RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2010 , n. 35
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 marzo 2010 (della Regione Campania). 
 

(GU n. 14 del 7-4-2010) 
 
 
    Ricorso della Regione Campania, in persona del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore, on. Antonio Bassolino, rappresentato  e
difeso, in virtu' della delibera di Giunta n.  178  del  25  febbraio
2010 e giusta mandato a margine del presente  atto,  dall'avv.  Prof.
Vincenzo Cocozza unitamente  all'avv.  Maria  d'Elia  dell'Avvocatura
Regionale, insieme con  i  quali  elettivamente  domicilia  in  Roma,
presso l'Ufficio di Rappresentanza della Regione  Campania  alla  Via
Poli n. 29, contro: il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  pro
tempore;  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale,
dell'art.  2  della  legge  n.  191  del  23  dicembre  2009  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge  finanziaria  2010)»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 30 dicembre  2009  -  supplemento  ordinario  n.
243/2009, in relazione a: 
        comma 91, lettera a); 
        comma 91, lettera b) e comma 76, lettera a) punto 1 e lettera
b), 
    limitatamente  alla  parte  in  cui  prevedono  il   divieto   di
effettuare spese non obbligatorie fino al  31  dicembre  del  secondo
anno successivo a quello in corso e  sanzionano  con  la  nullita'  i
contratti  stipulati  in  violazione  del   divieto   medesimo,   per
violazione degli artt. 3 - 114 - 117 - 118 - 119 della Costituzione e
del principio di leale cooperazione nonche' per irragionevolezza. 
 
                              F a t t o 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  302  del  30  dicembre   2009   -
supplemento ordinario n. 243/2009, e' stata pubblicata  la  legge  n.
191 del 23 dicembre 2009 recante «Disposizioni per la formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010)»,
che  appare  in  alcune  disposizioni  inficiata  da   illegittimita'
costituzionale per contrasto con l'assetto delle  competenze  fissato
dal Titolo V Parte Seconda della Costituzione. 
    Risulta da tali disposizioni violata l'autonomia finanziaria,  di
bilancio e di spesa delle  Regioni  nonche',  piu'  in  generale,  il
criterio di riparto della potesta'  legislativa  e  il  principio  di
leale  cooperazione.  Per   altro   aspetto,   inoltre,   le   stesse
disposizioni si mostrano irragionevoli e sproporzionate. 
    Si impone percio' la reintegrazione dell'ordine giuridico violato
attraverso la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  delle
norme impugnate relative alla legge n. 191/2009 di seguito precisate,
per i motivi in relazione a ciascuna di esse specificamente dedotti: 
 
                             M o t i v i 
 
Comma 91, lettera a). 
Violazione artt. 3, 114, 117, 118 e 119 Cost. Lesione della sfera  di
competenza  delle  regioni.  Violazione  del   principio   di   leale
cooperazione. Violazione del criterio di ragionevolezza. 
    1.  -  La  disposizione  impugnata  si  inserisce  in  un  ambito
normativo complesso, volto a realizzare il riequilibrio  della  spesa
sanitaria regionale, attraverso un percorso  di  razionalizzazione  e
riorganizzazione condiviso dallo Stato e dalle Regioni. 
    In particolare, si ricorda quanto segue. 
    Il comma 164, art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 prevede
un finanziamento integrativo a carico dello Stato per  le  spese  del
Servizio sanitario  nazionale  da  ripartirsi  «tra  le  regioni  con
decreto del Ministro  della  salute,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle   finanze,   d'intesa   con   la   Conferenza
Stato-Regioni». 
    Il comma 173, art. 1 della medesima legge condiziona l'accesso  a
tale «fondo integrativo» alla stipula di una intesa che contempli, ai
fini del rispetto degli obiettivi di  finanza  pubblica,  determinati
adempimenti. 
    I commi 174, 175 e 176 prevedono e disciplinano l'accertamento al
quarto trimestre dell'eventuale disavanzo di gestione e l'adozione da
parte del Presidente della Regione  dei  necessari  provvedimenti  di
ripianamento, ivi  compresi  gli  aumenti  dell'addizionale  IRPEF  e
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive. 
    Il comma  176  dell'art.  1  dispone,  che  in  caso  di  mancato
adempimento  da  parte  delle  Regioni  degli  obblighi  di  cui   al
richiamato comma 173 del medesimo articolo, e' precluso l'accesso  al
maggior finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007 (esteso
ai periodi 2004 e  precedenti  dal  d.l.  35/2005),  con  conseguente
immediato recupero delle somme eventualmente erogate. 
    Il comma 180, art. 1 prevede che, nel caso da  ultimo  segnalato,
per  la  riattribuzione  alla  Regione   interessata   del   maggiore
finanziamento, i  Ministri  della  salute  e  dell'economia  e  delle
finanze e la singola Regione stipulano apposito accordo che individua
gli  interventi  necessari  per  il   perseguimento   dell'equilibrio
economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e  degli
adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. 
    2. - In data 23 marzo 2005 e' stata stipulata l'intesa di cui  al
comma 173 art. 1, legge n.  311/2004,  che  ha  posto  in  capo  alle
Regioni una serie di obblighi: l'impegno ad adottare provvedimenti in
ordine alla razionalizzazione della rete  ospedaliera;  l'obbligo  di
garantire, coerentemente con gli obiettivi  sull'indebitamento  netto
delle amministrazioni pubbliche,  l'equilibrio  economico-finanziario
del servizio sanitario regionale nel suo complesso, sia  in  sede  di
preventivo  annuale,  che  di  conto  consuntivo;  la  stipula  -  in
relazione a quanto disposto dal comma 180 della medesima legge -  con
i Ministri dell'economia e della salute di un  apposito  accordo  che
individui   gli   interventi   necessari   per    il    perseguimento
dell'equilibrio economico, nel rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza. 
    Per cio' che concerne la Regione Campania, in data 13 marzo  2007
e' stato sottoscritto il previsto accordo,  con  il  quale  e'  stato
elaborato    un    programma    operativo    di     riorganizzazione,
riqualificazione e potenziamento del  Servizio  Sanitario  regionale,
quindi il Piano di rientro dal disavanzo e le relative misure. 
    In definitiva,  tutta  la  disciplina  statale,  nella  quale  si
inseriscono le misure volte alla razionalizzazione e al  riequilibrio
della spesa sanitaria, in  considerazione  della  peculiarita'  della
materia, e' stata improntata alla collaborazione fra lo  Stato  e  le
Regioni, attraverso la condivisione dei  percorsi  di  risanamento  e
l'utilizzo di  strumenti  consensuali  per  la  individuazione  delle
misure necessarie al perseguimento degli obiettivi di cui sopra. 
    Con la finanziaria del 2010, invece, lo Stato muta  completamente
direzione. 
    3. - Il comma 91, lettera a), art. 2, legge n. 191/2009,  proprio
con riferimento alle Regioni che hanno sottoscritto l'Accordo di  cui
sopra, prevede che  «e'  consentito  provvedere  alla  copertura  del
disavanzo  sanitario  mediante  risorse  di  bilancio   regionale   a
condizione che le relative misure di  copertura,  idonee  e  congrue,
risultino essere state adottate entro il 31 dicembre 2009». 
    Nel caso di specie non vengono individuati  obiettivi  finanziari
di risanamento, ma vi e'  una  mera  preclusione  che  condiziona  le
scelte di bilancio da parte dall'Ente regionale. 
    E' noto che l'autonomia di  spesa  e  di  bilancio  costituiscono
tratti essenziali e caratterizzanti l'autonomia finanziaria. E questo
si  traduce  anche  nell'autonomia  legislativa  per  la   disciplina
contabile   che   attiene,    appunto,    all'organizzazione    della
strumentazione di spesa e di bilancio. 
    L'intervento statale non puo' superare i confini della  normativa
contenente i principi fondamentali, secondo le  previsioni  dell'art.
117 e 119 Cost. 
    Ebbene, nel caso di specie, non sembra dubitabile  che  la  norma
impugnata si ponga come disposizione di dettaglio, da cui non si trae
alcuna norma di  principio  che  giustifichi  il  limite  posto  alla
autonomia di bilancio delle Regioni. 
    Per di piu', essa determina un effetto automatico  immediato  (la
legge  statale  risulta  pubblicata  il  30  dicembre  2009,   e   la
preclusione e' al 31 dicembre 2009). 
    Al riguardo codesta ecc.ma Corte ha sempre chiarito che la  legge
statale non e' legittimata,  nell'ambito  della  competenza  relativa
alla armonizzazione dei bilanci, a vincolare le Regioni nell'adozione
di misure analitiche e  di  dettaglio,  in  quanto  essa  verrebbe  a
comprimere   illegittimamente   la   loro   autonomia    finanziaria,
esorbitando dal compito di formulare  i  soli  principi  fondamentali
della materia (Corte cost. 24 luglio 2009, n. 237). 
    Proprio con riferimento alle esigenze di contenimento della spesa
sanitaria, peraltro, gli interventi  legislativi  nazionali,  intanto
hanno superato  il  sindacato  di  costituzionalita',  in  quanto  le
disposizioni denunciate ponevano «un obiettivo di riequilibrio  della
finanza pubblica, inteso nel senso  di  un  transitorio  contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente,  senza
prevedere  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento di detto obiettivo» (Corte cost.,  2  aprile  2009,  n.
94). 
    Ne'  il  carattere  «finalistico»  dell'azione  di  coordinamento
riesce, nel  caso  di  specie,  a  giustificare  la  incidenza  della
disposizione  statale  sulle   scelte   finanziarie   di   competenza
regionale. 
    Infatti, nella consapevolezza che l'ecc.ma Corte ha  definito  il
coordinamento della finanza pubblica  «una  funzione»  piu'  che  una
materia, il dato ricostruttivo importante, che e' stato precisato, e'
che «cio' non esclude, ed in tal senso  va  letto  il  richiamo  alla
competenza concorrente di cui alla citata norma  costituzionale,  che
il coordinamento incidente sulla spesa  regionale  deve  limitarsi  a
porre i principi ai quali la Regione deve ispirare  la  sua  condotta
finanziaria, lasciando, poi, alla Regione la statuizione delle regole
di dettaglio, della condotta medesima» (Corte cost. 23 dicembre 2004,
n. 414). 
    Non si coglie,  nel  caso  in  esame  e  fermi  naturalmente  gli
obblighi di rientro dal disavanzo a carico della Regione,  l'esigenza
«unitaria» del vincolo posto alle modalita' con  le  quali  lo  Stato
impone di procedere alla copertura del disavanzo medesimo. 
    Peraltro, la scelta statale si pone in contrasto con il principio
di leale cooperazione che, invece, aveva sino ad  ora  caratterizzato
la normativa finanziaria finalizzata  al  risanamento  economico  del
settore sanitario. 
    Le Regioni e lo Stato, come si e' ricordato,  nel  settore  hanno
condiviso  le  modalita'  e  le  misure  per  poter  procedere   alla
realizzazione  degli  obiettivi  posti  dallo  Stato,  in  tal   modo
salvaguardando l'autonomia degli Enti territoriali nella materia. 
    Nel caso di specie,  invece,  si  interviene  direttamente  sulla
«condotta finanziaria» della Regione, peraltro non  per  limitare  la
spesa, ma impedendo - attraverso lo strumento specifico di bilancio -
di provvedere alla copertura del disavanzo accertato. 
    4.  -  La  norma,  peraltro,  si  mostra  anche  irragionevole  e
incoerente con le cadenze temporali che sono alla base  delle  scelte
di bilancio, aggravando, in tal modo,  i  profili  di  illegittimita'
gia' rilevati. 
    Si e' detto degli effetti automatici e immediati. 
    Sul piano prettamente tecnico-finanziario, occorre  tenere  conto
del modo  in  cui  si  manifestano,  nel  corso  dell'esercizio,  gli
eventuali disavanzi. 
    I  fattori  di  squilibrio  ben  possono   manifestarsi   proprio
nell'ultimo periodo per cause esterne e imprevedibili. Se a  cio'  si
aggiunge che i risultati  dell'esercizio  non  sono  mai  disponibili
prima della fine dell'anno, e' evidente che la Regione  non  potrebbe
che adottare le opportune misure solo  dopo  la  conoscenza  di  tali
dati, ossia all'inizio dell'esercizio successivo. 
    La previsione legislativa statale,  pertanto,  nel  vincolare  in
maniera cosi' rigorosa, e - addirittura -  senza  alcuna  gradualita'
stante l'effetto immediato, l'autonomia di bilancio della  Regione  e
le modalita' di organizzazione dello strumento finanziario, e'  anche
manifestamente irragionevole. Irragionevolezza che si mostra evidente
anche perche' non e' dato cogliere il rapporto preciso fra  misura  e
obiettivo e la indispensabile proporzionalita' fra l'una  e  l'altro.
Certo e' che la  rigidita'  della  disciplina,  in  uno  con  le  sue
specificita', si riflette in  una  inammissibile  compressione  delle
prerogative regionali in materia. 
Comma 91, lett. b) e comma 76, lett. a) p.1 e lett. b). 
Violazione artt. 3, 114, 117, 118 e 119 Cost. Lesione della sfera  di
competenza  delle  regioni.  Violazione  del   principio   di   leale
cooperazione. Violazione del criterio di ragionevolezza. 
    I commi 91 lett. b) e 76 lett. a) punto 1 e  lettera  b)  vengono
impugnati nella parte in cui prevedono,  fra  le  misure  conseguenti
alla mancata adozione nei termini dei provvedimenti di cui all'art. 1
comma 174 legge n. 311/2004,  il  divieto  di  effettuare  spese  non
obbligatorie e la sanzione di nullita'  dei  contratti  stipulati  in
violazione del divieto medesimo. 
    Al riguardo, si e' ricordato in precedenza che  l'art.  1,  comma
174, legge n. 311/2004 disciplina le procedure che le Regioni  devono
porre in essere in caso  di  squilibrio  economico-finanziario  della
spesa sanitaria. 
    Il procedimento  prevede  una  progressione  nella  adozione  dei
provvedimenti necessari a porre rimedio alla registrata situazione di
squilibrio,  sino  al  commissariamento  e  agli  eventuali   aumenti
impositivi per la copertura dei disavanzi. 
    Prima della modifica legislativa oggi impugnata, lo stesso  comma
174 prevedeva che in caso di mancata adozione  dei  provvedimenti  di
ripianamento del disavanzo entro un determinato termine, si sarebbero
applicate automaticamente le addizionali IRPEF e  IRAP  nella  misura
massima. 
    Con l'ultima modifica  introdotta  dalla  finanziaria  del  2010,
oggetto della presente  impugnativa,  alla  omissione  di  cui  sopra
conseguono ulteriori effetti legislativi. In  particolare,  per  cio'
che qui interessa, il divieto di effettuare spese non obbligatorie. 
    La formula utilizzata dalla legge e' generale. 
    E' evidente che le «spese non obbligatorie»  si  propongono  come
una categoria generale nei sistemi di contabilita' finanziaria. 
    Ne consegue che una  eventuale  applicazione  della  disposizione
impugnata inciderebbe sulla programmazione economica  e  di  bilancio
regionale, in maniera peraltro  molto  grave  e  ampia,  superando  i
limiti entro  i  quali  deve  esercitarsi  la  «funzione-materia»  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Infatti, anche se il legislatore statale, come  insegna  l'ecc.ma
Corte, puo' imporre agli enti autonomi, per ragioni di  coordinamento
finanziario connesse ad obiettivi nazionali, vincoli  alle  politiche
di bilancio che si traducono in limitazioni  indirette  all'autonomia
di spesa degli enti,  detti  vincoli,  intanto  possono  considerarsi
rispettosi  dell'autonomia  delle  Regioni,  in   quanto   riguardino
l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure  la  crescita  della
spesa corrente degli enti autonomi, in via transitoria  ed  in  vista
degli specifici obiettivi  di  riequilibrio  della  finanza  pubblica
perseguiti dal legislatore statale. 
    E' necessario, pertanto, affinche' norme  statali -  che  fissano
limiti alla  spesa  delle  Regioni  e  degli  enti  locali -  possano
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, che esse si limitino  a  porre  obiettivi  di  riequilibrio
della finanza pubblica. 
    Le stesse non si possono tradurre nel divieto assoluto di  spesa,
con il completo azzeramento di ogni margine di scelta  della  Regione
nella politica di programmazione. 
    Le Regioni sono ovviamente coinvolte nella responsabilita' per il
conseguimento degli obiettivi di risparmio che il legislatore statale
stabilisce  nel  quadro  della  politica  di  bilancio,  ma  la  loro
autonomia costituzionale e' violata se, per un  tale  coinvolgimento,
si utilizza una misura drastica come quella indicata, che,  incidendo
in modo irragionevolmente rigido sull'autonomia di spesa degli  enti,
e' di certo in  contrasto  con  le  competenze  costituzionali  delle
Regioni ex art. 119. 
    E, per  la  verita',  non  si  tratta  solo  di  una  limitazione
dell'autonomia finanziaria regionale,  ma  della  sua  vanificazione,
trattandosi,  di  fatto,  del  «congelamento»  dell'intera   politica
regionale, la quale, in attesa di una reale autonomia impositiva,  si
svolge ancora fondamentalmente attraverso l'autonomia di spesa. 
    In definitiva, attraverso una cosi' evidente violazione dell'art.
119, si determina, piu' in generale, una assoluta compressione  della
complessiva autonomia regionale, laddove  l'Ente  viene  privato  dei
presupposti necessari per il  perseguimento  dei  fini  istituzionali
assegnati dalla Costituzione. 
    L'intervento, oltre che  specificamente  lesivo  della  sfera  di
attribuzioni regionali di cui si e'  detto,  si  mostra,  sotto  tale
profilo, del tutto sproporzionato e, dunque, irragionevole. Anche  in
questo  caso  soccorre   l'insegnamento   dell'ecc.ma   Corte   sulla
indispensabile proporzionalita' fra misure e obiettivo da perseguire,
che, nel caso di specie si mostra, con tutta evidenza, inesistente. 
    Il vizio si traduce, ancora una volta, in  una  evidente  lesione
della autonomia regionale. 
 
     Istanza ai sensi degli artt. 35 e 40 della legge n. 87/1953 
 
    Si produce istanza a codesta ecc.ma  Corte  affinche'  valuti  il
ricorrere dei presupposti per la sospensione  delle  norme  impugnate
alla luce degli artt. 35 e 40 della legge n. 87/1953, come modificati
dalla legge n. 131/2003. 
    Per cio' che concerne in  particolare  il  comma  91,  lett.  a),
infatti, si producono effetti automatici e immediati,  con  le  gravi
criticita'  di  bilancio  derivanti  dal  divieto  legislativo  e  le
conseguenze derivanti dalla mancata copertura dei disavanzi. 
    Analogamente, per cio' che  concerne  il  divieto  di  effettuare
spese non obbligatorie, la attuazione della disposizione impugnata si
rifletterebbe in blocco delle attivita' programmatorie della Regione,
con l'inevitabile gravissimo pregiudizio all'interesse  pubblico  del
territorio. 

        
      
 
                              P. Q. M. 
 
    Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte  costituzionale  voglia,  in
accoglimento  del  presente  ricorso,   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 91, lettera a), comma  91,  lettera
b) e comma 76, lettera a) punto 1 e lettera b), in parte  qua,  della
legge n. 191 del 23 dicembre 2009, per violazione degli artt. 3, 114,
117, 118, 119 della Costituzione, del principio di leale cooperazione
fra Stato e Regione, nonche' per irragionevolezza e  per  la  lesione
della sfera di competenza della Regione. 
        Napoli-Roma, addi' 25 febbraio 2010 
 
          Prof. Avv.: Vincenzo Cocozza - Avv. Maria d'Elia 
 

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