propria autonomia
organizzativa, ad utilizzare il personale in disponibilita', alla
stregua delle verifiche compiute dalle strutture dell'amministrazione
ricevente (Regione/Stato) della compatibilita' di tale personale con
le qualifiche e le complessive caratteristiche professionali
richieste.
In particolare, dalla normativa emergeva un'esigenza (la previa
utilizzazione di personale gia' presente nell'amministrazione) e un
conseguente criterio cui i soggetti titolari delle relative
competenze si sarebbero dovuti attenere, sempre nell'ambito della
propria autonomia normativa e amministrativa.
Con l'introduzione dell'art. 34-bis, il legislatore statale, con
un evidente arretramento rispetto all'evoluzione di sistema
registrata pur sulla base del disegno costituzionale previgente, ha
individuato in modo puntuale i passaggi procedimentali da compiere
per l'utilizzazione del personale e, soprattutto, ha conferito
competenze nella verifica della compatibilita' fra le figure
professionali e le funzioni da svolgere, attribuendo addirittura alla
Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica il
potere di provvedere direttamente «ad assegnare alle amministrazioni
che intendono bandire il concorso, il personale inserito nell'elenco
previsto dall'art. 34, comma 2», escludendo ogni partecipazione della
Regione nella individuazione della figura professionale.
In tal modo il legislatore nazionale interviene su ambiti
materiali appartenenti alla Regione, comprimendo in modo rilevante la
sfera di autonomia legislativa e organizzativa di quest'ultima.
Qualunque sia, infatti, la qualificazione che dell'ambito
materiale si intenda fornire (ci si riferisca, cosi',
all'organizzazione degli uffici e del personale ovvero
all'organizzazione del mercato del lavoro), alla stregua del diverso
riparto di competenze legislative fra Stato e Regione operato dalla
legge costituzionale 3/01, deve escludersi la legittimita' di
qualsiasi intervento legislativo dello Stato nella materia: si
consideri che, al contrario, la disciplina in oggetto elimina ogni
margine di discrezionalita' nella scelta delle modalita' operative in
capo alle Regioni, dettando una regolamentazione autoesecutiva.
1.2. - L'analisi dell'intervento statale consente di notare, in
primo luogo, come l'attribuzione di competenze a strutture statali
della verifica di compatibilita' dei profili professionali richiesti
e (l'attribuzione) del potere di assegnare direttamente il relativo
personale all'amministrazione regionale comporti una inevitabile
ingerenza dello Stato nella organizzazione amministrativa degli
uffici della Regione e delle amministrazioni che da quest'ultima
dipendono.
In questo senso l'intervento del legislatore statale si mostra
illegittimo in quanto lesivo della competenza legislativa esclusiva
della Regione.
Difatti, sembra non contestabile conclusione che la materia sia
tra quelle appartenenti alla competenza residuale della Regione. E
cio' utilizzando sia una interpretazione letterale, sia
logico-sistematica.
Gia' il confronto testuale tra il precedente e l'attuale
art. 117, conduce ad affermare che la volonta' del legislatore
costituzionale e' stata di attribuire soltanto alla Regione la
competenza legislativa in materia.
La diversita' dei contenuti del precedente elenco dell'art. 117
della Carta del 1948 e del nuovo (elenco) di cui al terzo comma dello
stesso art. 117, relativamente alle materie di potesta' concorrente
offre una soluzione di carattere generale: vi e' stata la tendenziale
volonta' del legislatore costituzionale di trasferire alla potesta'
legislativa esclusiva delle Regioni, cio' che in precedenza era
attribuito alla potesta' concorrente.
La piu' precisa considerazione dello schema di ripartizione tra
Stato e Regione conferma, sotto altro profilo, l'intervenuto
ampliamento della competenza legislativa regionale in tale settore
materiale («ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
dipendenti dalla Regione») che e', d'altro canto, essenziale per lo
svolgersi dell'autonomia costituzionale dell'Ente.
E' di notevole significato, cosi', che il secondo comma dell'art.
117 Cost, nell'individuare le materie di spettanza statale, indichi
espressamente l'«ordinamento e organizzazione dello Stato e degli
enti pubblici nazionali», specificando, quindi, che la disciplina
legislativa statale in materia puo' riguardare esclusivamente gli
apparati organizzativi centrali o da questi dipendenti e che,
inoltre, non riscontrandosi una formula analoga per gli uffici
regionali ne' nel secondo, ne' nel terzo comma, se ne deve dedurre
ancora una volta che l'ambito materiale in esame e' oggetto di
potesta' esclusiva regionale.
Sembra dimostrata, in tal maniera, la illegittimita' della legge
statale che interviene, con disposto compiuto ed esaustivo, in un
ambito in cui l'intervento dello Stato e' da ritenersi precluso.
1.3. - Alle medesime conclusioni, invero, si perviene laddove si
volesse privilegiare, nella qualificazione dell'intervento, l'aspetto
del reclutamento del personale e, dunque, inserire la relativa
disciplina nell'ambito materiale relativo al mercato del lavoro e del
personale in generale.
Anche in questo caso non si rinviene sicuramente alcuna attinenza
con le materie contenute nel secondo comma del novellato art. 117
Cost., ne' con l'elenco contenuto nel terzo comma. E, comunque, per
questo secondo aspetto, la normativa statale sarebbe illegittima in
ogni caso essendo non gia' di principio bensi' puntuale e di
dettaglio.
Invero, la considerazione dei profili evolutivi del sistema
propone la progressiva attribuzione di tali settori, relativi al
mercato e, in generale, alle politiche del lavoro, alla competenza
regionale.
Si ricorda sul punto che, gia' in vigenza del precedente disegno
costituzionale, il legislatore e' intervenuto con il decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, a norma dell'art. 1 della legge
15 marzo 1997, n. 59, per conferire alle Regioni le funzioni relative
al collocamento e alle politiche attive del lavoro, ivi compreso
l'organizzazione del mercato. Si e' trattato, secondo conclusioni
concordi della dottrina, di una normativa, attuativa delle deleghe
della c.d. legge Bassanini, anticipatrice di modelli di decentramento
piu' accentuato da conformare, poi, nella piu' idonea sede della
riforma costituzionale.
Trattandosi di una inequivoca tendenza di sistema, non si mostra
infondata una impostazione che tragga indicazioni interpretative
della volonta' del legislatore costituzionale dai contenuti di dette
normative.
Insomma, l'assenza di possibili connessioni dell'ambito di
intervento con le materie espressamente contemplate negli elenchi
della potesta' esclusiva statale e di quella concorrente, in uno con
le indicazioni provenienti dall'evoluzione legislativa, consentono di
eccepire la illegittimita' di qualsiasi intervento dello Stato nel
settore, perche' posto in essere in violazione del quarto comma
dell'art. 117 Cost.
1.4. - Ne', infine, e' possibile ritenere che una limitazione
cosi' evidente della autonomia regionale sia consentita utilizzando
la competenza statale nelle c.d. materie «trasversali» che, nella
specie, non sono ravvisabili. E in ogni caso, pur laddove fosse
ipotizzabile, non potrebbe mai ammettersi in funzione cosi' incidente
da vanificare, come accade nel caso in esame, le politiche regionali
in tema di organizzazione e politiche del lavoro.
2. - Violazione degli artt. 114 e 117, in part. terzo comma,
Cost., lesione della sfera di competenza delle regioni. Violazione
del principio di leale cooperazione.
Conseguito il risultato, non revocabile in dubbio, che il settore
di intervento non puo' avere alcuna attinenza con le materie elencate
nel secondo comma dell'art. 117 Cost., l'illegittimita' della
disposizione di legge censurata si conferma anche laddove si volesse
sostenere che l'intervento statale sia in qualche modo collegato con
talune delle materie individuate dal terzo comma dell'art. 117
relativamente alla potesta' concorrente.
Va ribadito quanto gia' anticipato, e cioe' che la previsione
impugnata non puo' configurarsi come «principio fondamentale della
materia», in quanto i contenuti di tale disposizione si propongono
come norme di dettaglio.
Si consideri, in particolare, la puntuale individuazione dei
procedimenti da seguire e l'attribuzione allo Stato di interventi
diretti con l'esclusione di qualsiasi margine di scelta (o almeno
collaborazione) della Regione.
E' noto che codesta ecc.ma Corte ha chiarito che i principi
fondamentali devono «riguardare in ogni caso il modo di esercizio
della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o
l'esclusione di singoli settori dalla materia o dall'ambito di essa»
(sent. 482/95).
3. - Violazione degli artt. 114 e 118 Cost. ulteriore lesione
della sfera di competenza delle Regioni 114.
L'impugnata disposizione legislativa si pone in contrasto anche
con il nuovo modello di conferimento delle funzioni amministrative
disegnato dall'art. 118 Cost.
La disciplina statale, come risulta anche dalla precedente
descrizione, attribuisce funzioni e competenze amministrative.
Ebbene, alla luce del novellato art. 118 Cost., la competenza
legislativa regionale nel settore di intervento (sia essa esclusiva
che concorrente) esclude che lo Stato possa intervenire ad attribuire
funzioni amministrative ad Enti territoriali ovvero, laddove lo
ritenga, riservare a livello centrale le stesse, in quanto le
funzioni medesime, che secondo il principio di sussidiarieta' devono
tendenzialmente ritenersi attribuite agli enti piu' vicini ai
cittadini, devono, comunque, essere «conferite con legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze».
Nel caso di specie, spetta a ciascuna Regione modulare
l'organizzazione amministrativa e individuare le procedure piu'
idonee in materia, secondo le specifiche esigenze locali.

P. Q. M.
Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in
accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 1, della legge 16 gennaio 2003,
n. 3, che inserisce l'art. 34-bis del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, per violazione degli artt. 114, 117 e 118 della
Costituzione nonche' del principio di leale cooperazione fra Stato e
regione e per lesione della sfera di competenza della regione.
Napoli-Roma, addi' 17 marzo 2003
Prof. Avv. Vincenzo Cocozza - Avv. Vincenzo Baroni

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