Ricorso n. 37 del 12 giugno 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 giugno 2009 , n. 37
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 giugno 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 29 del 22-7-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica con sede in Trento, per la declaratoria di incostituzionalita' e conseguente annullamento dell'art. 3, commi 1 e 6, della legge della Provincia autonoma di Trento 3 aprile 2009, n. 4, pubblicata nel supplemento n. 1 al Bollettino ufficiale della provincia n. 15/III del 7 aprile 2009, recante «Norme di semplificazione e anticongiunturali di accompagnamento alla manovra finanziaria provinciale di assestamento per l'anno 2009», per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione a seguito della determinazione del Consiglio dei ministri di impugnativa della predetta legge provinciale, assunta nella seduta del 28 maggio 2009. 1. - Nel supplemento n. 1 al Bollettino ufficiale della provincia autonoma n. 15 del 7 aprile 2009, risulta pubblicata la legge provinciale 3 aprile 2009, n. 4, recante «Norme di semplificazione e anticongiunturali di accompagnamento alla manovra finanziaria provinciale di assestamento per l'anno 2009». Il testo dell'impugnato art. 3 di tale legge apporta «Modificazioni della legge provinciale 8 maggio 2000, n. 4 (disciplina dell'attivita' commerciale in provincia di Trento)». 2. - Con riferimento a tale articolo, si ritiene che i commi 1 e 6 siano illegittimi. Al riguardo, giova far presente che l'articolo inserisce il Capo VIII-bis, denominato «Vendite al pubblico come occasioni particolarmente favorevoli». In particolare, l'art. 17-bis inserito dal comma 1 dell'art. 3 della legge in esame, al comma 4, prevede, che «L'impresa commerciale che intende effettuare una vendita con le caratteristiche di cui al comma 1 ne da' comunicazione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento, e per conoscenza al comune competente per territorio; la Giunta provinciale stabilisce le modalita' per la presentazione della comunicazione e gli elementi contenuti nella stessa.(..)». La normativa provinciale cosi' disponendo, prevede in capo all'esercente che voglia effettuare, tra l'altro, vendite promozionali, un obbligo di comunicazione che non e' in linea con l'art. 3 del decreto-legge n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006, che vieta ogni forma di restrizione a qualunque tipologia di vendita promozionale. Pertanto la legislazione provinciale, cosi' come formulata, impone, anche per quanto concerne le vendite promozionali (cfr. art. 17-bis, comma 4), l'obbligo della comunicazione, contrariamente alla legislazione statale (cfr. art. 3, legge n. 248/2006) che, per questa particolare tipologia di vendita, sancisce una completa liberalizzazione, cosi' come specificato anche dal Ministero dello sviluppo economico con circolare n. 3603/C del 28 settembre 2006. L'art. 3, comma 6, che modifica l'art. 20 della l.p. n. 4/2000, inserisce una sanzione nel caso di mancata comunicazione. La comunicazione di cui alla legge in esame, quindi, non e' una mera comunicazione fine a se stessa, ma e' un vero e proprio obbligo a carico dell'esercente in quanto, ai sensi dell'art. 20, comma 6, della legge provinciale n. 4/2000, come modificato dall'art. 3, comma 6, della legge in esame, «Chiunque violi le altre disposizioni della presente legge o da essa richiamate, ivi comprese quelle contenute nel capo VIII-bis e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 3.000.000». La previsione di un obbligo di comunicazione e la relativa sanzione in caso di inosservanza, contrasta palesemente con la totale liberalizzazione delle vendite promozionali disposte dalla normativa statale su richiamata; tale disposizione non incide sulla materia commercio che e' di competenza della provinciale. La disposizione in esame, piuttosto, incide sulla materia della tutela della concorrenza e la Provincia non ha alcuna competenza in merito (cfr. artt. 8 e 9 dello statuto di autonomia). Come piu' volte rappresentato da codesta Corte costituzionale, in ultimo con la sent. n. 430/07 (pronunciandosi proprio sul c.d. «Decreto Bersani»), anche se la materia in esame ad una prima lettura sembra incidere sul «commercio», la questione e' molto piu' complessa e «tale constatazione non e' da sola sufficiente ad escluderne la riconducibilita' alla "tutela della concorrenza''»[... ]La regolamentazione della distribuzione commerciale e' stata significativamente innovata dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114» che «ha espressamente posto quali finalita' della disciplina in materia di commercio, tra le altre, quelle di realizzare "la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' di impresa e la libera circolazione delle merci'' "l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonche' l'evoluzione tecnologica dell'offerta'' (art. 1, comma 3, lettere a e c). [...] L'intento avuto di mira con detto decreto legislativo e' stato dunque di «favorire l'apertura del mercato alla concorrenza» (sentenza n. 64 del 2007), garantendo i mercati ed i soggetti che in essi operano.» La disposizione contenuta all'art. 3 del decreto-legge Bersani «si inserisce nel quadro di questo processo di modernizzazione, all'evidente scopo di rimuovere i residui profili di contrasto della disciplina di settore con il principio della libera concorrenza. E il presupposto logico su cui la stessa normativa si fonda e' che il conseguimento degli equilibri del mercato non puo' essere predeterminato normativamente o amministrativamente, mediante la programmazione della struttura dell'offerta, occorrendo invece, al fine di promuovere la concorrenza, eliminare i limiti ed i vincoli sui quali ha appunto inciso la norma, che ha quindi fissato le condizioni ritenute essenziali ed imprescindibili per garantire l'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale. Infatti, sono all'evidenza strumentali rispetto a questo scopo tutte le prescrizioni recate dal citato comma 1 dell'art. 3, [...], in quanto dirette a rimuovere limiti all'accesso al mercato, sia soggettivi - fatti salvi quelli imposti dalla tutela di interessi generali (comma 1, lettera a) -, sia riferiti alla astratta predeterminazione del numero degli esercizi (comma 1, lettera b), sia concernenti le modalita' di esercizio dell'attivita', nella parte influente sulla competitivita' delle imprese (comma 1, lettere c, d, e, ed f e comma 2), anche allo scopo di ampliare la tipologia di esercizi in concorrenza (comma 1, lettera f-bis), mentre il comma 3 neppure concerne le regioni ed il comma 4 reca una prescrizione che costituisce il naturale effetto dell'inderogabilita' della norma, una volta ricondotta la materia all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Si tratta dunque di prescrizioni coerenti con l'obiettivo di promuovere la concorrenza, risultando proporzionate allo scopo di garantire che le attivita' di distribuzione dalle stesse considerate possano essere svolte con eguali condizioni. Questa finalita' ha, infatti, reso necessario fissare i presupposti in grado di assicurare l'organizzazione concorrenziale del mercato, con quella specificita' ineludibile a garantirne il conseguimento.» (cfr. sent. n. 430/07, punto 3.2.2, considerato in diritto).
P. Q. M. Chiede che codesta Corte costituzionale voglia dichiarare illegittimo e quindi annullare l'art. 3, commi 1 e 6, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 4 del 3 aprile 2009. Si depositeranno con l'originale notificato del presente ricorso: 1) estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2009 e della relazione allegata al verbale; 2) copia della impugnata legge provinciale n. 4/2009. Roma, addi' 3 giugno 2009 L'avvocato dello Stato: Enrico Arena