Ricorso n.35 del 6 marzo 2019 (della Regione Toscana)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 marzo 2019 (della Regione Toscana).
(GU n. 20 del 2019-05-15)
Ricorso della Regione Toscana (partita IVA n. 01386030488), in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale, dott. Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 234 del 25 febbraio 2019, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora (codice fiscale BROLCU57M59B157V;PEC: lucia.bora@postacert.toscana.it) dell'Avvocatura regionale con domicilio eletto presso lo studio del prof. avv. Marcello Cecchetti (codice fiscale CCCMCL65E02H501Q), in Roma, piazza Barberini n. 12 (fax n. 064871847;PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 300, 360, 361, 362, 364 e 365, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per violazione degli articoli 5, 97, 117 terzo e quarto comma, 118, 119, primo, secondo e quarto comma, e 120 della Costituzione.
In data 31 dicembre 2018 e' stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n. 302, supplemento ordinario n. 62, la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021».
In particolare, l'art. 1, commi 300 e 360, prevede l'applicazione a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001 (comprese, quindi, anche le regioni), della disciplina in materia di indizione di concorsi pubblici unici a livello nazionale e procedure concorsuali semplificate; l'art. 1, commi 361, 364 e 365, limita l'utilizzo delle graduatorie, per i concorsi banditi successivamente all'entrata in vigore della presente legge, esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso; l'art. 1, comma 362, al fine di ripristinare gradualmente la durata triennale delle graduatorie, prevede una proroga fino a settembre 2019 delle graduatorie approvate dal 2010 al 2013, e via via per gli anni successivi, e detta modalita' particolari per l'assunzione degli idonei nelle suddette graduatorie.
Le impugnate disposizioni della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di
Diritto
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 300 per violazione degli articoli 117, quarto comma e 118 Cost., e violazione del principio della leale collaborazione.
Il comma 300 dell'art. 1 prevede l'indizione di concorsi pubblici unici a livello nazionale - per esami o per titoli ed esami - per figure professionali omogenee, definiti in relazione alle indicazioni dei piani di fabbisogno di ciascuna amministrazione.
L'organizzazione dei suddetti concorsi e' affidata al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per il tramite della commissione per l'attuazione del Progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), che si avvale dell'associazione Formez PA.
La disposizione riconosce, inoltre, la possibilita' che le predette procedure concorsuali siano espletate con modalita' semplificate definite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione da adottare, ai sensi dell'art. 17, comma 3 della legge n. 400/1988, entro due mesi dall'entrata in vigore della legge n. 145/2018.
Infine, si dispone che i suddetti concorsi pubblici unici e le conseguenti assunzioni siano effettuati senza il previo svolgimento delle procedure di mobilita' volontaria di cui all'art. 30, del decreto legislativo n. 165/2001.
Tale disposizione sembrerebbe applicabile unicamente alle amministrazioni statali (anche per il riferimento, nel comma 300, alle procedure concorsuali a valere sulle risorse del fondo di cui all'art. 1, comma 365, lettera b) della legge n. 232/2016); tuttavia vi sono due profili di possibile incostituzionalita'.
1.1. Poiche' le modalita' concorsuali semplificate (imposte a tutte le amministrazioni dal successivo comma 360) vengono dettate, in relazione all'espletamento del concorso unico nazionale, sorge il dubbio che - attraverso l'imposizione di tali modalita' semplificate di cui ancora non e' nota l'impostazione - si imponga anche a tutte le amministrazioni di ricoprire le proprie esigenze di organico attraverso il concorso unico nazionale.
Se tale fosse l'interpretazione della disposizione, la stessa sarebbe chiaramente lesiva delle attribuzioni legislative regionali in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale, riservata alla potesta' legislativa residuale regionale, e delle relative funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117, quarto comma e dell'art. 118 Cost.
1.2. Il comma 300 prevede che il decreto per definire le procedure concorsuali semplificate sia adottato dal Ministro per la pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 17, comma 3 della legge n. 400/1988.
Tale norma dispone che «Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere adottaticondecreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione».
Dunque l'emanando decreto e' un regolamento ministeriale ammissibile nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro.
Poiche' il successivo comma 360 impone a tutte le amministrazioni pubbliche di applicare le modalita' concorsuali semplificate dettate con il suddetto decreto ministeriale, si hanno molteplici profili di illegittimita', sia nel comma 300 che nel medesimo, in combinato disposto con il comma 360 di cui al successivo punto 2.
1.2.a. Innanzitutto il regolamento ministeriale puo' intervenire, ai sensi dell'art. 17, comma 3 della legge n. 400/1988, solo in materie di competenza statale, mentre nel caso in esame viene estesa l'applicazione di tale regolamento anche alle regioni, con cio' ledendo la competenza regionale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale nonche' l'esercizio delle relative funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117, quarto comma e dell'art. 118 Cost.
1.2.b. Nella misura in cui il regolamento definisce modalita' semplificate che vengono estese, nella loro applicazione, anche alle regioni, il decreto dovrebbe essere adottato previa intesa con le regioni stesse, per la salvaguardia minima della attribuzioni regionali costituzionalmente garantite in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale. Invece non e' prevista alcuna forma di raccordo tra lo Stato e le regioni, in violazione del principio della leale collaborazione.
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 360, per violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost.
La disciplina sinora vigente in materia di concorsi pubblici prevedeva per le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001 - ivi comprese le regioni - la possibilita' di ricorrere autonomamente alle diverse procedure di reclutamento del personale ai sensi dell'art. 35 dello stesso decreto legislativo n. 165 e secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, tenuto conto del livello e dell'ambito di competenza richiesto per le professionalita' da reclutare.
La norma che qui si contesta prevede espressamente che: «A decorrere dall'anno 2019, le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, procedono al reclutamento del personale secondo le modalita' semplificate individuate con il decreto di cui al comma 300. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente, il reclutamento avviene secondo le modalita' stabilite dalla disciplina vigente».
Ladisposizionepresentaprofilidiillegittimita' costituzionale.
2.1. L'obbligo di avvalersi di modalita' semplificate (definite da un successivo decreto ministeriale) per procedere al reclutamento del personale regionale determina una forte incidenza sulle competenze della regione.
La disposizione in parola interviene infatti in un ambito organizzativo strategico degli enti regionali, quale quello del reclutamento del personale, contraddistinto da una specifica competenza regionale di carattere pubblicistico organizzativo.
La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte distingue tra aspetti marcatamente pubblicistici ed aspetti privatistici della disciplina del lavoro pubblico.
Le procedure concorsuali, in quanto attinenti alla fase antecedente la costituzione di un rapporto di lavoro di diritto privato, sono contraddistinte da una natura prettamente pubblicistica e, pertanto, riconducibili nell'ambito della competenza regionale residuale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale ai sensi dell'art. 117, comma 4 della Costituzione (ex multis Corte costituzionale, sentenze n. 251 del 2016 e n. 380 del 2004). L'esercizio di tale potesta' esclusiva regionale soggiace al rispetto dei limiti costituzionali e dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento previsti dai relativi statuti (art. 123 Cost.) con esclusione di qualsiasi tipo di regolamentazione statale.
Diversamente, gli aspetti di natura privatistica, concernenti un rapporto di lavoro gia' instaurato, rientrano nell'ambito della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione (ex multis Corte costituzionale, sentenza n. 149 del 2012).
Pertanto, l'impugnata disposizione, nel prevedere che le regioni «procedono» al reclutamento del personale con una determinata modalita' concorsuale, seppur semplificata, e' lesiva della potesta' legislativa regionale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale (art. 117, comma 4, Cost.) e contraria al principio del buon andamento della Pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in quanto pone un obbligo e non una mera facolta', cosi' negando alle regioni la possibilita' di scegliere in autonomia la modalita' concorsuale ritenuta piu' idonea in base alle professionalita' ed ai posti da coprire.
Inoltre la modalita' semplificata, unilateralmente dettata dallo Stato, non e' detto che sia idonea in tutte le fattispecie a rispondere alle esigenze organizzative regionali, nell'osservanza dei criteri di buon andamento ed efficienza dell'azione amministrativa.
Per i suddetti motivi, la disposizione contenuta nel comma 360 e' lesiva della competenza regionale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale nonche' delle relative funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117, quarto comma e dell'art. 118 Cost.
2.2. In secondo luogo il comma 360, in combinato disposto con il comma 300 di cui al precedente punto 1, e' incostituzionale perche' demanda la definizione delle modalita' concorsuali semplificate - che le regioni devono applicare - ad un successivo decreto ministeriale da adottarsi entro due mesi dall'entrata in vigore dalla legge n. 145/2018 senza alcun coinvolgimento delle autonomie regionali. Nel richiamare, anche in relazione al comma 360, i motivi addotti al precedente punto 1.2, si rileva che la richiamata disposizione e' lesiva del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost., in quanto, pur incidendo su ambiti di competenza regionale (ordinamento e organizzazione amministrativa regionale), non prevede alcuna forma di raccordo tra Stato e regioni relativamente alla procedura di adozione del decreto ministeriale disciplinante le modalita' concorsuali semplificate.
Gia' prima della costituzionalizzazione del principio di leale collaborazione, codesta ecc.ma Corte definiva il principio cooperativo come «un momento essenziale di un ordinamento che, pur nella presenza di autonomie regionali, resta unitario, e viene conseguentemente a postulare il coordinamento e la collaborazione tra Stato e regione sia a presidio dell'unita' dello Stato, sia a garanzia di un armonico svolgimento dei rapporti tra i due enti» (Corte costituzionale, sentenza n. 116 del 1967).
La giurisprudenza costituzionale, consolidatasi successivamente alla riforma del titolo V della Costituzione, ha riconosciuto l'operativita' del principio della leale collaborazione ogniqualvolta un atto normativo statale interferisca in materie contraddistinte da competenze statali e regionali inestricabilmente connesse tra loro e non sia possibile - in applicazione del criterio della prevalenza - verificare se la materia di competenza statale si imponga su tutte le altre. L'inestricabile intreccio di competenze statali e regionali «apre la strada all'applicazione del principio di leale collaborazione», imponendo, dunque, al legislatore statale l'obbligo di predispone adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, al fine di consentire alle stesse di difendere le loro prerogative (Corte costituzionale, sentenze n. 65 del 2016, n. 88 del 2014 e n. 139 del 2012).
Pertanto, l'assunzione unilaterale di atti normativi statali incidenti in materie di competenza regionale si pone in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, la quale, al fine di contemperare le ragioni di esercizio unitario statale con la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle autonomie regionali, richiede l'instaurazione di forme di raccordo tra Stato e regioni e ravvisa nell'istituto dell'intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione (di recente Corte costituzionale, sentenze n. 21 e n. 1 del 2016).
Codesta ecc.ma Corte ha imposto il rispetto del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni anche in tema di disciplina di riforma dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, estendendolo, inoltre, alle ipotesi in cui i decreti attuativi si accingano a riformare istituti incidenti su competenze legislative statali e regionali inestricabilmente connesse. Al riguardo, codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 251 del 2016 ha espressamente statuito che: «E' pur vero che questa Corte ha piu' volte affermato che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo. La' dove, tuttavia, il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessita' del ricorso all'intesa.
Quest'ultima si impone, dunque, quale cardine della leale collaborazione anche quando l'attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale e' rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost. Tali decreti, sottoposti a limiti temporali e qualitativi, condizionati quanto alla validita' a tutte le indicazioni contenute non solo nella Costituzione, ma anche, per volonta' di quest'ultima, nella legge di delegazioni, finiscono, infatti con l'essere attratti nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze.
Nel seguire le cadenze temporali entro cui esercita la delega (...), il Governo puo' fare ricorso a tutti gli strumenti che reputa, di volta in volta, idonei al raggiungimento dell'obiettivo finale. Tale obiettivo consiste nel vagliare la coerenza dell'intero procedimento di attuazione della delega, senza sottrarlo alla collaborazione con le regioni».
Pertanto, se pure si ritenesse che nella disciplina organizzativa del pubblico concorso possano venire in considerazione anche profili di competenza statale, la disposizione, letta in combinato disposto con il comma 300, sarebbe comunque lesiva delle competenze legislative ed amministrative regionali di cui agli articoli 117, terzo e quarto comma e 118 Cost. e violerebbe il principio della leale collaborazione, di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione, in quanto incide su una materia - organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale nonche' sull'esercizio delle relative funzioni amministrative - di competenza regionale, demandando la sua attuazione ad un successivo decreto ministeriale adottato senza prevedere alcun coinvolgimento delle autonomie regionali.
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 361, 364 e 365, per violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119, primo , secondo e quarto comma e 120 Cost.
Le impugnate disposizioni sono incostituzionali nella parte in cui prevedono, per le procedure concorsuali bandite successivamente all'entrata in vigore della presente legge, l'utilizzo delle relative graduatorie esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso e l'abrogazione della facolta' di prevedere nei bandi il numero degli idonei assumibili.
3.1. La disciplina sinora vigente prevedeva perle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001 - ivi comprese le regioni - la facolta', prima di indire una nuova procedura concorsuale, di ricorrere allo scorrimento delle graduatorie precedentemente approvate e ancora valide ed efficaci, per coprire eventuali posti vacanti in organico.
Le disposizioni oggetto di contestazione impongono, invece, per le procedure concorsuali bandite successivamente all'entrata in vigore della legge n. 145/2018 (art. 1, comma 365), l'utilizzo delle relative graduatorie esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso. Di fatto, sono ammesse graduatorie di soli vincitori e si nega alla radice la possibilita' di ricorrere al successivo scorrimento delle stesse per l'eventuale assunzione degli idonei non vincitori. Infatti il comma 364 dispone l'abrogazione della lettera e-bis) del comma 3 dell'art. 35 del decreto legislativo n. 165/2001, il quale - nel dettare i principi cui si conformano le procedure di reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni - stabiliva, alla citata lettera e-bis), la facolta', per ciascuna amministrazione, di limitare nel bando il numero degli eventuali idonei in misura non superiore al venti per cento dei posti messi a concorso, con arrotondamento all'unita' superiore. Tale facolta' viene eliminata perche' la graduatoria deve essere d'ora in poi usata solo per la copertura dei posti messi a concorso. Le richiamate disposizioni sono lesive delle prerogative regionali sotto molteplici aspetti.
3.2. In primo luogo si assume violata la potesta' legislativa regionale residuale ex art. 117, comma 4, della Costituzione, nella dimensione pubblicistico organizzativa del rapporto di lavoro di pubblico impiego, secondo quanto precedentemente evidenziato al punto 2.1 ed il correlato esercizio di funzioni amministrative attinenti l'organizzazione e l'ordinamento dell'apparato regionale ai sensi dell'art. 118 Cost.
La costituzione di graduatorie concorsuali di soli vincitori determina, infatti, un'inevitabile compressione dell'autonomia regionale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale, in quanto nega alle regioni la possibilita' di predispone le relative procedure, anche e soprattutto, in un'ottica di programmazione del fabbisogno del personale e capacita' assunzionale dell'ente.
Tale circostanza si pone in contrasto anche con il principio costituzionale del buon andamento della Pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), considerato che l'efficacia della procedura concorsuale si esaurirebbe con l'individuazione dei soli soggetti vincitori, senza poter consentire alla regione di decidere autonomamente di usufruire della medesima graduatoria per l'assunzione futura di eventuali idonei non vincitori, secondo le proprie esigenze occupazionali, in violazione dei principi di efficienza, efficacia dell'azione amministrativa e di buon andamento. La graduatoria, infatti, ha validita' triennale, per cui e' del tutto rispondente ai suddetti principi e a quello dell'economicita' dell'azione amministrativa, utilizzare, nell'arco del triennio, graduatorie valide per gli stessi profili professionali, con risparmio di tempo e di denaro e senza che sia minato il criterio della competenza professionale, salvaguardata da un periodo ragionevole di efficacia delle graduatorie (appunto di tre anni, come dispone l'art. 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 165/2001).
Anche nel caso in oggetto, l'ingerenza statale in materie di competenza regionale e' avvenuta senza la previsione di alcuna forma di coordinamento e di concertazione con le autonomie pubbliche, in totale violazione del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni, ai sensi degli articoli 5 e 120 della Costituzione.
3.3. Va altresi' rilevato come le impugnate disposizioni risultino lesive anche dell'autonomia finanziaria regionale, comportando, pertanto, una violazione degli articoli 117, comma 3 e 119 primo, secondo e quarto comma della Costituzione, in materia di principi del coordinamento della finanza pubblica.
La giurisprudenza costituzionale successiva alla modifica del titolo V della Costituzione ha sottolineato la portata finalistica della materia del coordinamento dellafinanzapubblica, riconoscendole la natura di materia trasversale in grado di permeare l'intero assetto competenziale Stato-regioni e legittimare, quindi, un intervento statale anche in materie astrattamente riconducibili alla competenza regionale residuale.
Secondo il costante orientamento di codesta ecc.ma Corte, il legislatore statale con una disciplina di principio puo' imporre alle regioni e agli enti Locali, per ragioni di coordinamento finanziario, specifici vincoli alle politiche di bilancio - incidenti anche sull'autonomia di spesa degli stessi - purche' questi si concretino in un contenimento complessivo, anche se non generale, della spese corrente a carattere transitorio e non impongano strumenti o modalita' per il perseguimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica (Corte costituzionale, sentenze n. 64 del 2016; n. 79 del 2014; n. 217 del 2012; n. 193 del 2012; n. 148 del 2012; n. 232 del 2011; n. 326 del 2010; n. 284 del 2009; n. 237 del 2009; n. 120 del 2008; n. 412 del 2007; n. 169 del 2007 e n. 88 del 2006).
La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte dichiarato l'illegittimita' di norme statali che non possono essere considerate principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica qualora pongano un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa. Siffatte norme costituiscono una indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 primo, secondo e quarto comma della Costituzione alle autonomie territoriali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio, il contenimento della spesa pubblica), ma non puo' imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi (Corte costituzionale, sentenze n. 43 del 2016; n. 22 del 2014; n. 217 del 2012; n. 139 del 2012; n. 182 del 2011; n. 237 del 2009; n. 169 del 2007; n. 417 del 2005; n. 36 del 2004).
Nel caso di specie, le disposizioni oggetto di impugnazione - dato il loro carattere dettagliato e puntuale - non possono essere considerate norme di principio volte al coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, difficilmente si potrebbe rinvenire la ratio di simili disposizioni nell'esigenza di contenere la spesa pubblica, in quanto, anziche' rimettere alla discrezionalita' regionale la scelta di attingere o meno dalle graduatorie approvate, si impone alla stessa di bandire nuovi concorsi pubblici ogniqualvolta ravvisi la necessita' di provvedere a nuove assunzioni, finendo, di fatto, per incrementare considerevolmente la spesa pubblica regionale, nonche' di allungare notevolmente i tempi di assunzione di nuovo personale.
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 362 per violazione degli articoli 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119, primo, secondo e quarto comma, e 120 Cost.
Il comma 362, con l'intento di ripristinare per il futuro la durata triennale delle graduatorie concorsuali, prevede che la validita' delle graduatorie approvate dal 2010 al 2013 sia prolungata fino a settembre 2019, previa partecipazione ad un corso di formazione obbligatorio e superamento di uno specifico colloquio teso a verificare la perdurante idoneita' dei soggetti inseriti in graduatoria. Le graduatorie approvate successivamente al 2013 sono, invece, prorogate in misura progressiva (quelle del 2018 avranno validita' fino a tutto il 2021 e quelle del 2019 avranno validita' triennale).
L'impugnata disposizione determina una significativa lesione delle competenze delle autonomie regionali in quanto impone alle stesse la proroga di graduatorie molto risalenti nel tempo, cosi' togliendo all'amministrazione regionale la possibilita' di decidere in autonomia se una graduatoria, seppure datata, sia ancora idonea ad offrire personale competente ovvero non sia necessario procedere a nuovo concorso.
Inoltre la norma e' incostituzionale perche' impone alle regioni di organizzare a proprie spese corsi di formazione ed aggiornamento ed esami-colloquio per verificare la perdurante idoneita' di chi e' ancora nella graduatoria, con evidenti profili di contenzioso che si instaurera' con tali soggetti perche' o la graduatoria e' valida ed efficace (e allora non ha fondamento un nuovo esame-concorso) oppure non e' piu' efficace e allora non ha senso la verifica ulteriore dell'idoneita'.
4.1. In primo luogo si rileva come le suddette disposizioni costituiscano un dettaglio normativo eccessivamente puntuale, tale da determinare un'ingerenza statale nella competenza regionale residuale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale, ai sensi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione.
Al riguardo, la consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ricondotto la regolamentazione delle graduatorie di procedure selettive pubbliche nella dimensione pubblicistica della disciplina di accesso al pubblico impiego, in quanto le relative norme «spiega(no) la sua(loro) efficacia nella fase anteriore all'instaurazione del contratto di lavoro e incide(incidono) in modo diretto sul comportamentodelle amministrazioni nell'organizzazione delle proprie risorse umane e solo in via riflessa ed eventualmente sulle posizioni soggettive» (Corte costituzionale, sentenze n. 141 del 2012 e n. 235 del 2010).
Di recente, codesta ecc.ma Corte ha riconfermato la competenza legislativa regionale in materia di scorrimento e proroga delle relative graduatorie, cosi' argomentando: «E' infine utile ricordare che la disciplina dei concorsi per l'accesso al pubblico impiego "per i suoi contenuti marcatamente pubblicistici e la sua intima correlazione con l'attuazione dei principi sanciti dagli articoli 51 e 97 Cost. [...] e' invero sottratta all'incidenza della privatizzazione del lavoro presso le pubbliche amministrazioni, che si riferisce alla disciplina del rapporto gia' instaurato" (sentenza n. 380 del 2004, punto 3.1 del Considerato in diritto). La regolamentazione delle graduatorie di procedure selettive pubbliche rientra, dunque, nella disciplina dell'accesso al pubblico impiego.
(...)
Tali graduatorie costituiscono il provvedimento amministrativo conclusivo delle procedure selettive pubbliche. Con tale atto, l'amministrazione esaurisce l'ambito proprio del procedimento amministrativo e dell'esercizio dell'attivita' autoritativa, cui subentra la fase in cui i suoi comportamenti vanno ricondotti all'ambito privatistico.
Non vi e' dubbio, del resto, che la disposizione impugnata non e' relativa a rapporti lavorativi gia' in essere, ma spiega la propria efficacia nella fase anteriore all'instaurazione del rapporto di lavoro, incidendo direttamente sul comportamento della AUSL della Valle d'Aosta nell'organizzazione delle proprie risorse umane.
Per tali ragioni, la disciplina (...), poiche' si colloca in un momento antecedente a quello del sorgere del rapporto di lavoro - in particolare, nella fase che attiene alle procedure per l'accesso al lavoro pubblico regionale - riguarda profili pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico regionale e non quelli, privatizzati del relativo rapporto di lavoro.
La stessa disciplina non e' quindi riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile» (Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2018).
Pertanto la norma, imponendo la proroga e quindi l'utilizzo di graduatorie datate, e' lesiva della competenza regionale in materia di organizzazione amministrativa ed ordinamento del personale nonche' dell'esercizio delle relative funzioni amministrative, con violazione dell'art. 117, quarto comma e dell'art. 118 Cost. La norma inoltre contrasta con il canone di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., imponendo una modalita' per la copertura dei posti vacanti, senza ragioni idonee a giustificare tale scelta e rischiando di ingenerare effetti negativi in termini di efficienza, efficacia ed economicita' dell'azione amministrativa regionale.
4.2. Ove dovesse ritenersi che la proroga della validita' delle graduatorie risalenti al 2010 riguardi anche profili di competenza statale, la disposizione sarebbe ugualmente incostituzionale, perche' la predetta normativa di dettaglio e' stata imposta alle regioni senza la previsione di alcuna forma di raccordo o coordinamento, in totale inosservanza del principio della leale collaborazione, di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione.
4.3. L'impugnata disposizione - nella misura in cui impone alle amministrazioni regionali l'obbligo di organizzare, a proprie spese, corsi di formazione obbligatoria e colloqui diretti a verificare la perdurante idoneita' dei soggetti inseriti nelle relative graduatorie - risulta lesiva anche dell'autonomia finanziaria regionale, comportando, pertanto, una violazione degli articoli 117, comma 3 e 119 primo, secondo e quarto comma della Costituzione, in materia di principi del coordinamento della finanza pubblica.
La norma in esame, infatti, non puo' essere considerata espressione di un principio fondamentale in materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto determina in modo specifico e puntuale un vincolo aggiuntivo sull'entita' della spesa per l'assunzione del personale regionale, comportando, pertanto, un'indebita invasione nell'autonomia finanziaria regionale, oltre che nell'autonomia organizzativa della regione medesima.
P.Q.M.
Si conclude affinche' piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 300, 360, 361, 362, 364 e 365, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per violazione degli articoli 5, 97, 117 terzo e quarto comma, 118, 119, primo, secondo e quarto comma, e 120 della Costituzione.
Si deposita la deliberazione della giunta regionale n. 234 del 25 febbraio 2019 di autorizzazione a stare in giudizio.
Firenze-Roma, 28 febbraio 2019
Avv. Bora