Ricorso n. 36 del 28 febbraio 2012 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 febbraio 2012 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 14 del 04.04.2012 )
Ricorso nell'interesse del Presidente del. Consiglio dei Ministri pro tempore (cod. fiscale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ...), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, cod. fiscale ..., presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, numero fax ..., indirizzo PEC ...:
Nei confronti della Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge Provinciale 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e
per il triennio 2012 - 2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6;
art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
art. 9 («Modifica della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5, "Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992, a 10, "Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997, n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
in virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2012.
La Provincia Autonoma di' Bolzano ha emanato la legge Provinciale indicata in epigrafe, costituente la Legge Finanziaria dell'ente territoriale autonomo per l'anno 2012. Alcune delle norme della Legge Provinciale in questione non risultano in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative ed amministrative tra Stato e Regioni; per tale motivo il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di doverle impugnare, cd a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso.
1. Art. 2, comma 6: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
L'art. 2, comma 6, della L.P. n. 15/2011, ha introdotto l'art. 21-quinquiesdecies alla L.P. n. 9/1998 (recante «Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate»), del seguente testuale tenore: «L'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, al netto del contributo di cui all'art. 6, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, e' ridotta di 3 punti percentuali per i versamenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2012».
La disposizione prevede dunque che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l'aliquota della imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, sia ridotta di tre punti percentuali:
essa consiste pertanto in una modificazione dell'aliquota della menzionata imposta, eccedente rispetto a quanto in materia di tributi consentito all'ente provinciale dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), ed al contempo impingente la competenza esclusiva dello Stato in materia di «sistema tributario» (lett. e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.
In particolare l'art. 17, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 68/2011 («Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», attuativo del c.d. federalismo fiscale di cui alla legge n. 42/2009), nel disciplinare l'imposta in questione, consente oggi - merce' il richiamo ai soli commi 2, 3 e 5 dell'art. 60 del d.lgs. n. 446/1997 - la modifica delle aliquote alle sole regioni a statuto ordinario.
L'esclusione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dal meccanismo normativo in questione, e quindi alla possibilita' di incidere sulle aliquote dell'imposta de qua, e' confermata dalla circostanza che il comma 5 del richiamato art. 17 del d.lgs. n. 68/2011 contemplava, in origine, anche gli enti regionali a statuto speciale e quelli provinciali di Trento e Bolzano, ma il relativo riferimento e' stato recentissimamente abrogato dall'art. 28, comma 11-bis, del decreto-legge n. 201/2011 (convertito con legge n. 214/2011).
Pertanto, l'intervento della Provincia sulle aliquote dell'imposta in discorso risulta violativo dell'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che consente alle Province Autonome di modificare aliquote fiscali solo «relativamente
ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilita'».
2. Art. 7, comma 4: contrasto con gli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost.
L'art. 7, comma 4, della L.P. n. 15/2011, dispone quanto segue:
«Concorrono a determinare l'obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni le economie di spesa risultanti dall'istituzione di unioni di comuni e da altre forme di collaborazione fra comuni per l'esercizio di servizi di interesse generale, che vengono fissati nell'ambito dell'accordo animale sulla finanza locale ai sensi dell'art. 12 della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, e successive modifiche».
Le economie di spesa cui la norma provinciale fa menzione non sono quantificabili a priori e non possono utilmente concorrere a determinare l'obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni: pertanto tale disposizione risulta in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica (oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), il quale costituisce anche parametro di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost..
Giova al riguardo rammentare che la giurisprudenza costituzionale ha oramai consolidatamente acceduto ad una «nozione ampia di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica», mettendo altresi' in rilievo "il carattere «finalistico» dell'azione di coordinamento e, quindi, l'esigenza che «a livello centrale» si possano collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perche' la finalita' di coordinamento» venga «concretamente realizzata»" (cfr. sentenza 22 luglio 2011, n. 229, nonche' sentenza 30 dicembre 2003, n. 376, ivi menzionata).
3. Art. 9, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
L'art. 9, comma l, della L.P. n. 15/2011, nell'ambito della riformulazione dell'art. 1 della L.P. n. 6/1992 (recante «Disposizioni in materia di finanza locale»), vi ha introdotto il seguente inciso (terzo periodo): «Fermo restando il termine previsto dall'ordinamento regionale per l'approvazione del bilancio di previsione dei comuni, questi possono adottare provvedimenti in materia tributaria e tariffaria anche dopo l'adozione del bilancio di previsione, limitatamente alle materie sulle quali sono intervenute modificazioni legislative per l'anno di riferimento, ovvero altri atti normativi che incidono sulle modalita' di applicazione del tributo o della tariffa».
Anche tale disposizione eccede la competenza legislativa provinciale in materia di tributi prevista dall'art. 73 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), dianzi richiamato, ed al contempo invade la competenza legislativa esclusiva
dello Stato in materia di «sistema tributario» di cui alla lett e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.: sono invero pacificamente da ritenersi ricompresi tra i «provvedimenti in materia tributaria e tariffaria» anche le modifiche di aliquote e tariffe di tributi locali. In effetti, la esposta disposizione della Legge Provinciale si pone in contrasto con la norma derivante dal combinato disposto degli articoli 53 della Legge n. 388/2000 e 151 del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. T.U.E.L.), il quale prescrive in sostanza la necessaria simultaneita' tra la fissazione di aliquote fiscali e tariffe ed il termine fissato per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali. Se infatti da un lato l'art. 151 del T.U.E.L. prevede, in termini generali, che gli enti locali deliberino entro il 31 dicembre di ogni anno il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i principi di unita', annualita', universalita' ed integrita', veridicita', pareggio finanziario e pubblicita', il comma 16 dell'art. 53 della legge n. 388/2000 precisa che «il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, compresa l'aliquota dell'addizionale comunale all'IRPEF di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, recante istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, e successive modificazioni, e le tarme dei servizi pubblici locali, nonche' per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, e' stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione (...)».
In buona sostanza, quindi, le modalita' prescelte nella Legge Provinciale per «adottare provvedimenti in materia tributaria e tariffaria», ossia «anche dopo l'adozione del bilancio di previsione», e seppure «limitatamente alle materie sulle quali sono intervenute modificazioni legislative per l'anno di riferimento, ovvero altri atti normativi che incidono sulle modalita' di applicazione del tributo o della tariffa», esorbitano dai limiti con cui la legge dello Stato prevede la possibilita' di modificare
aliquote fiscali relative a tributi erariali (cfr. il citato art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
4. Art. 17, comma 1: contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.
4.1 L'art. 17, comma 1, della LP. n. 15/2011 introduce anzitutto l'art. 1-ter alla precedente L.P. n. 5/2008 (recante «Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione»), del seguente tenore:
«Art. 1-ter - Calendario scolastico.
1. L'anno scolastico ha inizio il 1° settembre e termina il 31 agosto dell'anno successivo.
2. L'attivita' educativa nelle scuole dell'infanzia e l'insegnamento nelle scuole del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione della Provincia devono comprendere almeno 34 settimane nell'anno scolastico.
3. La Giunta provinciale definisce l'inizio, la fine e le interruzioni dell'attivita' educativa nelle scuole dell'infanzia e dell'insegnamento nelle scuole del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione ed emana direttive in ordine all'articolazione dell'orario delle lezioni e alle iniziative parascolastiche, compresi gli scambi degli alunni e delle alunne».
Il comma 3 del suddetto nuovo art. 1-ter, il quale - come visto - consente alla Giunta Provinciale di emanare direttive in ordine all'articolazione dell'orario delle lezioni scolastiche, e quindi, in sostanza, di incidere sul principio dell'autonomia scolastica fissato e disciplinato dal D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 («Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59»), esorbita vistosamente dalla competenza legislativa concorrente delle Province Autonome in materia di «istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale, ed artistica)» di cui all'art. 9, n. 2), dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
La previsione appare infatti distonica rispetto all'evidenziato principio generale di autonomia delle istituzioni scolastiche, che si pone come principio fondamentale di settore ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost..
Tra l'altro, con specifico riguardo all'articolazione oraria delle lezioni, l'art. 4, comma 2, del cennato D.P.R. n. 275/1999, dispone con grande chiarezza che «nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attivita' nel modo piu' adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni», prevedendo altresi' la possibilita' di «adottare tutte le forme di flessibilita' che ritengono opportune e tra l'altro: a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attivita'; (...)»: chiare espressioni del principio di autonomia didattica degli istituti scolastici, il quale potrebbe essere compresso dall'intervento «direttivo» della Giunta
Provinciale di cui alla censurata norma.
5. Art. 17, comma 1, ed art. 18, comma 2: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. m) ed n), e terzo comma, Cost.
Per altro verso, la lesivita' della innovazione normativa apportata dall'impugnato art. 17, comma 1, della L.P. n. 15/2011, emerge anche dal suo combinato disposto con il successivo art. 18, comma 2, della medesima L.P. n. 15/2011, il quale a propria volta modifica l'art. 7 della L.P. n. 12/2009, riguardante per l'appunto l'autonomia organizzativa delle scuole, abrogando dal relativo comma 4 il seguente inciso: «(...) fermo restando il rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e attivita' obbligatorie nonche' l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali».
In buona sostanza, la soppressione dell'inciso sopra trascritto e' suscettibile di comportare, insieme con il potere di direttiva sull'orario scolastico attribuito alla Giunta Provinciale gia' autonomamente censurato, di svincolare la Provincia Autonoma dal rispetto del monte ore minimo in materia di istruzione definito dallo Stato, nonche' l'articolazione delle lezioni in almeno cinque giorni settimanali; il che contrasta - con ogni evidenza - con svariati principi emergenti dalla legislazione statale:
anzitutto con l'art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 276/9005 (recante «Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53»), a mente del quale «le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi, un orario complessivo obbligatorio dei percorsi formativi di almeno 990 ore annue»;
ancora, con gli articoli 3 e 10 del D.Lgs. n. 59/2004, i quali disciplinano l'orario e le attivita' educative e didattiche della scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione;
dipoi con gli articoli da 4 a 9 del D.P.R. n. 89/2010, i quali disciplinano - a livello regolamentare nazionale - il piano dell'offerta formativa e l'orario annuale delle attivita' e degli insegnamenti obbligatori dei licei (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane).
E' invero appena il caso di segnalare che le norme statali, nel definire per ogni ordine e grado di scuola, il monte ore di insegnamento, fissano le «norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione» (cfr. Corte cost., 15
luglio 2005, n. 279, nonche' Corte cost., 2 luglio 2009, n. 200).
Pertanto la innovazione normativa emergente dal segnalato combinato disposto delle due norme provinciali - oltre che violare l'autonomia scolastica, tutelata come principio fondamentale di settore ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost. - incide indebitamente anche sulla competenza legislativa esclusiva statale in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e di «norme generali sull'istruzione», di cui rispettivamente alle lett. m) ed n) del secondo comma dell'art. 117 Cost..
6. Art. 24; contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo comma, lett. e), l) ed s), Cost.
6.1 L'art. 24 della L.P. n. 15/2011 incide, in maniera variamente articolata, sulla previgente disciplina provinciale in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici, segnatamente apportando modifiche alla L.P. n. 7/2005 (recante «Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici»).
In proposito, in termini affatto generali in argomento, occorre precisare che, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn. 5), 10) e 14) dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), la Provincia Autonoma di Bolzano ha competenza legislativa primaria in materia di urbanistica, edilizia, miniere, comprese le acque minerali e termali, mentre ai sensi dei nn. 9) e 10) del successivo art. 9 del medesimo Statuto, essa ha competenza legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, nonche' in materia di igiene e sanita'.
Le esplicitate competenze legislative provinciali devono comunque svolgersi con i limiti esplicitati agli articoli 4 e 5 del medesimo Statuto, ovvero (per la competenza primaria) in armonia con la Costituzione formale e con i principi dell'ordinamento della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' (per la competenza concorrente) nei limiti dei principi stabiliti da leggi statali.
Con specifico riguardo alla materia ambientale, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost., 14 novembre 2007, n. 378), essa rientra oggi nell'ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»): il concetto di «ambiente» va quindi riguardato come un'entita' organica ed onnicomprensiva, ricomprendente anche le singole componenti della materia, quale la tutela delle acque.
D'altronde, la disciplina unitaria e complessiva del bene «ambiente» afferisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151) ed assoluto (Corte cost., 28 maggio 1987, n. 210), ed e' chiamata a garantire un elevato livello di tutela, imposto anche a livello comunitario, non derogabile da discipline di settore.
Pertanto, la disciplina statale di tutela dell'ambiente come bene complessivo ed unitario, nei termini appena rimarcati, viene a prevalere anche su quella dettata dalle Regioni (ordinarie o speciali) o dalle Province Autonome, costituendo limite all'esercizio delle competenze legislative regionali e provinciali (Corte cost., 4 dicembre 2009, n. 315, nonche' ulteriore giurisprudenza costituzionale ivi menzionata).
Sulla scorta di quanto appena detto, si ritiene che le innovazioni in subiecta materia apportate dall'art. 24 della LP. n. 15/2011 invadano competenze legislative esclusive dello Stato, in relazione alle lett. e), l) ed s), dell'art. 117, secondo comma,
Cost., nei termini che di seguito si vanno a precisare.
6.2 In primo luogo, l'art. 24, comma 1, della L.P. n. 15/2011, sostituisce il comma 5 dell' art. 3 della L.P. n. 7/2005, nei seguenti termini: «Non possono avere ulteriore corro le domande di concessione per impianti alimentati da fonti rinnovabili contrarie al
buon regime delle acque e del suolo e alle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, dei masi chiusi e degli altri interessi generali. Il titolo comprovante la disponibilita' delle aree
interessate ai fini della realizzazione degli interventi predetti puo' essere presentato in ogni momento. Ai fini della legge provinciale 15 aprile 1991, n. 10, e successive modifiche, sono considerate di pubblica utilita' le opere per impianti con potenza nominale superiore a 3 MW».
La formulazione della norma appare piuttosto vaga e generica, allorche' non fornisce una chiara individuazione semantica del concetto di «buon regime delle acque e del suolo», attribuendo all'amministrazione concedente un eccessivo margine di discrezionalita' nelle decisioni relative alla procedibilita' o meno delle domande di concessione prese in esame: il che e' giocoforza incompatibile con la evidenziata competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
6.3 Il successivo comma 2 dell'art. 24 della L.P. n. 15/2011 sostituisce poi il comma 1 dell'art. 16 della gia' richiamata L.P. n. 7/2005, in termini peraltro praticamente identici alla modifica gia' ivi operata con l'art. 2, comma 10, della L.P. n. 4/2011.
Tale innovazione normativa apportata con la L.P. n. 4/2011, e' stata gia' fatta oggetto di apposita impugnativa costituzionale statale (ricorso n. 87/2011, con udienza pubblica di discussione che risulta fissata per il 20 marzo 2012) in quanto, disponendo ex lege il rinnovo trentennale delle concessioni di derivazione idrica in questione, ed escludendone pertanto l'assoggettamento alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (c.d. V.I.A.) prescritta dal D.Lgs. n. 152/2006, si e' posta in evidente contrasto con l'art. 117, comma 1 e comma 2, lett. e), Cost., intervenendo in un ambito, la tutela della concorrenza, di esclusiva competenza legislativa statale. Si trascrive di seguito il tenore della censura in quell'occasione mossa: «La disposizione contenuta nel comma 10 dell'art. 2, prevede il rinnovo automatico trentennale di tutte le concessioni alla loro scadenza, sia pur nei limiti ivi indicati, ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, il cui regime e' disciplinato dal predetto successivo art. 3.
La suddetta norma, nel disporre ex lege il rinnovo trentennale delle concessioni viola l'art. 117, comma 1, e l'art. 117, comma 2, lett. e) Cost., in quanto si pone in contrasto con i principi dell'ordinamento comunitario e le leggi statali in materia di tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale.
Inoltre tale disposizione non subordina il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua, come di contro previsto dal d.lgs. n. 152/2006 (Allegati alla parte II), ed in particolare dall'Allegato II, punti 13,16 e 18 e dall'Allegato III, lett. b), t), af) e ag) e non prevede una verifica di assoggettabilita' a VIA per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua rispetto ai riferimenti normativi di cui al d.lgs. n. 152/2006 relativamente all'Allegato IV, punto 1, lett. d) e all'Allegato IV punto 7, lett. d), m), o) e punto 8, lettera t).
La norma provinciale si pone pertanto in contrasto con la citata normativa statale vigente e viola, pertanto, l'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
Con particolare riguardo a quest'ultimo punto si rileva che in tema di autorizzazioni «postume», la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea appare ispirata a criteri particolarmente rigorosi (sentenza 3 luglio 2008, procedimento C-215/06), essendosi ribadito che, a livello di processo decisionale e' necessario che l'autorita' competente tenga conto il prima possibile delle eventuali ripercussioni sull'ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, dato che
l'obiettivo consiste nell'evitare fin dall'inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, piuttosto che nel combatterne successivamente gli effetti».
Il che suona difficilmente compatibile con un sistema che non prevedeva (o poteva non prevedere) l'obbligo della VIA, ne' all'atto della adozione del provvedimento autorizzatorio, ne' alla sua scadenza, posto che in luogo di una «nuova» autorizzazione (o di un «rinnovo» della precedente), si sostituisce ex lege la perdurante validita' del vecchio titolo, senza possibilita' di verificare se, a causa dell'esercizio della relativa (e legittima) attivita', possa essersi cagionato o meno un danno per l'ambiente.
In sostanza, da un lato, nessun elemento normativo garantisce (ma, anzi, tutto sembra deporre per il contrario) che le autorizzazioni in corso di «esercizio» (originario o prorogato) fossero state - ab origine o in sede di proroga - assoggettate a valutazione di impatto ambientale; dall'altro, il perdurante regime normativo di mantenimento dello status quo cristallizza, ex lege, l'elusione dell'obbligo e, con esso, attraverso il meccanismo della legge-provvedimento, il mancato rispetto della normativa statale».
6.4 La formulazione della disposizione normativa provinciale in questione, per come rinnovata dall'art. 24 della L.P. n. 15/2011 in termini sostanzialmente identici a quella previgente, reitera la violazione costituzionale gia' lamentata.
Essa dispone invero oggi nei seguenti termini: «Nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa verifica di assoggettabilita' a VIA, tutte le concessioni, ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, alla loro scadenza sono rinnovate per un periodo di 30 anni, fatta salva la fissazione di un termine piu' breve ai fini dell'esame di misure necessarie al buon regime delle acque e per minimizzare l'impatto ambientale, a condizione che sussistano i seguenti presupposti: non osti un superiore interesse pubblico, persistano i fini della derivazione e l'utenza sia in esercizio e non sia contraria al buon regime delle acque, gli impianti siano conformi allo stato della tecnica e, in caso di acquedotti potabili, il comune acconsenta alla continuazione
dell'esercizio ai sensi dell'art. 13 della legge provinciale 18 giugno 2002, n. 8, e successive modifiche».
In buona sostanza, quindi, essa ripropone il rinnovo trentennale delle concessioni di derivazione idrica, ad eccezione di quelle a scopo idroelettrico (disciplinate dal successivo art. 3 della medesima L.P. n. 4/2010), a condizione della ricorrenza dei presupposti ivi specificati. La modifica apportata con la L.P. n. 15/2011 si limita in effetti ad inserire un inciso in premessa al comma 1 dell'art. 16 della L.P. n. 4/2011 [«Nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa verifica di assoggettabilita' a VIA (...)»], lasciando dipoi inalterato il testo successivo.
Risulta di tutta evidenza che, a fronte dell'automatico rinnovo trentennale delle concessioni in scadenza, il mero richiamo al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica non vale a superare le censure gia' mosse nei riguardi della previgente formulazione della norma, atteso che nel concetto di «rinnovo» risulta implicito il fatto che la concessione permanga in capo al precedente concessionario, con vulnus quindi del necessario espletamento di nuove procedure competitive a tutela della concorrenza nel settore.
Del pari, non soccorre la previsione della possibilita' di prevedere un termine piu' breve della durata delle concessioni (rispetto a quello precedentemente previsto), in quanto essa non limita la lesione del principio di concorrenza negli affidamenti, ne' minimizza l'impatto ambientale che l'assegnazione della concessione presenta, e che deve essere comunque assoggettato alla procedura di V.I.A. Sotto tale ultimo riguarda, infatti, le modalita' di mitigazione dell'impatto ambientale delle concessioni, e di controllo amministrativo-ambientale sulle stesse, non puo' che essere perseguito (sulla base delle prescrizioni normative di indiscutibilmente esclusiva competenza statale) attraverso la individuazione di misure idonee - da fissare nell'ambito della procedura di V.I.A., nonche' in sede di definizione nel disciplinare di concessione delle modalita' di prelievo e restituzione delle acque - e non gia' mediante la prevista (peraltro come solo eventuale) riduzione della durata temporale delle concessioni in rinnovo.
E' pertanto indiscutibile che la rinnovata formulazione della disposizione di legge provinciale all'esame non e' affatto idonea a superare le censure gia' mosse con la precedente impugnativa costituzionale (formulate nell'ambito del ricorso n. 87/2011), e si espone ad ulteriore censura per reiterato contrasto con le lett. e) ed s), dell'art. 117, secondo comma, Cost., in materia rispettivamente di tutela della concorrenza e tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonche' dell'art. 117, primo comma, Cost., per violazione dell'ordinamento comunitario.
7. Art. 32, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. l), e con l'art. 117, terzo comma, Cost.
7.1 L'art. 32, comma 1, della L.P. n. 15/2011 ha aggiunto il comma 8 all'art. 14 della L.P. n. 10/1992 (recante il «Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano»), del seguente testuale tenore: «Ai fini di un migliore coordinamento e snellimento della gestione delle materie di competenza di un componente di Giunta e dei compiti attribuiti nell'ambito di tali materie a enti strumentali della Provincia o a societa' controllate dalla stessa, e' consentito il cumulo tra incarichi dirigenziali presso la Provincia e presso tali enti e societa', salvo il rispetto
delle particolari disposizioni per la copertura delle rispettive posizioni dirigenziale».
La norma provinciale consente dunque il cumulo di incarichi dirigenziali conferiti dalla Provincia di Bolzano e da enti strumentali della stessa: cio' che si pone in contrasto con l'art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego), il quale
regolamenta e limita espressamente il cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
La disposizione risulta dunque in aperto contrasto con la lett. l) del secondo comma dell'art. 117 Cost., che assegna alla competenza legislativa esclusiva statale - tra le altre - la materia dell'ordinamento civile, ricomprendente anche quello del pubblico
impiego c.d. «privatizzato» (cfr. la recentissima Corte cost., 22 dicembre 2011, n. 339).
7.2 La medesima disposizione quivi censurata, consentendo anche il cumulo delle relative retribuzioni, risulta altresi' in contrasto con l'art. 9, comma 1, del D.L. n. 78/2010 (convertito con legge n. 122/2010), a mente del quale - si rammenta - «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternita', malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fitto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall' art. 8, comma 14».
E quindi comporta una ulteriore violazione della competenza in materia di coordinamento della finanza pubblica, assegnata allo Stato dall'art. 117, terzo comma, Cost. in termini di fissazione dei principi fondamentali, cui neppure la Provincia Autonoma di Bolzano puo' discostarsi.
8. Art. 34: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. h), l) ed s), Cost.
8.1 L'art. 34 della L.P. n. 15/2011 inserisce l'art. 22-bis alla L.P. n. 6/1997, del seguente testuale tenore:
«Art. 22-bis - Riorganizzazione delle revisioni tecniche dei veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
1. Alfine di completare e ottimizzare l'organizzazione delle revisioni periodiche dei veicoli a motore e dei loro rimorchi la Provincia puo' autorizzare le imprese altamente specializzate a svolgere il prescritto controllo tecnico, nel rispetto della
normativa tecnica vigente in materia, anche per i veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
2. La Giunta provinciale stabilisce i criteri per l'individuazione delle imprese in possesso delle attrezzature, delle esperienze e conoscenze tecniche richieste per garantire un'elevata qualita' del controllo tecnico in conformita' alla normativa dell'Unione europea e alle vigenti prescrizioni tecniche, subordinando l'autorizzazione di cui al comma 1 ad una formazione specifica ed un esame di idoneita' del responsabile preposto al controllo tecnico.
3. La ripartizione provinciale competente in materia provvede a periodiche ispezioni del controllo tecnico autorizzato, revocando immediatamente l'autorizzazione qualora vengano a mancare le condizioni per garantire la dovuta qualita' del controllo tecnico».
La presente disposizione provinciale si pone in contrasto, per piu' profili, con l'art. 80 del nuovo Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992), a mente del quale spetta allo Stato (segnatamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) il compito di
stabilire, con appositi decreti ministeriali, «i criteri, i tempi e le modalita' per l'effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, al fine di accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosita' e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti» (comma 1), consentendo al contempo che il medesimo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, «al fine di assicurare in relazione a particolari e contingenti situazioni operative degli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri, il rispetto dei termini previsti per le revisioni periodiche dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo sedici persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, [possa] per singole province individuate con proprio decreto, affidare in concessione quinquennale le suddette revisioni ad imprese di autoriparazione che svolgono la propria attivita' nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attivita' di commercio di
veicoli, esercitino altresi', con carattere strumentale o accessorio, l'attivita' di autoriparazione».
8.2 In effetti, sebbene lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972) assegni alla Provincia Autonoma di Bolzano, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn. 17) e 18), competenza primaria in materia di viabilita' e trasporti di competenza provinciale, e che il D.P.R. n. 527/1977, nel dettare norme di attuazione dello Statuto in argomento, abbia demandato ad uffici provinciali lo svolgimento di attribuzioni di competenza della direzione compartimentale della motorizzazione civile, cio' non vuol dire che non vi siano spazi di permanente ed esclusiva competenza statale nelle anzidette materie.
D'altronde, proprio lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige - come in precedenza gia' visto - prescrive che le competenze legislative provinciali «primarie» vadano esercitate in armonia con la Costituzione formale e con i principi dell'ordinamento della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Con specifico riferimento alla materia della circolazione stradale, codesta Corte ha avuto modo di ben precisare (sentenza 29 dicembre 2004, n. 428) che «(...) la circolazione stradale - pur non essendo espressamente menzionata nell'art. 117 della Costituzione - non per questo puo' essere collocata nell'ambito residuale ascritto alla potesta' legislativa esclusiva delle Regioni ordinarie dal quarto comma del medesimo art. 117 Cost.», e che anzi essa, «in relazione ai vari profili sotto i quali essa puo' venire in esame, considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che la circolazione stradale sia riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi del citato art. 117 Cost., secondo comma».
Alla luce di tanto, non puo' negarsi che la disciplina della circolazione stradale sia, in primo luogo, intimamente connessa alla sicurezza della incolumita' degli utenti della strada, in guanto mirante a prevenire la verificazione di incidenti stradali e la commissione dei reati connessi (principalmente omicidio colposo e lesioni colpose), risultando pertanto collegata con la tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza (lett. h) dell'art. 117, secondo comma, Cost.).
Del pari la materia e' anche inquadrabile nella materia dell'ordinamento civile (lett. l) dell'art. 117, secondo comma, Cost.), visto che impinge anche aspetti inevitabilmente afferenti la responsabilita' civile per circolazione di veicoli a motore, sempre connessa e conseguente alla pericolosita' di siffatta attivita' (tra l'altro normativamente sancita e riconosciuta dall'art. 2054 cod. civ.).
D'altronde ed in ultimo, atteso che i meccanismi di controllo previsti dall'art. 80 del Codice della Strada (la revisione dei veicoli a motore) sono ex lege strumentali non solo alla verifica delle loro condizioni di sicurezza per la circolazione (come dianzi rimarcato), ma anche per garantire la silenziosita' ed il contenimento delle emissioni inquinanti nei limiti prescritti dalla legge, la relativa disciplina rientra certamente anche nella materia della tutela dell'ambiente (lett. s) dell'art. 117, secondo comma, Cost.).
8.3 La norma provinciale all'esame, in definitiva, allorche' rimette alla Provincia Autonoma di Bolzano la possibilita' di autorizzare imprese alla revisione periodica di veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, incide indebitamente su ambiti assegnati alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. h), l) ed s), Cost..
P. Q. M.
Voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure - la illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano, 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012 - 2014 (Legge Finanziaria
2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6;
art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
art. 9 («Modifica della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5, "Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, "Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997, n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), l), m), n) ed s); con l'art. 117, terzo comma, Cost.; con l'art. 119, primo comma, Cost.; nonche' con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino -Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), per le ragioni e nei termini dettagliati nel corpo del presente ricorso.
Si deposita la seguente documentazione:
1) copia autentica dell'estratto del verbale relativo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2012, con allegata relazione;
2) copia della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano, 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011.
Roma, 23 febbraio 2012
L'Avvocato dello Stato: Caselli
(GU n. 14 del 04.04.2012 )
Ricorso nell'interesse del Presidente del. Consiglio dei Ministri pro tempore (cod. fiscale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ...), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, cod. fiscale ..., presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, numero fax ..., indirizzo PEC ...:
Nei confronti della Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge Provinciale 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e
per il triennio 2012 - 2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6;
art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
art. 9 («Modifica della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5, "Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992, a 10, "Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997, n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
in virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2012.
La Provincia Autonoma di' Bolzano ha emanato la legge Provinciale indicata in epigrafe, costituente la Legge Finanziaria dell'ente territoriale autonomo per l'anno 2012. Alcune delle norme della Legge Provinciale in questione non risultano in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative ed amministrative tra Stato e Regioni; per tale motivo il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di doverle impugnare, cd a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso.
1. Art. 2, comma 6: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
L'art. 2, comma 6, della L.P. n. 15/2011, ha introdotto l'art. 21-quinquiesdecies alla L.P. n. 9/1998 (recante «Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate»), del seguente testuale tenore: «L'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, al netto del contributo di cui all'art. 6, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, e' ridotta di 3 punti percentuali per i versamenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2012».
La disposizione prevede dunque che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l'aliquota della imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, sia ridotta di tre punti percentuali:
essa consiste pertanto in una modificazione dell'aliquota della menzionata imposta, eccedente rispetto a quanto in materia di tributi consentito all'ente provinciale dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), ed al contempo impingente la competenza esclusiva dello Stato in materia di «sistema tributario» (lett. e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.
In particolare l'art. 17, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 68/2011 («Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», attuativo del c.d. federalismo fiscale di cui alla legge n. 42/2009), nel disciplinare l'imposta in questione, consente oggi - merce' il richiamo ai soli commi 2, 3 e 5 dell'art. 60 del d.lgs. n. 446/1997 - la modifica delle aliquote alle sole regioni a statuto ordinario.
L'esclusione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dal meccanismo normativo in questione, e quindi alla possibilita' di incidere sulle aliquote dell'imposta de qua, e' confermata dalla circostanza che il comma 5 del richiamato art. 17 del d.lgs. n. 68/2011 contemplava, in origine, anche gli enti regionali a statuto speciale e quelli provinciali di Trento e Bolzano, ma il relativo riferimento e' stato recentissimamente abrogato dall'art. 28, comma 11-bis, del decreto-legge n. 201/2011 (convertito con legge n. 214/2011).
Pertanto, l'intervento della Provincia sulle aliquote dell'imposta in discorso risulta violativo dell'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che consente alle Province Autonome di modificare aliquote fiscali solo «relativamente
ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilita'».
2. Art. 7, comma 4: contrasto con gli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost.
L'art. 7, comma 4, della L.P. n. 15/2011, dispone quanto segue:
«Concorrono a determinare l'obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni le economie di spesa risultanti dall'istituzione di unioni di comuni e da altre forme di collaborazione fra comuni per l'esercizio di servizi di interesse generale, che vengono fissati nell'ambito dell'accordo animale sulla finanza locale ai sensi dell'art. 12 della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, e successive modifiche».
Le economie di spesa cui la norma provinciale fa menzione non sono quantificabili a priori e non possono utilmente concorrere a determinare l'obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni: pertanto tale disposizione risulta in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica (oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), il quale costituisce anche parametro di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost..
Giova al riguardo rammentare che la giurisprudenza costituzionale ha oramai consolidatamente acceduto ad una «nozione ampia di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica», mettendo altresi' in rilievo "il carattere «finalistico» dell'azione di coordinamento e, quindi, l'esigenza che «a livello centrale» si possano collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perche' la finalita' di coordinamento» venga «concretamente realizzata»" (cfr. sentenza 22 luglio 2011, n. 229, nonche' sentenza 30 dicembre 2003, n. 376, ivi menzionata).
3. Art. 9, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., e con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
L'art. 9, comma l, della L.P. n. 15/2011, nell'ambito della riformulazione dell'art. 1 della L.P. n. 6/1992 (recante «Disposizioni in materia di finanza locale»), vi ha introdotto il seguente inciso (terzo periodo): «Fermo restando il termine previsto dall'ordinamento regionale per l'approvazione del bilancio di previsione dei comuni, questi possono adottare provvedimenti in materia tributaria e tariffaria anche dopo l'adozione del bilancio di previsione, limitatamente alle materie sulle quali sono intervenute modificazioni legislative per l'anno di riferimento, ovvero altri atti normativi che incidono sulle modalita' di applicazione del tributo o della tariffa».
Anche tale disposizione eccede la competenza legislativa provinciale in materia di tributi prevista dall'art. 73 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), dianzi richiamato, ed al contempo invade la competenza legislativa esclusiva
dello Stato in materia di «sistema tributario» di cui alla lett e) dell'art. 117, secondo comma, Cost.: sono invero pacificamente da ritenersi ricompresi tra i «provvedimenti in materia tributaria e tariffaria» anche le modifiche di aliquote e tariffe di tributi locali. In effetti, la esposta disposizione della Legge Provinciale si pone in contrasto con la norma derivante dal combinato disposto degli articoli 53 della Legge n. 388/2000 e 151 del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. T.U.E.L.), il quale prescrive in sostanza la necessaria simultaneita' tra la fissazione di aliquote fiscali e tariffe ed il termine fissato per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali. Se infatti da un lato l'art. 151 del T.U.E.L. prevede, in termini generali, che gli enti locali deliberino entro il 31 dicembre di ogni anno il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i principi di unita', annualita', universalita' ed integrita', veridicita', pareggio finanziario e pubblicita', il comma 16 dell'art. 53 della legge n. 388/2000 precisa che «il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, compresa l'aliquota dell'addizionale comunale all'IRPEF di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, recante istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, e successive modificazioni, e le tarme dei servizi pubblici locali, nonche' per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, e' stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione (...)».
In buona sostanza, quindi, le modalita' prescelte nella Legge Provinciale per «adottare provvedimenti in materia tributaria e tariffaria», ossia «anche dopo l'adozione del bilancio di previsione», e seppure «limitatamente alle materie sulle quali sono intervenute modificazioni legislative per l'anno di riferimento, ovvero altri atti normativi che incidono sulle modalita' di applicazione del tributo o della tariffa», esorbitano dai limiti con cui la legge dello Stato prevede la possibilita' di modificare
aliquote fiscali relative a tributi erariali (cfr. il citato art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
4. Art. 17, comma 1: contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.
4.1 L'art. 17, comma 1, della LP. n. 15/2011 introduce anzitutto l'art. 1-ter alla precedente L.P. n. 5/2008 (recante «Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione»), del seguente tenore:
«Art. 1-ter - Calendario scolastico.
1. L'anno scolastico ha inizio il 1° settembre e termina il 31 agosto dell'anno successivo.
2. L'attivita' educativa nelle scuole dell'infanzia e l'insegnamento nelle scuole del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione della Provincia devono comprendere almeno 34 settimane nell'anno scolastico.
3. La Giunta provinciale definisce l'inizio, la fine e le interruzioni dell'attivita' educativa nelle scuole dell'infanzia e dell'insegnamento nelle scuole del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione ed emana direttive in ordine all'articolazione dell'orario delle lezioni e alle iniziative parascolastiche, compresi gli scambi degli alunni e delle alunne».
Il comma 3 del suddetto nuovo art. 1-ter, il quale - come visto - consente alla Giunta Provinciale di emanare direttive in ordine all'articolazione dell'orario delle lezioni scolastiche, e quindi, in sostanza, di incidere sul principio dell'autonomia scolastica fissato e disciplinato dal D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 («Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59»), esorbita vistosamente dalla competenza legislativa concorrente delle Province Autonome in materia di «istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale, ed artistica)» di cui all'art. 9, n. 2), dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972).
La previsione appare infatti distonica rispetto all'evidenziato principio generale di autonomia delle istituzioni scolastiche, che si pone come principio fondamentale di settore ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost..
Tra l'altro, con specifico riguardo all'articolazione oraria delle lezioni, l'art. 4, comma 2, del cennato D.P.R. n. 275/1999, dispone con grande chiarezza che «nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attivita' nel modo piu' adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni», prevedendo altresi' la possibilita' di «adottare tutte le forme di flessibilita' che ritengono opportune e tra l'altro: a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attivita'; (...)»: chiare espressioni del principio di autonomia didattica degli istituti scolastici, il quale potrebbe essere compresso dall'intervento «direttivo» della Giunta
Provinciale di cui alla censurata norma.
5. Art. 17, comma 1, ed art. 18, comma 2: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. m) ed n), e terzo comma, Cost.
Per altro verso, la lesivita' della innovazione normativa apportata dall'impugnato art. 17, comma 1, della L.P. n. 15/2011, emerge anche dal suo combinato disposto con il successivo art. 18, comma 2, della medesima L.P. n. 15/2011, il quale a propria volta modifica l'art. 7 della L.P. n. 12/2009, riguardante per l'appunto l'autonomia organizzativa delle scuole, abrogando dal relativo comma 4 il seguente inciso: «(...) fermo restando il rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e attivita' obbligatorie nonche' l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali».
In buona sostanza, la soppressione dell'inciso sopra trascritto e' suscettibile di comportare, insieme con il potere di direttiva sull'orario scolastico attribuito alla Giunta Provinciale gia' autonomamente censurato, di svincolare la Provincia Autonoma dal rispetto del monte ore minimo in materia di istruzione definito dallo Stato, nonche' l'articolazione delle lezioni in almeno cinque giorni settimanali; il che contrasta - con ogni evidenza - con svariati principi emergenti dalla legislazione statale:
anzitutto con l'art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 276/9005 (recante «Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53»), a mente del quale «le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi, un orario complessivo obbligatorio dei percorsi formativi di almeno 990 ore annue»;
ancora, con gli articoli 3 e 10 del D.Lgs. n. 59/2004, i quali disciplinano l'orario e le attivita' educative e didattiche della scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione;
dipoi con gli articoli da 4 a 9 del D.P.R. n. 89/2010, i quali disciplinano - a livello regolamentare nazionale - il piano dell'offerta formativa e l'orario annuale delle attivita' e degli insegnamenti obbligatori dei licei (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane).
E' invero appena il caso di segnalare che le norme statali, nel definire per ogni ordine e grado di scuola, il monte ore di insegnamento, fissano le «norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione» (cfr. Corte cost., 15
luglio 2005, n. 279, nonche' Corte cost., 2 luglio 2009, n. 200).
Pertanto la innovazione normativa emergente dal segnalato combinato disposto delle due norme provinciali - oltre che violare l'autonomia scolastica, tutelata come principio fondamentale di settore ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost. - incide indebitamente anche sulla competenza legislativa esclusiva statale in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e di «norme generali sull'istruzione», di cui rispettivamente alle lett. m) ed n) del secondo comma dell'art. 117 Cost..
6. Art. 24; contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo comma, lett. e), l) ed s), Cost.
6.1 L'art. 24 della L.P. n. 15/2011 incide, in maniera variamente articolata, sulla previgente disciplina provinciale in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici, segnatamente apportando modifiche alla L.P. n. 7/2005 (recante «Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici»).
In proposito, in termini affatto generali in argomento, occorre precisare che, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn. 5), 10) e 14) dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), la Provincia Autonoma di Bolzano ha competenza legislativa primaria in materia di urbanistica, edilizia, miniere, comprese le acque minerali e termali, mentre ai sensi dei nn. 9) e 10) del successivo art. 9 del medesimo Statuto, essa ha competenza legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, nonche' in materia di igiene e sanita'.
Le esplicitate competenze legislative provinciali devono comunque svolgersi con i limiti esplicitati agli articoli 4 e 5 del medesimo Statuto, ovvero (per la competenza primaria) in armonia con la Costituzione formale e con i principi dell'ordinamento della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' (per la competenza concorrente) nei limiti dei principi stabiliti da leggi statali.
Con specifico riguardo alla materia ambientale, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost., 14 novembre 2007, n. 378), essa rientra oggi nell'ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. («tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»): il concetto di «ambiente» va quindi riguardato come un'entita' organica ed onnicomprensiva, ricomprendente anche le singole componenti della materia, quale la tutela delle acque.
D'altronde, la disciplina unitaria e complessiva del bene «ambiente» afferisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151) ed assoluto (Corte cost., 28 maggio 1987, n. 210), ed e' chiamata a garantire un elevato livello di tutela, imposto anche a livello comunitario, non derogabile da discipline di settore.
Pertanto, la disciplina statale di tutela dell'ambiente come bene complessivo ed unitario, nei termini appena rimarcati, viene a prevalere anche su quella dettata dalle Regioni (ordinarie o speciali) o dalle Province Autonome, costituendo limite all'esercizio delle competenze legislative regionali e provinciali (Corte cost., 4 dicembre 2009, n. 315, nonche' ulteriore giurisprudenza costituzionale ivi menzionata).
Sulla scorta di quanto appena detto, si ritiene che le innovazioni in subiecta materia apportate dall'art. 24 della LP. n. 15/2011 invadano competenze legislative esclusive dello Stato, in relazione alle lett. e), l) ed s), dell'art. 117, secondo comma,
Cost., nei termini che di seguito si vanno a precisare.
6.2 In primo luogo, l'art. 24, comma 1, della L.P. n. 15/2011, sostituisce il comma 5 dell' art. 3 della L.P. n. 7/2005, nei seguenti termini: «Non possono avere ulteriore corro le domande di concessione per impianti alimentati da fonti rinnovabili contrarie al
buon regime delle acque e del suolo e alle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, dei masi chiusi e degli altri interessi generali. Il titolo comprovante la disponibilita' delle aree
interessate ai fini della realizzazione degli interventi predetti puo' essere presentato in ogni momento. Ai fini della legge provinciale 15 aprile 1991, n. 10, e successive modifiche, sono considerate di pubblica utilita' le opere per impianti con potenza nominale superiore a 3 MW».
La formulazione della norma appare piuttosto vaga e generica, allorche' non fornisce una chiara individuazione semantica del concetto di «buon regime delle acque e del suolo», attribuendo all'amministrazione concedente un eccessivo margine di discrezionalita' nelle decisioni relative alla procedibilita' o meno delle domande di concessione prese in esame: il che e' giocoforza incompatibile con la evidenziata competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
6.3 Il successivo comma 2 dell'art. 24 della L.P. n. 15/2011 sostituisce poi il comma 1 dell'art. 16 della gia' richiamata L.P. n. 7/2005, in termini peraltro praticamente identici alla modifica gia' ivi operata con l'art. 2, comma 10, della L.P. n. 4/2011.
Tale innovazione normativa apportata con la L.P. n. 4/2011, e' stata gia' fatta oggetto di apposita impugnativa costituzionale statale (ricorso n. 87/2011, con udienza pubblica di discussione che risulta fissata per il 20 marzo 2012) in quanto, disponendo ex lege il rinnovo trentennale delle concessioni di derivazione idrica in questione, ed escludendone pertanto l'assoggettamento alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (c.d. V.I.A.) prescritta dal D.Lgs. n. 152/2006, si e' posta in evidente contrasto con l'art. 117, comma 1 e comma 2, lett. e), Cost., intervenendo in un ambito, la tutela della concorrenza, di esclusiva competenza legislativa statale. Si trascrive di seguito il tenore della censura in quell'occasione mossa: «La disposizione contenuta nel comma 10 dell'art. 2, prevede il rinnovo automatico trentennale di tutte le concessioni alla loro scadenza, sia pur nei limiti ivi indicati, ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, il cui regime e' disciplinato dal predetto successivo art. 3.
La suddetta norma, nel disporre ex lege il rinnovo trentennale delle concessioni viola l'art. 117, comma 1, e l'art. 117, comma 2, lett. e) Cost., in quanto si pone in contrasto con i principi dell'ordinamento comunitario e le leggi statali in materia di tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale.
Inoltre tale disposizione non subordina il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua, come di contro previsto dal d.lgs. n. 152/2006 (Allegati alla parte II), ed in particolare dall'Allegato II, punti 13,16 e 18 e dall'Allegato III, lett. b), t), af) e ag) e non prevede una verifica di assoggettabilita' a VIA per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua rispetto ai riferimenti normativi di cui al d.lgs. n. 152/2006 relativamente all'Allegato IV, punto 1, lett. d) e all'Allegato IV punto 7, lett. d), m), o) e punto 8, lettera t).
La norma provinciale si pone pertanto in contrasto con la citata normativa statale vigente e viola, pertanto, l'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
Con particolare riguardo a quest'ultimo punto si rileva che in tema di autorizzazioni «postume», la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea appare ispirata a criteri particolarmente rigorosi (sentenza 3 luglio 2008, procedimento C-215/06), essendosi ribadito che, a livello di processo decisionale e' necessario che l'autorita' competente tenga conto il prima possibile delle eventuali ripercussioni sull'ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, dato che
l'obiettivo consiste nell'evitare fin dall'inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, piuttosto che nel combatterne successivamente gli effetti».
Il che suona difficilmente compatibile con un sistema che non prevedeva (o poteva non prevedere) l'obbligo della VIA, ne' all'atto della adozione del provvedimento autorizzatorio, ne' alla sua scadenza, posto che in luogo di una «nuova» autorizzazione (o di un «rinnovo» della precedente), si sostituisce ex lege la perdurante validita' del vecchio titolo, senza possibilita' di verificare se, a causa dell'esercizio della relativa (e legittima) attivita', possa essersi cagionato o meno un danno per l'ambiente.
In sostanza, da un lato, nessun elemento normativo garantisce (ma, anzi, tutto sembra deporre per il contrario) che le autorizzazioni in corso di «esercizio» (originario o prorogato) fossero state - ab origine o in sede di proroga - assoggettate a valutazione di impatto ambientale; dall'altro, il perdurante regime normativo di mantenimento dello status quo cristallizza, ex lege, l'elusione dell'obbligo e, con esso, attraverso il meccanismo della legge-provvedimento, il mancato rispetto della normativa statale».
6.4 La formulazione della disposizione normativa provinciale in questione, per come rinnovata dall'art. 24 della L.P. n. 15/2011 in termini sostanzialmente identici a quella previgente, reitera la violazione costituzionale gia' lamentata.
Essa dispone invero oggi nei seguenti termini: «Nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa verifica di assoggettabilita' a VIA, tutte le concessioni, ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, alla loro scadenza sono rinnovate per un periodo di 30 anni, fatta salva la fissazione di un termine piu' breve ai fini dell'esame di misure necessarie al buon regime delle acque e per minimizzare l'impatto ambientale, a condizione che sussistano i seguenti presupposti: non osti un superiore interesse pubblico, persistano i fini della derivazione e l'utenza sia in esercizio e non sia contraria al buon regime delle acque, gli impianti siano conformi allo stato della tecnica e, in caso di acquedotti potabili, il comune acconsenta alla continuazione
dell'esercizio ai sensi dell'art. 13 della legge provinciale 18 giugno 2002, n. 8, e successive modifiche».
In buona sostanza, quindi, essa ripropone il rinnovo trentennale delle concessioni di derivazione idrica, ad eccezione di quelle a scopo idroelettrico (disciplinate dal successivo art. 3 della medesima L.P. n. 4/2010), a condizione della ricorrenza dei presupposti ivi specificati. La modifica apportata con la L.P. n. 15/2011 si limita in effetti ad inserire un inciso in premessa al comma 1 dell'art. 16 della L.P. n. 4/2011 [«Nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa verifica di assoggettabilita' a VIA (...)»], lasciando dipoi inalterato il testo successivo.
Risulta di tutta evidenza che, a fronte dell'automatico rinnovo trentennale delle concessioni in scadenza, il mero richiamo al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica non vale a superare le censure gia' mosse nei riguardi della previgente formulazione della norma, atteso che nel concetto di «rinnovo» risulta implicito il fatto che la concessione permanga in capo al precedente concessionario, con vulnus quindi del necessario espletamento di nuove procedure competitive a tutela della concorrenza nel settore.
Del pari, non soccorre la previsione della possibilita' di prevedere un termine piu' breve della durata delle concessioni (rispetto a quello precedentemente previsto), in quanto essa non limita la lesione del principio di concorrenza negli affidamenti, ne' minimizza l'impatto ambientale che l'assegnazione della concessione presenta, e che deve essere comunque assoggettato alla procedura di V.I.A. Sotto tale ultimo riguarda, infatti, le modalita' di mitigazione dell'impatto ambientale delle concessioni, e di controllo amministrativo-ambientale sulle stesse, non puo' che essere perseguito (sulla base delle prescrizioni normative di indiscutibilmente esclusiva competenza statale) attraverso la individuazione di misure idonee - da fissare nell'ambito della procedura di V.I.A., nonche' in sede di definizione nel disciplinare di concessione delle modalita' di prelievo e restituzione delle acque - e non gia' mediante la prevista (peraltro come solo eventuale) riduzione della durata temporale delle concessioni in rinnovo.
E' pertanto indiscutibile che la rinnovata formulazione della disposizione di legge provinciale all'esame non e' affatto idonea a superare le censure gia' mosse con la precedente impugnativa costituzionale (formulate nell'ambito del ricorso n. 87/2011), e si espone ad ulteriore censura per reiterato contrasto con le lett. e) ed s), dell'art. 117, secondo comma, Cost., in materia rispettivamente di tutela della concorrenza e tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonche' dell'art. 117, primo comma, Cost., per violazione dell'ordinamento comunitario.
7. Art. 32, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. l), e con l'art. 117, terzo comma, Cost.
7.1 L'art. 32, comma 1, della L.P. n. 15/2011 ha aggiunto il comma 8 all'art. 14 della L.P. n. 10/1992 (recante il «Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano»), del seguente testuale tenore: «Ai fini di un migliore coordinamento e snellimento della gestione delle materie di competenza di un componente di Giunta e dei compiti attribuiti nell'ambito di tali materie a enti strumentali della Provincia o a societa' controllate dalla stessa, e' consentito il cumulo tra incarichi dirigenziali presso la Provincia e presso tali enti e societa', salvo il rispetto
delle particolari disposizioni per la copertura delle rispettive posizioni dirigenziale».
La norma provinciale consente dunque il cumulo di incarichi dirigenziali conferiti dalla Provincia di Bolzano e da enti strumentali della stessa: cio' che si pone in contrasto con l'art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego), il quale
regolamenta e limita espressamente il cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
La disposizione risulta dunque in aperto contrasto con la lett. l) del secondo comma dell'art. 117 Cost., che assegna alla competenza legislativa esclusiva statale - tra le altre - la materia dell'ordinamento civile, ricomprendente anche quello del pubblico
impiego c.d. «privatizzato» (cfr. la recentissima Corte cost., 22 dicembre 2011, n. 339).
7.2 La medesima disposizione quivi censurata, consentendo anche il cumulo delle relative retribuzioni, risulta altresi' in contrasto con l'art. 9, comma 1, del D.L. n. 78/2010 (convertito con legge n. 122/2010), a mente del quale - si rammenta - «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternita', malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fitto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall' art. 8, comma 14».
E quindi comporta una ulteriore violazione della competenza in materia di coordinamento della finanza pubblica, assegnata allo Stato dall'art. 117, terzo comma, Cost. in termini di fissazione dei principi fondamentali, cui neppure la Provincia Autonoma di Bolzano puo' discostarsi.
8. Art. 34: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. h), l) ed s), Cost.
8.1 L'art. 34 della L.P. n. 15/2011 inserisce l'art. 22-bis alla L.P. n. 6/1997, del seguente testuale tenore:
«Art. 22-bis - Riorganizzazione delle revisioni tecniche dei veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
1. Alfine di completare e ottimizzare l'organizzazione delle revisioni periodiche dei veicoli a motore e dei loro rimorchi la Provincia puo' autorizzare le imprese altamente specializzate a svolgere il prescritto controllo tecnico, nel rispetto della
normativa tecnica vigente in materia, anche per i veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
2. La Giunta provinciale stabilisce i criteri per l'individuazione delle imprese in possesso delle attrezzature, delle esperienze e conoscenze tecniche richieste per garantire un'elevata qualita' del controllo tecnico in conformita' alla normativa dell'Unione europea e alle vigenti prescrizioni tecniche, subordinando l'autorizzazione di cui al comma 1 ad una formazione specifica ed un esame di idoneita' del responsabile preposto al controllo tecnico.
3. La ripartizione provinciale competente in materia provvede a periodiche ispezioni del controllo tecnico autorizzato, revocando immediatamente l'autorizzazione qualora vengano a mancare le condizioni per garantire la dovuta qualita' del controllo tecnico».
La presente disposizione provinciale si pone in contrasto, per piu' profili, con l'art. 80 del nuovo Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992), a mente del quale spetta allo Stato (segnatamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) il compito di
stabilire, con appositi decreti ministeriali, «i criteri, i tempi e le modalita' per l'effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, al fine di accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosita' e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti» (comma 1), consentendo al contempo che il medesimo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, «al fine di assicurare in relazione a particolari e contingenti situazioni operative degli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri, il rispetto dei termini previsti per le revisioni periodiche dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo sedici persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, [possa] per singole province individuate con proprio decreto, affidare in concessione quinquennale le suddette revisioni ad imprese di autoriparazione che svolgono la propria attivita' nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attivita' di commercio di
veicoli, esercitino altresi', con carattere strumentale o accessorio, l'attivita' di autoriparazione».
8.2 In effetti, sebbene lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972) assegni alla Provincia Autonoma di Bolzano, ai sensi dell'art. 8, comma 1, nn. 17) e 18), competenza primaria in materia di viabilita' e trasporti di competenza provinciale, e che il D.P.R. n. 527/1977, nel dettare norme di attuazione dello Statuto in argomento, abbia demandato ad uffici provinciali lo svolgimento di attribuzioni di competenza della direzione compartimentale della motorizzazione civile, cio' non vuol dire che non vi siano spazi di permanente ed esclusiva competenza statale nelle anzidette materie.
D'altronde, proprio lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige - come in precedenza gia' visto - prescrive che le competenze legislative provinciali «primarie» vadano esercitate in armonia con la Costituzione formale e con i principi dell'ordinamento della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Con specifico riferimento alla materia della circolazione stradale, codesta Corte ha avuto modo di ben precisare (sentenza 29 dicembre 2004, n. 428) che «(...) la circolazione stradale - pur non essendo espressamente menzionata nell'art. 117 della Costituzione - non per questo puo' essere collocata nell'ambito residuale ascritto alla potesta' legislativa esclusiva delle Regioni ordinarie dal quarto comma del medesimo art. 117 Cost.», e che anzi essa, «in relazione ai vari profili sotto i quali essa puo' venire in esame, considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che la circolazione stradale sia riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi del citato art. 117 Cost., secondo comma».
Alla luce di tanto, non puo' negarsi che la disciplina della circolazione stradale sia, in primo luogo, intimamente connessa alla sicurezza della incolumita' degli utenti della strada, in guanto mirante a prevenire la verificazione di incidenti stradali e la commissione dei reati connessi (principalmente omicidio colposo e lesioni colpose), risultando pertanto collegata con la tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza (lett. h) dell'art. 117, secondo comma, Cost.).
Del pari la materia e' anche inquadrabile nella materia dell'ordinamento civile (lett. l) dell'art. 117, secondo comma, Cost.), visto che impinge anche aspetti inevitabilmente afferenti la responsabilita' civile per circolazione di veicoli a motore, sempre connessa e conseguente alla pericolosita' di siffatta attivita' (tra l'altro normativamente sancita e riconosciuta dall'art. 2054 cod. civ.).
D'altronde ed in ultimo, atteso che i meccanismi di controllo previsti dall'art. 80 del Codice della Strada (la revisione dei veicoli a motore) sono ex lege strumentali non solo alla verifica delle loro condizioni di sicurezza per la circolazione (come dianzi rimarcato), ma anche per garantire la silenziosita' ed il contenimento delle emissioni inquinanti nei limiti prescritti dalla legge, la relativa disciplina rientra certamente anche nella materia della tutela dell'ambiente (lett. s) dell'art. 117, secondo comma, Cost.).
8.3 La norma provinciale all'esame, in definitiva, allorche' rimette alla Provincia Autonoma di Bolzano la possibilita' di autorizzare imprese alla revisione periodica di veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, incide indebitamente su ambiti assegnati alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. h), l) ed s), Cost..
P. Q. M.
Voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure - la illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano, 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012 - 2014 (Legge Finanziaria
2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011:
art. 2 («Modifica della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9, "Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate"»), comma 6;
art. 7 («Obiettivi di finanza pubblica»), comma 4;
art. 9 («Modifica della legge provinciale 14 febbraio 1992, n. 6, "Disposizioni in materia di finanza locale"»), comma 1;
art. 17 («Modifica della legge provinciale 16 luglio 2008, n. 5, "Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione"»), comma 1;
art. 18 («Modifica della legge provinciale 29 giugno 2000, n. 12, "Autonomia delle scuole"»), comma 2;
art. 24 («Modifica della legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, "Norme in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici"»), commi 1 e 2;
art. 32 («Modifica della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10, "Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di Bolzano"»), comma 1;
art. 34 («Modifica della legge provinciale 7 aprile 1997, n. 6, "Ordinamento dell'apprendistato"»);
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), l), m), n) ed s); con l'art. 117, terzo comma, Cost.; con l'art. 119, primo comma, Cost.; nonche' con l'art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale per il Trentino -Alto Adige (D.P.R. n. 670/1972), per le ragioni e nei termini dettagliati nel corpo del presente ricorso.
Si deposita la seguente documentazione:
1) copia autentica dell'estratto del verbale relativo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2012, con allegata relazione;
2) copia della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano, 21 dicembre 2011, n. 15, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 (Legge Finanziaria 2012)», pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27 dicembre 2011.
Roma, 23 febbraio 2012
L'Avvocato dello Stato: Caselli