Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 28 febbraio 2012 (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri). 
 
 
  (GU n. 14 del 04.04.2012 ) 



    Ricorso nell'interesse del Presidente del. Consiglio dei Ministri pro tempore (cod. fiscale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ...), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, cod. fiscale ..., presso i cui uffici  in  Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, numero  fax  ..., indirizzo PEC ...:
    Nei confronti della Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti  articoli  della  Legge Provinciale 21 dicembre 2011, n. 15,  recante  «Disposizioni  per  la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  2012  e
per il triennio 2012 - 2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
        art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998,  n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione  con  l'assestamento  del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998  e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6; 
        art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
        art. 9 («Modifica della legge provinciale 14  febbraio  1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
        art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5,  "Obiettivi  formativi  generali  ed  ordinamento   della   scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
        art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
        art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione  di  acque  pubbliche  e  di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
        art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992,  a 10,  "Riordinamento  della  struttura  dirigenziale  della  Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
        art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997,  n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
in virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in  data  14 febbraio 2012.
    La Provincia Autonoma di' Bolzano ha emanato la legge Provinciale indicata in epigrafe,  costituente  la  Legge  Finanziaria  dell'ente territoriale autonomo per l'anno 2012. Alcune delle norme della Legge Provinciale in questione  non  risultano  in  linea  con  i  principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative ed amministrative tra Stato e Regioni; per tale motivo  il  Consiglio dei Ministri ha ritenuto di doverle impugnare, cd a tanto in  effetti si provvede mediante il presente ricorso.
1. Art. 2, comma 6: contrasto con l'art. 117,  secondo  comma,  lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
    L'art. 2, comma 6, della L.P. n. 15/2011,  ha  introdotto  l'art. 21-quinquiesdecies  alla  L.P.  n.  9/1998   (recante   «Disposizioni finanziarie  in  connessione  con  l'assestamento  del  bilancio   di previsione della provincia per  l'anno  finanziario  1998  e  per  il triennio 1998-2000 e  norme  legislative  collegate»),  del  seguente testuale tenore: «L'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni  contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli  a motore, esclusi  i  ciclomotori,  al  netto  del  contributo  di  cui all'art. 6, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre  1991, n. 419, e' ridotta di 3 punti percentuali per i versamenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2012».
    La disposizione prevede dunque che, a decorrere  dal  1°  gennaio 2012,  l'aliquota  della  imposta  sulle  assicurazioni   contro   la responsabilita' civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a motore, esclusi i ciclomotori, sia ridotta di tre punti  percentuali:
essa consiste  pertanto  in  una  modificazione  dell'aliquota  della menzionata imposta, eccedente rispetto a quanto in materia di tributi consentito  all'ente  provinciale  dallo  Statuto  speciale  per   il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), ed al  contempo  impingente la  competenza  esclusiva  dello  Stato  in   materia   di   «sistema tributario» (lett. e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.
    In particolare l'art. 17, commi 1 e  2,  del  d.lgs.  n.  68/2011 («Disposizioni in materia di autonomia di  entrata  delle  regioni  a statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», attuativo del c.d.  federalismo  fiscale  di  cui  alla  legge  n.  42/2009),   nel disciplinare l'imposta  in  questione,  consente  oggi  -  merce'  il richiamo ai soli commi 2, 3 e 5 dell'art. 60 del d.lgs. n. 446/1997 - la modifica delle aliquote alle sole regioni a statuto ordinario.
    L'esclusione delle regioni a statuto speciale  e  delle  province autonome  dal  meccanismo  normativo  in  questione,  e  quindi  alla possibilita' di incidere  sulle  aliquote  dell'imposta  de  qua,  e' confermata dalla circostanza che il comma 5 del  richiamato  art.  17 del d.lgs.  n.  68/2011  contemplava,  in  origine,  anche  gli  enti regionali a  statuto  speciale  e  quelli  provinciali  di  Trento  e Bolzano,  ma  il  relativo  riferimento  e'  stato  recentissimamente abrogato dall'art. 28, comma 11-bis, del  decreto-legge  n.  201/2011 (convertito con legge n. 214/2011).
    Pertanto,   l'intervento   della   Provincia    sulle    aliquote dell'imposta in discorso risulta violativo dell'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che consente  alle Province Autonome di modificare aliquote fiscali solo  «relativamente
ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilita'».
2. Art. 7, comma 4: contrasto con gli articoli 117,  terzo  comma,  e 119 Cost.
    L'art. 7, comma 4, della L.P. n. 15/2011, dispone  quanto  segue:
«Concorrono  a   determinare   l'obiettivo   complessivo   di   saldo finanziario   dei   comuni   le   economie   di   spesa    risultanti dall'istituzione  di  unioni  di  comuni  e   da   altre   forme   di collaborazione fra comuni per l'esercizio  di  servizi  di  interesse generale, che vengono fissati nell'ambito dell'accordo animale  sulla finanza locale ai sensi  dell'art.  12  della  legge  provinciale  14 febbraio 1992, n. 6, e successive modifiche».
    Le economie di spesa cui la norma  provinciale  fa  menzione  non sono quantificabili a priori e non  possono  utilmente  concorrere  a determinare l'obiettivo complessivo di saldo finanziario dei  comuni: pertanto tale disposizione risulta in contrasto  con  i  principi  di coordinamento  della  finanza   pubblica   (oggetto   di   competenza legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.), il quale costituisce anche parametro di  legittimita'  costituzionale ai sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost..
    Giova al riguardo rammentare che la giurisprudenza costituzionale ha oramai consolidatamente acceduto ad una «nozione ampia di principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»,  mettendo altresi'  in  rilievo  "il  carattere  «finalistico»  dell'azione  di coordinamento e, quindi,  l'esigenza  che  «a  livello  centrale»  si possano collocare anche «i poteri  puntuali  eventualmente  necessari perche'  la  finalita'   di   coordinamento»   venga   «concretamente realizzata»" (cfr. sentenza 22 luglio 2011, n. 229, nonche'  sentenza 30 dicembre 2003, n. 376, ivi menzionata).
3. Art. 9, comma 1: contrasto con l'art. 117,  secondo  comma,  lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
    L'art. 9, comma l,  della  L.P.  n.  15/2011,  nell'ambito  della riformulazione  dell'art.   1   della   L.P.   n.   6/1992   (recante «Disposizioni in materia di finanza locale»),  vi  ha  introdotto  il seguente inciso (terzo periodo): «Fermo restando il termine  previsto dall'ordinamento  regionale  per  l'approvazione  del   bilancio   di previsione dei  comuni,  questi  possono  adottare  provvedimenti  in materia tributaria e tariffaria anche dopo l'adozione del bilancio di previsione, limitatamente alle materie sulle quali  sono  intervenute modificazioni legislative per l'anno  di  riferimento,  ovvero  altri atti normativi che  incidono  sulle  modalita'  di  applicazione  del tributo o della tariffa».
    Anche  tale  disposizione  eccede   la   competenza   legislativa provinciale in materia di tributi prevista dall'art. 73 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige  (D.P.R.  n.  670/1972),  dianzi richiamato, ed al contempo invade la competenza legislativa esclusiva
dello Stato in materia di «sistema tributario» di cui  alla  lett  e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.:  sono  invero  pacificamente  da ritenersi ricompresi tra i «provvedimenti  in  materia  tributaria  e tariffaria» anche le modifiche  di  aliquote  e  tariffe  di  tributi locali. In effetti, la esposta disposizione della  Legge  Provinciale si pone in contrasto con la norma derivante  dal  combinato  disposto degli articoli 53 della  Legge  n.  388/2000  e  151  del  d.lgs.  n. 267/2000  (c.d.  T.U.E.L.),  il  quale  prescrive  in   sostanza   la necessaria simultaneita' tra la  fissazione  di  aliquote  fiscali  e tariffe ed il termine fissato per la deliberazione  del  bilancio  di previsione degli enti locali. Se infatti da un lato  l'art.  151  del T.U.E.L. prevede, in termini generali, che gli enti locali deliberino entro il 31 dicembre di ogni  anno  il  bilancio  di  previsione  per l'anno successivo,  osservando  i  principi  di  unita',  annualita', universalita' ed  integrita',  veridicita',  pareggio  finanziario  e pubblicita', il comma 16 dell'art. 53 della legge n. 388/2000 precisa che «il termine per deliberare le aliquote e le tariffe  dei  tributi locali, compresa l'aliquota dell'addizionale  comunale  all'IRPEF  di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 28  settembre  1998, n. 360, recante istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF,  e successive modificazioni, e le tarme  dei  servizi  pubblici  locali, nonche' per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli  enti locali, e' stabilito entro la data fissata da norme  statali  per  la deliberazione del bilancio di previsione (...)».
    In buona sostanza, quindi, le  modalita'  prescelte  nella  Legge Provinciale per  «adottare  provvedimenti  in  materia  tributaria  e tariffaria»,  ossia  «anche   dopo   l'adozione   del   bilancio   di previsione», e seppure «limitatamente alle materie sulle  quali  sono intervenute modificazioni  legislative  per  l'anno  di  riferimento, ovvero  altri  atti  normativi  che  incidono  sulle   modalita'   di applicazione del tributo o della tariffa», esorbitano dai limiti  con cui la legge  dello  Stato  prevede  la  possibilita'  di  modificare
aliquote fiscali relative a tributi erariali (cfr. il citato art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
4. Art. 17, comma 1: contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.
    4.1 L'art. 17, comma 1, della LP. n. 15/2011 introduce  anzitutto l'art. 1-ter alla  precedente  L.P.  n.  5/2008  (recante  «Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola  dell'infanzia  e  del primo ciclo di istruzione»), del seguente tenore:
    «Art. 1-ter - Calendario scolastico.
    1. L'anno scolastico ha inizio il 1° settembre e  termina  il  31 agosto dell'anno successivo.
    2.   L'attivita'   educativa   nelle   scuole   dell'infanzia   e l'insegnamento nelle scuole del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione della Provincia devono  comprendere  almeno  34  settimane nell'anno scolastico.
    3. La  Giunta  provinciale  definisce  l'inizio,  la  fine  e  le interruzioni dell'attivita' educativa nelle  scuole  dell'infanzia  e dell'insegnamento  nelle  scuole  del  primo  e  secondo   ciclo   di istruzione   e   formazione   ed   emana    direttive    in    ordine all'articolazione  dell'orario  delle  lezioni  e   alle   iniziative parascolastiche, compresi gli scambi degli alunni e delle alunne».
    Il comma 3 del suddetto nuovo art. 1-ter, il quale - come visto - consente alla Giunta  Provinciale  di  emanare  direttive  in  ordine all'articolazione dell'orario delle lezioni scolastiche, e quindi, in sostanza, di incidere sul principio dell'autonomia scolastica fissato e disciplinato dal D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 («Regolamento  recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art.  21  della  legge  15  marzo  1997,   n.   59»),   esorbita vistosamente dalla competenza legislativa concorrente delle  Province Autonome in materia di «istruzione elementare  e  secondaria  (media, classica,  scientifica,  magistrale,   tecnica,   professionale,   ed artistica)» di cui all'art. 9, n. 2), dello Statuto speciale  per  il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
    La previsione appare infatti distonica  rispetto  all'evidenziato principio generale di autonomia delle istituzioni scolastiche, che si pone come principio fondamentale di settore ai sensi del terzo  comma dell'art. 117 Cost..
    Tra l'altro,  con  specifico  riguardo  all'articolazione  oraria delle lezioni, l'art. 4, comma 2, del  cennato  D.P.R.  n.  275/1999, dispone  con  grande  chiarezza  che  «nell'esercizio  dell'autonomia didattica   le   istituzioni    scolastiche    regolano    i    tempi dell'insegnamento e dello  svolgimento  delle  singole  discipline  e attivita' nel modo piu' adeguato al tipo  di  studi  e  ai  ritmi  di apprendimento degli alunni», prevedendo altresi' la  possibilita'  di «adottare tutte le forme di flessibilita' che ritengono  opportune  e tra l'altro: a) l'articolazione modulare del  monte  ore  annuale  di ciascuna disciplina  e  attivita';  (...)»:  chiare  espressioni  del principio di autonomia didattica degli istituti scolastici, il  quale potrebbe essere compresso dall'intervento  «direttivo»  della  Giunta
Provinciale di cui alla censurata norma.
5. Art. 17, comma 1, ed art. 18, comma 2: contrasto con  l'art.  117, secondo comma, lett. m) ed n), e terzo comma, Cost. 
     Per  altro  verso,  la  lesivita'  della  innovazione   normativa apportata dall'impugnato art. 17, comma 1,  della  L.P.  n.  15/2011, emerge anche dal suo combinato disposto con il  successivo  art.  18, comma 2, della medesima L.P. n. 15/2011, il  quale  a  propria  volta modifica l'art. 7 della L.P. n. 12/2009,  riguardante  per  l'appunto l'autonomia organizzativa delle scuole, abrogando dal relativo  comma 4 il seguente inciso: «(...) fermo restando il rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e  attivita'  obbligatorie nonche' l'articolazione delle lezioni in non meno  di  cinque  giorni settimanali».
    In buona sostanza, la soppressione dell'inciso  sopra  trascritto e' suscettibile di comportare, insieme con  il  potere  di  direttiva sull'orario  scolastico  attribuito  alla  Giunta  Provinciale   gia' autonomamente censurato, di  svincolare  la  Provincia  Autonoma  dal rispetto del monte ore minimo in materia di istruzione definito dallo Stato, nonche' l'articolazione delle lezioni in almeno cinque  giorni settimanali; il che contrasta - con  ogni  evidenza  -  con  svariati principi emergenti dalla legislazione statale:
        anzitutto con l'art. 17, comma  1,  del  D.Lgs.  n.  276/9005 (recante «Norme  generali  e  livelli  essenziali  delle  prestazioni relativi al secondo ciclo  del  sistema  educativo  di  istruzione  e formazione, a norma dell'art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53»), a mente del quale «le  Regioni  assicurano,  quali  livelli  essenziali dell'orario  minimo  annuale  e   dell'articolazione   dei   percorsi formativi, un orario complessivo obbligatorio dei percorsi  formativi di almeno 990 ore annue»;
        ancora, con gli articoli 3 e 10  del  D.Lgs.  n.  59/2004,  i quali disciplinano l'orario e le  attivita'  educative  e  didattiche della scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione;
        dipoi con gli articoli da 4 a 9  del  D.P.R.  n.  89/2010,  i quali disciplinano - a livello regolamentare  nazionale  -  il  piano dell'offerta formativa e l'orario annuale  delle  attivita'  e  degli insegnamenti obbligatori dei licei (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane).
    E' invero appena il caso di segnalare che le norme  statali,  nel definire per  ogni  ordine  e  grado  di  scuola,  il  monte  ore  di insegnamento, fissano le «norme  generali  ed  i  livelli  essenziali delle prestazioni in materia di istruzione»  (cfr.  Corte  cost.,  15
luglio 2005, n. 279, nonche' Corte cost., 2 luglio 2009, n. 200).
    Pertanto  la  innovazione  normativa  emergente   dal   segnalato combinato disposto delle due norme provinciali -  oltre  che  violare l'autonomia  scolastica,  tutelata  come  principio  fondamentale  di settore ai sensi  del  terzo  comma  dell'art.  117  Cost.  -  incide indebitamente anche sulla competenza legislativa esclusiva statale in materia di «determinazione dei livelli essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e di «norme generali sull'istruzione», di cui  rispettivamente  alle  lett.  m)  ed  n)  del  secondo  comma dell'art. 117 Cost..
6. Art. 24; contrasto con l'art. 117, primo comma  e  secondo  comma, lett. e), l) ed s), Cost.
    6.1 L'art. 24 della L.P. n. 15/2011 incide, in maniera variamente articolata, sulla previgente disciplina  provinciale  in  materia  di utilizzazione  di  acque   pubbliche   e   di   impianti   elettrici, segnatamente apportando modifiche alla L.P. n. 7/2005 (recante «Norme in  materia  di  utilizzazione  di  acque  pubbliche  e  di  impianti elettrici»).
    In proposito, in termini affatto generali in  argomento,  occorre precisare che, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn. 5), 10) e 14) dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972),  la Provincia Autonoma di Bolzano ha competenza legislativa  primaria  in materia di urbanistica, edilizia, miniere, comprese le acque minerali e termali, mentre ai sensi dei nn. 9) e 10) del successivo art. 9 del medesimo Statuto,  essa  ha  competenza  legislativa  concorrente  in materia di utilizzazione delle acque  pubbliche,  escluse  le  grandi derivazioni a scopo idroelettrico, nonche' in  materia  di  igiene  e sanita'.
    Le esplicitate competenze legislative provinciali devono comunque svolgersi con i limiti esplicitati agli articoli 4 e 5  del  medesimo Statuto, ovvero (per  la  competenza  primaria)  in  armonia  con  la Costituzione  formale  e  con  i  principi   dell'ordinamento   della Repubblica,  nel  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli interessi  nazionali  e   delle   norme   fondamentali   di   riforma economico-sociale  della  Repubblica,  nonche'  (per  la   competenza concorrente) nei limiti dei principi stabiliti da leggi statali.
    Con specifico  riguardo  alla  materia  ambientale,  secondo  una consolidata  giurisprudenza  costituzionale  (cfr.  Corte  cost.,  14 novembre 2007, n. 378), essa rientra oggi nell'ambito  di  competenza legislativa esclusiva dello Stato ai  sensi  dell'art.  117,  secondo comma, lett. s), Cost. («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e  dei beni culturali»): il concetto di «ambiente» va quindi riguardato come un'entita'  organica  ed  onnicomprensiva,  ricomprendente  anche  le singole componenti  della  materia,  quale  la  tutela  delle  acque.
D'altronde, la disciplina unitaria e complessiva del bene  «ambiente» afferisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale  primario (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151) ed assoluto  (Corte  cost.,  28 maggio 1987, n. 210), ed e' chiamata a garantire un  elevato  livello di tutela, imposto anche a livello  comunitario,  non  derogabile  da discipline di settore.
    Pertanto, la disciplina statale di tutela dell'ambiente come bene complessivo ed  unitario,  nei  termini  appena  rimarcati,  viene  a prevalere  anche  su  quella  dettata  dalle  Regioni  (ordinarie   o speciali) o dalle Province Autonome, costituendo limite all'esercizio delle competenze legislative regionali e provinciali (Corte cost.,  4 dicembre   2009,   n.   315,   nonche'    ulteriore    giurisprudenza costituzionale ivi menzionata).
    Sulla  scorta  di  quanto  appena  detto,  si  ritiene   che   le innovazioni in subiecta materia apportate dall'art. 24 della  LP.  n. 15/2011 invadano competenze legislative  esclusive  dello  Stato,  in relazione alle lett. e), l) ed  s),  dell'art.  117,  secondo  comma,
Cost., nei termini che di seguito si vanno a precisare.
    6.2 In primo luogo, l'art. 24, comma 1, della  L.P.  n.  15/2011, sostituisce il comma 5  dell'  art.  3  della  L.P.  n.  7/2005,  nei seguenti termini: «Non possono avere ulteriore corro  le  domande  di concessione per impianti alimentati da fonti rinnovabili contrarie al
buon regime delle acque e del  suolo  e  alle  normative  vigenti  in materia di tutela  dell'ambiente,  di  tutela  del  paesaggio  e  del patrimonio storico-artistico, dei masi chiusi e degli altri interessi generali.  Il  titolo  comprovante  la  disponibilita'   delle   aree
interessate ai fini della  realizzazione  degli  interventi  predetti puo'  essere  presentato  in  ogni  momento.  Ai  fini  della   legge provinciale 15 aprile 1991,  n.  10,  e  successive  modifiche,  sono considerate di pubblica utilita' le opere per  impianti  con  potenza nominale superiore a 3 MW».
    La formulazione della norma appare  piuttosto  vaga  e  generica, allorche'  non  fornisce  una  chiara  individuazione  semantica  del concetto di «buon  regime  delle  acque  e  del  suolo»,  attribuendo all'amministrazione    concedente    un    eccessivo    margine    di discrezionalita' nelle decisioni relative alla procedibilita' o  meno delle domande di concessione prese in esame:  il  che  e'  giocoforza incompatibile con la evidenziata competenza  statale  in  materia  di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
    6.3 Il successivo comma 2 dell'art.  24  della  L.P.  n.  15/2011 sostituisce poi il comma 1 dell'art. 16 della gia' richiamata L.P. n. 7/2005, in termini peraltro praticamente identici alla modifica  gia' ivi operata con l'art. 2, comma 10, della L.P. n. 4/2011.
    Tale innovazione normativa apportata con la L.P.  n.  4/2011,  e' stata gia'  fatta  oggetto  di  apposita  impugnativa  costituzionale statale (ricorso n. 87/2011, con udienza pubblica di discussione  che risulta fissata per il 20 marzo 2012) in quanto, disponendo  ex  lege il rinnovo trentennale delle concessioni  di  derivazione  idrica  in questione, ed escludendone pertanto l'assoggettamento alla  procedura di Valutazione di Impatto Ambientale  (c.d.  V.I.A.)  prescritta  dal D.Lgs. n. 152/2006, si e' posta in evidente contrasto con l'art. 117, comma 1 e comma 2, lett. e), Cost., intervenendo  in  un  ambito,  la tutela  della  concorrenza,  di  esclusiva   competenza   legislativa statale.  Si  trascrive  di  seguito  il  tenore  della  censura   in quell'occasione  mossa:  «La  disposizione  contenuta  nel  comma  10 dell'art. 2, prevede il rinnovo automatico trentennale  di  tutte  le concessioni alla loro scadenza, sia pur nei limiti ivi  indicati,  ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, il cui  regime  e' disciplinato dal predetto successivo art. 3. 
    La suddetta norma, nel disporre ex lege  il  rinnovo  trentennale delle concessioni viola l'art. 117, comma 1, e l'art. 117,  comma  2, lett. e) Cost., in  quanto  si  pone  in  contrasto  con  i  principi dell'ordinamento comunitario e le leggi statali in materia di  tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale.
    Inoltre  tale  disposizione  non  subordina  il   rinnovo   delle concessioni di derivazione dell'acqua alla procedura  di  Valutazione di Impatto Ambientale per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua, come di contro previsto dal d.lgs. n. 152/2006  (Allegati alla parte II), ed in particolare dall'Allegato II, punti 13,16 e  18 e dall'Allegato III, lett. b), t),  af)  e  ag)  e  non  prevede  una verifica di assoggettabilita' a VIA per il rinnovo delle  concessioni di derivazione dell'acqua rispetto ai riferimenti normativi di cui al d.lgs. n. 152/2006 relativamente all'Allegato IV, punto 1, lett. d) e all'Allegato IV punto 7, lett. d), m), o) e punto 8, lettera t).
    La norma provinciale si pone pertanto in contrasto con la  citata normativa statale vigente e viola, pertanto,  l'art.  117,  comma  2, lett. s),  Cost.,  ai  sensi  del  quale  lo  Stato  ha  legislazione esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
    Con particolare riguardo a quest'ultimo punto si  rileva  che  in tema di autorizzazioni «postume», la giurisprudenza  della  Corte  di giustizia   dell'Unione   europea   appare   ispirata    a    criteri particolarmente  rigorosi  (sentenza  3  luglio  2008,   procedimento C-215/06), essendosi ribadito che, a livello di processo  decisionale e'  necessario  che  l'autorita'  competente  tenga  conto  il  prima possibile delle eventuali  ripercussioni  sull'ambiente  di  tutti  i processi  tecnici  di  programmazione  e  di  decisione,   dato   che
l'obiettivo consiste nell'evitare  fin  dall'inizio  inquinamenti  ed altre perturbazioni, piuttosto che  nel  combatterne  successivamente gli effetti».
    Il che suona difficilmente compatibile con  un  sistema  che  non prevedeva (o poteva non prevedere) l'obbligo della VIA, ne'  all'atto della  adozione  del  provvedimento  autorizzatorio,  ne'  alla   sua scadenza, posto che in luogo di una «nuova» autorizzazione (o  di  un «rinnovo» della precedente), si sostituisce  ex  lege  la  perdurante validita' del vecchio titolo, senza possibilita' di verificare se,  a causa dell'esercizio della relativa (e  legittima)  attivita',  possa essersi cagionato o meno un danno per l'ambiente.
    In sostanza, da un lato,  nessun  elemento  normativo  garantisce (ma,  anzi,  tutto  sembra  deporre  per   il   contrario)   che   le autorizzazioni in  corso  di  «esercizio»  (originario  o  prorogato) fossero state - ab origine o in sede  di  proroga  -  assoggettate  a valutazione di impatto ambientale; dall'altro, il  perdurante  regime normativo di mantenimento dello status  quo  cristallizza,  ex  lege, l'elusione dell'obbligo e, con esso, attraverso il  meccanismo  della legge-provvedimento, il mancato rispetto della normativa statale».
    6.4 La formulazione della disposizione normativa  provinciale  in questione, per come rinnovata dall'art. 24 della L.P. n.  15/2011  in termini sostanzialmente identici  a  quella  previgente,  reitera  la violazione costituzionale gia' lamentata.
    Essa dispone invero oggi  nei  seguenti  termini:  «Nel  rispetto delle procedure ad evidenza  pubblica  e  previo  espletamento  della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa  verifica  di assoggettabilita' a VIA, tutte le  concessioni,  ad  eccezione  delle concessioni a scopo idroelettrico, alla loro scadenza sono  rinnovate per un periodo di 30 anni, fatta salva la fissazione  di  un  termine piu' breve ai fini dell'esame di misure  necessarie  al  buon  regime delle acque e per minimizzare l'impatto ambientale, a condizione  che sussistano i seguenti presupposti: non osti  un  superiore  interesse pubblico, persistano i fini  della  derivazione  e  l'utenza  sia  in esercizio e non  sia  contraria  al  buon  regime  delle  acque,  gli impianti siano conformi allo  stato  della  tecnica  e,  in  caso  di acquedotti  potabili,  il  comune   acconsenta   alla   continuazione
dell'esercizio ai sensi  dell'art.  13  della  legge  provinciale  18 giugno 2002, n. 8, e successive modifiche».
    In buona sostanza, quindi, essa ripropone il rinnovo  trentennale delle concessioni di derivazione idrica, ad  eccezione  di  quelle  a scopo  idroelettrico  (disciplinate  dal  successivo  art.  3   della medesima  L.P.  n.  4/2010),  a  condizione  della   ricorrenza   dei presupposti ivi specificati. La modifica apportata  con  la  L.P.  n. 15/2011 si limita in effetti ad inserire un  inciso  in  premessa  al comma 1 dell'art. 16  della  L.P.  n.  4/2011  [«Nel  rispetto  delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della  procedura di  valutazione  di  impatto  ambientale   o   previa   verifica   di assoggettabilita' a VIA (...)»], lasciando dipoi inalterato il  testo successivo.
    Risulta di tutta evidenza che, a fronte  dell'automatico  rinnovo trentennale delle  concessioni  in  scadenza,  il  mero  richiamo  al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica non vale a superare  le censure gia' mosse nei riguardi della previgente  formulazione  della norma, atteso che nel concetto  di  «rinnovo»  risulta  implicito  il fatto  che  la   concessione   permanga   in   capo   al   precedente concessionario, con vulnus  quindi  del  necessario  espletamento  di nuove procedure competitive a tutela della concorrenza nel settore. 
    Del pari,  non  soccorre  la  previsione  della  possibilita'  di prevedere un  termine  piu'  breve  della  durata  delle  concessioni (rispetto a quello precedentemente  previsto),  in  quanto  essa  non limita la lesione del principio di concorrenza negli affidamenti, ne' minimizza l'impatto ambientale che l'assegnazione  della  concessione presenta, e che deve essere comunque assoggettato alla  procedura  di V.I.A.  Sotto  tale  ultimo  riguarda,  infatti,  le   modalita'   di mitigazione dell'impatto ambientale delle concessioni, e di controllo amministrativo-ambientale  sulle  stesse,   non   puo'   che   essere perseguito   (sulla   base   delle    prescrizioni    normative    di indiscutibilmente  esclusiva  competenza   statale)   attraverso   la individuazione di  misure  idonee  -  da  fissare  nell'ambito  della procedura di V.I.A., nonche' in sede di definizione nel  disciplinare di concessione delle modalita' di prelievo e restituzione delle acque - e non gia' mediante la  prevista  (peraltro  come  solo  eventuale) riduzione della durata temporale delle concessioni in rinnovo.
    E' pertanto indiscutibile che  la  rinnovata  formulazione  della disposizione di legge provinciale all'esame non e' affatto  idonea  a superare  le  censure  gia'  mosse  con  la  precedente   impugnativa costituzionale (formulate nell'ambito del ricorso n. 87/2011),  e  si espone ad ulteriore censura per reiterato contrasto con le  lett.  e) ed  s),   dell'art.   117,   secondo   comma,   Cost.,   in   materia rispettivamente di tutela della concorrenza e tutela dell'ambiente  e dell'ecosistema, nonche'  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  per violazione dell'ordinamento comunitario.
7. Art. 32, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lett. l), e con l'art. 117, terzo comma, Cost.
    7.1 L'art. 32, comma 1, della L.P.  n.  15/2011  ha  aggiunto  il comma 8 all'art. 14 della L.P. n. 10/1992 (recante il  «Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma  di  Bolzano»), del seguente testuale tenore: «Ai fini di un migliore coordinamento e snellimento  della  gestione  delle  materie  di  competenza  di   un componente di Giunta e dei compiti  attribuiti  nell'ambito  di  tali materie a enti strumentali della Provincia o a  societa'  controllate dalla stessa, e' consentito  il  cumulo  tra  incarichi  dirigenziali presso la Provincia e presso tali enti e societa', salvo il  rispetto
delle particolari disposizioni  per  la  copertura  delle  rispettive posizioni dirigenziale».
    La norma provinciale  consente  dunque  il  cumulo  di  incarichi dirigenziali  conferiti  dalla  Provincia  di  Bolzano  e   da   enti strumentali della stessa: cio' che si pone in contrasto con l'art. 53 del  D.Lgs.  n.  165/2001  (T.U.  sul  pubblico  impiego),  il  quale
regolamenta e limita espressamente il cumulo di impieghi e  incarichi pubblici.
    La disposizione risulta dunque in aperto contrasto con  la  lett. l) del secondo comma dell'art. 117 Cost., che assegna alla competenza legislativa  esclusiva  statale  -  tra  le  altre   -   la   materia dell'ordinamento civile, ricomprendente  anche  quello  del  pubblico
impiego c.d. «privatizzato» (cfr. la  recentissima  Corte  cost.,  22 dicembre 2011, n. 339).
    7.2 La medesima disposizione quivi censurata,  consentendo  anche il cumulo delle relative retribuzioni, risulta altresi' in  contrasto con l'art. 9, comma 1, del D.L. n. 78/2010 (convertito con  legge  n. 122/2010), a mente del quale - si rammenta - «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei  singoli  dipendenti, anche  di  qualifica  dirigenziale,  ivi  compreso   il   trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto  economico  consolidato  della  pubblica amministrazione,  come   individuate   dall'Istituto   nazionale   di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1  della  legge  31 dicembre  2009,  n.  196,  non  puo'  superare,  in  ogni  caso,   il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto  degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica  retributiva, ivi  incluse  le  variazioni  dipendenti  da   eventuali   arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto  dal  comma  21,  terzo  e  quarto  periodo,  per  le progressioni di carriera comunque denominate,  maternita',  malattia, missioni svolte all'estero, effettiva  presenza  in  servizio,  fitto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall' art.  8, comma 14».
    E quindi comporta una ulteriore violazione  della  competenza  in materia di coordinamento della finanza pubblica, assegnata allo Stato dall'art. 117, terzo  comma,  Cost.  in  termini  di  fissazione  dei principi fondamentali, cui neppure la Provincia Autonoma  di  Bolzano puo' discostarsi.
8. Art. 34: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. h), l)  ed s), Cost.
    8.1 L'art. 34 della L.P. n. 15/2011 inserisce l'art. 22-bis  alla L.P. n. 6/1997, del seguente testuale tenore:
    «Art. 22-bis -  Riorganizzazione  delle  revisioni  tecniche  dei veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a  3,5 tonnellate.
    1. Alfine di  completare  e  ottimizzare  l'organizzazione  delle revisioni periodiche dei veicoli a motore  e  dei  loro  rimorchi  la Provincia puo'  autorizzare  le  imprese  altamente  specializzate  a svolgere  il  prescritto  controllo  tecnico,  nel   rispetto   della
normativa tecnica vigente in materia, anche per i veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
    2.   La   Giunta   provinciale   stabilisce   i    criteri    per l'individuazione delle imprese in possesso delle attrezzature,  delle esperienze e conoscenze tecniche richieste per  garantire  un'elevata qualita'  del  controllo  tecnico  in  conformita'   alla   normativa dell'Unione   europea   e   alle   vigenti   prescrizioni   tecniche, subordinando l'autorizzazione di cui al comma  1  ad  una  formazione specifica ed un esame  di  idoneita'  del  responsabile  preposto  al controllo tecnico.
    3. La ripartizione provinciale competente in materia  provvede  a periodiche ispezioni del  controllo  tecnico  autorizzato,  revocando immediatamente  l'autorizzazione  qualora  vengano   a   mancare   le condizioni per garantire la dovuta qualita' del controllo tecnico».
    La presente disposizione provinciale si pone  in  contrasto,  per piu' profili, con l'art. 80 del nuovo Codice della Strada (D.Lgs.  n. 285/1992), a mente del  quale  spetta  allo  Stato  (segnatamente  al Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti)  il  compito  di
stabilire, con appositi decreti ministeriali, «i criteri, i  tempi  e le modalita' per l'effettuazione della revisione generale o  parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, al  fine  di accertare che sussistano in essi le condizioni di  sicurezza  per  la circolazione e di silenziosita' e che i veicoli stessi non  producano emanazioni inquinanti superiori  ai  limiti  prescritti»  (comma  1), consentendo   al   contempo   che   il   medesimo   Ministero   delle infrastrutture e dei trasporti, «al fine di assicurare in relazione a particolari  e  contingenti   situazioni   operative   degli   uffici competenti del Dipartimento per i trasporti  terrestri,  il  rispetto dei termini previsti per le revisioni periodiche dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo sedici persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, [possa] per singole  province  individuate  con  proprio  decreto,  affidare   in concessione  quinquennale  le  suddette  revisioni  ad   imprese   di autoriparazione che svolgono la propria  attivita'  nel  campo  della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che,  esercendo  in  prevalenza  attivita'  di  commercio  di
veicoli, esercitino altresi', con carattere strumentale o accessorio, l'attivita' di autoriparazione».
    8.2 In effetti, sebbene lo Statuto speciale per il  Trentino-Alto Adige  (D.P.R.  n.  670/1972)  assegni  alla  Provincia  Autonoma  di Bolzano, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn.  17)  e  18),  competenza primaria  in  materia  di  viabilita'  e  trasporti   di   competenza provinciale, e che il  D.P.R.  n.  527/1977,  nel  dettare  norme  di attuazione dello Statuto in  argomento,  abbia  demandato  ad  uffici provinciali  lo  svolgimento  di  attribuzioni  di  competenza  della direzione compartimentale della motorizzazione civile, cio' non  vuol dire che non vi siano spazi di  permanente  ed  esclusiva  competenza statale nelle anzidette materie.
    D'altronde, proprio lo  Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige - come in precedenza gia' visto - prescrive che  le  competenze legislative provinciali «primarie» vadano esercitate in  armonia  con la Costituzione formale  e  con  i  principi  dell'ordinamento  della Repubblica,  nel  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli interessi  nazionali  e   delle   norme   fondamentali   di   riforma economico-sociale della Repubblica.
    Con  specifico  riferimento  alla  materia   della   circolazione stradale, codesta Corte ha avuto modo di ben precisare  (sentenza  29 dicembre 2004, n. 428) che «(...) la circolazione stradale - pur  non essendo espressamente menzionata nell'art. 117 della  Costituzione  - non per questo puo' essere collocata nell'ambito  residuale  ascritto alla potesta'  legislativa  esclusiva  delle  Regioni  ordinarie  dal quarto comma del medesimo art. 117  Cost.»,  e  che  anzi  essa,  «in relazione ai vari profili sotto i quali essa puo'  venire  in  esame, considerazioni di carattere sistematico inducono a  ritenere  che  la circolazione stradale sia riconducibile,  sotto  diversi  aspetti,  a competenze statali esclusive, ai sensi del  citato  art.  117  Cost., secondo comma».
    Alla luce di tanto, non puo'  negarsi  che  la  disciplina  della circolazione stradale sia, in primo luogo, intimamente connessa  alla sicurezza della incolumita' degli  utenti  della  strada,  in  guanto mirante a prevenire la  verificazione  di  incidenti  stradali  e  la commissione dei reati connessi  (principalmente  omicidio  colposo  e lesioni  colpose),  risultando  pertanto  collegata  con  la   tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza (lett. h) dell'art. 117,  secondo comma, Cost.).
    Del  pari  la  materia  e'  anche  inquadrabile   nella   materia dell'ordinamento civile  (lett.  l)  dell'art.  117,  secondo  comma, Cost.), visto che impinge anche aspetti inevitabilmente afferenti  la responsabilita' civile per circolazione di veicoli a  motore,  sempre connessa e conseguente alla pericolosita' di siffatta attivita'  (tra l'altro normativamente sancita e  riconosciuta  dall'art.  2054  cod. civ.).
    D'altronde ed in ultimo, atteso che  i  meccanismi  di  controllo previsti dall'art. 80 del  Codice  della  Strada  (la  revisione  dei veicoli a motore) sono ex lege strumentali  non  solo  alla  verifica delle loro condizioni di sicurezza per la circolazione  (come  dianzi rimarcato),  ma  anche  per  garantire   la   silenziosita'   ed   il contenimento delle emissioni inquinanti nei limiti  prescritti  dalla legge, la relativa disciplina rientra certamente anche nella  materia della tutela dell'ambiente (lett. s) dell'art.  117,  secondo  comma, Cost.).
    8.3 La norma  provinciale  all'esame,  in  definitiva,  allorche' rimette  alla  Provincia  Autonoma  di  Bolzano  la  possibilita'  di autorizzare imprese alla revisione periodica di veicoli a  motore  di massa complessiva a  pieno  carico  fino  a  3,5  tonnellate,  incide indebitamente su ambiti assegnati alla legislazione  esclusiva  dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lett.  h),  l)  ed  s), Cost..


                              P. Q. M.

    Voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure -  la illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano,  21  dicembre  2011,  n.  15,  recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012  -  2014  (Legge  Finanziaria
2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
        art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998,  n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione  con  l'assestamento  del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998  e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6;
        art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
        art. 9 («Modifica della legge provinciale 14  febbraio  1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
        art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5,  "Obiettivi  formativi  generali  ed  ordinamento   della   scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
        art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
        art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione  di  acque  pubbliche  e  di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
        art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10,  "Riordinamento  della  struttura  dirigenziale  della  Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
        art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997,  n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), l), m), n)  ed s); con l'art. 117, terzo comma, Cost.; con l'art. 119, primo  comma, Cost.; nonche' con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino -Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), per le  ragioni  e  nei termini dettagliati nel corpo del presente ricorso.

    Si deposita la seguente documentazione:
        1) copia autentica dell'estratto del  verbale  relativo  alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 14  febbraio  2012,  con allegata relazione;
        2) copia della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano,  21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il  triennio 2012-2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52  del 27 dicembre 2011.

          Roma, 23 febbraio 2012

                   L'Avvocato dello Stato: Caselli 

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