Ricorso n. 37 del 5 giugno 2014 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 giugno 2014 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 29 del 2014-07-09)
Ricorso n. 37 depositato il 5 giugno 2014 del Presidente del
Consiglio dei Ministri (codice fiscale: …) rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale:
…), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma,
via dei Portoghesi n. 12, fax …;
…, ricorrente.
Contro la Regione Liguria (codice fiscale: …), in
persona del Presidente della Giunta regionale p.t., resistente, per
la declaratoria di illegittimita' costituzionale della Legge Regione
Liguria n. 6 del 31 marzo 2014 pubblicata sul B.U.R. n. 4 del 2
aprile 2014, recante "Disposizioni in materia di esercizio di
attivita' professionale da parte del personale di cui alla legge 10
agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione
nonche' della professione ostetrica) e successive modificazioni e
integrazioni".
Quanto all'art. 1, rubricato "Attivita' professionale da parte
del personale di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina
delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della
riabilitazione, della prevenzione nonche' della professione
ostetrica)" , commi 1, 2 e 3, in cui si prevede che:
"1. Al fine di conseguire una piu' efficace e funzionale
organizzazione dei servizi sanitari regionali, il personale che
esercita le professioni sanitarie di cui alla legge n. 251/2000 e
successive modificazioni e integrazioni, operante con rapporto di
lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture pubbliche
regionali, puo' esercitare attivita' libero professionale, al di
fuori dell'orario di servizio, anche singolarmente all'interno
dell'azienda e in forma intramuraria allargata, presso le Aziende
sanitarie locali, gli Istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico (IRCCS) e gli altri enti equiparati.
2. La Giunta regionale, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni
professionali e sindacali e previo parere della Commissione
consiliare competente per materia, da rendersi nel termine di trenta
giorni dalla richiesta, trascorsi i quali si intende espresso,
disciplina, con propria direttiva vincolante ai sensi dell'art. 8,
comma 1, della legge regionale 7 dicembre 2006, n. 41 (Riordino del
Servizio Sanitario Regionale) e successive modificazioni e
integrazioni, l'organizzazione e le modalita' di esercizio
dell'attivita' libero professionale di cui al comma 1.
3. Le Aziende sanitarie, entro sessanta giorni dalla data di
adozione della direttiva di cui al comma 2, adeguano i rispettivi
atti regolamentari ai contenuti della direttiva stessa, in modo che
non sorga contrasto con le loro finalita' istituzionali e si integri
l'assolvimento dei compiti di istituto assicurando la piena
funzionalita' dei servizi anche nella continuita' della cura a
domicilio; quanto all'art. 2 rubricato "Relazione della Giunta", in
cui si prevede che:
"La Giunta regionale presenta annualmente alla competente
Commissione consiliare una relazione sull'attuazione della presente
legge".
Quanto all'art. 3 rubricato "Clausola di invarianza finanziaria",
in cui si prevede che:
"Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza regionale".
Le disposizioni riportate in epigrafe vengono impugnate, giusta
delibera del Consiglio dei Ministri in data 22 maggio 2014, poiche'
in contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione, con
riferimento ai principi fondamentali in materia di tutela della
salute.
Con legge 31 marzo 2014, n. 6, la Regione Liguria ha introdotto
una disciplina speciale in materia di attivita' libero professionale
intramuraria del personale sanitario non medico, al fine di una piu'
efficace e funzionale organizzazione dei servizi sanitari regionali.
Il legislatore regionale ha, pertanto, previsto la possibilita', per
il personale esercente le professioni di cui alla legge n. 251 del 10
agosto 2000 (professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della
riabilitazione, della prevenzione nonche' della professione
ostetrica) in strutture pubbliche regionali, di svolgere attivita'
libero professionale di natura intramuraria anche "singolarmente" ed
anche in forma "allargata" a strutture sanitarie distinte da quelle
di afferenza.
La disciplina dell'organizzazione e delle modalita' di esercizio
di tale attivita' libero professionale e' demandata all'adozione, da
parte della Giunta Regionale della Liguria, di una direttiva
vincolante entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge
regionale n. 6/2014 (art. 1, comma 2).
Le disposizioni in epigrafe palesano evidenti profili di
illegittimita' costituzionali per le osservazioni che seguono:
1) Ai fini di un corretto inquadramento della questione e'
necessaria una breve ricognizione del quadro normativo in tema di
professione sanitaria intramuraria.
La materia e' stata oggetto di stratificati interventi del
legislatore statale, a partire dalla legge 30 dicembre 1991, n. 412,
la quale, al comma 7, ha introdotto il principio di unicita' del
rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale. La stessa
legge ha ritenuto compatibile tale rapporto di lavoro con
l'esercizio, da parte dei medici dipendenti del Ssn, di attivita'
libero professionale intra ed extra moenia, purche' fuori dall'orario
di lavoro e non in strutture convenzionate con il Ssn.
La legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha, poi, stabilito
l'incompatibilita' tra attivita' libero professionale intramuraria ed
extramuraria nonche' il divieto di attivita' professionale extra
moenia all'interno di strutture sanitarie pubbliche diverse da quelle
di appartenenza o presso strutture sanitarie private, anche
parzialmente.
Successivamente, il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229,
ha aggiunto gli artt. 15-quater e 15-quinquies al decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502.
In particolare, l'art. 15-quater, comma 1, ha stabilito che i
dirigenti sanitari, il cui contratto di lavoro sia stato stipulato in
data successiva al 31 dicembre 1998 o che, alla data di entrata in
vigore del decreto legislativo n. 229/1999, abbiano optato per
l'esercizio di attivita' libero professionale intramuraria, sono
sottoposti al rapporto di lavoro esclusivo con il Ssn. Tale rapporto
e' qualificato dal successivo art. 15-quinquies, comma 1, come
implicante "la totale disponibilita' nello svolgimento delle funzioni
dirigenziali attribuite dall'azienda, nell'ambito della posizione
ricoperta e della competenza professionale posseduta e della
disciplina di appartenenza, con impegno orario contrattualmente
definito".
Il comma 4, dell'art. 15-quater, cosi' come modificato dal
decreto legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito coli modificazioni
dalla legge 26 maggio 2004, n. 138, ha, inoltre, previsto la
possibilita', per i dirigenti medici, di optare per il rapporto di
lavoro non esclusivo con il Ssn, mediante richiesta da presentarsi
entro il 30 novembre di ciascun anno.
L'art. 1, della legge 3 agosto 2007, n. 120, come modificato dal
decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni
dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha, poi, demandato alle Regioni
il compito di assumere le iniziative piu' idonee alloscopo di
individuare gli spazi per l'esercizio della libera professione
intramuraria e di realizzare gli interventi di ristrutturazione
edilizia necessari per renderli disponibili.
2) L'art. 1, comma 1, della legge regionale Liguria n. 6/2014:
a) L'excursus normativo di cui al precedente punto 1) evidenzia
come il legislatore statale abbia disciplinato l'esercizio della
libera professione intramuraria quale specificita' prevista
esclusivamente per i dirigenti medici e i medici dipendenti del Ssn e
solo a particolari condizioni, al fine di salvaguardare un
equilibrato rapporto tra attivita' istituzionale e libero
professionale.
A maggior evidenza dell'assunto, giova ricordare come l'art. 4,
comma 7, della legge n. 412/1991 abbia improntato il rapporto di
lavoro del personale medico con il Ssn ai principi dell'esclusivita'
e dell'incompatibilita' con altro rapporto di lavoro dipendente, con
altro rapporto di natura convenzionale con il Ssn nonche' con
l'esercizio di altra attivita' o con la titolarita' o partecipazione
di quote di imprese che possano determinare un conflitto di interessi
con il Ssn.
La necessita' di conformare ai suddetti principi il libero
esercizio della professione e' palesata dall'art. 15-quinquies, comma
3, del decreto legislativo n. 502/1991, il quale dispone che
l'attivita' libero professionale intramuraria non comporti un volume
di prestazioni superiore a quello assicurato per l'attivita'
istituzionale. Pertanto, la libera professione medica intra moenia e'
soggetta a verifica da parte di appositi organismi con possibilita'
di penalizzazioni (anche consistenti nella sospensione del diritto
all'esercizio dell'attivita' intra moenia) in caso di violazione del
suindicato limite.
Medesima esigenza di contemperamento dei principi in esame si
rinviene nell'art. 22-bis, comma 4, del decreto legge 4 luglio 2006,
n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n.
248, che ha affidato alle Regioni i controlli sullo svolgimento
dell'attivita' libero professionale intramuraria dei dirigenti
medici, con la possibilita' di esercizio, da parte delle stesse, di,
interventi sostitutivi, "al fine di garantire il corretto equilibrio
tra attivita' istituzionale e attivita' libero-professionale
intramuraria, anche in riferimento all'obiettivo di ridurre le liste
di attesa".
E', pertanto, evidente come l'esercizio della professione
sanitaria intra moenia costituisca una deroga al principio
dell'esclusivita' del rapporto di lavoro con il Ssn, la quale puo'
giustificarsi solo alla luce di un equilibrato bilanciamento tra
l'interesse allo svolgimento dell'attivita' libero professionale e
quello dello Stato a garantire l'imparzialita', l'efficacia e
l'efficienza delle funzioni preordinate alla tutela della salute.
Tale opera di contemperamento necessariamente presuppone una
disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, laddove lo
stesso sarebbe inevitabilmente frustrato dall'adozione, da parte
delle regioni, di norme differenziate.
Ne deriva che i soggetti che possono svolgere attivita' libero
professionale devono essere individuati con disciplina uniforme a
livello nazionale, essendo tale profilo soggettivo espressione di
principi fondamentali stabiliti dal legislatore nell'esercizio delle
proprie competenze legislative.
La disciplina della libera professione sanitaria intramuraria e',
infatti, riconducibile, per pacifica giurisprudenza di codesta Ecc.ma
Corte (sentenze 11 dicembre 2013, n. 301; 14 novembre 2008, n. 371; 5
maggio 2006, n. 186), alla materia concorrente della tutela della
salute di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione.
L'individuazione dei profili soggettivi e, dunque, dei soggetti
abilitati all'esercizio dell'attivita' intramuraria certamente
costituisce esercizio della competenza statale in tema di
enunciazione dei principi fondamentali in materia di tutela della
salute.
Tale assunto e' desumibile, innanzitutto, dal tenore testuale
dell'art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 502/1992, in base
al quale le disposizioni del detto decreto (quindi anche l'art.
15-quinquies che, come si e' detto sopra, disciplina aspetti, anche
soggettivi, della libera professione intra moenia) costituiscono
principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.
Alla medesima conclusione conduce l'analisi del contenuto
normativo delle disposizioni legislative indicate al punto 1), dalle
quali si evince come il legislatore nazionale abbia inteso creare un
organico sistema di esercizio dell'attivita' libero professionale
intramuraria incentrato sulle figure del dirigente medico e del
medico dipendente del Ssn.
Si veda, in proposito, come codesta Ecc.ma Corte abbia affermato
(sentenza 23 febbraio 2007, n. 50) che "se si sposta l'attenzione
alla valutazione sul piano sostanziale della natura di principio o
meno delle disposizioni relative alla disciplina delle
caratteristiche del lavoro dei dirigenti sanitari ed in particolare
del loro rapporto di esclusivita' con l'amministrazione sanitaria da
cui dipendono, non puo' negarsi che queste disposizioni (pur nel
tempo varie volte mutate dal legislatore: la fondamentalita' dei
principi peraltro deriva dalla volonta' in tal senso del legislatore
e non dalla eventuale mutazione nel tempo della volonta' dei diversi
legislatori) rappresentano un elemento fra i piu' caratterizzanti
nella disciplina del rapporto fra personale sanitario ed utenti del
servizio sanitario, nonche' della stessa organizzazione sanitaria.
D'altra parte questa Corte ha avuto gia' occasione di affermare che
le innovazioni introdotte dall'art. 13, del decreto legislativo n.
229 del 1999 «realizzano una nuova organica disciplina dell'intera
materia» (sentenza n. 63 del 2000) e che le ulteriori modificazioni
introdotte dal decreto-legge n. 81 del 2004, quale convertito dalla
legge n. 138 del 2004, costituiscono rinnovato esercizio del potere
legislativo statale di determinazione dei principi fondamentali della
materia (sentenza n. 181 del 2006)".
L'individuazione dei soggetti ammessi allo svolgimento
dell'attivita' intra moenia certamente integra l'esercizio dell'opera
di equilibrato contemperamento tra attivita' istituzionale e libero
professionale la quale, a sua volta, costituisce manifestazione
dell'attivita' di ricognizione dei principi fondamentali in materia
di tutela della salute che la Costituzione riserva al legislatore
statale e che, necessariamente, devono essere uniformi per l'interno
territorio nazionale.
Infatti, la valutazione in merito alle categorie professionali
cui deve riconoscersi la possibilita' di svolgere libera attivita'
intramuraria non e' certo neutrale rispetto all'esposta esigenza di
conservazione di un equilibro fra le opposte istanze - libero
esercizio della professione ed esclusivita' del rapporto con il Ssn -
a sua volta strumentale alla tutela della salute, potendo, pertanto,
da detta valutazione derivare la prevalenza di un interesse in danno
dell'altro.
In proposito, va osservato come codesta Ecc.ma Corte abbia
affermato (sentenza 50/2007) che la disciplina in materia di
personale di cui al ruolo dei dirigenti sanitari ex legge n. 502/1992
riguardi "le caratteristiche fondamentali delle articolazioni locali
del Servizio sanitario nazionale quale disciplinato dalla
legislazione nazionale e che per questa parte vincola espressamente
le stesse Regioni a statuto speciale e le Province autonome".
Codesta Ecc.ma Corte ha, altresi', sostenuto che "la «facolta' di
scelta tra i due regimi di lavoro dei dirigenti sanitari (esclusivo e
non esclusivo)», e' essa stessa «espressione di un principio
fondamentale, volto a garantire una tendenziale uniformita' tra le
diverse legislazioni ed i sistemi sanitari delle Regioni e delle
Province autonome in ordine ad un profilo qualificante del rapporto
tra sanita' ed utenti. Ne consegue, pertanto, che e' destinata a
partecipare di questo stesso carattere di normativa di principio
anche quella volta ad assicurare che non resti priva di conseguenze,
in termini di concrete possibilita' di svolgimento dell'attivita'
libero professionale intramuraria, l'opzione compiuta dal sanitario
in favore del rapporto di lavoro esclusivo.»" - (sentenza 371/2008).
Se, pertanto, la disciplina del rapporto di lavoro dei dirigenti
sanitari e della facolta' di scelta degli stessi tra diversi regimi
di impiego integra la ricognizione, da parte del legislatore statale,
di principi fondamentali in tema di tutela della salute, ne consegue
come la stessa conclusione debba ritenersi anche rispetto alla ancora
piu' generale valutazione circa le categorie professionali in regime
di esclusivita' da ammettere all'esercizio dell'attivita' libero
professionale intra moenia.
Coerentemente con tale assetto, l'accesso del personale di cui
alla legge n. 251/2000 e' consentito dalla legislazione statale in
relazione alla sola intra moenia d'equipe.
Le norme di cui all'art. 1, comma 1, della legge regionale n.
6/2014 appaiono, pertanto, manifestamente illegittime in quanto,
permettendo l'esercizio di attivita' libero professionale intra
moenia da parte del personale di cui alla legge n. 251/2000,
disciplinano un profilo - quello soggettivo - attinente a principi
fondamentali, in tema di tutela della salute, la cui individuazione
e' invece costituzionalmente riservata al legislatore statale.
b) L'illegittimita' dell'art. 1, comma 1, della legge regionale
in epigrafe, e', altresi', evidente laddove si consideri che lo
stesso permette al personale sanitario non medico l'esercizio
dell'attivita' libero professionale anche "in forma intramuraria
allargata, presso le Aziende sanitarie locali, gli Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico IRCCS) e gli altri enti
equiparati".
Come si e' detto al precedente punto 1), l'art. 1, della legge n.
120/2007, modificata dal d.l. 158/2012, ha previsto che le Regioni
assumano le iniziative piu' idonee per assicurare gli interventi di
ristrutturazione edilizia degli spazi da destinarsi all'attivita'
libero professionale intramuraria.
Occorre sottolineare come il comma 2 stabilisca che l'adozione di
tali iniziative avvenga entro il 31 dicembre 2012 e che le Regioni
adottino le misure le misure idonee ad assicurare il definitivo
passaggio al regime ordinario del sistema dell'attivita'
libero-professionale intramuraria della dirigenza sanitaria e medica.
Le disposizioni legislative statali in commento hanno, pertanto,
previsto che le Regioni concorrano alla realizzazione di un organico
rnodello di esercizio della professione sanitaria intramuraria, in
base al quale sono le aziende sanitarie locali, le aziende
ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie nonche' i
policlinici universitari a gestione diretta e gli Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico ad individuare gli spazi da
destinarsi all'attivita' libero professionale intra moenia (comma 4).
Nella suddetta sede, il legislatore statale ha, inoltre, previsto
che, "ove ne sia adeguatamente dimostrata la necessita' e nel limite
delle risorse disponibili", le Regioni autorizzino le aziende
sanitarie ad acquisire, tramite acquisto o locazione, spazi da
destinarsi alla libera professione intramuraria presso strutture
sanitarie autorizzate non accreditate, nonche' tramite la stipula di
convenzioni con altri soggetti pubblici.
Si noti che i detti spazi, secondo il comma 4, dell'art. 1, della
legge n. 120/2007, debbano corrispondere a criteri di congruita' ed
idoneita' per l'esercizio della libera professione sanitaria.
Il legislatore statale ha, pertanto, previsto che siano le
strutture sanitarie a rendere possibile l'esercizio di attivita'
libero professionale intrarnuraria attraverso l'individuazione di
appositi spazi per l'erogazione di prestazioni in ordinario regime di
intra moenia, solo in via residuale - e previa autorizzazione da
parte della Regione - potendosi ricorrere alla locazione od
all'acquisto di spazi presso altre strutture sanitarie od altri
soggetti pubblici.
Al contrario, l'art. 1, comma 1, della legge regionale prevede
che il personale non medico eserciti attivita' intramuraria
"allargata" ad altre strutture sanitarie, diverse da quella di
appartenenza, contravvenendo all'organico modello configurato dal
legislatore statale nei suoi principi fondamentali.
In base alle prescrizioni dell'art. 1, della legge n. 120/2007,
infatti, e' la stessa struttura di appartenenza ad individuare gli
spazi da assegnarsi all'attivita' intra moenia ordinaria, senza che
si renda necessario il ricorso all'intra moenia "allargata" o
all'extra moenia.
L'art. 1, comma 1, della legge regionale in epigrafe contiene,
pertanto, disposizioni in palese contrasto con i principi
fondamentali stabiliti dalla legge statale in tema di tutela della
salute.
In proposito, codesta Ecc.ma Corte ha avuto modo di affermare che
"secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle materie di
competenza ripartita e' da ritenere vincolante anche ogni previsione
che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, «e' da considerare
per la finalita' perseguita, in "rapporto di coessenzialita' e di
necessaria integrazione" con le norme principio che connotano il
settore» (ex plurimis sentenza n. 437 del 2005). Con particolare
riferimento alla disciplina degli spazi per l'esercizio della
professione medica intramuraria che qui rileva, occorre ribadire che
e' destinata a partecipare di questo stesso carattere di normativa di
principio anche quella volta ad assicurare che non resti priva di
conseguenze, in termini di concrete possibilita' di svolgimento
dell'attivita' libero professionale intramuraria, l'opzione compiuta
dal sanitario in favore del rapporto di lavoro esclusivo" (sentenza
301/2013).
Anche in base a tali considerazioni, deve, pertanto, sostenersi
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge
regionale n. 6/2014 per violazione dei principi fondamentali in
materia di tutela della salute individuati dalla legge statale, ex
art. 117, comma 3 della Costituzione.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 3,
dell'art. 2 e dell'art. 3, della legge regionale n. 6/2014.
L'art. 1, commi 2 e 3, l'art. 2 e l'art. 3, della legge regionale
n. 6/2014 appaiono inscindibilmente connessi con l'art. 1, comma 1;
se ne eccepisce, pertanto, l'illegittimita' per i medesimi motivi di
cui ai precedenti punti 1) e 2).
Per tutte le esposte ragioni, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, ut supra rappresentato e difeso,
Conclude
Per l'accoglimento del presente ricorso e per la conseguente
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme della
legge regionale in esso denunciato.
Roma, 31 maggio 2014
L'Avvocato dello Stato: Diana Ranucci