Ricorso n.36 del 7 marzo 2019 (della Regione Lazio)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 marzo 2019 (della Regione Lazio).
(GU n. 20 del 2019-05-15)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per la Regione Lazio (80143490581), con sede in Roma, via Cristoforo Colombo n. 212, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., Nicola Zingaretti, rappresentata e difesa nel presente giudizio, giusta procura in calce e in virtu' della deliberazione della Giunta regionale n. 100 del 27 febbraio 2019, dall'avvocato Rodolfo Murra dell'Avvocatura regionale (MRRRLF61D22H501P; pec: rodolfo.murra@regione.lazio.legalmail.it; n. fax: 0651686900) e dal prof. avv. Francesco Saverio Marini del foro di Roma (MRNFNC73D28H501U; pec: francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org; n. fax: 06.36001570), anche in forma disgiunta fra loro, elettivamente domiciliata presso lo studio del prof. avv. Francesco Saverio Marini in Roma (00197), via di Villa Sacchetti n. 9; ricorrente;
Contro Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri p.t., con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma (00186), via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliata ex lege, resistente.
Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge 30 dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (Legge di stabilita' 2019), pubblicata in Suppl. ordinario n. 62 alla Gazzetta Ufficiale, 31 dicembre 2018, n. 302, limitatamente all'art. 1, commi 857, 865 e 866 di tale atto normativo.
Fatto
1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 302 del 31 dicembre 2018, S.O. n. 62, e' stata pubblicata la legge 30 dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (Legge di stabilita' 2019).
2. L'art. 1 della citata legge contiene alcune disposizioni inerenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni e la riduzione dei termini di pagamento relativi alle transazioni commerciali.
In estrema sintesi, i commi 849-856 dell'art. 1 ampliano le possibilita' per gli enti territoriali (comuni, province, citta' metropolitane, regioni e province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale) di richiedere anticipazioni di liquidita' finalizzate al pagamento di debiti (certi, liquidi ed esigibili) maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a transazioni commerciali. L'anticipazione puo' essere finalizzata anche al pagamento di debiti fuori bilancio, purche' riconosciuti. Il limite massimo dell'anticipazione concedibile e' pari ai 3/12 delle entrate accertate nel 2017 (dati del rendiconto) afferenti i primi tre titoli dell'entrata del bilancio (comma 850); essa va richiesta entro il 28 febbraio 2019 (comma 853) e restituita entro il 30 dicembre 2019 (comma 855); gli enti debitori effettuano il pagamento dei debiti per i quali hanno ottenuto l'anticipazione di liquidita' entro quindici giorni dalla data di effettiva erogazione da parte dell'istituto finanziatore, mentre per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale il termine e' di trenta giorni dalla data di effettiva erogazione da parte dell'istituto finanziatore. La richiesta di anticipazione deve essere effettuata mediante la PCC.
3. In questo contesto, i commi 859-872 individuano alcune misure che il comma 858 definisce «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione».
Riassuntivamente, tali misure introducono un nuovo obbligo di accantonamento di risorse correnti, di importo crescente in base alla gravita' della violazione, applicabile a chi non rispetta gli obblighi di riduzione dell'ammontare del debito complessivo scaduto rispetto all'esercizio precedente, i termini europei di pagamento, gli obblighi di pubblicazione nell'apposita sezione di amministrazione trasparente dell'ammontare complessivo del debito scaduto e dell'elenco dei creditori, nonche' a chi non rispetta gli obblighi di trasmissione alla PCC dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati.
4. Ai fini che qui rilevano, il comma 865 dell'art. 1 stabilisce:
«Per gli enti del Servizio sanitario nazionale che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo non puo' essere inferiore al 30 per cento. La predetta quota dell'indennita' di risultato:
a) non e' riconosciuta qualora l'ente sanitario registri ritardi superiori a sessanta giorni oppure in caso di mancata riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo;
b) e' riconosciuta per la meta' qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra trentuno e sessanta giorni;
c) e' riconosciuta per il 75 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra undici e trenta giorni;
d) e' riconosciuta per il 90 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra uno e dieci giorni.».
Il comma 860 dell'art. 1, dopo aver previsto che gli enti del Servizio sanitario nazionale applicano le misure di cui al citato comma 865, specifica che «Per l'applicazione delle predette misure, si fa riferimento ai tempi di pagamento e ritardo calcolati sulle fatture ricevute e scadute nell'anno precedente e al debito commerciale residuo, di cui all'art. 33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33».
A norma del comma 857 dell'art. 1, nell'anno 2020, le misure di cui - fra gli altri - al comma 865 sono raddoppiate nei confronti degli enti di cui al comma 849 (fra cui sono ricomprese «le regioni (...) anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario tradizionale») che non hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro i termini di cui al comma 853 (entro il 28 febbraio 2019) e che non hanno effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di cui al comma 854 (vale a dire, per gli enti del servizio sanitario nazionale, entro i trenta giorni successivi all'erogazione).
Infine, il comma 866 dell'art. 1 prevede:
«Le regioni trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all'art. 12 dell'intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del comma 865. La trasmissione della relazione costituisce adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le cui disposizioni continuano ad applicarsi a decorrere dall'esercizio 2013 ai sensi dell'art. 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano relazionano al citato Tavolo sullo stato di applicazione del comma 865.».
7. Con il presente atto la Regione ricorrente chiede all'Ecc.ma Corte costituzionale adita di dichiarare l'incostituzionalita' della legge 30 dicembre 2018, n. 145, limitatamente all'art. 1, commi 857, 865 e 866 di tale atto normativo, in quanto fortemente elusivi di numerosi profili competenziali costituzionalmente attribuiti alla medesima, come pure dei principi di ragionevolezza, buon andamento e leale collaborazione, per i seguenti motivi in
Diritto
I. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate, per violazione degli articoli 114, 117, commi 3, 4 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e 120, comma 2, della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione.
1. Come accennato in narrativa, le disposizioni oggetto dell'odierno ricorso hanno stabilito che, per gli enti del servizio sanitario nazionale che non rispettino i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni devono integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi, inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo non puo' essere inferiore al 30 per cento. La disposizione prevede poi singoli scaglioni di modulazione del riconoscimento della predetta quota dell'indennita', in base ai giorni di ritardo registrati e alla riduzione del debito commerciale residuo (comma 865).
La quota di indennita' di risultato da destinare all'obiettivo di riduzione dei termini di pagamento e' raddoppiata al 60 per cento nel caso in cui le regioni non abbiano provveduto a richiedere l'anticipazione di liquidita' di cui al comma 849 entro il termine previsto del 28 febbraio 2019, e per quelli che pur avendola richiesta non abbiano effettuato il pagamento entro il termine di 30 giorni dall'erogazione da parte dell'ente finanziatore (comma 857).
Della «applicazione» e degli «esiti» del comma 865, le regioni sono tenute a trasmettere una relazione al Tavolo di verifica per gli adempimenti regionali, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'art. 12 dell'Intesa in conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005. Le regioni e le province autonome sono invece tenute a relazionare unicamente «sullo stato di applicazione del comma 865», senza riferimento agli «esiti» della predetta applicazione. L'invio di questa relazione costituisce adempimento «anche ai fini e per gli effetti» dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (comma 866). La disposizione in esame consente l'erogazione anticipata del finanziamento del S.S.N. a cui concorre ordinariamente lo Stato, nella misura del 3% e del 2% del suddetto finanziamento (rispettivamente per le regioni che accedono all'erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all'erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore), «a seguito dell'esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente e dalla presente legge».
2. Tanto premesso, e' opportuno ricostruire il contesto costituzionale in cui si collocano le disposizioni interessate, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte.
In primo luogo, occorre prendere le mosse dalla esplicita qualificazione di tali disposizioni quali «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione», operata dal comma 858 dell'art. 1.
Come noto, in base a costante giurisprudenza di questa Corte, l'auto qualificazione impressa dal legislatore non ha natura dirimente, dovendo aversi riguardo alla natura effettiva delle disposizioni interessate, quale si desume dal loro contenuto normativa, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme dell'ordinamento (tra le tante, sentenze n. 200 e n. 164 del 2012 e n. 85 del 1990).
Fermo quanto si dira' infra in ordine alla natura di dettaglio delle disposizioni impugnate, che impediscono di qualificarle come principi fondamentali della materia, e' certo che l'intervento del legislatore, alla luce dei richiamati principi giurisprudenziali, interseca diversi titoli competenziali, di natura concorrente e residuale, senza che possa individuarsi una materia prevalente.
Vengono in particolare in rilievo le materie di legislazione concorrente «coordinamento della finanza pubblica» e «tutela della salute». La prima - al di la' della qualificazione statale - si puo' rinvenire nella finalita' della misura di cui alle disposizioni in esame di ridurre i termini di pagamento dei debiti e i debiti commerciali residui delle pubbliche amministrazioni, nella specie degli enti del servizio sanitario nazionale, perseguita attraverso un meccanismo di «responsabilizzazione» - recte, indirizzamento dei fini e degli obiettivi - della dirigenza medica (commi 865 e 857).
Del pari, puo' ritenersi afferente alla materia «coordinamento della finanza pubblica» anche la disposizione che impone alla Regione di relazione sull'applicazione e gli esiti del comma 865, ai fini degli adempimenti la cui verifica e' rimessa al Tavolo tecnico ex art. 12 dell'Intesa tra lo Stato le regioni e le province autonome del 23 marzo 2005, nonche' ai fini dell'erogazione della quota di finanziamento del S.S.R. di cui all'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (comma 866).
Al contempo, le disposizioni in esame afferiscono certamente anche alla materia «tutela della salute», e cio', da una parte, in quanto indirizzano dettagliatamente gli obiettivi della dirigenza sanitaria, vincolando l'indennita' di risultato a una specifica finalita' e disciplinano in base al suo raggiungimento le modalita' di riconoscimento della stessa, dall'altra in quanto incidono sulla spesa sanitaria, condizionando l'erogazione del finanziamento del SSN a uno specifico ulteriore adempimento regionale (l'invio della relazione sull'applicazione e sugli esiti della misura di cui al comma 865 sulla dirigenza sanitaria).
Del resto, questa Corte ha costantemente ricondotto la disciplina della dirigenza sanitaria al prevalente ambito della tutela della salute, facendo leva sulla stretta inerenza con l'organizzazione del servizio sanitario regionale (sentenze n. 181 del 2006, n. 50 del 2007, n. 371 del 2008).
Non solo. Evidentemente le disposizioni impugnate, con particolare riferimento ai commi 865 e 857 dell'art. 1, laddove individuano un obiettivo specifico di risultato per la dirigenza sanitaria, fissano la quota dell'indennita' di risultato destinata a tale obiettivo (doppia nel caso di cui al comma 857), determinano le condizioni a ricorrere delle quali tale quota puo' essere, in tutto o in parte, riconosciuta, incidono sulla competenza residuale in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa regionale» e di «organizzazione e funzionamento della Regione», riconducibili al quarto comma dell'art. 117 della Costituzione.
3. L'inestricabile intreccio con materie di competenza regionale comporta il dovere del legislatore statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a difesa delle loro competenze, al fine di contemperare le ragioni dell'esercizio unitario delle stesse con la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle autonomie (sentenze n. 65 del 2016, n. 88 del 2014 e n. 139 del 2012).
Questa Ecc.ma Corte ha sempre piu' valorizzato la leale collaborazione quale principio guida nell'evenienza di uno stretto intreccio fra materie e competenze, e ha ravvisato nell'intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione (di recente, sentenze n. 21 e n. 1 del 2016).
Questa Ecc.ma Corte ha individuato nel sistema delle conferenze «il principale strumento che consente alle Regioni di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale» (sentenza n. 401 del 2007) e «una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione» (sentenza n. 31 del 2006), sicche' l'intesa in sede di Conferenza unificata e' stata individuata quale strumento idoneo a realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012), «qualora non siano coinvolti interessi esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo» (sentenza n. 1 del 2016).
Si precisa, peraltro, come questa Ecc.ma Corte abbia in ogni caso riconosciuto l'obbligo del legislatore statale di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione in senso «forte» anche nel caso in cui la disciplina, pur ascrivendosi prevalentemente a una materia di competenza legislativa esclusiva statale, coinvolga una pluralita' di interessi e competenze regionali. Quando si determina una «sovrapposizione di competenze» per cui la disciplina statale, pur prevalentemente riconducibile a un ambito di legislazione esclusiva, «tocca direttamente un interesse differenziato della regione e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima», il legislatore statale e' obbligato ad «attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, «le cui potenzialita' precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice» (sentenza n. 33 del 2011). E l'applicazione di questo canone impone alla legge statale di predisporre adeguate modalita' di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze» (sentenze nn. 230 del 2013 e n. 33 del 2011).
4. Come noto, del resto, nel settore sanitario tali principi hanno trovato espressione nei c.d. Patti per la Salute, intese di cui all'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, che consistono in accordi finanziari e programmatici tra il Governo e le regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio sanitario nazionale, finalizzati a migliorare la qualita' dei servizi, a promuovere l'appropriatezza delle prestazioni e a garantire l'unitarieta' del sistema.
Come confermato piu' volte da questa Corte, il Patto per la Salute e' la sede naturale dove dare attuazione al principio di leale collaborazione tra Governo e regioni nelle materie di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica. I patti per la Salute vengono recepiti in legge dello Stato, divenendo cosi' vincolanti per le regioni (cfr. sentenze nn. 40 e 100 del 2010), e rappresentano quindi una sostanziale modalita' di partecipazione delle regioni al procedimento ascendente di formazione della normativa statale nelle materie de quibus.
Si aggiunga che, proprio con riferimento alla disciplina della riforma della dirigenza sanitaria regionale, questa Ecc.ma Corte ha recentemente avuto modo di evidenziare l'obbligo per il legislatore statale di «muoversi nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenze n. 26 e n. 1 del 2016, n. 140 del 2015, n. 44 del 2014, n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008). Poiche' le disposizioni impugnate toccano sfere di competenza esclusivamente statali e regionali, il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione deve essere individuato nella Conferenza Stato-Regioni» (sentenza n. 251 del 2016). E proprio per uniformarsi a questa statuizione e' stato acquisita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 6 aprile 2017 per l'adozione del decreto legislativo 26 luglio 2017, n. 126, di modifica del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (recante «Attuazione della delega di cui all'art. 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria»).
Non solo. L'art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 126/2017, recante «Disposizioni relative al conferimento degli incarichi di direttore generale», prevede un «Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano» per definire «i criteri e le procedure» per la valutazione dell'attivita' dei direttori generali.
5. Stante quanto precede emerge con tutta evidenza l'incostituzionalita' delle disposizioni impugnate per violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e 120 Cost., tanto con riferimento all'obbligo di integrazione dei contratti dei direttori generali e dei direttori sanitari con la previsione di un vincolo consistente dell'indennita' di risultato rispetto a uno specifico obiettivo e ai criteri per il relativo riconoscimento, percentuale di indennita' addirittura raddoppiata nel caso di mancata richiesta dell'anticipazione di liquidita' di cui al comma 849 dell'art. 1 (commi 857 e 865), quanto con riferimento all'introduzione di tale adempimento fra quelli richiesti per l'erogazione del finanziamento del S.S.N. a carico dello Stato (comma 866).
In senso diametralmente difforme dai richiamati principi, infatti, il legislatore statale ha adottato le disposizioni impugnate senza prevedere alcuno strumento partecipativo delle regioni, ne' nella forma dell'intesa ne' in altro tipo di forma collaborativa.
Il difetto di concertazione e' mancato tanto a monte, in sede di adozione delle disposizioni impugnate, quanto a valle, non essendo stati predisposti adeguati modelli concertativi forti per l'attuazione delle stesse. Tanto piu' che la natura di massimo dettaglio delle citate disposizioni impedisce comunque, indipendentemente dall'omessa previsione dell'intesa nel testo delle medesime, che qualsiasi meccanismo collaborativo possa essere posto in essere a valle. In altri termini, e' la stessa scelta legislativa di introdurre una previsione di natura auto applicativa a viziare in nuce le disposizioni impugnate per violazione dei principi di leale collaborazione.
Violazione che, come visto, ridonda sulle competenze legislative costituzionalmente attribuite alla Regione in svariate materie concorrenti e residuali, nonche' sulle corrispondenti funzioni amministrative e regolamentari ex articoli 114, 117, commi 3, 4 e 6, e 118, commi 1 e 2, della Costituzione.
La lesione appare tanto piu' evidente in considerazione del fatto che, in sede di Accordo tra Governo e regioni sulla manovra 2019 in tema di Sanita', sia stata prevista la sottoscrizione del Patto per la Salute 2019/2021 entro il prossimo 31 marzo 2019, sicche' e' in quella sede che le misure qui contestate avrebbero dovuto essere discusse e condivise.
Si chiede dunque la dichiarazione di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate sotto questo primo assorbente profilo. II. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate per violazione dell'art. 117, comma 3, 4 e 6 della Costituzione.
1. Le disposizioni impugnate si mostrano incostituzionali, comunque, anche sotto un ulteriore profilo.
Si e' accennato che l'art. 1, comma 858 definisce «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione», tra le altre, le disposizioni di cui ai commi 865 e 866.
2. Si ribadisce sinteticamente che il comma 865 impone alle regioni i cui enti del servizio sanitario nazionale non rispettino i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, di integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi, inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo non puo' essere inferiore al 30 per cento. La disposizione prevede poi singoli scaglioni di modulazione del riconoscimento della predetta quota dell'indennita', in base ai giorni di ritardo registrati e alla riduzione del debito commerciale residuo (comma 865).
La quota di indennita' di risultato da destinare all'obiettivo di riduzione dei termini di pagamento e' raddoppiata al 60 per cento nel caso in cui le regioni non abbiano provveduto a richiedere l'anticipazione di liquidita' di cui al comma 849 entro il termine previsto del 28 febbraio 2019, e per quelli che pur avendola richiesta non abbiano effettuato il pagamento entro il termine di 30 giorni dall'erogazione da parte dell'ente finanziatore (comma 857).
Il comma 866 impone invece alle Regioni la trasmissione di una relazione sull'applicazione del comma 865 e sui relativi «esiti» al Tavolo di verifica per gli adempimenti regionali, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'art. 12 dell'Intesa in Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005. L'invio di questa relazione costituisce adempimento «anche ai fini e per gli effetti» dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (comma 866), cioe' per l'erogazione anticipata della quota di finanziamento del SSN.
3. Come detto, e' affermazione costante di questa Corte quella per cui l'interpretazione di una legge o di alcune sue disposizioni in un determinato significato non puo' discendere soltanto da affermazioni formali o auto qualificazioni del legislatore, ma deve avere una puntuale rispondenza nella natura effettiva delle disposizioni interessate, quale si desume dal loro contenuto normativa, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme dell'ordinamento (tra le tante, sentenze n. 200 e n. 164 del 2012 e n. 85 del 1990).
Quanto, poi, al perimetro della nozione «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica», e' stato affermato che sebbene il legislatore possa, con una disciplina di principio, legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 182 del 2011), questi vincoli possono considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 182 del 2011, n. 297 del 2009, n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007). Lo Stato, quindi, e' comunque tenuto a garantire «principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale» (sentenza n. 182 del 2011).
In caso contrario, la norma statale non puo' essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008), a prescindere dall'auto-qualificazione operata dal legislatore (sentenza n. 237 del 2009).
Si e' osservato, ancora, che la materia del «Coordinamento della finanza pubblica» non puo' essere limitata alle norme aventi lo scopo di limitare la spesa, ma comprende anche quelle aventi la funzione di «riorientare» la spesa pubblica, per una complessiva maggiore efficienza del sistema (sentenza n. 272 del 2015).
4. Tanto premesso, si ritiene che, contrariamente all'auto qualificazione loro impressa dal comma 858, le disposizioni contestate non possano essere considerate espressione di principi di coordinamento della finanza pubblica, e cio' sotto due concorrenti profili.
5. In primo luogo, in ragione di tutto quanto detto con il precedente motivo, non sembra possibile ricondurre le varie materie intersecate da tali disposizioni a una prevalente.
Se non altro, risulta evidente la concorrenza di materie quanto meno con riferimento alla «tutela della salute», specie con riferimento ai commi 857 e 865 sulla dirigenza sanitaria.
Come detto, infatti, questa Corte ha costantemente ricondotto la disciplina della dirigenza sanitaria in strutture del settore sanitario al «prevalente» ambito della tutela della salute, a fronte di un'ampia gamma di materie contestualmente coinvolte, facendo leva sulla stretta inerenza con l'organizzazione del servizio sanitario regionale, sulla gestione e sull'efficienza dei servizi sanitari (sentenza n. 422 del 2006), e sulla stesse condizioni per la fruizione delle prestazioni rese all'utenza, «essendo queste ultime condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacita', dalla professionalita' e dall'impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi, e segnatamente di coloro che rivestono una posizione apicale» (sentenze n. 181 del 2006, n. 50 del 2007).
Cio' induce a escludere che le disposizioni impugnate afferiscano prevalente nell'area del coordinamento della finanza pubblica.
5. In ogni caso, anche ad accedere a questa interpretazione, esse non si atteggerebbero comunque a «principi fondamentali» della materia.
Ne', per analoghe ragioni, potrebbero essere ricondotte a principi fondamentali dettati nella materia «tutela della salute».
E' infatti palese che il legislatore statale, vincolando regioni all'adozione di misure analitiche e di dettaglio, al cui adempimento risulta altresi' condizionata l'erogazione della quota di finanziamento del S.S.N. a cui concorre ordinariamente lo Stato, ne ha compresso illegittimamente l'autonomia, anche finanziaria, esorbitando dal compito di formulare i soli principi fondamentali della materia (sentenza n. 159 del 2008).
Questa Corte ha gia', in altre occasioni, ravvisato l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni realizzata attraverso interventi statali che imponevano al sistema regionale rigide misure concernenti la spesa per studi, consulenze, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni (sentenza n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n. 449 del 2005); i compensi e il numero massimo degli amministratori di societa' partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008); le spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009).
6. Anche nel caso qui in esame, nonostante la qualificazione come «disposizioni di principio», il carattere dettagliato e puntuale di tali disposizioni precludere qualsiasi possibilita' di autonomo adeguamento da parte delle regioni.
E infatti, come visto, le disposizioni in esame:
a fronte dell'inadempimento agli obblighi in materia dei termini di pagamento previsti dalla legislazione vigente, impongono alla Regione di integrare i contratti dei direttori generali e dei direttori amministrativi (comma 865);
tale integrazione dovra' necessariamente prevedere l'introduzione di uno specifico risultato di riduzione dei termini di pagamento, cui dovra' essere destinata una quota fissa dell'indennita' di risultato (comma 865);
prevedono scaglioni fissi di raggiungimento dell'obiettivo, cui e' subordinato il riconoscimento, in tutto o in parte, dell'indennita' di risultato (comma 865);
stabiliscono che, in caso di mancata richiesta dell'anticipazione di cui al comma 849, o di mancato pagamento nei termini una volta ottenuta l'anticipazione, la predetta quota dell'indennita' di risultato dovra' essere pari almeno al 60% (comma 857);
stabiliscono che l'applicazione e gli esiti della misura in esame, da relazionare al tavolo tecnico per gli adempimenti regionali, costituisce adempimento ai fini dell'erogazione della quota di finanziamento del SSN a cura dello Stato.
Appare quindi evidente che, anche a ritenere che l'obiettivo perseguito sia quello di contenere o orientare la spesa delle regioni e degli enti del S.S.N., il legislatore non ha lasciato alcun margine di autonomia all'ente regionale sul come perseguire la misura.
La regione, in altri termini, a fronte dell'inadempimento degli enti del servizio sanitario nazionale alla normativa in materia di termini di pagamento dei debiti commerciali, e' vincolata a perseguire l'obiettivo di riduzione dei predetti tempi nel modo prescelto, dettagliatamente (e cioe' nei mezzi, nei modi, e nel quantum), dal legislatore statale, cosi' vedendo menomata anche la propria autonomia finanziaria, non avendo alcuna discrezionalita' di perseguire l'obiettivo attraverso una diversa modulazione degli ambiti e obiettivi di spesa.
Le disposizioni impugnate si confermano quindi lesive delle competenze regionali attribuite dall'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella materia del coordinamento della finanza pubblica e della tutela della salute. III. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate per violazione degli articoli 3, 97,117, commi 3, 4 e 6, 118, commi 1 e 2, della Costituzione. Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita'.
1. Un ulteriore profilo di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate concerne prettamente l'irragionevolezza e il difetto di proporzionalita' (ex articoli 3 e 97 Cost.) delle stesse, tanto nella parte (commi 857 e 865) in cui impongono alle regioni di integrare i contratti della dirigenza sanitaria con l'introduzione dell'obiettivo di riduzione dei termini di pagamento dei debiti commerciali, destinando allo stesso almeno il 30% dell'indennita' di risultato (60% in caso di mancata richiesta dell'anticipazione di cui al comma 849 o di non ottemperanza al pagamento a seguito dell'erogazione della predetta anticipazione), quanto nella parte (comma 866) in cui stabiliscono che l'applicazione di tale misura e i relativi esiti costituiscono adempimento ai fini delle verifiche del tavolo tecnico per gli adempimenti in materia sanitaria e per l'erogazione anticipata della quota di finanziamento del SSN cui concorre lo Stato.
2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio di razionalita', emancipato rispetto a quello di uguaglianza, deve essere inteso sia nel senso di razionalita' formale, cioe' del principio logico di non contraddizione, sia nel senso di razionalita' pratica, ovvero di ragionevolezza, di coerenza intrinseca della norma rispetto alla ratio che ne e' a fondamento (sentenza n. 172 del 1996). La coerenza e' rispondenza logica della norma rispetto al fine perseguito dalla legge, ovvero alla sua ratio. Difetta la ragionevolezza laddove «la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio» (sentenza 43 del 1997).
Il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita', rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti (sentenza n. 108 del 1994).
Il principio di proporzionalita' deve trovare rigorosa applicazione nel contesto delle relazioni fra Stato e regioni, specie quando la previsione della «sanzione» ad opera del legislatore statale comporti una significativa compressione dell'autonomia regionale (sentenze n. 156 del 2015, n. 278 e n. 215 del 2010, n. 50 del 2008, n. 285 e n. 62 del 2005, n. 272 del 2004).
3. Le norme contestate non rispondono ai riferiti canoni di coerenza e proporzionalita'.
Esse introducono, al fine di ridurre i termini di pagamento dei debiti degli enti del SSN, una misura obbligata da parte delle regioni, che impinge direttamente sulla direzione strategica della dirigenza medica (direttori generali e amministrativi), cosi' esautorando in misura consistente la Regione e la stessa dirigenza sanitaria dalla possibilita' di orientare gli obiettivi e le priorita' dell'azione amministrativa, che evidentemente possono essere meglio individuate a livello locale, in base alle specifiche esigenze, problematiche, necessita' del contesto sanitario di riferimento.
Esigenze che, funzionalizzando gli obiettivi della dirigenza a una specifica finalita' economico-finanziaria, potrebbero perdere della priorita' e rilevanza di cui necessiterebbero, in violazione dei principi di buon andamento, differenziazione e adeguatezza.
L'irragionevolezza dell'opzione legislativa risulta ulteriormente avvalorata dal dato per cui, orientando l'azione amministrativa della direzione strategica delle Aziende sanitarie verso uno specifico risultato al cui raggiungimento e' vincolato il riconoscimento di una piu' che consistente quota dell'indennita' di risultato, risulterebbero ingiustamente sacrificati gli obiettivi prioritari piu' attinenti alla tutela della salute, specie il raggiungimento di un piu' alto livello di erogazione dei LEA.
Per di piu', ancora sotto il profilo del difetto di proporzionalita', le misure introdotte dal legislatore statale impongono di destinare almeno il 30% dell'indennita' di risultato (almeno il 60% nel caso di cui al comma 857) dei direttori generali e amministrativi all'obiettivo del rispetto dei termini di pagamento, fissando gli scaglioni di riconoscimento di tale indennita', senza tenere in considerazione il debito commerciale complessivo, i progressi nei termini di pagamento rispetto agli esercizi precedenti, le cause del ritardo, le eventuali responsabilita' o al contrario i progressi ottenuti dal singolo dirigente sanitario rispetto alla progressiva riduzione del debito commerciale e dei termini di pagamento.
4. Non basta. Le disposizioni in esame difettano di ragionevolezza e proporzionalita' anche nella parte in cui prevedono che l'applicazione e gli «esiti» della misura di cui al comma 865 costituisca adempimento ai fini delle verifiche del tavolo tecnico e del riconoscimento della quota di finanziamento del SSN cui concorre lo Stato.
In primo luogo, e per gli stessi motivi appena esposti, in questo modo la possibile mancata erogazione del finanziamento statale viene fatta discendere in maniera automatica dal mancato adempimento dei termini di pagamento degli enti del SSN, senza che si abbia riguardo ai progressi ottenuti rispetto all'obiettivo e alle specifiche responsabilita' in materia, nonche' alla complessiva riduzione del debito commerciale residuo.
In ogni caso, non si capisce cosa si intende per «applicazione ed esiti» del comma 865: non e' chiaro, cioe', se l'adempimento richiesto ai fini dello svincolo del finanziamento sia la sola trasmissione della relazione regionale circa l'integrazione dei contratti della dirigenza sanitaria, o se l'adempimento cui consegue l'erogazione del finanziamento verra' funzionalizzato al riconoscimento integrale della quota di indennita' di risultato destinata alla riduzione dei termini di pagamento (riconoscimento integrale possibile solo in caso di mancati ritardi).
La non chiarezza della formulazione normativa incide sulla sua intrinseca ragionevolezza ed e' tanto piu' rilevante perche' connessa a un elemento essenziale per la Regione e per il servizio sanitario regionale, qual e' l'erogazione del finanziamento statale.
Sotto un concorrente profilo, intesa in quest'ultimo senso, che sembra plausibile in ragione dell'inciso, contenuto nel comma 866 per le sole regioni ordinarie, per cui il contenuto della relazione regionale dovra' riguardare non solo l'applicazione del comma 865, ma anche i relativi «esiti», le disposizioni impugnate non sarebbero nemmeno idonee a raggiungere lo scopo che ne dovrebbe giustificare l'adozione.
La mancata erogazione della quota di finanziamento statale, infatti, potrebbe incidere ulteriormente sul ritardo dei pagamenti degli enti del SSN e sull'accumularsi del debito commerciale complessivo.
Si ribadisce, ai fini dell'ammissibilita' della presente censura, che le disposizioni impugnate incidono su numerosi profili di competenza della Regione ricorrente, non solo in materia di coordinamento della finanza pubblica, ma soprattutto in materia di tutela della salute e quindi di organizzazione del servizio sanitario regionale, nonche' in generale sulla materia residuale di organizzazione amministrativa della regione, come pure sulla relativa autonomia finanziaria.
Anche sotto i profili innanzi esposti si impone, dunque, la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 1, commi 857, 865 e 866 della legge n. 145/2018.
P.Q.M.
Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, dichiarare l'incostituzionalita' della legge 30 dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (Legge di stabilita' 2019), pubblicata in Suppl. ordinario n. 62 alla Gazzetta Ufficiale, 31 dicembre 2018, n. 302, limitatamente all'art. 1, commi 857, 865 e 866 di tale atto normativo.
Con ossequio.
Roma, 28 febbraio 2019
Avv. Murra - Prof. Avv. Marini
Si depositera', unitamente al presente ricorso notificato, Copia conforme all'originale della D.G.R. n. 100 del 27 febbraio 2019.