Ricorso n. 36 del 3 marzo 2006 (Regione Campania)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2006 , n. 36
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 marzo 2006 (della Regione Campania)
(GU n. 15 del 12-4-2006)
Ricorso della Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore Antonio Bassolino, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 243 del 21 febbraio 2006, dal prof. avv. Vincenzo Cocozza e dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elettivamente domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania alla Via Poli n. 29; Contro: il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 54 e 55; comma 88; commi 198, 199, 200, 201, 203, 204, 205 e 206; comma 214; comma 216; comma 322; commi 483, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492; commi 583, 584, 585, 586, 587, 588, 589, 590, 591, 592 e 593; comma 280; comma 330; comma 336; commi 337, 339 e 340, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005 supplemento ordinario n. 211. F a t t o 1. - Vista legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria per l'anno 2006) appare in piu' disposizioni inficiata da illegittimita' costituzionale per contrasto con l'assetto delle competenze fissato dal Titolo V parte seconda della Costituzione. Risulta invero diffusamente disatteso il criterio di riparto della potesta' legislativa per materia stabilito dall'art. 117 Cost. Ne' ottiene rispetto e attuazione l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni, riconosciuta nell'art. 119 Cost. Si impone percio' la reintegrazione dell'ordine giuridico violato attraverso la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni della legge n. 266/2005 di seguito precisate, per i motivi in relazione a ciascuna di esse specificamente dedotti: M o t i v i 1. - Violazione artt. 114, 117, 118 e 119 cost. lesione della sfera di competenza delle regioni. violazione del principio di leale cooperazione. Sui commi 54-55 In base al comma 54, vengono ridotte le indennita' di funzione di organi regionali, nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005. In particolare, il legislatore statale interviene in maniera specifica e puntuale, nell'ambito dei seguenti emolumenti: a) le indennita' di funzione spettanti ai sindaci ai presidenti delle province e delle regioni ai presidenti delle comunita' montane, ai presidenti dei consigli circoscrizionali comunali provinciali e regionali, ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli dei citati enti; b) le indennita' e i gettoni di presenza spettanti ai consiglieri circoscrizionali comunali, provinciali, regionali e delle comunita' montane; c) le utilita' comunque denominate spettanti per la partecipazione ad organi collegiali dei soggetti di cui alle lettere a) e b) in ragione della carica rivestita. Il successivo comma, poi, fissa la misura delle indennita', come individuata nel comma 55, per il periodo di un triennio, a decorrere dall'entrata in vigore della legge. La previsione viola sia l'autonomia finanziaria regionale che quella degli organi politici regionali. In generale, la Corte costituzionale ha negato la ammissibilita' di una previsione, da parte della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce di spesa, in quanto questa "non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004). La specificita' della limitazione, dunque, costituisce certamente violazione dell'autonomia finanziaria, che si colora di maggior gravita', laddove incide addirittura sulla autonomia degli organi regionali, ponendosi come strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle finzioni degli stessi. 2. - Violazione artt. 114, 117, 118 e 119 cost. lesione della sfera di competenza delle regioni. violazione del principio di leale cooperazione. Irragionevolezza. Sui commi 198-199-200-201-203-204-205-206 a) Il comma 198 fissa per le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al d.lgs. 267/00, nonche' gli enti del Servizio sanitario nazionale", un tetto di spesa per il personale equivalente all'ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento, precisando che in tale conteggio devono considerarsi comprese anche le spese per il personale a tempo indeterminato, con contratto co.co.co o con altre forme di contratto flessibile o con convenzioni. Il comma 199, procede alla definizione delle modalita' di calcolo delle spese di personale di cui al comma 198, escludendo dal conteggio solo gli arretrati degli anni precedenti al 2004 e gli incrementi derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali, in tal modo eliminando ogni margine di flessibilita' nelle scelte regionali. Il comma 200 individua le "misure della presente legge riguardanti il contenimento della spesa per la contrattazione integrativa e i limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato, nonche' altre specifiche misure in materia di personale", come parametro per la realizzazione della finalita' di contenimento della spesa nel settore. Il comma 201 prevede, per i medesimi fini di contenimento della spesa pubblica, che gli enti locali pongano in essere interventi "diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali". Il comma 203 impone anche agli "enti del Servizio sanitario nazionale" - strumento di politica sanitaria regionale - le scelte di contenimento di cui al comma 198, inserendo le stesse come condizione per l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato. Per la verifica di quanto sopra, il comma 204 introduce i dati relativi alla realizzazione degli oneri di contenimento cosi caratterizzati, nell'ambito del monitoraggio adempimenti relativi al patto di stabilita' interno. Il comma 205 definisce unilateralmente la utilizzazione delle risorse derivanti dalla applicazione dei commi precedenti, sottraendo la scelta alla politica regionale. Il comma 206 qualifica l'intero intervento, nonostante la specificita' dello stesso in settore di competenza regionale, come "principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione". b) Come si evince dalla sintetica descrizione delle normative impugnate, tutte queste recano una disciplina equivalente nei contenuti invasivi delle competenze regionali, in quanto introducono puntuali vincoli, che riguardano le spese attinenti alla organizzazione degli uffici regionali ovvero degli enti dipendenti. Valgano, pertanto, per ciascuna gli stessi vizi di seguito indicati. L'intervento ha riguardo sia alla autonomia finanziaria della regione, sia, secondo una formulazione adoperata dal previgente testo costituzionale, all'"ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione". Le norme in questione non si limitano, infatti, a fissare l'entita' massima del disavanzo o del complesso della spesa corrente di regioni ed enti locali, ma specificano la singola tipologia delle spese che gli enti territoriali devono contenere nell'ambito delle percentuali previste dalle stesse norme. Sotto un primo profilo, tali vincoli incidono negativamente sulla generalita' delle competenze legislative e amministrative delle regioni. Sotto un secondo profilo, i vincoli in questione non sono riconducibili a principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e sono pertanto lesivi dell'autonomia finanziaria di regioni ed enti locali. Per cio' che concerne il primo profilo, si deve osservare che le previsioni di spese e vincoli di spesa, costituiscono tipici strumenti di politica incidenti sulla gestione del personale e conseguente organizzazione degli uffici. Cio' premesso, considerato, cioe', che le disposizioni impugnate, nel porre limiti alla gestione del personale delle amministrazioni regionali, interferiscono in un settore rilevante della materia relativa all'ordinamento degli uffici, le stesse devono considerarsi invasive della competenza legislativa residuale della regione. Con riguardo al secondo profilo, codesta ecc.ma Corte ha gia' chiaramente affermato che "le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost." (sent. Corte costituzionale 417/2005). Il legislatore statale puo', quindi, legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio in generale, ma non puo' limitare la scelta della Regione in ordine alle modalita' attraverso le quali realizzare l'obiettivo fissato dalla legge dello Stato. Sui commi 214 e 216 Anche tali commi operano un contenimento alle spese di bilancio regionale, fissando limiti alle singole voci di spesa. In particolare, il comma 214 stabilisce che gli enti territoriali adottano, anche in deroga alle specifiche disposizioni di legge e contrattuali, le determinazioni conseguenti alla soppressione, operata dal comma 213, dell'indennita' di trasferta ai dipendenti in comando. Il comma 216 prevede che, "ai fini del contenimento della spesa pubblica, al personale appartenente alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni che si reca in missione o viaggio di servizio all'estero, il rimborso delle spese di viaggio in aereo spetta nel limite delle spese per la classe economica". Anche per tali disposizioni vale quanto in precedenza osservato sulla equivalenza di disciplina che contengono, sicche' per l'uno e per l'altro comma si prospettano i vizi che seguono. Sul punto, come e' stato anticipato, la Corte costituzionale si e' espressa in maniera chiara rilevando come, i vincoli di bilancio affinche' "possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle regioni e degli enti locali, debbono avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini la legge statale puo' stabilire solo un "limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa" (sentenza n. 417/2005). Tale principio, ribadito piu' volte dalla Consulta, e' stato, poi, utilizzato dalla sentenza n. 449 del 2005, che ha dichiarato illegittima la disposizione dell'art. 3, comma 75, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 nella parte in cui ha previsto proprio, anche per il personale regionale, che i viaggi di missione all'estero per ragioni di servizio nell'ambito dell'Unione europea o per conto della stessa regione diano diritto al pagamento delle spese di viaggio aereo solo nella classe economica. Vi e', dunque, addirittura una identita' di oggetto rispetto alla previsione del comma 216, che elimina qualsiasi dubbio in ordine alla illegittimita' della stessa. 3. - Violazione dell'art. 119 cost. violazione dell'art. 117 cost. e della autonomia regionale. Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 7 d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 56. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Sul comma 322 Le disposizioni dei commi 319 e 320 sbloccano le risorse finanziarie dovute alle Regioni in base al d.lgs. 56/2000. Tuttavia, a mente della previsione del successivo comma 322, tali risorse - circa 12,7 miliardi di euro - verranno erogate sulla base di un "piano graduale definito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 marzo 2006". Le regioni hanno gia' subito aggravi di costi e difficolta' operative per il ritardo nelle erogazioni di somme negli anni 2002, 2003, 2004 e 2005 e, peraltro, il principio di gradualita' stabilito dal comma 322, con tutte le condizioni limitative e derogatorie che ne conseguono, lede ancor di piu' l'autonomia finanziaria regionale di cui all'art. 119 Cost. laddove affida ad un atto ministeriale la definizione dei tempi e delle modalita' di attuazione del piano, declassando la partecipazione della Conferenza Stato - Regioni a mera consulenza ("sentita") rispetto alla "intesa" prevista dall'art. 2 del d.lgs 56/2000. Da quanto sopra deriva, in primo luogo, la chiara violazione del principio di leale cooperazione, il cui strumento di attuazione lo stesso legislatore aveva individuato nella intesa rafforzata di cui al d.lgs n. 56/2000. In secondo luogo, la violazione della autonomia finanziaria regionale, con ricadute anche nella gestibilita' delle competenze materiali attribuite agli enti territoriali. E evidente, infatti, che la scelta incide su equilibri finanziari (e sociali), introducendo ulteriori variabili che condizionano l'autonomia regionale non solo finanziaria, ma complessivamente intesa. Sul comma 280 Il comma 280 prevede che l'accesso alle risorse di cui al precedente comma 279 (2000 milioni di euro per l'anno 2006 per il ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per il 2002-2003-2004) - "da ripartire tra tutte le regioni sulla base del numero dei residenti, con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano" - sia subordinato ad una serie di condizioni. In particolare all'adozione dei provvedimenti di copertura del residuo disavanzo a carico della regione per i medesimi anni e, cosa ancora piu' contestabile, alle Intese da sancire entro il 31 marzo 2006 sul Piano sanitario nazionale 2006-2008 e sul Piano del contenimento delle liste di attese. La ripartizione e', poi, prevista sulla base del numero dei dipendenti. In sostanza si lega la disponibilita' di risorse per la copertura dei disavanzi pregressi a futuri obblighi delle Regioni che, pero', nulla hanno a che vedere con tali disavanzi pregressi. Non senza dire, poi, che la previsione impugnata preclude alle Regioni ogni possibile eventuale rivendicazione futura per gli eventuali disavanzi, dei quali dovra', d'ora in avanti, farsi carico la regione medesima. Quanto sopra, incide, illegittimamente, sulla autonomia finanziaria delle regioni in modo irragionevole, peraltro, introducendo metodi "sanzionatori" in assenza di una compiuta attuazione dell'art. 119 Cost, che consentirebbe all'Ente territoriale di far fronte, autonomamente ai propri fabbisogni finanziari. 4. - Violazione artt. 114, 117, 118 cost. lesione della sfera di competenza delle regioni. Violazione del principio di leale cooperazione. Irragionevolezza. Sul comma 88 a) Il comma 88 prevede che i beni immobili appartenenti a Ferrovie dello Stato o a societa' da essa controllate direttamente o indirettamente, "Si presumono costruiti in conformita' alla legge vigente al momento della loro edificazione". In tal modo, la norma pone in essere una nuova forma di condono edilizio, costruita partendo da una presunzione de iure di regolarita' urbanistico-edilizia di tali immobili. Tale natura e', del resto, confermata, laddove l'eventuale verifica di irregolarita', successiva a un determinato termine, non consente agli enti locali di porre in essere i provvedimenti conseguenti. Infatti, dopo aver specificamente previsto la documentazione necessaria all'ottenimento del previsto status, la norma espressamente dispone "la dichiarazione sostitutiva produce i medesimi effetti di una concessione in sanatoria, a meno che entro sessanta giorni da suo deposito il comune non riscontri l'esistenza di un abuso non sanabile ai sensi delle norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia e lo notifichi all'interessato". Si tratta, peraltro, della introduzione di un silenzio-assenso, per situazioni edilizie che derogano agli strumenti di programmazione territoriale degli enti locali. E' previsto, infatti, che le i soggetti sopra individuati "possono procedere all'ottenimento di documentazione che tenga luogo di quella attestante la regolarita' urbanistica ed edilizia mancante, in continuita' d'uso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti". La norma prosegue, poi, individuando dettagliatamente la documentazione necessaria e sufficiente (attesa l'assenza di qualsiasi rinvio alla disciplina regionale anche solo di integrazione) per l'ottenimento della sanatoria, con ampio utilizzo di autocertificazioni. Addirittura, nella ipotesi di collaudo, viene esclusa la necessita' di una certificazione redatta da un tecnico abilitato attestante l'idoneita' statica delle opere eseguite, se non in base a una richiesta - che deve essere motivata - da parte del comune. Si limita la oblazione a una somma pari al 10% di quello che si sarebbe pagato con l'ultimo condono edilizio, anche in questo caso, senza consentire interventi regionali su tale aspetto. La parte finale del comma 88 estende, poi, la possibilita' di sanatoria anche ai "soggetti che acquistino detti immobili da Ferrovie dello Stato S.p.a. e dalle societa' dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate ..., ma la somma da corrispondere e' pari al triplo di quella sopra indicata". b) Appare evidente che il contenuto della noma in questione, in quanto surrettizia ipotesi di condono edilizio, rappresenta una forte invasione della competenza legislativa regionale in materia di "governo del territorio", anche alla luce della sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 196/2004. In primo luogo, non si puo' non notare che la stessa sentenza della Corte, che ha consentito di ritenere ammissibile l'ultimo condono edilizio, lo ha fatto sul presupposto di una suo straordinarieta'. Condizione che certamente non ricorre nel caso di specie. In ogni caso, i contenuti dello stesso non sono certamente in linea con quanto affermato dalla richiamata sentenza. E' stato rilevato, infatti, che la normativa sul condono edilizio coinvolge la disciplina del "governo del territorio", sulla quale alle regioni, oggi "e' riconosciuta.., una competenza legislativa piu' ampia, per oggetto, di quella contemplata nell'originario testo dell'art. 117 Cost". Sulla scorta di quanto sopra, alla legge regionale spetta "determinare la possibilita' le condizioni e le modalita' per l'ammissibilita' a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio". E cio' anche se si tratti di "beni che insistono su aree di proprieta' dello Stato o facenti parte del demanio statale". Peraltro, proprio con riferimento agli effetti dell'inerzia amministrativa si e' riconosciuto alla regione la competenza a "disciplinare diversamente gli effetti del silenzio". La disciplina impugnata sottrae, invece, tale ambito materiale e senza che vene sia ragione, alla competenza regionale. Cosi' come, con riferimento agli oneri concessori, si' e' affermato che "se i comuni possono, nei limiti della legge, provvedere a sanare sul piano amministrativo gli illeciti edilizi viene in evidente rilievo l'inammissibilita' di una legislazione statale che determini anche la misura dell'anticipazione degli oneri concessori e le relative modalita' di versamento ai comuni; d'altronde, l'ordinaria disciplina vigente attribuisce il potere di determinare l'ammontare degli oneri concessori agli stessi, comuni, sulla base della legge regionale". Chiara, dunque, la illegittimita' dell'intervento sotto molteplici aspetti. Sui commi 483, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492 Le disposizioni di cui ai commi 483, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492 dettano norme relative alle concessioni idroelettriche, modificando alcune prescrizioni del d.lgs. n. 79 del 1999. Lo Stato rivendica la materia alla propria competenza legislativa esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione (comma 491), relativo alla tutela della concorrenza, prevedendo che "entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni e le province autonome armonizzano i propri ordinamenti alle norme dei commi da 483 a 491". In particolare, il comma 483 modifica l'art. 12 del d.lgs 16 marzo 1999, n. 79, sul mercato interno dell'energia elettrica, recante la disciplina sulle "concessioni idroelettriche", introducendo regole per il mantenimento dell'uso delle acque a fini idroelettrici, ovvero l'utilizzo delle stesse a diverso fine, limitando in tal senso le scelte di utilizzo del territorio da parte della regione, attribuendo a atti ministeriali il compito di fissare i requisiti organizzativi e finanziari minimi. Nella stessa direzione la proroga decennale delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica operata dal comma 485. Il comma 486 acquisisce al bilancio dello Stato il canone aggiuntivo previsto, operando un distrazione di risorse rispetto a concessioni insistenti sul territorio regionale. I commi 487 e 488 specificano le modalita' e le condizioni per ottenere la proroga decennale e i procedimenti amministrativi connessi. I commi 489 e 490, nel disciplinare le possibilita' e le modalita' di trasferimento della titolarita' del ramo di azienda relativo all'esercizio della concessione, escludono qualsiasi apporto decisionale in merito, anche di natura integrativa e funzionale alle esigenze di politica territoriale delle regioni. Le disposizioni indicate presentano un contenuto omogeneo quanto a modalita' di disciplina e settore materiale dell'intervento. Il momento unificante e' fornito dalla stessa legge con l'autoqualificazione, effettuata dal comma 491, delle norme descritte, come attinenti alla competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza. Nonostante quale autoqualificazione, esse norme incidono nella materia (concorrente) del "governo del territorio", soprattutto sotto il profilo delle concessioni demaniali, e della "produzione, trasporto e distribuzione dell'energia". Sono, dunque, illegittime le previsioni impugnate, per la specificita' dei contenuti e per l'assenza di qualsiasi coinvolgimento delle regioni nelle scelte, che si configura, quanto meno, come violazione del principio di leale cooperazione. Peraltro, pur volendo definire l'intervento nei sensi indicati dalla legge impugnata (tutela della concorrenza), si tratterebbe di materia trasversale che, come piu' volte chiarito da codesta ecc.ma Corte, non puo' escludere scelte di politica regionale nelle materie concorrenti che incrocia. Cio', quanto meno, sotto il profilo della partecipazione in attuazione del principio di leale cooperazione. Al contrario, come detto, lo Stato e' intervenuto a definire scelte di utilizzo territoriale, tempi, modalita' e procedure, senza alcun coinvolgimento degli enti territoriali interessati. 5. - Violazione artt. 114,117, 118, 119 cost. Lesione della sfera di competenza delle regioni. Violazione del principio di leale cooperazione. Irragionevolezza. Sui commi 330-336-337-339-340 Vi sono, poi, nella legge "Finanziaria 2006" talune prescrizioni che, pur contenendo finanziamenti, ne vincolano l'utilizzo in contrasto con la relativa competenza regionale costituzionalmente garantita. Il comma 330 prevede interventi destinati, nell'ambito della solidarieta' per lo sviluppo socio-economico, al sostegno delle famiglie. Il comma 336, analogamente, istituisce un fondo per "la concessione di garanzia di ultima istanza, in aggiunta alle ipoteche ordinarie sugli immobili, agli intermediari finanziari bancari e non bancari per la contrazione di mutui diretti all'acquisto o alla costruzione della prima casa di abitazione, da parte di soggetti privati che rientrino nelle seguenti condizioni". Regolando le condizioni e i requisiti per l'accesso. Infine, il comma 337 introduce finanziamenti vincolati finalizzati al sostegno del volontariato di attivita' nel settore sociale e della ricerca. Il comma 339 ne definisce i meccanismi di quantificazione e il comma 340 attribuisce la gestione e la ripartizione delle relative risorse ad organi statali senza alcun coinvolgimento delle regioni. Vi e' un elemento che accomuna tutti i descritti interventi. Essi incidono nel settore della politica sociale di esclusiva competenza regionale ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost., attraverso finanziamenti vincolati. Sul punto, codesta ecc.ma Corte, ha piu' volte ribadito che "non e' consentita l'erogazione di nuovi finanziamenti a destinazione vincolata in materie spettanti alla competenza legislativa, esclusiva o concorrente delle regioni poiche', in primo luogo, il ricorso a questo tipo di finanziamento puo' divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali, nonche' di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria competenza e, in secondo luogo, il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all'art. 117 Cost. "vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiche' cio' equivarrebbe a riconoscere allo Stato potesta' legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze". Inoltre vi e' una specifica violazione del comma 6 dell'art. 117 Cost., laddove il legislatore attribuisce, in un settore materiale cosi' caratterizzato, a una fonte ministeriale il compito di definire parte della disciplina procedimentale. Mentre, e' noto, "la potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva", e "alle Regioni in ogni altra materia". 6. - Violazione artt. 114, 117, in part. commi 3, 4 e 6, 118 cost. Lesione della sfera di competenza delle regioni. Violazione del principio di leale cooperazione. Sui commi 583, 584, 585, 586, 587, 588, 589, 590, 591, 592 e 593 a) Tali disposizioni riguardano i c.d. "insediamenti turistici di qualita' di interesse nazionale anche con riferimento alle concessioni demaniali marittime (comma 583) e prevedono una precisa distribuzione degli introiti, di cui il 60% sembrerebbe riservato allo Stato (comma 584). Segue una dettagliata disciplina procedimentale per la realizzazione degli insediamenti che definisce le condizioni necessarie e sufficienti per la realizzazione degli stessi (585), rinvia a un regolamento statale - da adottare con decreto del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio - per la individuazione dei soggetti legittimati a presentare la relativa domanda (586), fissa la documentazione necessaria alla presentazione della proposta (587), nonche' le modalita' procedimentali di dettaglio per la valutazione delle stesse (588, 589, 590, 592). Il comma 591 prevede che il relativo accordo di programma sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato, consente la realizzazione e l'esercizio di tutte le opere, prestazioni e attivita' previste nella proposta approvata, e ha l'effetto di determinare le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie, intervenendo anche nell'ambito del governo del territorio. b) Il complesso delle previsioni indicate, che sono legate dal disciplinare nel dettaglio aspetti diversi di un medesimo settore materiale, si mostra lesivo, in primo luogo, della competenza residuale della Regione in materia di "turismo". E' noto, infatti, che l'ambito materiale "turismo e industria alberghiera" (precedentemente oggetto di potesta' legislativa concorrente) non compare piu' negli elenchi dell'art. 117 Cost., ne' risulta rifluito, anche solo parzialmente, in alcuna delle formule contenute nel II e III comma del novellato art. 117. Se ne deduce in modo concorde da parte della dottrina che il settore deve ritenersi attribuito alla competenza legislativa residuale (esclusiva) delle regioni. Ebbene, e' altrettanto noto che sia il dato storico-normativo che quello giurisprudenziale hanno consentito di adottare, nella materia specifica, una interpretazione per cosi' dire "funzionale", attribuendo alla formula un significato ampio, ricomprendendo tutto cio' che sia connesso all'interesse turistico. Come ricordato, la definizione dell'art. 59 del d.P.R. 616/1977, avente ad oggetto le materie di trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni, qualificava il settore "turismo e industria alberghiera" attraverso una descrizione omnicomprensiva dei contenuti, definendo lo stesso come concernente "tutti i servizi, le strutture e le attivita' pubbliche e private riguardanti l'organizzazione e lo sviluppo regionale, anche nei connessi aspetti ricreativi, e dell'industria alberghiera, nonche' gli enti e le aziende pubbliche operanti nel settore sul piano locale". Anche sulla scorta di tale dato ricostruttivo, la giurisprudenza di codesta, ecc.ma Corte ha utilizzato un criterio ampio per definire l'ambito materiale ritenendo rientranti in esso, in generale, tutte le attivita' aventi "ferimento al turismo, cioe' suscettive di incidere sull'interesse turistico" (Corte 19 marzo - 4 aprile 1990, n. 162). Su tale linea, coerentemente, si e' ritenuto rientrante nella materia "turismo e industria e alberghiera" tutto quanto attiene alle professioni turistiche (fra le tante sent. Corte cost. 3 - 6 luglio 1989, n. 372), alle attivita' private di agenzia di viaggio e qualunque attivita' di intermediazione in materia (sent. Corte cost. n. 162/1990 cit.), allo sport non agonistico (sent. Corte cost. n. 517/1987) e in genere qualsiasi funzione "condizionata dalla preminente valutazione dell'interesse turistico" (sent. Corte cost. n. 162/1990 cit.), offrendo in tal senso una chiara e univoca chiave di lettura per l'individuazione delle competenze relative alle vicende de quibus. Alla luce di quanto sopra, l'intervento statale si palesa sicuramente illegittimo, sia perche' incidente in modo significativo nella politica del turismo di spettanza regionale in via esclusiva, sia per i contenuti specifici anche nella descrizione delle procedure, sia, sul piano della leale cooperazione, attesa l'assenza, quanto meno, di un coinvolgimento della regione nella determinazione dei contenuti medesimi. c) Vi e', inoltre, una specifica violazione del comma 6 dell'art. 117 Cost, laddove il legislatore attribuisce, in un settore materiale cosi' caratterizzata, a una fonte regolamentare ministeriale l'onere di definire parte della disciplina procedimentale. Mentre "la potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva", e "alle regioni in ogni altra materia".
P. Q. M. Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 54 e 55; comma 88; commi 198, 199, 200, 201, 203, 204, 205 e 206; comma 214; comma 216; comma 322; commi 483, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492; commi 583, 584, 585, 586, 587, 588, 589, 590, 591, 592 e 593; comma 280; camma 330; comma 336; commi 337, 339 e 340, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006"), per violazione degli artt. 114, 117, 118, 119 della Costituzione nonche' del principio di leale cooperazione fra Stato e Regione e per lesione della sfera di competenza della Regione. Napoli-Roma, 24 febbraio 2006 Avv. Vincenzo Baroni - Prof. Avv. Vincenzo Cocozza