Ricorso n. 36 del 5 marzo 2010 (Regione Campania)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2010 , n. 36
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2010 (della Regione Campania).
(GU n. 14 del 7-4-2010)
Ricorso della Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Antonio Bassolino, rappresentato e difeso, in virtu' della delibera di Giunta n. 136 del 19 febbraio 2010 e giusta mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof. Vincenzo Cocozza unitamente all'avv. Maria d'Elia dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elettivamente domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania alla Via Poli n. 29, contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei commi 186, lett. e) e 187 dell'art. 2 della legge n. 191 del 23 dicembre 2009 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2010)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009 - supplemento ordinario n. 243/2009, per violazione degli articoli 3 - 97 - 114 - 117 - 118 - 119 e 123 della Costituzione, del principio di leale cooperazione, degli artt. 136 e 137 della Costituzione, nonche' del criterio di ragionevolezza. F a t t o A. - In data 30 dicembre 2009, nella Gazzetta Ufficiale n. 302 - supplemento ordinario n. 243/2009, e' stata pubblicata la legge n. 191 del 23 dicembre 2009 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2010)» che si mostra in alcune disposizioni costituzionalmente illegittima per contrasto con l'assetto delle competenze fissato dal Titolo V parte seconda della Costituzione. A.1 - Con il comma 187 dell'art. 2, legge n. 191/2009, si e' disposto che «a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato cessa di concorrere al finanziamento delle comunita' montane previsto dall'art. 34 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dalle altre disposizioni di legge relative alle comunita' montane. Nelle more dell'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, il 30 per cento delle risorse finanziarie di cui al citato art. 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e alle citate disposizioni di legge relative alle comunita' montane e' assegnato ai comuni montani e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministero dell'interno. Ai fini di cui al secondo periodo sono considerati comuni montani i comuni in cui almeno il 75 per cento del territorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare». Per inquadrare l'ambito di intervento della disposizione normativa, occorre ricordare che, con la precedente legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi da 17 a 22, lo Stato aveva stabilito che le Regioni, al fine di concorrere all'obiettivo di contenimento della spesa pubblica, procedessero con proprie leggi al riordino della disciplina delle Comunita' montane, tenendo conto di alcuni principi fondamentali. La disciplina statale, poi, prevedeva che, nell'ipotesi di mancata attuazione di tali disposizioni statali, si sarebbero verificate una serie di conseguenze sino, anche, alla soppressione delle Comunita' montane. Nell'ambito della disciplina statale era anche previsto quanto necessario per le risorse umane, finanziarie e strumentali. La Regione Campania, con la legge 30 settembre 2008, n. 12, in puntuale adempimento della appena ricordata prescrizione statale, ha, dunque, proceduto ad un nuovo ordinamento e disciplina delle Comunita' montane, al fine, evidenziato nella legge stessa, di elevare il livello di qualita' delle prestazioni e ridurre gli oneri organizzativi, procedimentali e finanziari e in diretta attuazione dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza che, come e' noto, ricevono una dignita' di livello costituzionale. E' anche da aggiungere, perche' sara' elemento da considerare per la formulazione dei vizi dei quali e' affetta la impugnata disciplina statale, che lo Statuto regionale della Campania, approvato nello stesso anno 2008 (il 12 giugno 2008 in prima deliberazione e il 20 febbraio 2009 in seconda deliberazione), ha strutturato l'organizzazione della regione riconoscendo un ruolo specifico alle Comunita' montane, cosi' che le previsioni legislative in materia si propongono come significativamente attuative di precetti statutari e, in uno con esso Statuto, di discipline costituzionali. I riferimenti statutari alle Comunita' montane sono molteplici (artt. 13, 19, 20, 22) e, con tutta probabilita', appare particolarmente significativo l'art. 22 dello Statuto che disciplina un organo di rilievo costituzionale nell'organizzazione locale, ossia il Consiglio delle autonomie locali (organismo regionale di partecipazione e consultazione dei comuni, delle province, delle citta' metropolitane e delle Comunita' montane). Con l'intervento contemplato nella disposizione oggetto della presente impugnativa, lo Stato, in palese contrasto con tutto l'impianto che si e' sinteticamente ricordato - e costituito dalla stessa legge statale che ha originato un processo organizzativo di rilevanza costituzionale per il livello delle competenze legislativa, finanziaria, statutaria coinvolte, e che si e' mosso nella direzione di dare risposte organizzative a principi di rilevanza costituzionale quali quelli di differenziazione e adeguatezza - ha azzerato i fondi di finanziamento alle Comunita' montane, in tal modo determinando, automaticamente, l'impossibilita' per le stesse di continuare ad operare e la conseguente indiretta soppressione. I profili di illegittimita' nei confronti della disposizione legislativa impugnata, anche alla luce di quanto sopra esposto, sono molteplici, perche' con l'intervento contenuto nel comma 187 dell'art. 2, lo Stato viola la potesta' legislativa delle regioni e, nel contempo, l'autonomia finanziaria finendo per riflettersi il vizio anche sull'autonomia statutaria. A.2 - Per cio' che concerne, poi, il comma 186, art. 2 della legge impugnata va preliminarmente ricordato che il comma 183 del medesimo articolo prevede una riduzione del contributo ordinario spettante agli enti locali a valere sul fondo di cui all'art. 34, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 504/1992. In relazione a tale riduzione, il comma 186 prescrive l'adozione di alcune misure, fra le quali, la lettera e) prevede la «soppressione dei consorzi di funzioni fra gli enti locali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione delle funzioni gia' esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto». Lo Stato, dunque, incide su modalita' di organizzazione delle funzioni svolte dagli enti locali, senza, pero', che lo stesso sia titolare di una potesta' legislativa in tal senso. E viola la competenza regionale e l'autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali. Le disposizioni impugnate sono costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o Sul comma 187 Violazione degli articoli 3, 97, 114, 117, 118, 119 e 123 della Costituzione. Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione del criterio di ragionevolezza. Violazione degli articoli 136 e 137 della Costituzione. Per poter procedere con ordine, e' necessario, seppure in linea generale, ricostruire il contesto nel quale si va ad inserire la disciplina impugnata, soprattutto con l'ausilio dell'insegnamento che proviene da recenti sentenze di codesta Ecc.ma Corte costituzionale che hanno tracciato e definito il quadro relativo alla materia de qua. 1. - Come e' noto, e come si e' anticipato, la legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha imposto alle regioni di intervenire nel riordino delle Comunita' montane e lo ha fatto chiamando le medesime a concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica. Su tale vicenda si registra uno specifico intervento del Giudice delle leggi che, pertanto, e' un punto di riferimento ineliminabile. E' assai significativo ripercorrere, cosi', alcuni passaggi della giurisprudenza costituzionale perche' dalla stessa si traggono quali sono gli spazi legittimamente percorribili dallo Stato e, nel contempo, i limiti che da esso devono essere rispettati. Come e' noto, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 237 del 2009, richiamando la propria decisione n. 244 del 2005, ha confermato per le Comunita' montane la natura di «ente autonomo» ed ha confermato, richiamando le sentenze n. 244 e 456 del 2005 e n. 397 del 2006, che la disciplina delle Comunita' montane rientra nella competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost. Ha chiarito, peraltro, che, nell'ipotesi in cui una normativa interferisca con piu' materie che siano attribuite dalla Costituzione alla potesta' legislativa statale e a quella concorrente o residuale delle regioni, in assenza di un ambito materiale prevalente, deve trovare applicazione il principio di leale cooperazione. Proprio per tale motivo, la disciplina statale di principio, posta in essere nell'esercizio della potesta' legislativa in materia di coordinamento della finanza pubblica, intanto puo' delimitare una competenza anche residuale della Regione, purche' rispetti determinate condizioni. La Corte costituzionale ha, cosi', chiarito che la normativa di principio deve prevedere esclusivamente criteri ed obiettivi, appartenendo alla disciplina legislativa regionale la individuazione degli strumenti concreti per raggiungere quegli obiettivi. Ecco, allora, emergere un dato ricostruttivo, quanto mai significativo - anche perche' l'intervento che si e' ricordato e' in subiecta materia - secondo il quale le finalita' di contenimento della spesa pubblica sono espressioni delle finalita' di coordinamento finanziario, purche' pongano dei vincoli alle politiche di bilancio fissando un percorso per pervenire al risultato del contenimento. E cosi', in specifico nel punto 22 del «considerato in diritto» della richiamata decisione del 2009, n. 237, si precisa che un obiettivo di natura finanziaria per le regioni puo' essere legittimamente imposto dallo Stato indicando il percorso del riordino delle Comunita' montane. Con la precisazione ulteriore, nel punto 23 (considerato in diritto), che rientra nella potesta' legislativa delle regioni, delle sole regioni, anche l'eventuale soppressione di tali enti. Per la verita', la Corte ha modo di precisare che le norme statali possono introdurre principi fondamentali di coordinamento finanziario che incrocino una competenza residuale regionale, purche' rispettino questa loro ben definita connotazione. Si tratta della duplice condizione indicata nel punto 23.6 della sentenza, e cioe' che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio e che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi. 2. - Raffrontando questo insegnamento cosi' strutturato alla fattispecie in esame, non sembra, in verita', dubitabile che venga in evidenza una prima vistosa illegittimita' per violazione dell'art. 117 Cost., comma quarto, in uno con il principio di leale cooperazione e, naturalmente, di ragionevolezza e di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. Come si vedra' anche meglio in prosieguo, la norma impugnata non presenta in alcun modo i tratti caratterizzanti i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, dal momento che sono assenti le appena ricordate connotazioni che il Giudice costituzionale ha con forza sottolineato. La disposizione statale oggetto di impugnativa determina il venir meno - attraverso la contemplata cessazione, in particolare, del concorso statale al fondo consolidato (1egge n. 285/77 e in part. 730/86) e al fondo per lo sviluppo degli investimenti (d.l. 28 novembre 1988, n. 511 conv. nella legge n. 20/89) - dei presupposti perche' continuino ad esistere le Comunita' montane. Si tratta, infatti, di fondi collegati a leggi speciali, che hanno consentito l'assunzione di personale che permettono il funzionamento delle Comunita' montane e gli impegni finanziari con responsabilita' presso la Cassa depositi e prestiti, che verrebbero completamente vanificati. L'effetto immediato ed inevitabile di quanto la disciplina statale ha previsto e' la concreta impossibilita' di pagare gli stipendi e, quindi, di consentire il prosieguo del rapporto di lavoro con i dipendenti, peraltro assunti sulla base di normative statali, e che costituiscono allo stato la quasi totalita' del personale delle Comunita' montane. Da qui, l'ulteriore conseguenza oggettiva (indirettamente imposta alla Regione) della soppressione delle Comunita', stante la impossibilita' di consentirne il funzionamento, sostanzialmente attraverso una legge statale che vanifica la potesta' legislativa residuale della Regione. Ma un intervento statale di tal genere e' gia' stato sanzionato dall'Ecc.ma Corte. La sentenza 237/2009, infatti, ha accolto la questione di legittimita' costituzionale nei confronti del comma 20 dell'art. 2, legge n. 244/2007, che disciplinava gli effetti conseguenti al mancato tempestivo riordino delle Comunita' montane, chiarendo che «tali effetti si concretizzano nella cessazione dell'appartenenza alle comunita' montane di determinati comuni, nonche' nella soppressione automatica delle comunita' che vengono a trovarsi nelle condizioni indicate dal medesimo comma 20. Quest'ultimo, pero', contiene una disciplina di dettaglio ed autoapplicativa che non puo' essere ricondotta all'alveo dei principi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto non lascia alle regioni alcuno spazio di autonoma scelta e dispone, in via principale, direttamente la conseguenza, anche molto incisiva, della soppressione delle comunita' che si trovino nelle specifiche e puntuali condizioni ivi previste» (sent. 237/2009, p. 26.3) 3. - Nel caso di specie, la dedotta violazione della potesta' legislativa residuale si colora di ulteriori aspetti di illegittimita' costituzionale nel momento in cui, come si e' detto, la Regione Campania ha esercitato tale potesta', e cio' ha fatto rispettando quanto lo stesso Stato aveva richiesto con il proprio precedente intervento legislativo (legge n. 244/2007). E, come si e' visto, la Regione Campania, facendo affidamento, del tutto legittimamente, su principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale, e dando attuazione ai precetti costituzionali in cui sono consacrati e sanciti i principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, ha strutturato un modello (condiviso dallo Stato perche' contenuto in una legge regionale non impugnata) nel quale le Comunita' montane sono chiamate a svolgere funzioni molto importanti per l'assetto del territorio e, quindi, si propongono come snodo della competenza organizzativa amministrativa regionale. Evidente, quindi, l'invasione della competenza regionale. Cosi' operando, infatti, la legge statale vanifica la scelta politica che una legge regionale ha compiuto, per di piu', tenendo conto delle indicazioni dello Stato. Si mostra, pertanto, con tutta evidenza la violazione del principio di leale cooperazione perche' con una disciplina «secca», in termini cioe' di eliminazione completa ed assoluta di un essenziale sistema di finanziamento, contraddice la precedente scelta espressa in termini di principi di coordinamento della finanza pubblica e sacrifica l'autonomia regionale con ovvia ed inevitabile ricaduta sull'autonomia amministrativa come delineata e garantita dall'art. 118 Cost. ed implementata attraverso scelte politiche riferite alla concretizzazione dei principi costituzionali di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Al riguardo, l'Ecc.ma Corte ha sanzionato con la dichiarazione di illegittimita' proprio la mancata previsione del pieno coinvolgimento delle regioni nella individuazione dei criteri anche per la sola riduzione del fondo da destinare alle Comunita' montane, perche' esiste - sia consentito riportare l'espressione della Corte - «una connessione indissolubile tra i problemi del finanziamento ed i problemi della stessa esistenza ed articolazione delle Comunita' montane» (sent. 27/2010, p. 4). Nel caso di specie, la illegittimita' e' ancora piu' grave trattandosi non di misure di progressivo contenimento, ma di eliminazione totale delle risorse. 4. - Ancora si osserva che la norma in oggetto non utilizza le risorse tolte alla Regione per il contenimento della spesa, ma opera uno spostamento da un fondo a un altro. In tale direzione, viene ancora piu' in evidenza l'assenza della natura di principio della previsione, laddove non si compie neanche un intervento di riequilibrio finanziario, ma una vera e propria scelta di politica territoriale. Inoltre, una parte di tale trasferimento dei fondi (il 30% delle risorse finanziarie eliminate per le Comunita' Montane) avviene direttamente a favore dei comuni montani e ripartiti fra questi con decreto del Ministero dell'interno. Sotto questo punto di vista, si manifesta un ulteriore aspetto di illegittimita' per violazione delle norme costituzionali che garantiscono l'autonomia regionale soprattutto in materia di organizzazione degli enti locali e dell'autonomia degli stessi enti locali. E cio' a maggior ragione nel momento in cui in una materia legislativa residuale il riparto e' effettuato con decreto del Ministero dell'Interno, cioe' con l'ingresso di una fonte statale subordinata in un ambito che la Costituzione non consente neanche a quella primaria statale. 5. - La norma, inoltre, precisa che i destinatari di tali risorse residue possono essere solo i Comuni montani con il 75% del territorio al di sopra dei 600 metri sul livello del mare. La illegittimita' di una previsione di tal genere, e' gia' stata evidenziata dall'Ecc.ma Corte Costituzionale che nella sentenza n. 27/2010 ha sancito che un criterio altimetrico «rigido» (quale era quello individuato dall'art. 76, comma 6-bis, legge n. 112/08) e' illegittimo dal momento che in subiecta materia e' al piu' possibile individuare degli indicatori in maniera generica e non vincolante. Sotto questo punto di vista, si deduce anche la violazione del giudicato costituzionale, giacche' si tratta di una fattispecie assolutamente identica a quella decisa dalla Corte, riferibile alla stessa materia, all'identico criterio utilizzato dal legislatore statale, allo stesso ambito di intervento statale. Come si e' detto nel punto che precede, la impugnata disciplina statale non presenta i caratteri di principi di coordinamento della finanza pubblica e la scelta statale di procedere alla soppressione del concorso nei fondi prima ricordati determina una non dubitabile violazione dell'autonomia finanziaria regionale. Si e' ben consapevoli che, nella recente sentenza n. 27 del 2010, la Corte costituzionale ha affermato che le regioni in base all'art. 119 Cost. devono provvedere al finanziamento delle Comunita' montane, ma l'affermazione e' inserita in un piu' complesso ragionamento nel quale rileva la progressiva riduzione del finanziamento statale che, in quanto tale, non concretizza di per se' una violazione dell'art. 119. Ben diversa, invero, e' la completa eliminazione del finanziamento. E cio' anche tenendo conto che si tratta, come detto, del fondo consolidato e di quello per lo sviluppo degli investimenti. Il vizio eccepito di violazione dell'autonomia finanziaria e', dunque, in linea con il complessivo percorso della giurisprudenza costituzionale, perche', come si diceva in precedenza, pur essendovi la possibilita' per il legislatore statale di fissare vincoli alle politiche di bilancio, lo stesso deve garantire agli enti locali la liberta' di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti ed obiettivi (sentt. n. 237/2009; n. 417/2005; n. 36/2004), per cui «qualora la legge statale invece vincolasse le regioni e le province autonome all'adozione di misure analitiche e di dettaglio, essa verrebbe a comprimere illegittimamente la loro autonomia finanziaria» (sent. n. 237/2009 che richiama la precedente n. 159/08). E' abbastanza evidente che, nell'ipotesi di specie, manca del tutto questo tratto caratterizzante il contenuto, perche' la disciplina e', appunto, di dettaglio, prevedendosi la eliminazione totale dei fondi che consentono il finanziamento per le Comunita' montane. Chiarissima la violazione dell'autonomia finanziaria regionale. Importanti elementi per sostenere le illegittimita' denunciate, si traggono, poi e ancora una volta, dalle argomentazioni che il Giudice costituzionale ha prospettato nella sentenza n. 237 del 2009. Valutando, infatti, la riduzione del fondo ordinario, dopo averne ricordato la funzione, la Corte ha riconosciuto il tratto caratterizzante di principi fondamentali della materia coordinamento della finanza pubblica nella «proporzionalita'» rispetto al fine che si intende perseguire. Connotato, per di piu', riferito al fondo ordinario, piu' direttamente nella disponibilita' dello Stato. Nel caso in esame, come detto, vengono in evidenza il fondo consolidato e il fondo per lo sviluppo degli investimenti per i quali la soppressione, determinando le conseguenze che si sono ricordate, e cioe' l'azzeramento delle Comunita' montane, denuncia sicuramente la non proporzionalita' rispetto al fine e, comunque, la violazione dell'art. 119 Cost. Anche per questo profilo di illegittimita', rileva comunque la violazione del principio di leale cooperazione, soprattutto se si tien conto che in altre occasioni la Corte costituzionale ha concluso per la legittimita' dell'intervento statale, nel momento in cui vi e' stato un coinvolgimento degli enti locali, prevedendosi, per ottenere l'obiettivo del contenimento della spesa nell'attuazione del riordino, che siano sentiti i Consigli delle Autonomie locali (sent. n. 237/2009 che richiama la precedente n. 370/06). Naturalmente, l'impossibilita' per la Regione di sostituirsi allo Stato per sostenere spese che non sono state contemplate nel finanziamento alla stessa spettante (anche per i caratteri dei fondi di cui si e' detto) costituisce ulteriore violazione dell'art. 119 Cost. Ancora una volta si ricorda che vi e' «una connessione indissolubile tra i problemi del finanziamento ed i problemi della stessa esistenza ed articolazione delle Comunita' montane» (Corte cost. sent. 27/2010, p. 4). L'ultimo profilo di illegittimita' costituzionale che viene in evidenza e' l'inevitabile ricaduta della previsione statale sulla stessa autonomia regionale statutaria. L'impossibilita' per la Regione, per l'assenza del relativo finanziamento, di assicurare l'esistenza delle Comunita' montane, di fatto, determina, come la Corte stessa ha detto, il loro venir meno. Eppure la Regione Campania ha legittimamente scelto, nella sua legge statutaria e confidando in un assetto che le derivava dagli stessi principi fondamentali contenuti nella legge statale prima ricordata (lo Statuto e' stato approvato in prima deliberazione subito dopo la legge statale che ha imposto la riorganizzazione delle Comunita' montante), di riconoscere alle Comunita' montane un ruolo importante nella struttura politica-organizzativa. Cosi': la possibilita' della richiesta da parte delle Comunita' montane (3 Consigli) di referendum abrogativo (art. 13); la partecipazione delle Comunita' montane alla determinazione della politica regionale e alla programmazione economica e territoriale (art. 19, comma 1); lo svolgimento di funzioni amministrative in attuazione dei principi di autonomia, sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione (art. 19, comma 3); il ruolo importante per la collaborazione fondata su ambiti territoriali omogenei (art. 19, comma 4); l'attuazione del principio di sussidiarieta' (art. 20). A tutto quanto precede, gia' molto significativo perche', oltre al rango dell'atto fonte che tali disposizioni contiene, vengono in rilievo principi tutti di livello costituzionale, si aggiunga il collegamento (art. 22) fra le Comunita' montane e il Consiglio delle Autonomie Locali, organo previsto espressamente in Costituzione, con cio' sottolineandosi ancora una volta quanto la Regione Campania abbia coerentemente ed in maniera organica dato rilevanza a tali enti per lo sviluppo ed attuazione di principi costituzionali. Sul comma 186, lett. e) Violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione. Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione del principio di ragionevolezza. 1. - Come detto, il comma 186 dell'art. 2 Finanziaria 2010, alla lett. e) prevede la «soppressione dei consorzi di funzioni fra gli enti locali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione delle funzioni gia' esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto». La violazione della competenza legislativa regionale e' evidente, cosi' come dell'autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali. Con riferimento agli Enti locali, infatti, la competenza statale rinvenibile nel testo costituzionale di cui all'art. 117 comma 2 e' quella relativa alla lettera p), ossia «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane». L'intervento in oggetto, pero', non puo' farsi rientrare in tale ambito, ne' sul piano soggettivo, ne' su quello oggettivo. Con riferimento al primo aspetto, I'Ecc.ma Corte ha, infatti, gia' avuto modo di chiarire che la competenza statale richiamata «fa espresso riferimento ai comuni, alle province e alle citta' metropolitane e l'indicazione deve ritenersi tassativa», con la conseguenza che qualsiasi altro soggetto pubblico operante territorialmente, appartiene alla competenza residuale della Regione (sent. Corte cost., 23 dicembre 2005, n. 456; 24 giugno 2005, n. 244). Ma anche sul piano oggettivo, i consorzi previsti dalla norma impugnata costituiscono modalita' organizzative dell'Ente e, dunque, vengono attratti nell'ambito della «materia di "organizzazione degli uffici regionali e degli enti locali"» (sentenza Corte cost., 1° agosto 2008, n. 326, relativa ad una Regione a Statuto speciale ma che ritiene che l'art. 117 Cost., nella nuova formulazione, ha assicurato un'autonomia piu' ampia di quella prevista dagli statuti speciali delle Regioni ricorrenti). In definitiva, dunque, non vi e' alcuna norma costituzionale che attribuisca allo Stato una competenza generale in materia di enti locali, in quanto l'unica norma (art. 117, comma 2 lett. p) limita la potesta' legislativa statale in relazione al tipo di ente locale, nonche' a determinati aspetti del loro ordinamento (legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali). Alla stregua di quanto sopra, proprio con riferimento a «forme di svolgimento dell'attivita' amministrativa», l'Ecc.ma Corte ha affermato che, rientrando la fattispecie nella materia organizzazione amministrativa, deve riconoscersi la competenza legislativa regionale (sentenza Corte cost. n. 326/2008 cit.). 2. - Ne' alcun rilievo puo' avere il richiamo alla competenza statale nell'ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica rispetto alla riconosciuta competenza regionale in materia e all'autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali. Al riguardo, infatti, l'Ecc.ma Corte ha sempre chiarito, con riferimento alle esigenze di contenimento della spesa, che gli interventi legislativi nazionali intanto possono superare il vaglio di costituzionalita', in quanto le disposizioni denunciate pongano esclusivamente «un obiettivo di riequilibrio della finanza pubblica, inteso nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente, senza prevedere in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento di detto obiettivo» (Corte cost., 2 aprile 2009, n. 94). Ne' il carattere «finalistico» dell'azione di coordinamento riesce, nel caso di specie, a giustificare la incidenza della disposizione statale sulla autonomia regionale e degli enti locali in materia. La Corte, infatti, ha gia' sanzionato previsioni legislative statali che, fra le misure «finanziarie», avevano stabilito la soppressione ex abrupto di enti (nel caso esaminato, Comunita' montane) che costituivano una delle forme di organizzazione delle funzioni amministrative locali, in quanto ha ritenuto che un intervento di tal tipo «non puo' ritenersi espressione del potere di coordinamento della finanza pubblica riconosciuto dalla Costituzione allo Stato, e pertanto non rientra nella potesta' legislativa concorrente dello stesso, ma deve per converso essere qualificata come attinente in via precipua all'ordinamento dei predetti organismi e, come tale, rientrante nella competenza residuale delle Regioni» (Corte cost., 24 luglio 2009, n. 237). 3. - Infine, la misura si mostra anche irragionevole nella sua applicazione indifferenziata, rispetto alle esigenze necessariamente variegate del territorio e, proprio per tal motivo, illegittima anche per violazione del principio di leale cooperazione, laddove nella scelta relativa non viene prevista alcuna partecipazione delle Regioni e degli enti locali. Istanza ai sensi degli articoli 35 e 40 della legge n. 87/1953. Si produce istanza a Codesta Ecc.ma Corte affinche' valuti il ricorrere dei presupposti per la sospensione delle norme impugnate alla luce degli artt. 35 e 40 della legge n. 87/53, come modificati dalla legge 5 giugno 2003, n. 131. Per cio' che concerne in particolare il comma 187, come si e' segnalato, il fondo che lo Stato intende azzerare ex abrupto riguarda le risorse finalizzate al pagamento degli stipendi della quasi totalita' del personale delle Comunita' montane. Con la conseguenza che, gia' dai prossimi mesi, non potranno essere piu' pagati gli stipendi, con quanto ne consegue sulla possibilita' che continuino ad esistere le Comunita' montane, non in grado di funzionare senza le risorse umane ed economiche necessarie. Analoghe considerazioni vanno riferite al comma 186, lett. e), in considerazione degli effetti immediati e non graduali della soppressione imposta dallo Stato.
P.Q.M. Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dei commi 186, lett. e) e 187 dell'art. 2 della legge n. 191 del 23 dicembre 2009, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2010)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009, per violazione degli articoli 3 - 97 - 114 - 117 - 118 - 119, 123 136 e 137 della Costituzione, del principio di leale cooperazione, nonche' per irragionevolezza e per la lesione della sfera di competenza della Regione. Napoli-Roma, addi' 25 febbraio 2010 Prof. Avv.: Vincenzo Cocozza - Avv. Maria d'Elia