Ricorso n. 36 dell'8 giugno 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 08 giugno 2009 , n. 36
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l' 8 giugno 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
GU n. 29 del 22-7-2009)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, ex lege rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia ai fini del presente atto; Contro la Regione Piemonte in persona del Presidente della Giunta pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge della regione Piemonte n. 9 del 26 marzo 2009, pubblicata nel B.U.R. n. 13 del 2 aprile 2009, recante «Norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilita' dei documenti informatici nella pubblica amministrazione». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri del 21 maggio 2009 come da estratto del relativo verbale che si deposita unitamente alla relazione del Ministro proponente. Con la legge n. 9 del 26 marzo 2009, che consta di tredici articoli, la Regione Piemonte ha dettato norme in materia di pluralismo informatico. La suddetta normativa, secondo le intenzioni del legislatore regionale, e' finalizzata a favorire il pluralismo informatico, garantire l'accesso e la liberta' di scelta nella realizzazione di piattaforme informatiche ed a favorire l'eliminazione di ogni barriera dovuta all'uso di standard non aperti. La Regione Piemonte, in particolare, con la predetta normativa tende ad incentivare la diffusione e lo sviluppo del software libero in considerazione delle sue positive ricadute sullo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica e, nel contempo, persegue l'obiettivo della massima divulgazione dei propri programmi informatici sviluppati come software libero. Cio' detto, la legge regionale in esame «Norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilita' dei documenti informatici nella pubblica amministrazione», presenta profili di illegittimita' costituzionale. Talune disposizioni, infatti, sono censurabili sotto il profilo della legittimita' costituzionale in quanto violano la competenza statale in materia di tutela della concorrenza di cui all'art. 117, comma 2, lettera e) Cost., nonche' la tutela del diritto d'autore, incidendo sulla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera 1) Cost. In particolare, il comma 3 dell'art. 1 prevede che alla cessione di software libero non si applichino le disposizioni di cui all'art. 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 (protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), come sostituito dall'art. 13 della legge 18 agosto 2000, n. 248. Al riguardo, si fa presente che il software c.d. «libero» costituisce anch'esso un opera dell'ingegno ed e', pertanto, oggetto di diritti d'autore esattamente come qualsivoglia altro programma per elaboratore. La previsione quindi di deroga alle fattispecie di reato per il contrasto al fenomeno della contraffazione di software, disciplinate dalle norme statali succitate, travalica la potesta' legislativa regionale, invadendo la sfera di competenza del legislatore nazionale, in deroga alla vigente disciplina penale della materia. Analoghi problemi sorgono in relazione all'art. 3 che prevede per «chiunque il diritto di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con gli standard di comunicazione e formati di un altro software, anche proprietario». Anche in questo caso la disposizione interviene sulla materia del diritto d'autore, derogando la disciplina gia' dettata per tutti i programmi per elaboratori degli artt. 64-bis e ss. della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione, peraltro, della disciplina europea in materia (Direttiva CE 91/250). Inoltre, il primo comma dell'art. 6 nello stabilire, poi, che «la regione utilizza, nella propria attivita', programmi per elaboratore elettronico dei quali detiene il codice sorgente» e che «la disponibilita' del codice sorgente consente alla regione di modificare i programmi per elaboratore in modo da poterli adattare alle proprie esigenze», appare anch'esso viziato sotto il profilo della legittimita' costituzionale, gia' rilevato in precedenza, con il travalicamento della potesta' legislativa regionale nei confronti della disciplina nazionale del diritto d'autore, in quanto consente ad una Amministrazione che ha la materiale detenzione del codice sorgente di intervenire sul codice sorgente medesimo, modificandolo secondo le proprie esigenze. Infine, in relazione all'art. 6, commi 1 e 2, e art. 4, comma 1, in cui si prevede l'utilizzo da parte della regione di programmi per elaboratore a sorgente aperto alla diffusione di documenti soggetti all'obbligo di pubblicita' e con riferimento all'art. 5, comma 1, che prevede l'utilizzo di programmi per elaboratore a sorgente aperto per il trattamento dei dati personali o di quei dati la cui diffusione a terzi non autorizzati puo' comportare pregiudizio per la pubblica sicurezza, si osserva che questi appaiono costituzionalmente illegittimi in quanto invasivi del principio di concorrenza, come elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunita' europea e recepito nel nostro ordinamento nella materia dei contratti pubblici con il Codice dei contratti. Risulta escluso infatti che possa ricondursi nell'ambito delle materie afferenti alla potesta' esclusiva o concorrente delle regioni il potere di normare in modo autonomo, imponendo alle amministrazioni locali l'acquisto di software esclusivamente a codice sorgente aperto, considerando che siffatte disposizioni verrebbero a collidere con quanto disposto dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione, ai sensi del quale la materia della «tutela della concorrenza» rientra nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Cio' nell'esigenza di evitare che la differenziazione territoriale della disciplina dei vari mercati e settori economici determini un regolamentazione anticoncorrenziale, con conseguenze negative per l'economia nazionale (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 14/2004).
P. Q. M. Si chiede che, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Piemonte n. 9 del 26 marzo 2009, pubblicata nel B.U.R. n. 13 del 2 aprile 2009, recante «Norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilita' dei documenti informatici nella pubblica amministrazione», con consequenziali provvedimenti in ordine all'intera legge per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e) e lettera 1) della Costituzione. Roma, addi' 26 maggio 2009 L'Avvocato dello Stato: Pierluigi Di Palma