Ricorso n. 35 del 5 marzo 2015 (regione Abruzzo)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 marzo 2015 (della Regione Abruzzo).
(GU n. 15 del 2015-04-15)
Ricorso del Presidente della Giunta Regionale Regione Abruzzo
(codice fiscale: …), in persona del suo Presidente pro
tempore Dott. Luciano D'Alfonso, giusta delibera della Giunta
Regionale n. 123 del 20 febbraio 2015, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Manuela de Marzo (…),
(…) e Stefania Valeri (…)
dell'Avvocatura Regionale, ai sensi della L.R. n. 9 del 14 febbraio
2000 ed in virtu' di procura speciale a margine del presente atto,
elettivamente domiciliato presso e nello studio dell'Avv. Francesca
Lalli, in Roma, via Lucio Sestio n. 12, sc. C, Roma;
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato.
Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art.
1, commi 552 e 554, legge n. 190/2014, per contrasto con gli artt.
117 e 118 Cost.
La proposizione del presente ricorso e' stata deliberata dalla
Giunta Regionale dell'Abruzzo nella seduta del 20 febbraio 2015.
La legge n. 190/2014 (legge di stabilita' per il 2015),
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014 -
Suppl. Ordinario n. 99, all'art. 1, commi 552 e 554, contiene
modifiche di precedenti testi normativi in materia di ricerca e
coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
La normativa sopra richiamata esplica la sua efficacia sul
territorio regionale della Regione Abruzzo in particolare in
relazione ai procedimenti ad oggi in corso e relativi proprio alle
attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi
che interessano la medesima Regione Abruzzo.
Dette disposizioni presentano profili di illegittimita'
costituzionale per i seguenti
Motivi
Prima di entrare nel merito specifico delle censure, questa
difesa ritiene necessario premettere una breve disamina dell'origine
del testo normativo oggi impugnato.
In data 29 agosto 2014, il Consiglio dei Ministri ha approvato il
decreto-legge n. 133/2014, recante "Disposizioni urgenti per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico, la ripresa delle attivita'
produttive", entrato in vigore il 13 settembre 2014.
Gia' all'indomani dell'entrata in vigore del decreto cd. "sblocca
Italia" le Regioni, ivi compreso l'Abruzzo, hanno manifestato al
Governo, in sede di Conferenza Stato-Regioni, le criticita' del
decreto medesimo e del relativo disegno di conversione come di
seguito brevemente riassunto.
Il D.L. 133/2014, nell'introdurre misure urgenti in materia di
energia, ha riconosciuto alle attivita' di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi ed a quelle di stoccaggio sotterraneo, la
qualifica di interesse strategico, pubblica utilita', urgenza ed
indifferibilita' volendo con cio' attrarre la materia nella
competenza esclusiva statale sottraendola a quella concorrente cui
invece indubbiamente spetta ex art. 117, 3° comma, Cost.
Le denunciate disposizioni configuravano, infatti, una «chiamata
in sussidiarieta'» (in materia di produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia, riservata alla competenza
legislativa concorrente) senza che a monte vi fosse stata
l'imprescindibile intesa forte con le Regioni territorialmente
interessate.
Ciononostante, il Governo ha proceduto all'approvazione della
legge di conversione (n. 164/2014) senza tener in alcun conto le
istanze manifestate in ordine agli articoli 37 e 38, tanto che la
Regione Abruzzo ha gia' impugnato i suddetti articoli dinanzi a
codesta Ecc.ma Corte (RG 2/2015).
Successivamente, con i commi 552 e 554 dell'art. 1, legge n.
190/2014, il legislatore statale ha ulteriormente esteso la
semplificazione dei procedimenti connessi alla realizzazione delle
infrastrutture energetiche strategiche ed ha affidato al Ministro
dello Sviluppo Economico il compito di redigere il piano nazionale
delle aree ove consentire la ricerca e l'estrazione di idrocarburi.
Dette disposizioni normative, in quanto intervengono in materia
di produzione trasporto e distribuzione dell'energia, rientrano nella
potesta' legislativa concorrente tra Stato e Regioni e, come tali,
avrebbero dovuto rispettare le garanzie sancite dalla Costituzione
agli artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, in favore delle Regioni e
degli Enti locali, in considerazione altresi' della commistione della
materia in esame con la tutela della salute dei cittadini, con il
governo del territorio e la tutela dell'ecosistema locale nonche'
delle sue risorse naturali e paesaggistiche, terrestri e marine.
Al contrario esse sono lesive della competenza normativa delle
Regioni nonche' dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza
e proporzionalita'.
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 552, lett. a),
legge n. 190/2014 (Legge di Stabilita' 2015) per violazione degli
artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, Cost., nonche' dei principi di
leale collaborazione, ragionevolezza e proporzionalita'.
Il comma 552, lett. a), art. 1, legge n. 190/2014, dispone: "Al
fine di semplificare la realizzazione di opere strumentali alle
infrastrutture energetiche strategiche e di promuovere i relativi
investimenti e le connesse ricadute anche in termini occupazionali,
all'art. 57 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: «per le infrastrutture e
insediamenti strategici di cui al comma 1» sono aggiunte le seguenti:
«nonche' per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al
trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie,
ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo
sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di
fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione» e dopo la
parola: «autorizzazioni» sono inserite le seguenti: «incluse quelle».
Con la norma in esame, incidente in materia di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi, il legislatore statale ha
esteso la qualificazione di strategicita' a qualunque opera che
ricada fuori dal perimetro delle concessioni di coltivazione. Orbene,
un'estensione della strategicita' cosi' generale, com'e' quella
contenuta nella norma su riportata, costituisce un intervento statale
in contrasto con i principi di proporzionalita' e ragionevolezza e,
pertanto, concretizza un'indubbia invasione della sfera di competenza
legislativa regionale, la' dove la materia prevalente e' quella
concorrente dell'energia.
Infatti, l'avocazione sussidiaria da parte dello Stato di
competenze concernenti l'individuazione e la realizzazione degli
interventi in materia di produzione, trasmissione e distribuzione
dell'energia, ai sensi dell'art. 118, 1° comma, Cost., e secondo gli
insegnamenti di codesta Ecc.ma Corte (cfr. Corte Cost. sent. n.
303/2003, sent. n. 383/2005, C. Cost. sent. n. 165/2011), e'
legittima solo ove scaturente da un imprescindibile giudizio positivo
sulla proporzionalita' degli interventi stessi (cfr. C. Cost. sent.
n. 165/2011) essendo all'uopo necessario e sufficiente che
l'intervento statale garantisca una realizzazione unitaria e
coordinata degli interventi medesimi.
Orbene, nel caso in esame, e' evidente che al fine dichiarato di
"semplificare la realizzazione di opere strumentali alle
infrastrutture energetiche strategiche e di promuovere i relativi
investimenti e le connesse ricadute anche in termini occupazionali"
non era affatto necessario spingere la qualificazione di
strategicita' a qualunque opera che ricada "al di fuori del perimetro
delle concessioni di coltivazione", essendo invece a cio' sufficiente
l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici
gia' contenuta nell'art. 57, comma 1, D.L. 5/2012.
Al contrario, nella normativa statale oggi impugnata non si
rileva l'esistenza di un interesse nazionale tanto forte da conferire
legittimazione, sotto il profilo della ragionevolezza e
proporzionalita', ad una legislazione estremamente dettagliata ed
esaustiva; ne consegue che essa e' incostituzionale perche' lesiva
delle attribuzioni rimesse alle Regioni ex artt. 117, 3° comma, e
118, 1° comma.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 552, lett. b),
legge n. 190/2014 (Legge di Stabilita' 2015) per violazione degli
artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, Cost., nonche' del principio di
leale collaborazione.
Il comma 552, lett. b), art. 1, legge n. 190/2014, dispone: "b)
dopo il comma 3 (art. 57, D.L. n. 5/2012) sono inseriti i seguenti:
«3-bis. In caso di mancato raggiungimento delle intese si
provvede con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge
23 agosto 2004, n. 239, nonche' con le modalita' di cui all'art.
14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241.";
3-ter. L'autorizzazione di cui al comma 2 produce gli effetti
previsti dall'art. 52-quinquies, comma 2, del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327,
nonche' quelli di cui all'art. 38, comma 1, del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
novembre 2014, n. 164»."
Detta norma prevede che, in caso di mancato raggiungimento
dell'intesa con le Regioni interessate, per le autorizzazioni
previste all'art. 1, comma 56, legge n. 239/2004 (ovverossia:
a) l'installazione e l'esercizio di nuovi stabilimenti di
lavorazione e di stoccaggio di oli minerali;
b) la dismissione degli stabilimenti di lavorazione e
stoccaggio di oli minerali;
c) la variazione della capacita' complessiva di lavorazione
degli stabilimenti di oli minerali;
d) la variazione di oltre il 30 per cento della capacita'
complessiva autorizzata di stoccaggio di oli minerali) si provveda
con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, legge n. 239/2004,
nonche' con le modalita' di cui all'art. 14-quater, comma 3, legge n.
241/1990.
Il primo rinvio normativo (all'art. 1, comma 8-bis, legge n.
239/2004) comporta che, nel caso di mancata espressione da parte
delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa
entro il termine di centocinquanta giorni dalla richiesta, il
Ministero dello sviluppo economico inviti le medesime a provvedere
entro un termine non superiore a trenta giorni e che, in caso di
ulteriore inerzia delle amministrazioni regionali, lo stesso
Ministero rimetta gli atti alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, che, entro sessanta giorni, provvede in merito con la
partecipazione della regione interessata.
Orbene, e' di tutta evidenza che la descritta procedura e'
pressoche' identica a quella di cui all'art. 14 quater, comma 3,
lett. b), legge n. 241/1990, gia' dichiarato incostituzionale con la
sentenza n. 179/2012.
In quella circostanza la Consulta, pur riconoscendo che
l'esistenza di un'esigenza unitaria "legittima l'intervento del
legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimenti
complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale
affidati alla conferenza di servizi, in vista dell'obiettivo della
accelerazione e semplificazione dell'azione amministrativa", affermo'
che la c.d. chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato
(ovverossia il concreto esercizio della funzione amministrativa e
della relativa regolamentazione nelle materie di competenza
regionale) si giustifica solo a condizione che il ruolo delle Regioni
venga garantito dal raggiungimento di vere e proprie intese "in senso
forte", che si concludano con atti irrinunciabilmente a struttura
bilaterale e mai con decisione unilaterale di una delle parti, com'e'
invece previsto nella disposizione oggi censurata.
Questa, infatti, prevede che laddove venga espresso dissenso in
sede di conferenza di servizi da parte di una Regione (o di una
Provincia autonoma) in una delle materie di propria competenza, e non
si raggiunga la necessaria intesa nel successivo breve termine di
trenta giorni, il Consiglio dei Ministri puo' deliberare in esercizio
del proprio potere sostitutivo con la semplice partecipazione dei
Presidenti delle Regioni (e delle Province autonome interessate).
Ne deriva che anche l'art. 1, comma 552, lett. b), oggi
impugnato, merita le medesime censure di cui alla sent. n. 179/2012
di incostituzionalita' per violazione degli artt. 117, 3° comma, e
118, 1° comma, Cost., nonche' del principio di leale collaborazione.
Esso infatti, come la disposizione gia' travolta dalla richiamata
pronuncia di codesta Ecc.ma Corte, prevede una partecipazione delle
Regioni assolutamente marginale nel procedimento di rilascio delle
autorizzazioni in questione, invece che la necessaria intesa forte.
Prova ne sia che, se l'intesa non e' raggiunta, la deliberazione
del Consiglio dei Ministri puo' essere comunque adottata.
Peraltro, codesta Ecc.ma Corte si era gia' piu' volte espressa
(cfr. Corte Cost. sent. nn. 121/2010, 24/2007 e 339/2005)
sull'illegittimita' costituzionale di una norma contenente, come
quella in esame, una "drastica previsione" della decisivita' della
volonta' di una sola parte, in caso di dissenso, poiche' il rispetto
delle garanzie costituzionali impone che siano previste procedure
tali da permettere di reiterare le trattative e di giungere al
superamento delle divergenze e non all'accantonamento dei diritti di
una parte in causa.
Alla luce di quanto sopra esposto, poiche' il testo dell'art. 1,
comma 552, lett. b), legge n. 190/2014, (tramite rinvio all'art. 1,
comma 8-bis, legge n. 239/2004) prevede l'intervento unilaterale
dello Stato come conseguenza automatica del mancato raggiungimento
dell'intesa, e' incontestabile che esso contrasta con il principio di
leale collaborazione e che viola la sfera di competenza regionale
costituzionalmente garantita.
Ne' puo' dirsi, infine, che la prevista semplice partecipazione
dei Presidenti delle Regioni (o delle Province autonome interessate),
costituisca «valida sostituzione dell'intesa, giacche' trasferisce
nell'ambito interno di un organo costituzionale dello Stato un
confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire
all'esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le
parti siano poste su un piano di parita'» (cfr. anche sentenza n. 165
del 2011).
Vero e' che la norma in esame contiene anche un rinvio al vigente
art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241/1990, sempre quale
procedura da seguire in caso di mancato raggiungimento dell'intesa
per le autorizzazioni previste all'art. 1, comma 56, legge n.
239/2004.
Resta comunque il dubbio su quale delle due procedure sia quella
cui materialmente ricorrere. O forse il legislatore statale si
riferiva a due diverse casistiche omettendo pero' di indicare a
quali?.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554, legge n.
190/2014 (Legge di Stabilita' 2015) per violazione degli artt. 117,
3° comma, e 118, comma 1, Cost.
Il comma 554, art. 1, legge n. 190/2014, dispone: "All'art. 38
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, il comma 1-bis
e' sostituito dal seguente:
«1-bis. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio
decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di cui al comma 1. Il piano, per le attivita'
sulla terraferma, e' adottato previa intesa con la Conferenza
unificata. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, si provvede
con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge 23
agosto 2004, n. 239.
Nelle more dell'adozione del piano i titoli abilitativi di cui al
comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della
data di entrata in vigore della presente disposizione».
Anche la disposizione da ultimo riportata merita le medesime
censure di incostituzionalita' gia' motivate in relazione al comma
552, art. 1, lett. b), cit. in quanto attribuisce allo Stato, in via
esclusiva, la potesta' autorizzatoria in materia produzione,
trasmissione e distribuzione dell'energia, appartenente alla
competenza concorrente, in violazione con gli artt. 117, 3° comma, e
118, 1° comma, Cost., nonche' con il principio di leale
collaborazione, escludendo l'idonea partecipazione delle Regioni
dalla programmazione delle reti infrastrutturali energetiche di
interesse nazionale e dalla loro articolazione territoriale, benche'
l'esercizio di tali funzioni incida sulle competenze regionali in
materia di energia, nonche' di governo del territorio e tutela della
salute.
In relazione al medesimo comma 554, va altresi' rilevato che esso
prevede il ricorso all'intesa (comunque nella forma "debole", gia' di
per se' in contrasto con l'assetto costituzionale delle competenze
Stato/Regioni) limitatamente alle attivita' sulla terraferma, mentre
per tutte quelle in mare e' confermata la competenza esclusiva del
Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, con un ulteriore violazione
del richiamato assetto costituzionale.
Orbene, poiche' la Costituzione non distribuisce le competenze
secondo il criterio della terraferma e del mare (il criterio
territoriale rileva solo al fine del rispetto della sfera di
competenza territoriale delle altre Regioni), ne consegue che: "...,
alla luce di quanto affermato da questa Corte con la richiamata
sentenza n. 23 del 1957, il territorio non va inteso nella ristretta,
materiale accezione fatta propria dal ricorrente, ma nell'accezione
piu' ampia di ambito in cui si esplica il legittimo potere normativo
della Regione, compreso quello di istituire tributi. Tale potere puo'
esplicarsi, dunque, anche con riferimento al mare territoriale, a
condizione che la Regione resistente lo eserciti per tutelare
interessi di rilevanza regionale, ...". (Cfr. Corte Cost. sent. n.
102/2008).
Sotto tale profilo, pertanto, rimangono ferme le censure gia'
sollevate dalla Regione Abruzzo (con ricorso iscritto al n. 2/2015)
in merito al comma 1 bis, art. 38, D.L. n. 133/2014, nel testo
risultante a seguito della conversione ex lege n. 164/2014.
Esso, infatti, non prevede (per le attivita' da svolgere in mare)
alcun sollecito nei confronti delle Regioni, prima di addivenire
all'avocazione delle competenze in favore dello Stato, ne' altre
procedure di reiterazione delle trattative, ne', infine, la
partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento
statale.
Piu' nel dettaglio, la norma, autorizza il Ministro dello
Sviluppo economico a predisporre un piano che individui le aree
marine nelle quali consentire le attivita' di ricerca e produzione di
idrocarburi in mare, senza ne' coinvolgere le Regioni, ne'
individuare i criteri da seguire nell'elaborazione del piano
medesimo, ma limitandosi a prevedere l'intervento del Ministero come
mera conseguenza automatica della mancata conclusione del relativo
procedimento in un termine fisso.
Ne deriva un'aperta violazione delle prerogative delle Regioni in
materia di rilascio dei titoli abilitativi in questione, con
sacrificio della sfera di competenza costituzionalmente attribuita
alla Regione e violazione, per l'effetto, del principio di leale
collaborazione quale onere di sostenere un dialogo e di tenere un
comportamento collaborativo (cfr. Corte Cost. n. 239/2013, nn. 165 e
33/2011).
Nelle materie affidate alla legislazione regionale, infatti,
condizione minima ed imprescindibile per la legittimita'
costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la
"chiamata in sussidiarieta'" e' la previsione di intese cd. "forti"
poiche', in questi casi, la volonta' della Regione interessata non
puo' essere sostituita da una determinazione unilaterale dello Stato.
(Cfr. Corte Cost. sent. n. 383/2005, n. 482/1991).
Anche in tal caso, dunque, e' incontestabile l'illegittimita'
della norma per violazione delle competenze attribuite alle Regioni
dagli artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, Cost., nella parte in cui
non impone il ricorso all'"intesa forte", necessaria proprio al fine
di compensare la perdita di competenza avvenuta a seguito della sua
attrazione in capo allo Stato, in ossequio al principio di leale
collaborazione.
Detto principio, invero, impone il rispetto di una procedura
articolata, a struttura necessariamente bilaterale, tale da
assicurare lo svolgimento di reiterate trattative e non superabile
con decisione unilaterale di una delle parti. Applicato al caso di
specie, impone che il Piano Energetico Nazionale deve essere
predisposto per il tramite di un'azione programmata e condivisa coi
territori anche per le attivita' da svolgere in mare.
Al contrario, la mancata previsione del ricorso a quella
procedura, che sola garantirebbe la richiesta condivisione, pone il
comma 554 impugnato irrimediabilmente in contrasto con l'attuale
assetto costituzionale di competenze tra Stato e Regioni.
P. Q. M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 552 e 554, legge
n. 190/2014, per contrasto con gli artt. 117, 3° comma, e 118, 1°
comma, Cost.
Si depositano:
1) Delibera di Giunta Regione Abruzzo n. 123/2015.
Roma, 23 febbraio 2015
Avv. de Marzo - Avv. Valeri