RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 Marzo 2005 - 8 Marzo 2005 , n. 35

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'8 marzo 2005 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 13 del 30-3-2005 )

Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 346 del 25
febbraio 2005 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura
speciale del 28 febbraio 2005, n. rep. 26282 (doc. 2), rogata dal
dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della provincia,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di Roma, con domicilio eletto presso l'avv. Manzi, in Roma, via
Confalonieri, 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2005), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31
dicembre 2004 - Suppl. ord. - n. 192; per violazione degli articoli
8, n. 1, 9, n. 10, e 16 dello Statuto di autonomia; dell'art. 117,
comma 4 e 6, Cost., in relazione all'art. 10 legge costituzionale
n. 3/2001; del d.P.R. n. 474/1975, con particolare riferimento
all'art. 2; dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992; dei principi di legalita'
sostanziale e di leale collaborazione.

F a t t o

Il presente ricorso si riferisce ad uno solo dei 572 commi che
compongono l'unico articolo della legge finanziaria per il 2005, e
precisamente il comma 169.
Esso stabilisce quanto segue.
«Al fine di garantire che l'obiettivo del raggiungimento
dell'equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia
conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute,
ferma restando la disciplina dettata dall'articolo 54 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni gia' definite dal decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33
dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni, anche al fine di
garantire che le modalita' di erogazione delle stesse siano uniformi
sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate
per il Servizio sanitario nazionale, con regolamento adottato ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, dal
Ministro della salute, che si avvale della commissione di cui
all'articolo 4-bis comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112,
sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di
processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli
essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano». Lo stesso comma aggiunge che «con la medesima procedura
sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi
alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario
nazionale», e che «in fase di prima applicazione gli standard sono
fissati entro il 30 giugno 2005».
Dunque, il contenuto essenziale di tale disposizione e' la
previsione che con regolamento siano fissati dal Ministro della
salute, da un lato, le tipologie di assistenza ed i servizi, relativi
alle aree di offerta individuate dal vigente piano sanitario
nazionale, dall'altro gli standard qua1itativi, strutturali,
tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di
cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza
Stato-regioni.
E' anche da tener presente che il comma 569 della legge
n. 311/2004 contiene una clausola di salvaguardia delle competenze
delle autonomia speciali: e' infatti stabilito che «le disposizioni
della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti».
Nella materia dell'assistenza sanitaria la Provincia di Trento
dispone di competenza legislativa concorrente e delle relative
funzioni amministrative ex art. 9, n. 10, ed art. 16 dello Statuto.
Per quanto riguarda l'organizzazione sanitaria, sembra pacifico che
la potesta' legislativa regionale ha assunto carattere pieno dopo la
legge costituzionale n. 3/2001, come e' stato confermato dallo stesso
Ministro della salute (circolare n. 1/2002: doc. 3) e da codesta
Corte (sent. n. 510/2002, punto 4 del Diritto). Tale potesta', salvi
i profili ordinamentali (di competenza della Regione Trentino-Alto
Adige), si estende anche alla Provincia di Trento ex art. 10 legge
costituzionale n. 3/2001; del resto, la provincia dispone di
competenza primaria anche nella materia dell'ordinamento degli uffici
provinciali (art. 8, n. 1, Statuto), estesa alle aziende sanitarie ex
art. 2, comma 3, d.P.R. n. 474/1975 («Le competenze provinciali
relative allo stato giuridico ed economico del personale addetto alle
istituzioni ed enti di cui al secondo comma sono esercitate nei
limiti previsti dallo statuto»).
Con il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, sono state, appunto, emanate
le Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto
Adige in materia di igiene e sanita'. L'art. 2 di tali norme dispone
che «alle province autonome competono le potesta' legislative ed
amministrative attinenti al funzionamento ed alla gestione delle
istituzioni ed enti sanitari», e che «nell'esercizio di tali potesta'
esse devono garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza
igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi
previsti dalle normative nazionale e comunitaria».
Il riferimento, contenuto nel comma 169, al «fine di garantire
che le modalita' di erogazione delle stesse siano uniformi sul
territorio nazionale» e ai «livelli essenziali di assistenza» induce
a ritenere che lo Stato consideri applicabile il regolamento previsto
dallo stesso comma 169 in tutte le regioni. Naturalmente, qualora
fosse possibile interpretare la disposizione impugnata nel senso che
in relazione ad essa operi la clausola di salvaguardia di cui al
comma 569, verrebbero meno le ragioni di doglianza della Provincia.
Tale interpretazione potrebbe apparire tanto piu' plausibile in
quanto lo stesso comma 169 enuncia tra le sue ragioni la coerenza con
le «le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale»:
laddove la Provincia autonoma di Trento non partecipa di tale
programmazione, da quando l'art. 34, comma 3, legge n. 724/1994, ha
stabilito che «la Regione Valle d'Aosta e le Province autonome di
Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario
nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del
bilancio dello Stato».
Ove invece, come appare, la norma intenda direttamente riferirsi
anche alla ricorrente provincia, essa risulta costituzionalmente
illegittima per violazione della competenza costituzionale della
Provincia autonoma di Trento per le seguenti ragioni di

D i r i t t o

I livelli essenziali di assistenza m materia sanitaria sono stati
definiti dal d.P.C.m. 29 novembre 2001, ai sensi dell'art. 1 d.lgs.
n. 502/1992 e dell'art. 6 d.l. n. 347/2001, sulla baso dell'Accordo
tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, sancito in data 22 novembre 2001 dalla Conferenza
Stato-regioni.
L'art. 54 della legge n. 289/2002 ha confermato i livelli
essenziali di cui al d.P.C.m. 29 novembre 2001 e ha ribadito il
principio dell'accordo che governa questa materia: infatti, dal comma
3 dell'art. 54 risulta che «la individuazione di prestazioni che non
soddisfano i principi e le condizioni stabiliti dall'articolo 1,
comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992. n. 502, e
successive modificazioni, nonche' le modifiche agli allegati
richiamati al comma 2 del presente articolo sono definite con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano».
Oltre che al principio di leale collaborazione, la determinazione
dei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) e' soggetta al
principio di legalita' sostanziale. Poiche' tale determinazione
vincola l'autonomia legislativa ed amministrativa regionale in
materia di assistenza sanitaria, l'atto amministrativo che definisce
i livelli deve basarsi su una disciplina di base di rango
legislativo, per le medesime ragioni che assoggettavano al principio
di legalita' sostanziale, nel vigore del vecchio Titolo V, l'adozione
degli atti di indirizzo e coordinamento.
Cio' e' stato confermato dalla sent. n. 88/2003 di codesta Corte,
nella quale, constatato che l'inserimento nel secondo comma
dell'art. 117 del nuovo Titolo V della Costituzione, fra le materie
di legislazione esclusiva dello Stato, della «determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»
attribuisce al legislatore statale un fondamentale strumento per
garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento
sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema
caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale
decisamente accresciuto», si riconosce che «la conseguente forte
incidenza sull'esercizio delle funzioni nelle materie assegnate alle
competenze legislative ed amministrative delle regioni e delle
province autonome impone evidentemente che queste scelte, almeno
nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato con legge, che
dovra' inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali
per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si
rendano necessarie nei vari settori».
Ora, la norma qui impugnata prevede, da un lato, la
determinazione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici,
di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai
livelli essenziali di assistenza, «anche al fine di garantire che le
modalita' di erogazione delle stesse [prestazioni previste dal
d.P.C.m. 29 novembre 2001] siano uniformi sul territorio nazionale»,
dall'altro prevede che siano «individuati le tipologie di assistenza
e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente
Piano sanitario nazionale».
Mentre le tipologie di assistenza ed i servizi rientrano
nell'ambito degli «standard minimi» di cui all'art. 2 d.P.R.
n. 474/1975, gli «standard qualitativi, strutturali, teonologici, di
processo e possibilmente di esito, e quantitativi» attengono, appunto
alle «modalita' di erogazione» delle prestazioni ed eccedono l'ambito
dei poteri statali. L'uniformita' voluta dall'art. 2 d.P.R.
n. 474/1975 riguarda i tipi di prestazioni, cioe' il servizio
specifico che la struttura sanitaria deve garantire in relazione alle
varie patologie, ma non le «modalita' di erogazione» delle
prestazioni, le quali non possono che essere stabilite nell'ambito
della propria autonomia dalla provincia, ed in questo quadro in parte
rientrare nelle stesse scelte organizzative delle strutture.
Richiedere l'uniformita' nelle modalita' di erogazione delle
prestazioni significa annullare l'autonomia provinciale in materia di
organizzazione del servizio sanitario, mentre, al contrario, come
gia' accennato, codesta Corte e lo stesso Ministero della salute
hanno riconosciuto che, dopo il 2001, l'autonomia regionale in
materia di organizzazione del servizio sanitario e' particolarmente
ampia.
Dunque, il comma 169, prima parte, risulta illegittimo, in primo
luogo, in quanto esorbita dai limiti del potere statale di
determinazione degli standard minimi delle prestazioni sanitarie,
invadendo l'autonomia legislativa ed amministrativa provinciale in
materia di assistenza sanitaria ed organizzazione del relativo
servizio (artt. 8, n. 1, 9, n. 10, e 16 dello Statuto; art. 117,
comma 4, Cost. e art. 10 legge costituzionale n. 3/2001; artt. 1 e 2
d.P.R n. 474/1975).
Si noti che, al di fuori della determinazione degli standard
minimi, lo stesso uso del potere regolamentare non ha giustificazione
costituzionale, per cui il comma 169, prima parte, viola anche
l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992 (sia perche' prevede un regolamento in
materia provinciale sia perche' ne presuppone la diretta
applicabilita) e l'art. 117, comma 6, Cost. (in relazione all'art. 10
legge costituzionale n. 3/2001).
In ogni modo, se anche fosse ammesso in astratto l'uso del
potere regolamentare, sia la prima che la seconda frase
risulterebbero illegittime per violazione del principio di legalita'
sostanziale, in quanto la determinazione delle tipologie di
assistenza, dei servizi e degli standard qualitativi, strutturali,
tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di
cui ai livelli essenziali di assistenza e' demandata al regolamento
ministeriale senza che la legge detti alcuna disciplina di base
idonea a circoscrivere il potere normativo secondario (v. supra e, in
particolare, la sent. n. 88/2003).
E' inoltre violato dal comma 169 il principio di leale
collaborazione, in quanto esso prevede il solo parere della
Conferenza Stato-regioni, in luogo dell'intesa richiesta dal d.l.
n. 347/2001 e dall'art. 54 legge n. 289/2002. La previsione del solo
parere non risulta sufficiente, data la forte incidenza della
determinazione dei livelli essenziali sull'autonomia regionale e
provinciale in materia sanitaria e dato che sono proprio le regioni e
le province autonome, attraverso le ASL, a dover poi garantire
l'erogazione delle prestazioni di cui ai LEA.
Nella stessa prospettiva, la sent. n. 31/2005 ha stabilito che,
per quanto l'oggetto delle norme in quel caso impugnate «sia
riconducibie... alla materia del «coordinamento informativo
statistico e informatico» di spettanza esclusiva del legislatore
statale, lo stesso presenta un contenuto precettivo idoneo a
determinare una forte incidenza sull'esercizio concreto delle
funzioni nella materia dell'«organizzazione amministrativa delle
regioni e degli enti locali»», e «cio' rende necessario garantire un
piu' incisivo coinvolgimento di tali enti nella fase di attuazione
delle disposizioni censurate mediante lo strumento dell'intesa»: da
qui la illegittimita' costituzionale della norma impugnata, «nella
parte in cui prevede che sia «sentita la Conferenza unificata»
anziche' che si raggiunga con la stessa Conferenza l'intesa».
Con riferimento alla Provincia autonoma di Trento, poi, la
necessita' dell'intesa (sempre se si ritenga che l'atto sia destinato
a vincolarla) risulta ancora piu' chiara, dato che, in base
all'art. 34, comma 3, legge n. 724/1994, «la Regione Valle d'Aosta e
le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento
del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza
alcun apporto a carico del bilancio dello Stato utilizzando
prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad esse
attribuiti dall'articolo 11, comma 9, del d.Igs. 30 dicembre 1992,
n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, e, ad
integrazione, le risorse dei propri bilanci».
Sarebbe infatti paradossale che la ricorrente provincia si
trovasse a subire scelte statali che determinano conseguenze
finanziarie a proprio esclusivo carico, per la cui copertura essa -
al contrario delle altre regioni - non potrebbe in alcun caso contare
su un intervento statale, senza neppure la possibilita' di
partecipare alla necessaria intesa in Conferenza Stato-regioni.

P. Q. M.
Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 169, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, recante disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005),
per le parti e sotto i profili illustrati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 28 febbraio 2005
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

Menu

Contenuti