RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2006 , n. 36
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 marzo 2006 (della Regione Campania)
 
(GU n. 15 del 12-4-2006) 
 
 
    Ricorso  della  Regione Campania, in persona del presidente della
giunta  regionale  pro-tempore  Antonio  Bassolino,  rappresentato  e
difeso,  giusta  mandato  a  margine ed in virtu' della deliberazione
della  giunta  regionale  n. 243 del 21 febbraio 2006, dal prof. avv.
Vincenzo   Cocozza   e   dall'avv.  Vincenzo  Baroni  dell'Avvocatura
regionale,  insieme  con  i  quali  elettivamente  domicilia in Roma,
presso  l'Ufficio  di  rappresentanza della Regione Campania alla Via
Poli n. 29;

    Contro: il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore; per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
54  e  55;  comma  88; commi 198, 199, 200, 201, 203, 204, 205 e 206;
comma  214; comma 216; comma 322; commi 483, 484, 485, 486, 487, 488,
489,  490,  491  e 492; commi 583, 584, 585, 586, 587, 588, 589, 590,
591,  592  e  593;  comma 280; comma 330; comma 336; commi 337, 339 e
340,  della  legge  23  dicembre  2005,  n. 266 ("Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2006"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29
dicembre 2005 supplemento ordinario n. 211.

                              F a t t o

    1.  - Vista legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria per
l'anno  2006) appare in piu' disposizioni inficiata da illegittimita'
costituzionale  per  contrasto con l'assetto delle competenze fissato
dal Titolo V parte seconda della Costituzione.
    Risulta  invero  diffusamente  disatteso  il  criterio di riparto
della potesta' legislativa per materia stabilito dall'art. 117 Cost.
    Ne'  ottiene  rispetto  e  attuazione  l'autonomia finanziaria di
entrata e di spesa delle Regioni, riconosciuta nell'art. 119 Cost.
    Si impone percio' la reintegrazione dell'ordine giuridico violato
attraverso  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni  della  legge  n. 266/2005  di  seguito precisate, per i
motivi in relazione a ciascuna di esse specificamente dedotti:

                             M o t i v i

    1.  -  Violazione  artt. 114,  117, 118 e 119 cost. lesione della
sfera  di competenza delle regioni. violazione del principio di leale
cooperazione.
                           Sui commi 54-55
    In base al comma 54, vengono ridotte le indennita' di funzione di
organi   regionali,   nella   misura   del   10  per  cento  rispetto
all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005.
    In  particolare,  il  legislatore  statale  interviene in maniera
specifica e puntuale, nell'ambito dei seguenti emolumenti:
        a)   le  indennita'  di  funzione  spettanti  ai  sindaci  ai
presidenti  delle  province  e  delle  regioni  ai  presidenti  delle
comunita'   montane,  ai  presidenti  dei  consigli  circoscrizionali
comunali   provinciali   e  regionali,  ai  componenti  degli  organi
esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli dei citati enti;
        b)  le  indennita'  e  i  gettoni  di  presenza  spettanti ai
consiglieri circoscrizionali comunali, provinciali, regionali e delle
comunita' montane;
        c)   le   utilita'   comunque  denominate  spettanti  per  la
partecipazione  ad organi collegiali dei soggetti di cui alle lettere
a) e b) in ragione della carica rivestita.
    Il  successivo comma, poi, fissa la misura delle indennita', come
individuata  nel comma 55, per il periodo di un triennio, a decorrere
dall'entrata in vigore della legge.
    La  previsione  viola  sia  l'autonomia finanziaria regionale che
quella degli organi politici regionali.
    In  generale, la Corte costituzionale ha negato la ammissibilita'
di   una   previsione,  da  parte  della  legge  statale,  di  limiti
all'entita'  di una singola voce di spesa, in quanto questa "non puo'
essere   considerata   un   principio   fondamentale  in  materia  di
armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e coordinamento della finanza
pubblica,  perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita'
della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte
della   legge  statale,  dell'area  [...]  riservata  alle  autonomie
regionali  e  degli  enti  locali,  alle  quali la legge statale puo'
prescrivere  criteri  [...]  ed  obiettivi  (ad esempio, contenimento
della  spesa  pubblica)  ma  non  imporre nel dettaglio gli strumenti
concreti  da  utilizzare  per  raggiungere  quegli  obiettivi" (sent.
n. 390 del 2004).
    La specificita' della limitazione, dunque, costituisce certamente
violazione  dell'autonomia  finanziaria,  che  si  colora  di maggior
gravita',  laddove  incide  addirittura  sulla autonomia degli organi
regionali,  ponendosi  come  strumento  indiretto,  ma  pervasivo, di
ingerenza dello Stato nell'esercizio delle finzioni degli stessi.
    2.  -  Violazione  artt. 114,  117, 118 e 119 cost. lesione della
sfera  di competenza delle regioni. violazione del principio di leale
cooperazione. Irragionevolezza.
              Sui commi 198-199-200-201-203-204-205-206
    a) Il comma 198 fissa per le amministrazioni regionali e gli enti
locali  di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al
d.lgs. 267/00, nonche' gli enti del Servizio sanitario nazionale", un
tetto  di  spesa per il personale equivalente all'ammontare dell'anno
2004  diminuito  dell'1  per  cento, precisando che in tale conteggio
devono  considerarsi comprese anche le spese per il personale a tempo
indeterminato,  con contratto co.co.co o con altre forme di contratto
flessibile o con convenzioni.
    Il comma 199, procede alla definizione delle modalita' di calcolo
delle  spese  di  personale  di  cui  al  comma  198,  escludendo dal
conteggio  solo  gli  arretrati  degli  anni precedenti al 2004 e gli
incrementi  derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali,
in  tal  modo  eliminando  ogni margine di flessibilita' nelle scelte
regionali.
    Il   comma   200   individua  le  "misure  della  presente  legge
riguardanti   il  contenimento  della  spesa  per  la  contrattazione
integrativa e i limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato,
nonche'  altre  specifiche  misure  in  materia  di  personale", come
parametro  per la realizzazione della finalita' di contenimento della
spesa nel settore.
    Il  comma  201 prevede, per i medesimi fini di contenimento della
spesa  pubblica,  che  gli  enti  locali pongano in essere interventi
"diretti  alla  riduzione  dei  costi  di  funzionamento degli organi
istituzionali".
    Il  comma  203  impone  anche  agli  "enti del Servizio sanitario
nazionale" - strumento di politica sanitaria regionale - le scelte di
contenimento di cui al comma 198, inserendo le stesse come condizione
per l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato.
    Per  la  verifica  di quanto sopra, il comma 204 introduce i dati
relativi   alla   realizzazione  degli  oneri  di  contenimento  cosi
caratterizzati,  nell'ambito del monitoraggio adempimenti relativi al
patto  di  stabilita' interno. Il comma 205 definisce unilateralmente
la utilizzazione delle risorse derivanti dalla applicazione dei commi
precedenti,  sottraendo  la  scelta alla politica regionale. Il comma
206  qualifica  l'intero intervento, nonostante la specificita' dello
stesso   in   settore   di   competenza   regionale,  come  "principi
fondamentali  del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli
artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione".
    b)  Come  si  evince  dalla sintetica descrizione delle normative
impugnate,   tutte  queste  recano  una  disciplina  equivalente  nei
contenuti  invasivi delle competenze regionali, in quanto introducono
puntuali   vincoli,   che   riguardano   le   spese   attinenti  alla
organizzazione degli uffici regionali ovvero degli enti dipendenti.
    Valgano,  pertanto,  per  ciascuna  gli  stessi  vizi  di seguito
indicati.
    L'intervento  ha  riguardo  sia  alla autonomia finanziaria della
regione, sia, secondo una formulazione adoperata dal previgente testo
costituzionale,   all'"ordinamento   degli   uffici   e   degli  enti
amministrativi dipendenti dalla regione".
    Le  norme  in  questione  non  si  limitano,  infatti,  a fissare
l'entita'  massima del disavanzo o del complesso della spesa corrente
di  regioni ed enti locali, ma specificano la singola tipologia delle
spese  che  gli  enti territoriali devono contenere nell'ambito delle
percentuali previste dalle stesse norme.
    Sotto un primo profilo, tali vincoli incidono negativamente sulla
generalita'  delle  competenze  legislative  e  amministrative  delle
regioni.
    Sotto  un  secondo  profilo,  i  vincoli  in  questione  non sono
riconducibili  a principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica e sono pertanto lesivi dell'autonomia finanziaria di regioni
ed enti locali.
    Per  cio' che concerne il primo profilo, si deve osservare che le
previsioni   di  spese  e  vincoli  di  spesa,  costituiscono  tipici
strumenti  di  politica  incidenti  sulla  gestione  del  personale e
conseguente organizzazione degli uffici.
    Cio' premesso, considerato, cioe', che le disposizioni impugnate,
nel  porre  limiti  alla gestione del personale delle amministrazioni
regionali,  interferiscono  in  un  settore  rilevante  della materia
relativa  all'ordinamento degli uffici, le stesse devono considerarsi
invasive della competenza legislativa residuale della regione.
    Con  riguardo  al  secondo  profilo, codesta ecc.ma Corte ha gia'
chiaramente  affermato  che  "le  norme  che fissano vincoli puntuali
relativi  a  singole  voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli
enti  locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e
ledono   pertanto   l'autonomia   finanziaria   di   spesa  garantita
dall'art. 119 Cost." (sent. Corte costituzionale 417/2005).
    Il  legislatore statale puo', quindi, legittimamente imporre agli
enti  autonomi vincoli alle politiche di bilancio in generale, ma non
puo'  limitare  la  scelta  della  Regione  in  ordine alle modalita'
attraverso  le quali realizzare l'obiettivo fissato dalla legge dello
Stato.
                         Sui commi 214 e 216
    Anche  tali  commi operano un contenimento alle spese di bilancio
regionale, fissando limiti alle singole voci di spesa.
    In particolare, il comma 214 stabilisce che gli enti territoriali
adottano,  anche  in  deroga  alle specifiche disposizioni di legge e
contrattuali,   le   determinazioni  conseguenti  alla  soppressione,
operata  dal comma 213, dell'indennita' di trasferta ai dipendenti in
comando.
    Il  comma  216 prevede che, "ai fini del contenimento della spesa
pubblica,  al  personale  appartenente  alle  amministrazioni  di cui
all'articolo  1,  comma  2,  del  decreto  legislativo 30 marzo 2001,
n. 165,  e successive modificazioni che si reca in missione o viaggio
di  servizio  all'estero, il rimborso delle spese di viaggio in aereo
spetta nel limite delle spese per la classe economica".
    Anche  per  tali disposizioni vale quanto in precedenza osservato
sulla  equivalenza  di disciplina che contengono, sicche' per l'uno e
per l'altro comma si prospettano i vizi che seguono.
    Sul  punto,  come e' stato anticipato, la Corte costituzionale si
e'  espressa  in maniera chiara rilevando come, i vincoli di bilancio
affinche'   "possano  considerarsi  rispettosi  dell'autonomia  delle
regioni e degli enti locali, debbono avere ad oggetto o l'entita' del
disavanzo di parte corrente oppure - ma solo in via transitoria ed in
vista   degli  specifici  obiettivi  di  riequilibrio  della  finanza
pubblica perseguiti dal legislatore statale - la crescita della spesa
corrente  degli enti autonomi; in altri termini la legge statale puo'
stabilire  solo  un  "limite complessivo, che lascia agli enti stessi
ampia  liberta'  di  allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e
obiettivi di spesa" (sentenza n. 417/2005).
    Tale  principio,  ribadito  piu'  volte dalla Consulta, e' stato,
poi,  utilizzato  dalla  sentenza  n. 449 del 2005, che ha dichiarato
illegittima  la  disposizione  dell'art. 3,  comma 75, della legge 24
dicembre  2003,  n. 350 nella parte in cui ha previsto proprio, anche
per  il  personale regionale, che i viaggi di missione all'estero per
ragioni di servizio nell'ambito dell'Unione europea o per conto della
stessa  regione  diano  diritto  al  pagamento delle spese di viaggio
aereo solo nella classe economica.
    Vi e', dunque, addirittura una identita' di oggetto rispetto alla
previsione del comma 216, che elimina qualsiasi dubbio in ordine alla
illegittimita' della stessa.
    3.  -  Violazione  dell'art.  119  cost. violazione dell'art. 117
cost.  e della autonomia regionale. Violazione del principio di leale
cooperazione.  Violazione  e  falsa  applicazione  degli  artt. 2 e 7
d.lgs.  18  febbraio  2000,  n. 56.  Violazione  e falsa applicazione
dell'art. 3 d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
                            Sul comma 322
    Le  disposizioni  dei  commi  319  e  320  sbloccano  le  risorse
finanziarie  dovute alle Regioni in base al d.lgs. 56/2000. Tuttavia,
a  mente  della  previsione  del successivo comma 322, tali risorse -
circa  12,7  miliardi  di  euro -  verranno  erogate sulla base di un
"piano  graduale  definito  con  decreto del Ministro dell'economia e
delle  finanze  da  adottare,  sentita la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, entro il 31 marzo 2006".
    Le  regioni  hanno  gia'  subito  aggravi  di costi e difficolta'
operative  per  il ritardo nelle erogazioni di somme negli anni 2002,
2003,  2004 e 2005 e, peraltro, il principio di gradualita' stabilito
dal  comma  322, con tutte le condizioni limitative e derogatorie che
ne  conseguono,  lede ancor di piu' l'autonomia finanziaria regionale
di  cui  all'art. 119 Cost. laddove affida ad un atto ministeriale la
definizione  dei  tempi  e  delle  modalita' di attuazione del piano,
declassando la partecipazione della Conferenza Stato - Regioni a mera
consulenza  ("sentita")  rispetto  alla "intesa" prevista dall'art. 2
del d.lgs 56/2000.
    Da  quanto sopra deriva, in primo luogo, la chiara violazione del
principio  di  leale  cooperazione, il cui strumento di attuazione lo
stesso  legislatore  aveva individuato nella intesa rafforzata di cui
al d.lgs n. 56/2000.
    In  secondo  luogo,  la  violazione  della  autonomia finanziaria
regionale,  con  ricadute  anche  nella gestibilita' delle competenze
materiali attribuite agli enti territoriali.
    E evidente, infatti, che la scelta incide su equilibri finanziari
(e   sociali),  introducendo  ulteriori  variabili  che  condizionano
l'autonomia  regionale  non  solo  finanziaria,  ma  complessivamente
intesa.
                            Sul comma 280
    Il  comma  280  prevede  che  l'accesso  alle  risorse  di cui al
precedente  comma  279  (2000  milioni di euro per l'anno 2006 per il
ripiano  dei  disavanzi  del  Servizio  sanitario  nazionale  per  il
2002-2003-2004)  -  "da ripartire tra tutte le regioni sulla base del
numero  dei  residenti,  con  decreto  del  Ministro  della salute di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province  autonome  di  Trento e di Bolzano" - sia subordinato ad una
serie di condizioni.
    In  particolare  all'adozione  dei provvedimenti di copertura del
residuo  disavanzo a carico della regione per i medesimi anni e, cosa
ancora  piu'  contestabile,  alle Intese da sancire entro il 31 marzo
2006  sul  Piano  sanitario  nazionale  2006-2008  e  sul  Piano  del
contenimento delle liste di attese. La ripartizione e', poi, prevista
sulla  base  del  numero  dei  dipendenti.  In  sostanza  si  lega la
disponibilita'  di risorse per la copertura dei disavanzi pregressi a
futuri  obblighi  delle  Regioni che, pero', nulla hanno a che vedere
con tali disavanzi pregressi.
    Non  senza  dire,  poi, che la previsione impugnata preclude alle
Regioni  ogni  possibile  eventuale  rivendicazione  futura  per  gli
eventuali  disavanzi, dei quali dovra', d'ora in avanti, farsi carico
la  regione  medesima.  Quanto sopra, incide, illegittimamente, sulla
autonomia  finanziaria delle regioni in modo irragionevole, peraltro,
introducendo   metodi  "sanzionatori"  in  assenza  di  una  compiuta
attuazione    dell'art. 119    Cost,   che   consentirebbe   all'Ente
territoriale  di  far  fronte,  autonomamente  ai  propri  fabbisogni
finanziari.
    4.  - Violazione artt. 114, 117, 118 cost. lesione della sfera di
competenza   delle   regioni.   Violazione  del  principio  di  leale
cooperazione. Irragionevolezza.
                            Sul comma 88
    a)  Il  comma  88  prevede  che  i  beni  immobili appartenenti a
Ferrovie  dello Stato o a societa' da essa controllate direttamente o
indirettamente,  "Si  presumono  costruiti  in conformita' alla legge
vigente  al  momento  della loro edificazione". In tal modo, la norma
pone  in  essere  una  nuova  forma  di  condono  edilizio, costruita
partendo    da    una    presunzione    de    iure   di   regolarita'
urbanistico-edilizia di tali immobili.
    Tale  natura  e',  del  resto,  confermata,  laddove  l'eventuale
verifica  di  irregolarita', successiva a un determinato termine, non
consente  agli  enti  locali  di  porre  in  essere  i  provvedimenti
conseguenti.
    Infatti,  dopo  aver  specificamente  previsto  la documentazione
necessaria    all'ottenimento   del   previsto   status,   la   norma
espressamente   dispone   "la  dichiarazione  sostitutiva  produce  i
medesimi  effetti  di  una concessione in sanatoria, a meno che entro
sessanta  giorni  da suo deposito il comune non riscontri l'esistenza
di un abuso non sanabile ai sensi delle norme in materia di controllo
dell'attivita' urbanistico-edilizia e lo notifichi all'interessato".
    Si  tratta,  peraltro, della introduzione di un silenzio-assenso,
per situazioni edilizie che derogano agli strumenti di programmazione
territoriale degli enti locali.
    E'  previsto,  infatti,  che  le  i  soggetti  sopra  individuati
"possono  procedere all'ottenimento di documentazione che tenga luogo
di quella attestante la regolarita' urbanistica ed edilizia mancante,
in  continuita'  d'uso,  anche  in  deroga agli strumenti urbanistici
vigenti".
    La   norma   prosegue,   poi,  individuando  dettagliatamente  la
documentazione   necessaria   e   sufficiente  (attesa  l'assenza  di
qualsiasi   rinvio   alla   disciplina   regionale   anche   solo  di
integrazione)  per  l'ottenimento della sanatoria, con ampio utilizzo
di autocertificazioni.
    Addirittura,   nella   ipotesi  di  collaudo,  viene  esclusa  la
necessita'  di  una  certificazione  redatta  da un tecnico abilitato
attestante l'idoneita' statica delle opere eseguite, se non in base a
una richiesta - che deve essere motivata - da parte del comune.
    Si  limita  la oblazione a una somma pari al 10% di quello che si
sarebbe  pagato  con l'ultimo condono edilizio, anche in questo caso,
senza consentire interventi regionali su tale aspetto.
    La  parte  finale  del  comma 88 estende, poi, la possibilita' di
sanatoria  anche  ai  "soggetti  che  acquistino  detti  immobili  da
Ferrovie   dello   Stato   S.p.a.   e  dalle  societa'  dalla  stessa
direttamente  o  indirettamente  integralmente controllate ..., ma la
somma da corrispondere e' pari al triplo di quella sopra indicata".
    b)  Appare  evidente che il contenuto della noma in questione, in
quanto surrettizia ipotesi di condono edilizio, rappresenta una forte
invasione  della  competenza  legislativa  regionale  in  materia  di
"governo  del  territorio", anche alla luce della sentenza di codesta
ecc.ma Corte n. 196/2004.
    In  primo  luogo,  non  si puo' non notare che la stessa sentenza
della  Corte,  che  ha  consentito  di  ritenere ammissibile l'ultimo
condono   edilizio,   lo   ha   fatto  sul  presupposto  di  una  suo
straordinarieta'.  Condizione  che certamente non ricorre nel caso di
specie.
    In  ogni  caso,  i  contenuti dello stesso non sono certamente in
linea con quanto affermato dalla richiamata sentenza.
    E' stato rilevato, infatti, che la normativa sul condono edilizio
coinvolge  la  disciplina  del  "governo del territorio", sulla quale
alle  regioni,  oggi  "e'  riconosciuta.., una competenza legislativa
piu'  ampia, per oggetto, di quella contemplata nell'originario testo
dell'art. 117 Cost".
    Sulla  scorta  di  quanto  sopra,  alla  legge  regionale  spetta
"determinare  la  possibilita'  le  condizioni  e  le  modalita'  per
l'ammissibilita'   a   sanatoria  di  tutte  le  tipologie  di  abuso
edilizio".  E  cio' anche se si tratti di "beni che insistono su aree
di proprieta' dello Stato o facenti parte del demanio statale".
    Peraltro,  proprio  con  riferimento  agli  effetti  dell'inerzia
amministrativa  si  e'  riconosciuto  alla  regione  la  competenza a
"disciplinare diversamente gli effetti del silenzio".
    La  disciplina impugnata sottrae, invece, tale ambito materiale e
senza che vene sia ragione, alla competenza regionale.
    Cosi'  come,  con  riferimento  agli  oneri  concessori,  si'  e'
affermato   che  "se  i  comuni  possono,  nei  limiti  della  legge,
provvedere  a  sanare  sul  piano amministrativo gli illeciti edilizi
viene  in  evidente  rilievo  l'inammissibilita'  di una legislazione
statale  che determini anche la misura dell'anticipazione degli oneri
concessori   e   le  relative  modalita'  di  versamento  ai  comuni;
d'altronde,  l'ordinaria  disciplina vigente attribuisce il potere di
determinare  l'ammontare  degli oneri concessori agli stessi, comuni,
sulla base della legge regionale".
    Chiara,   dunque,   la   illegittimita'   dell'intervento   sotto
molteplici aspetti.
     Sui commi 483, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492
    Le  disposizioni  di  cui  ai commi 483, 484, 485, 486, 487, 488,
489,   490,  491  e  492  dettano  norme  relative  alle  concessioni
idroelettriche,  modificando alcune prescrizioni del d.lgs. n. 79 del
1999.
    Lo Stato rivendica la materia alla propria competenza legislativa
esclusiva  ai  sensi  dell'art. 117,  secondo comma, lettera e) della
Costituzione  (comma  491),  relativo  alla tutela della concorrenza,
prevedendo  che "entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della  presente legge le regioni e le province autonome armonizzano i
propri ordinamenti alle norme dei commi da 483 a 491".
    In  particolare,  il  comma  483  modifica l'art. 12 del d.lgs 16
marzo  1999,  n. 79,  sul  mercato  interno  dell'energia  elettrica,
recante    la    disciplina   sulle   "concessioni   idroelettriche",
introducendo  regole  per il mantenimento dell'uso delle acque a fini
idroelettrici,   ovvero  l'utilizzo  delle  stesse  a  diverso  fine,
limitando  in tal senso le scelte di utilizzo del territorio da parte
della  regione, attribuendo a atti ministeriali il compito di fissare
i requisiti organizzativi e finanziari minimi.
    Nella   stessa   direzione  la  proroga  decennale  delle  grandi
concessioni di derivazione idroelettrica operata dal comma 485.
    Il  comma  486  acquisisce  al  bilancio  dello  Stato  il canone
aggiuntivo  previsto,  operando  un distrazione di risorse rispetto a
concessioni  insistenti  sul  territorio regionale. I commi 487 e 488
specificano  le  modalita'  e  le  condizioni per ottenere la proroga
decennale  e  i  procedimenti  amministrativi connessi. I commi 489 e
490, nel disciplinare le possibilita' e le modalita' di trasferimento
della  titolarita'  del  ramo di azienda relativo all'esercizio della
concessione, escludono qualsiasi apporto decisionale in merito, anche
di   natura  integrativa  e  funzionale  alle  esigenze  di  politica
territoriale delle regioni.
    Le  disposizioni indicate presentano un contenuto omogeneo quanto
a  modalita'  di  disciplina  e settore materiale dell'intervento. Il
momento    unificante    e'    fornito   dalla   stessa   legge   con
l'autoqualificazione,   effettuata   dal   comma   491,  delle  norme
descritte,  come  attinenti  alla competenza esclusiva dello Stato in
materia di concorrenza.
    Nonostante  quale  autoqualificazione,  esse norme incidono nella
materia (concorrente) del "governo del territorio", soprattutto sotto
il   profilo   delle  concessioni  demaniali,  e  della  "produzione,
trasporto e distribuzione dell'energia".
    Sono,   dunque,  illegittime  le  previsioni  impugnate,  per  la
specificita'   dei   contenuti   e   per   l'assenza   di   qualsiasi
coinvolgimento  delle  regioni nelle scelte, che si configura, quanto
meno, come violazione del principio di leale cooperazione.
    Peraltro,  pur  volendo  definire l'intervento nei sensi indicati
dalla  legge  impugnata (tutela della concorrenza), si tratterebbe di
materia  trasversale  che, come piu' volte chiarito da codesta ecc.ma
Corte,  non puo' escludere scelte di politica regionale nelle materie
concorrenti  che  incrocia. Cio', quanto meno, sotto il profilo della
partecipazione in attuazione del principio di leale cooperazione.
    Al  contrario,  come  detto,  lo  Stato e' intervenuto a definire
scelte  di utilizzo territoriale, tempi, modalita' e procedure, senza
alcun coinvolgimento degli enti territoriali interessati.
    5. - Violazione artt. 114,117, 118, 119 cost. Lesione della sfera
di  competenza  delle  regioni.  Violazione  del  principio  di leale
cooperazione. Irragionevolezza.
                    Sui commi 330-336-337-339-340
    Vi  sono, poi, nella legge "Finanziaria 2006" talune prescrizioni
che,   pur  contenendo  finanziamenti,  ne  vincolano  l'utilizzo  in
contrasto  con  la  relativa  competenza regionale costituzionalmente
garantita.
    Il  comma  330  prevede  interventi  destinati, nell'ambito della
solidarieta'  per  lo  sviluppo  socio-economico,  al  sostegno delle
famiglie.
    Il   comma   336,  analogamente,  istituisce  un  fondo  per  "la
concessione  di garanzia di ultima istanza, in aggiunta alle ipoteche
ordinarie  sugli immobili, agli intermediari finanziari bancari e non
bancari  per  la  contrazione  di  mutui  diretti all'acquisto o alla
costruzione  della  prima  casa  di  abitazione, da parte di soggetti
privati  che  rientrino  nelle  seguenti  condizioni".  Regolando  le
condizioni e i requisiti per l'accesso.
    Infine,   il   comma   337   introduce   finanziamenti  vincolati
finalizzati  al  sostegno  del  volontariato di attivita' nel settore
sociale  e  della  ricerca. Il comma 339 ne definisce i meccanismi di
quantificazione   e  il  comma  340  attribuisce  la  gestione  e  la
ripartizione  delle  relative  risorse  ad organi statali senza alcun
coinvolgimento delle regioni.
    Vi e' un elemento che accomuna tutti i descritti interventi. Essi
incidono  nel  settore della politica sociale di esclusiva competenza
regionale   ai   sensi  dell'art. 117,  comma  4,  Cost.,  attraverso
finanziamenti vincolati.
    Sul  punto, codesta ecc.ma Corte, ha piu' volte ribadito che "non
e'  consentita  l'erogazione  di  nuovi  finanziamenti a destinazione
vincolata in materie spettanti alla competenza legislativa, esclusiva
o  concorrente  delle  regioni  poiche', in primo luogo, il ricorso a
questo  tipo  di finanziamento puo' divenire uno strumento indiretto,
ma  pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni
delle  regioni  e  degli  enti  locali, nonche' di sovrapposizione di
politiche   e   di   indirizzi   governati   centralmente   a  quelli
legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria
competenza e, in secondo luogo, il tipo di ripartizione delle materie
fra  Stato e Regioni di cui all'art. 117 Cost. "vieta comunque che in
una  materia  di competenza legislativa regionale, in linea generale,
si   prevedano  interventi  finanziari  statali  seppur  destinati  a
soggetti  privati, poiche' cio' equivarrebbe a riconoscere allo Stato
potesta'   legislative   e   amministrative   sganciate  dal  sistema
costituzionale di riparto delle rispettive competenze". Inoltre vi e'
una  specifica violazione del comma 6 dell'art. 117 Cost., laddove il
legislatore    attribuisce,    in    un   settore   materiale   cosi'
caratterizzato, a una fonte ministeriale il compito di definire parte
della  disciplina  procedimentale.  Mentre,  e'  noto,  "la  potesta'
regolamentare   spetta  allo  Stato  nelle  materie  di  legislazione
esclusiva", e "alle Regioni in ogni altra materia".
    6.  -  Violazione  artt.  114,  117, in part. commi 3, 4 e 6, 118
cost. Lesione della sfera di competenza delle regioni. Violazione del
principio di leale cooperazione.
  Sui commi 583, 584, 585, 586, 587, 588, 589, 590, 591, 592 e 593
    a) Tali disposizioni riguardano i c.d. "insediamenti turistici di
qualita'   di   interesse   nazionale   anche  con  riferimento  alle
concessioni  demaniali  marittime (comma 583) e prevedono una precisa
distribuzione  degli  introiti,  di  cui il 60% sembrerebbe riservato
allo   Stato   (comma   584).   Segue   una   dettagliata  disciplina
procedimentale  per la realizzazione degli insediamenti che definisce
le  condizioni  necessarie  e  sufficienti per la realizzazione degli
stessi  (585),  rinvia  a  un  regolamento  statale - da adottare con
decreto  del  Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il
Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  con  il Ministro
dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della
tutela   del   territorio   -  per  la  individuazione  dei  soggetti
legittimati   a  presentare  la  relativa  domanda  (586),  fissa  la
documentazione  necessaria  alla  presentazione della proposta (587),
nonche'  le  modalita' procedimentali di dettaglio per la valutazione
delle stesse (588, 589, 590, 592).
    Il  comma  591  prevede  che  il  relativo  accordo  di programma
sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque
denominato,  consente  la  realizzazione  e  l'esercizio  di tutte le
opere,  prestazioni  e attivita' previste nella proposta approvata, e
ha  l'effetto  di  determinare  le eventuali e conseguenti variazioni
degli  strumenti urbanistici e di sostituire le concessioni edilizie,
intervenendo anche nell'ambito del governo del territorio.
    b)  Il  complesso  delle previsioni indicate, che sono legate dal
disciplinare  nel  dettaglio  aspetti  diversi di un medesimo settore
materiale,  si  mostra  lesivo,  in  primo  luogo,  della  competenza
residuale della Regione in materia di "turismo".
    E'  noto,  infatti,  che  l'ambito materiale "turismo e industria
alberghiera"   (precedentemente   oggetto   di  potesta'  legislativa
concorrente)  non compare piu' negli elenchi dell'art. 117 Cost., ne'
risulta  rifluito,  anche  solo parzialmente, in alcuna delle formule
contenute  nel II e III comma del novellato art. 117. Se ne deduce in
modo  concorde  da parte della dottrina che il settore deve ritenersi
attribuito  alla  competenza  legislativa residuale (esclusiva) delle
regioni.
    Ebbene, e' altrettanto noto che sia il dato storico-normativo che
quello  giurisprudenziale hanno consentito di adottare, nella materia
specifica,   una   interpretazione   per   cosi'  dire  "funzionale",
attribuendo  alla  formula un significato ampio, ricomprendendo tutto
cio' che sia connesso all'interesse turistico.
    Come  ricordato, la definizione dell'art. 59 del d.P.R. 616/1977,
avente   ad  oggetto  le  materie  di  trasferimento  delle  funzioni
amministrative  alle  regioni,  qualificava  il  settore  "turismo  e
industria alberghiera" attraverso una descrizione omnicomprensiva dei
contenuti,  definendo lo stesso come concernente "tutti i servizi, le
strutture   e   le   attivita'   pubbliche   e   private  riguardanti
l'organizzazione  e lo sviluppo regionale, anche nei connessi aspetti
ricreativi,  e  dell'industria  alberghiera,  nonche'  gli  enti e le
aziende pubbliche operanti nel settore sul piano locale".
    Anche  sulla scorta di tale dato ricostruttivo, la giurisprudenza
di codesta, ecc.ma Corte ha utilizzato un criterio ampio per definire
l'ambito  materiale  ritenendo rientranti in esso, in generale, tutte
le  attivita'  aventi  "ferimento  al  turismo,  cioe'  suscettive di
incidere  sull'interesse  turistico" (Corte 19 marzo - 4 aprile 1990,
n. 162).  Su  tale  linea,  coerentemente,  si e' ritenuto rientrante
nella  materia  "turismo  e  industria  e  alberghiera"  tutto quanto
attiene alle professioni turistiche (fra le tante sent. Corte cost. 3
-  6  luglio  1989,  n. 372),  alle  attivita'  private di agenzia di
viaggio  e  qualunque  attivita' di intermediazione in materia (sent.
Corte cost. n. 162/1990 cit.), allo sport non agonistico (sent. Corte
cost. n. 517/1987) e in genere qualsiasi funzione "condizionata dalla
preminente  valutazione  dell'interesse turistico" (sent. Corte cost.
n. 162/1990  cit.), offrendo in tal senso una chiara e univoca chiave
di  lettura  per  l'individuazione  delle  competenze  relative  alle
vicende de quibus.
    Alla  luce  di  quanto  sopra,  l'intervento  statale  si  palesa
sicuramente  illegittimo, sia perche' incidente in modo significativo
nella  politica  del turismo di spettanza regionale in via esclusiva,
sia   per   i  contenuti  specifici  anche  nella  descrizione  delle
procedure, sia, sul piano della leale cooperazione, attesa l'assenza,
quanto  meno, di un coinvolgimento della regione nella determinazione
dei contenuti medesimi.
    c)   Vi  e',  inoltre,  una  specifica  violazione  del  comma  6
dell'art. 117 Cost, laddove il legislatore attribuisce, in un settore
materiale   cosi'   caratterizzata,   a   una   fonte   regolamentare
ministeriale    l'onere    di   definire   parte   della   disciplina
procedimentale.  Mentre  "la potesta' regolamentare spetta allo Stato
nelle  materie  di  legislazione  esclusiva", e "alle regioni in ogni
altra materia".

        
      
                              P. Q. M.
    Si   conclude   affinche'   l'ecc.ma   Corte   costituzionale  in
accoglimento   del   presente  ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1, commi 54 e 55; comma 88; commi 198, 199,
200, 201, 203, 204, 205 e 206; comma 214; comma 216; comma 322; commi
483,  484,  485,  486, 487, 488, 489, 490, 491 e 492; commi 583, 584,
585,  586,  587, 588, 589, 590, 591, 592 e 593; comma 280; camma 330;
comma 336; commi 337, 339 e 340, della legge 23 dicembre 2005, n. 266
(legge  finanziaria 2006"), per violazione degli artt. 114, 117, 118,
119  della  Costituzione  nonche' del principio di leale cooperazione
fra  Stato  e  Regione  e per lesione della sfera di competenza della
Regione.
        Napoli-Roma, 24 febbraio 2006
         Avv. Vincenzo Baroni - Prof. Avv. Vincenzo Cocozza

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