Ricorso n. 35 del 4 marzo 2004 (Provincia autonoma di Trento)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 Marzo 2004 - 4 Marzo 2004 , n. 35
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2004 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 18 del 5-5-2004)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 20 febbraio
2004, n. 371 (doc. 1), rappresentata e difesa - come la procura del
23 febbraio 2004, n. rep. 26022 (doc. 2), autenticata dal dott.
Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della Provincia - dal prof.
avv. Giandomenico Falcon e dall' avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio eletto in Roma presso lo studio dall'avv. Manzi, via
Confalonieri, n. 5,
Contro il Presidente del Consiglio del ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
dell'art. 3, comma 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
recante «Disposizioni per la formazione dal bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)» pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2003, Suppl. ordinario
n. 196/L, in quanto dispone la diretta applicazione dei precedenti
commi da 16 a 20;
dell'art. 3, commi 17, 18 e 20,
per violazione:
degli articoli 116, 117, 119 e 120 della Costituzione, nonche'
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
dello Statuto di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ed in
particolare del titolo VI di esso, come modificato dalla legge 30
novembre 1989, n. 386;
delle norme d'attuazione dello Statuto, e in particolare
degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266;
del principio di leale cooperazione,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.
F a t t o
La legge 24 dicembre 2003, n. 350 concernente «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2004)» detta varie disposizioni concernente materie
varie, accomunate dalla sola circostanza del loro rilievo
finanziario.
All'art. 4, comma 249, tale legge contiene una generale clausola
di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le Province
autonome di Trento e di Bolzano, disponendo che «le disposizioni
della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme del rispettivi statuti» (enfasi
aggiunta).
Per la generalita' delle disposizioni della legge n. 350, dunque,
la Provincia di Trento non ha ragione di censurare neppure
disposizioni che essa riterrebbe lesive ed illegittime, qualora
dovessero trovare applicazione: perche' ove effettivamente
incompatibili con il sistema dell'autonomia speciale esse non
troverebbero, per cio' stesso, applicazione.
Diverso discorso tuttavia va fatto per talune disposizioni in
materia strettamente finanziaria, concernenti la capacita' delle
regioni e degli enti locali di ricorrere all'indebitamento. La
materia finanziaria, nel sistema dello statuto, trova disciplina, in
relazione alla provincia stessa, nel titolo VI del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, a. 386, e
nelle relative norme d'attuazione. Per quanto riguarda invece la
finanza locale, la competenza provinciale, quale competenza a
disciplinare con legge i criteri per assicurare un equilibrato
sviluppo dalla finanza locale, ivi compresi i limiti all'assunzione
di personale, le modalita' del ricorso all'indebitamento, nonche' le
procedure per l'attivita' contrattuale, trova fondamento nell'art. 80
dello statuto speciale e nell'art. 17 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).
In entrambi gli ambiti la Provincia ha legiferato: per quanto
riguarda la provincia stessa con la legge provinciale 14 settembre
1979, n. 7, ed in particolare con il suo art. 31; per quanto riguarda
la finanza locale, con la legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36.
In questo contesto sopravviene ora l'art. 3, comma 21, secondo il
quale «ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e
nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli
articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da
16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi
individuati nel comma 16 siti nei loro territori».
Cosi' facendo tale comma dispone la diretta applicazione alla
Provincia di Trento delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
eliminando per esse il generale effetto della clausola di
salvaguardia.
Il comma 16 dispone che «ai sensi dell'art. 119, sesto comma,
della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali,
le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1,
lettera b), del testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
... possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento».
Posta tale premessa, che coincide con quanto disposto per le
regioni ordinarie dall'art. 119 Cost., i commi 17 e 18 sono rivolti a
determinare l'uno le fittispecie che costituiscono indebitamento,
l'altro le fattispecie che costituiscono investimento.
Inoltre il comma 17, che definisce le tipologie di indebitamento,
attribuisce al Ministro dell' economia e delle finanze il potere di
adottare modifiche alle predette tipologie di indebitamento. Con
analoga disposizione contenuta nel comma 20, e' riconosciuto al
Ministro dell'economia e delle finanze il potere di disporre
modificazioni non solo alle tipologie di indebitamento di cui al
comma 17 di cui sopra, ma anche alle tipologie di investimenti
definite nel comma 18.
La attribuzione dei suddetti poteri ministeriali, che consentono
di determinare unilateralmente le tipologie sia di indebitamento sia
di investimento ammesso per le regioni a statuto ordinario, gli enti
locali, aziende ed altri organismi di cui al comma 16, determina una
incidenza diretta sulla autonomia finanziaria degli enti interessati,
in assenza di qualsiasi forma di coordinamento e concertazione.
Gia' si e' detto che il comma 21 dispone l'applicazione diretta
delle disposizioni dei commi da 16 a 20 alle regioni a statuto
speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche'
agli enti e agli organismi di cui al comma 16 siti nei loro
territori.
La disciplina statale verrebbe dunque a sostituirsi alla
discplina legislativa provinciale nella materia, restringendo
l'autonomia finanziaria e la potesta' legislativa provinciale.
Sennonche', tale disciplina statale, ed in particolare (ma non
esclusivamente) il comma 21, sono arbitrarie e costituzionalmente
illegittime per i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale della diretta applicazione dei
commi da 16 a 20 dell'art. 3 alla provincia, disposta dal comma 21.
Come esposto in narrativa, l'art. 3, comma 21, dispone che «ai
fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e nel quadro
del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e
120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da 16 a 20 si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di
Trento e di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi individuati
nel comma 16 siti nei loro territori».
Cosi' facendo tale comma dispone la diretta applicazione alla
Provincia di Trento delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
facendo venire meno in relazione ad esse l'operativita' della
clausola di salvaguardia posta dall'art. 4, comma 249 («le
disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a
statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti»).
L'illegittimita' della disposizione del comma 21 e'
immediatamente evidente.
Va notato in primo luogo che la clausola di salvaguardia ora
ricordata non e' una speciale concessione del legislatore statale, ma
semplicemente il riconoscimento della speciale posizione
costituzionale delle regioni speciali e delle province autonome. Essa
non puo' essere fatta venire meno in relazione ad alcuna delle
disposizioni di legge, perche' per tutte e' evidente che esse si
applicano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Gia' questa sola constatazione basterebbe a dimostrare
l'illegittimita' costituzionale del comma 21: ma alla stessa
conclusione si giunge alla piu' ravvicinata considerazione di esso.
Esso stesso infatti richiama, a fondamento della applicazione dei
commi da 16 a 20, gli articoli 119 e 120 della costituzione, cioe'
due disposizioni che, nei loro contenuti specifici, non si applicano
alle regioni speciali ed alla ricorrente provincia.
E' ben noto, infatti, che l'art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001 ha disposto che le nuove disposizioni che formano oggi
il Titolo V della parte seconda della Costituzione si applichino alle
autonomie speciali solo in quanto siano per esse piu' favorevoli di
quanto disponga il rispettivo sistema statutario.
E' di immediata evidenza che questo non e' il caso, quanto
all'art. 119, ne' del comma sesto, di cui fondamentalmente si tratta
- cioe' del comma che dispone il divieto di indebitamento per le
spese diverse da quelle relative agli investimenti - ne' di altre
disposizioni che comunque implichino poteri statali di supremazia
(che proprio in quanto tali non possono essere ammessi se non in
quanto coincidano con il sistema statutario); e quanto all'art. 120,
e' pure di immediata evidenza che l'estensione alle autonomie
speciali dei poteri di sostituzione da parte dello Stato non puo' per
definizione essere «piu' favorevole» (mentre deve essere rimessa ai
futuri adeguamenti statutari ogni modificazione dell'autonomia
regionale o provinciale che operasse in pejus rispetto a quanto
attualmente previsto dagli statuti speciali).
E' dunque inevitabile concludere che la disposizione di cui al
comma 21, nei termini in cui e' formulata, e' completamente
illegittimita', e che anche i commi da 16 a 20 non possono applicarsi
alla provincia autonoma che compatibilmente con le norme statutarie.
Ne' e' qui il luogo di esaminare tali norme statutarie, per
valutare preventivamente ed in astratto se ed in quale misura esse
consentano l'operare dei vincoli derivanti alle regioni ordinarie dai
commi da 16 a 20, e secondo quali modalita'.
Infatti, l'oggetto del presente giudizio non e' la dimostrazione
della condizione di maggiore autonomia in cui si trovi la ricorrente
provincia (comunque richiamata subito sotto, in relazione ai disposti
statutari), ma la dimostrazione della inidoneita' dei fondamenti di
applicazione invocati dal comma 21 a giustificazione della propria
pretesa applicazione. Solo per completezza di trattazione, pertanto,
si notera' che la pretesa di diretta applicazione - alla provincia ed
agli enti che formano nel loro insieme le amministrazioni locali
provinciali - delle regole legislative stabilite dai commi da 16 a
20, a prescindere dal loro eventuale recepimento nella legislazione
provinciale, viola platealmente l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266, che prevede il ben noto meccanismo in virtu' del quale la
sopravveniente legislazione statale nelle materie provinciali
determina non la diretta applicazione delle norme statali, ma il
dovere di adeguamento (nei limiti in cui statutariamente vi sia)
della legislazione provinciale. Inoltre ai sensi dell'art. 4 dello
stesso d.lgs. n. 266/1992, i medesimi atti legislativi dello Stato
nelle materie di competenza non possono attribuire agli organi
statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo
Stato, secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione.
Ugualmente per mera completezza di trattazione si ricorda che per
la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di
Bolzano il potere sostitutivo dello Stato e' attualmente previsto in
due ipotesi, e precisamente da un lato in caso di persistente
inattivita' degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni
delegate (art. 5, comma 1, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526),
dall'altro nel caso di accertata inattivita' degli organi provinciali
che comporti inadempimento agli obblighi comunitari (art. 8 del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526).
Nessuna norma statutaria prevede o consente che la legge statale
stabilisca per quale ambito la provincia possa ricorrere
all'indebitamento, o stabilisca che cosa costituisca indebitamento o
investimento.
Da tutte le ragioni esposte deriva l'illegittimita'
costituzionale del comma 21, in quanto stabilisce che le disposizioni
dei commi da 16 a 20 si applicano alla ricorrente provincia.
2. - Illegittimita' costituzionale dei commi 17, 18 e 20 sotto
profili specifici.
La legge n. 350 del 2003, ribadita al comma 16 la regola, posta
per le regioni ordinarie dall'art. 119, sesto comma, secondo la quale
le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare
spese di investimento, stabilisce al comma 17 quali operazioni
costituiscano indebitamento e rientrino cosi' nel divieto.
Precisamente, esso dispone (primo periodo) che «per gli enti di cui
al comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119,
sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione
di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di
entrata non collegati a un'attivita' patrimoniale preesistente e le
cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all'85 per
cento del prezzo di mercato dell'attivita' oggetto di
cartolarizzazione valutato da un'unita' indipendente e
specializzata». Aggiunge poi (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione
accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche», mentre non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
L'ultimo periodo del comma 17 statuisce che «modifiche alle
predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
A sua volta, il comma 18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
Precisamente, secondo tale disposizione costituiscono
investimenti:
a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari di lavori pubblici o di proprietario gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui
concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche
anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio».
Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze, sentito l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera', e' meramente ripetitivo dell'ultimo periodo dello stesso
comma, il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea.
Tali disposizioni restringono le possibilita' di azione delle
regioni (e, secondo il comma 21, anche della ricorrente provincia)
rispetto alla regola costituzionale, e presentano diversi elementi e
profili di illegittimita'.
Nel contenuto, va premesso che la regola costituzionale del
divieto di indebitamento se non per investimenti e' per le regioni
ordinarie direttamente operativa, e non demanda alcun compito
attuativo alla legge statale. Anche se si ammettesse che questa possa
dettare disposizioni specificative ed attuative, e' pero' evidente
che tali disposizioni dovrebbero attenersi al concetto economico di
investimenti, e non potrebbero arbitrariamente restringerlo,
estendendo il divieto costituzionale ad ambiti che esso non era
destinato a coprire.
In particolare, e' da sottolineare che il comma 18, lett. g) e
h), considera «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati a favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
In questo modo la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato concetto di investimento, escludendo dal suo ambito
alcuni trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di privati anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che la tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura
economica della spesa e che i trasferimenti in conto capitale ai
privati non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento (e, dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma 18, dunque, incide sull'autonomia finanziaria regionale
restringendo irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art. 119 Cost. nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
L'irragionevolezza della norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche all'interno della stessa legge n. 350 del 2003, se si pone
mente al fatto che l'art. 4, intitolato Finanziamento agli
investimenti, contempla sin dal primo comma contributi a privati (e
poi ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di vista dell'ente finanziatore, un investimento - in ogni caso
l'art. 119, sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare spese di investimento». Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione da tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
Inoltre, la definizione contenuta nel comma 18, lett. g) e b),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta nel regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9), relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nella comunita'. Tale regolamento, fra l'altro, comprende,
nell'ambito dei trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli
investimenti» (D.92) e fra questi sono espressamente menzionati
quelli alle imprese private o a soggetti privati diversi dalle
imprese. Dunque, le norme impugnate violano anche l'art. 117, primo
comma, Cost., ed anche tale illegittimita' si traduce in lesione
dell'autonomia finanziaria regionale e provinciale.
Infine, le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita' di indebitamento delle regioni da quelle dello Stato,
per il quale continua a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia
finanziaria regionale.
Illegittime risultano anche le norme che prevedono che gli
elenchi di cui agli artt. 17 e 18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
In primo luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo periodo del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle finanze a modificare le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT, «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20 prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di quelle di investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti in sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il comma 17 potrebbe essere inteso nel senso che il Ministro e'
autorizzato a apportare quelle modifiche rese necessarie da nuovi
criteri elaborati a livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
Entrambe le norme, comunque, risultano illegittime rispetto alle
stesse regioni a statuto ordinario. La materia in questione e' Il
«coordinamento della finanza pubblica», che rientra nella competenza
concorrente di Stato e regioni. In tali materie, l'attuazione delle
fonti comunitarie non self-executing e' regolata, tuttora,
dall'art. 9 legge n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge n. 131 del
2003 non si e' occupata della materia, mentre una apposita legge
modificativa della legge n. 86 del 1989 e' in corso di discussione).
In attesa della legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia lo Stato ad attuare la direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga, perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4, legge n. 86 del 1989). Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro (sostanzialmente regolamentare) per il recepimento dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della sfera costituzionale di competenza regionale, dato che la
competenza dell'organo collegiale, prevista dalla legge n. 86 del
1989, deve ritenersi costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
Quanto al comma 20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso e' ancor piu' chiaramente illegittimo in quanto prevede un
potere sostanzialmente regolamentare in materia di competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, comma 47 Cost.
Della natura sostanzialmente regolamentare del decreto
ministeriale previsto dalle norme di cui sopra non sembra potersi
dubitare. Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una funzione amministrativa attribuita al Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che, comunque, mancherebbe qualsiasi meccanismo di coinvolgimento
delle regioni, in contrasto con il principio di leale collaborazione
e secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
Per la provincia autonoma, si tratterebbe anche della
attribuzione di funzioni amministrative statali (sia in relazione
alla provincia stessa che in relazione agli enti locali) direttamente
vietate dall'art. 4 del gia' ricordato d.P.R. n. 266 del 1992.
Infine, nella parte in cui si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro un «nudo» potere discrezionale, senza formulare criteri
idonei a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di legalita' sostanziale; ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e' affidato un potere del tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente sull'autonomia regionale e provinciale, la violazione
del principio di legalita' sostanziale (che si aggiunge a quella
dell'art. 117, comma 6 e del principio di leale collaborazione) si
traduce in lesione dell'autonomia stessa.
P. Q. M.
La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e
difesa chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere
il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 21, nonche', per quanto esposto, dei commi 17, 18 e 20 della
legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante ýDisposizioni per la
formazione del bilancio annuale e plurlennale dello Stato (legge
finanziaria 2004)ý,. nelle parti e per i profili indicati nel
presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 23 febbraio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2004 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 18 del 5-5-2004)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 20 febbraio
2004, n. 371 (doc. 1), rappresentata e difesa - come la procura del
23 febbraio 2004, n. rep. 26022 (doc. 2), autenticata dal dott.
Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della Provincia - dal prof.
avv. Giandomenico Falcon e dall' avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio eletto in Roma presso lo studio dall'avv. Manzi, via
Confalonieri, n. 5,
Contro il Presidente del Consiglio del ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
dell'art. 3, comma 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
recante «Disposizioni per la formazione dal bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)» pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2003, Suppl. ordinario
n. 196/L, in quanto dispone la diretta applicazione dei precedenti
commi da 16 a 20;
dell'art. 3, commi 17, 18 e 20,
per violazione:
degli articoli 116, 117, 119 e 120 della Costituzione, nonche'
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
dello Statuto di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ed in
particolare del titolo VI di esso, come modificato dalla legge 30
novembre 1989, n. 386;
delle norme d'attuazione dello Statuto, e in particolare
degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266;
del principio di leale cooperazione,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.
F a t t o
La legge 24 dicembre 2003, n. 350 concernente «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2004)» detta varie disposizioni concernente materie
varie, accomunate dalla sola circostanza del loro rilievo
finanziario.
All'art. 4, comma 249, tale legge contiene una generale clausola
di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le Province
autonome di Trento e di Bolzano, disponendo che «le disposizioni
della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme del rispettivi statuti» (enfasi
aggiunta).
Per la generalita' delle disposizioni della legge n. 350, dunque,
la Provincia di Trento non ha ragione di censurare neppure
disposizioni che essa riterrebbe lesive ed illegittime, qualora
dovessero trovare applicazione: perche' ove effettivamente
incompatibili con il sistema dell'autonomia speciale esse non
troverebbero, per cio' stesso, applicazione.
Diverso discorso tuttavia va fatto per talune disposizioni in
materia strettamente finanziaria, concernenti la capacita' delle
regioni e degli enti locali di ricorrere all'indebitamento. La
materia finanziaria, nel sistema dello statuto, trova disciplina, in
relazione alla provincia stessa, nel titolo VI del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, a. 386, e
nelle relative norme d'attuazione. Per quanto riguarda invece la
finanza locale, la competenza provinciale, quale competenza a
disciplinare con legge i criteri per assicurare un equilibrato
sviluppo dalla finanza locale, ivi compresi i limiti all'assunzione
di personale, le modalita' del ricorso all'indebitamento, nonche' le
procedure per l'attivita' contrattuale, trova fondamento nell'art. 80
dello statuto speciale e nell'art. 17 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).
In entrambi gli ambiti la Provincia ha legiferato: per quanto
riguarda la provincia stessa con la legge provinciale 14 settembre
1979, n. 7, ed in particolare con il suo art. 31; per quanto riguarda
la finanza locale, con la legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36.
In questo contesto sopravviene ora l'art. 3, comma 21, secondo il
quale «ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e
nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli
articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da
16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi
individuati nel comma 16 siti nei loro territori».
Cosi' facendo tale comma dispone la diretta applicazione alla
Provincia di Trento delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
eliminando per esse il generale effetto della clausola di
salvaguardia.
Il comma 16 dispone che «ai sensi dell'art. 119, sesto comma,
della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali,
le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1,
lettera b), del testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
... possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento».
Posta tale premessa, che coincide con quanto disposto per le
regioni ordinarie dall'art. 119 Cost., i commi 17 e 18 sono rivolti a
determinare l'uno le fittispecie che costituiscono indebitamento,
l'altro le fattispecie che costituiscono investimento.
Inoltre il comma 17, che definisce le tipologie di indebitamento,
attribuisce al Ministro dell' economia e delle finanze il potere di
adottare modifiche alle predette tipologie di indebitamento. Con
analoga disposizione contenuta nel comma 20, e' riconosciuto al
Ministro dell'economia e delle finanze il potere di disporre
modificazioni non solo alle tipologie di indebitamento di cui al
comma 17 di cui sopra, ma anche alle tipologie di investimenti
definite nel comma 18.
La attribuzione dei suddetti poteri ministeriali, che consentono
di determinare unilateralmente le tipologie sia di indebitamento sia
di investimento ammesso per le regioni a statuto ordinario, gli enti
locali, aziende ed altri organismi di cui al comma 16, determina una
incidenza diretta sulla autonomia finanziaria degli enti interessati,
in assenza di qualsiasi forma di coordinamento e concertazione.
Gia' si e' detto che il comma 21 dispone l'applicazione diretta
delle disposizioni dei commi da 16 a 20 alle regioni a statuto
speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche'
agli enti e agli organismi di cui al comma 16 siti nei loro
territori.
La disciplina statale verrebbe dunque a sostituirsi alla
discplina legislativa provinciale nella materia, restringendo
l'autonomia finanziaria e la potesta' legislativa provinciale.
Sennonche', tale disciplina statale, ed in particolare (ma non
esclusivamente) il comma 21, sono arbitrarie e costituzionalmente
illegittime per i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale della diretta applicazione dei
commi da 16 a 20 dell'art. 3 alla provincia, disposta dal comma 21.
Come esposto in narrativa, l'art. 3, comma 21, dispone che «ai
fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e nel quadro
del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e
120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da 16 a 20 si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di
Trento e di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi individuati
nel comma 16 siti nei loro territori».
Cosi' facendo tale comma dispone la diretta applicazione alla
Provincia di Trento delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
facendo venire meno in relazione ad esse l'operativita' della
clausola di salvaguardia posta dall'art. 4, comma 249 («le
disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a
statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti»).
L'illegittimita' della disposizione del comma 21 e'
immediatamente evidente.
Va notato in primo luogo che la clausola di salvaguardia ora
ricordata non e' una speciale concessione del legislatore statale, ma
semplicemente il riconoscimento della speciale posizione
costituzionale delle regioni speciali e delle province autonome. Essa
non puo' essere fatta venire meno in relazione ad alcuna delle
disposizioni di legge, perche' per tutte e' evidente che esse si
applicano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
Gia' questa sola constatazione basterebbe a dimostrare
l'illegittimita' costituzionale del comma 21: ma alla stessa
conclusione si giunge alla piu' ravvicinata considerazione di esso.
Esso stesso infatti richiama, a fondamento della applicazione dei
commi da 16 a 20, gli articoli 119 e 120 della costituzione, cioe'
due disposizioni che, nei loro contenuti specifici, non si applicano
alle regioni speciali ed alla ricorrente provincia.
E' ben noto, infatti, che l'art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001 ha disposto che le nuove disposizioni che formano oggi
il Titolo V della parte seconda della Costituzione si applichino alle
autonomie speciali solo in quanto siano per esse piu' favorevoli di
quanto disponga il rispettivo sistema statutario.
E' di immediata evidenza che questo non e' il caso, quanto
all'art. 119, ne' del comma sesto, di cui fondamentalmente si tratta
- cioe' del comma che dispone il divieto di indebitamento per le
spese diverse da quelle relative agli investimenti - ne' di altre
disposizioni che comunque implichino poteri statali di supremazia
(che proprio in quanto tali non possono essere ammessi se non in
quanto coincidano con il sistema statutario); e quanto all'art. 120,
e' pure di immediata evidenza che l'estensione alle autonomie
speciali dei poteri di sostituzione da parte dello Stato non puo' per
definizione essere «piu' favorevole» (mentre deve essere rimessa ai
futuri adeguamenti statutari ogni modificazione dell'autonomia
regionale o provinciale che operasse in pejus rispetto a quanto
attualmente previsto dagli statuti speciali).
E' dunque inevitabile concludere che la disposizione di cui al
comma 21, nei termini in cui e' formulata, e' completamente
illegittimita', e che anche i commi da 16 a 20 non possono applicarsi
alla provincia autonoma che compatibilmente con le norme statutarie.
Ne' e' qui il luogo di esaminare tali norme statutarie, per
valutare preventivamente ed in astratto se ed in quale misura esse
consentano l'operare dei vincoli derivanti alle regioni ordinarie dai
commi da 16 a 20, e secondo quali modalita'.
Infatti, l'oggetto del presente giudizio non e' la dimostrazione
della condizione di maggiore autonomia in cui si trovi la ricorrente
provincia (comunque richiamata subito sotto, in relazione ai disposti
statutari), ma la dimostrazione della inidoneita' dei fondamenti di
applicazione invocati dal comma 21 a giustificazione della propria
pretesa applicazione. Solo per completezza di trattazione, pertanto,
si notera' che la pretesa di diretta applicazione - alla provincia ed
agli enti che formano nel loro insieme le amministrazioni locali
provinciali - delle regole legislative stabilite dai commi da 16 a
20, a prescindere dal loro eventuale recepimento nella legislazione
provinciale, viola platealmente l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266, che prevede il ben noto meccanismo in virtu' del quale la
sopravveniente legislazione statale nelle materie provinciali
determina non la diretta applicazione delle norme statali, ma il
dovere di adeguamento (nei limiti in cui statutariamente vi sia)
della legislazione provinciale. Inoltre ai sensi dell'art. 4 dello
stesso d.lgs. n. 266/1992, i medesimi atti legislativi dello Stato
nelle materie di competenza non possono attribuire agli organi
statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo
Stato, secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione.
Ugualmente per mera completezza di trattazione si ricorda che per
la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di
Bolzano il potere sostitutivo dello Stato e' attualmente previsto in
due ipotesi, e precisamente da un lato in caso di persistente
inattivita' degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni
delegate (art. 5, comma 1, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526),
dall'altro nel caso di accertata inattivita' degli organi provinciali
che comporti inadempimento agli obblighi comunitari (art. 8 del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526).
Nessuna norma statutaria prevede o consente che la legge statale
stabilisca per quale ambito la provincia possa ricorrere
all'indebitamento, o stabilisca che cosa costituisca indebitamento o
investimento.
Da tutte le ragioni esposte deriva l'illegittimita'
costituzionale del comma 21, in quanto stabilisce che le disposizioni
dei commi da 16 a 20 si applicano alla ricorrente provincia.
2. - Illegittimita' costituzionale dei commi 17, 18 e 20 sotto
profili specifici.
La legge n. 350 del 2003, ribadita al comma 16 la regola, posta
per le regioni ordinarie dall'art. 119, sesto comma, secondo la quale
le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare
spese di investimento, stabilisce al comma 17 quali operazioni
costituiscano indebitamento e rientrino cosi' nel divieto.
Precisamente, esso dispone (primo periodo) che «per gli enti di cui
al comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119,
sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione
di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di
entrata non collegati a un'attivita' patrimoniale preesistente e le
cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all'85 per
cento del prezzo di mercato dell'attivita' oggetto di
cartolarizzazione valutato da un'unita' indipendente e
specializzata». Aggiunge poi (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione
accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche», mentre non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
L'ultimo periodo del comma 17 statuisce che «modifiche alle
predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
A sua volta, il comma 18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
Precisamente, secondo tale disposizione costituiscono
investimenti:
a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature
tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti
concessionari di lavori pubblici o di proprietario gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui
concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche
anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente
interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio».
Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze, sentito l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera', e' meramente ripetitivo dell'ultimo periodo dello stesso
comma, il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea.
Tali disposizioni restringono le possibilita' di azione delle
regioni (e, secondo il comma 21, anche della ricorrente provincia)
rispetto alla regola costituzionale, e presentano diversi elementi e
profili di illegittimita'.
Nel contenuto, va premesso che la regola costituzionale del
divieto di indebitamento se non per investimenti e' per le regioni
ordinarie direttamente operativa, e non demanda alcun compito
attuativo alla legge statale. Anche se si ammettesse che questa possa
dettare disposizioni specificative ed attuative, e' pero' evidente
che tali disposizioni dovrebbero attenersi al concetto economico di
investimenti, e non potrebbero arbitrariamente restringerlo,
estendendo il divieto costituzionale ad ambiti che esso non era
destinato a coprire.
In particolare, e' da sottolineare che il comma 18, lett. g) e
h), considera «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati a favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
In questo modo la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato concetto di investimento, escludendo dal suo ambito
alcuni trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di privati anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che la tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura
economica della spesa e che i trasferimenti in conto capitale ai
privati non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento (e, dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma 18, dunque, incide sull'autonomia finanziaria regionale
restringendo irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art. 119 Cost. nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
L'irragionevolezza della norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche all'interno della stessa legge n. 350 del 2003, se si pone
mente al fatto che l'art. 4, intitolato Finanziamento agli
investimenti, contempla sin dal primo comma contributi a privati (e
poi ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di vista dell'ente finanziatore, un investimento - in ogni caso
l'art. 119, sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare spese di investimento». Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione da tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
Inoltre, la definizione contenuta nel comma 18, lett. g) e b),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta nel regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9), relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nella comunita'. Tale regolamento, fra l'altro, comprende,
nell'ambito dei trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli
investimenti» (D.92) e fra questi sono espressamente menzionati
quelli alle imprese private o a soggetti privati diversi dalle
imprese. Dunque, le norme impugnate violano anche l'art. 117, primo
comma, Cost., ed anche tale illegittimita' si traduce in lesione
dell'autonomia finanziaria regionale e provinciale.
Infine, le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita' di indebitamento delle regioni da quelle dello Stato,
per il quale continua a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa illegittimita' si traduce in lesione dell'autonomia
finanziaria regionale.
Illegittime risultano anche le norme che prevedono che gli
elenchi di cui agli artt. 17 e 18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
In primo luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo periodo del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle finanze a modificare le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT, «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20 prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di quelle di investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti in sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il comma 17 potrebbe essere inteso nel senso che il Ministro e'
autorizzato a apportare quelle modifiche rese necessarie da nuovi
criteri elaborati a livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
Entrambe le norme, comunque, risultano illegittime rispetto alle
stesse regioni a statuto ordinario. La materia in questione e' Il
«coordinamento della finanza pubblica», che rientra nella competenza
concorrente di Stato e regioni. In tali materie, l'attuazione delle
fonti comunitarie non self-executing e' regolata, tuttora,
dall'art. 9 legge n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge n. 131 del
2003 non si e' occupata della materia, mentre una apposita legge
modificativa della legge n. 86 del 1989 e' in corso di discussione).
In attesa della legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia lo Stato ad attuare la direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga, perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4, legge n. 86 del 1989). Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro (sostanzialmente regolamentare) per il recepimento dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della sfera costituzionale di competenza regionale, dato che la
competenza dell'organo collegiale, prevista dalla legge n. 86 del
1989, deve ritenersi costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
Quanto al comma 20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso e' ancor piu' chiaramente illegittimo in quanto prevede un
potere sostanzialmente regolamentare in materia di competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, comma 47 Cost.
Della natura sostanzialmente regolamentare del decreto
ministeriale previsto dalle norme di cui sopra non sembra potersi
dubitare. Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una funzione amministrativa attribuita al Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che, comunque, mancherebbe qualsiasi meccanismo di coinvolgimento
delle regioni, in contrasto con il principio di leale collaborazione
e secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
Per la provincia autonoma, si tratterebbe anche della
attribuzione di funzioni amministrative statali (sia in relazione
alla provincia stessa che in relazione agli enti locali) direttamente
vietate dall'art. 4 del gia' ricordato d.P.R. n. 266 del 1992.
Infine, nella parte in cui si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro un «nudo» potere discrezionale, senza formulare criteri
idonei a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di legalita' sostanziale; ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e' affidato un potere del tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente sull'autonomia regionale e provinciale, la violazione
del principio di legalita' sostanziale (che si aggiunge a quella
dell'art. 117, comma 6 e del principio di leale collaborazione) si
traduce in lesione dell'autonomia stessa.
P. Q. M.
La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e
difesa chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere
il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 21, nonche', per quanto esposto, dei commi 17, 18 e 20 della
legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante ýDisposizioni per la
formazione del bilancio annuale e plurlennale dello Stato (legge
finanziaria 2004)ý,. nelle parti e per i profili indicati nel
presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 23 febbraio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi