Ricorso n. 37 dell'8 marzo 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 marzo 2010 , n. 37
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 marzo 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 14 del 7-4-2010)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro la provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Provincia pro-tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt. 20, comma 1, lett. a) e 45, comma 5, della legge provinciale 28 dicembre 2009, n. 19, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 10 febbraio 2010. Sul B.U.R. Trentino-Alto Adige 29 dicembre 2009, n. 19, e' stata pubblicata la legge provinciale 28 dicembre 2009, n. 19, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010-2012 della Provincia autonoma di Trento (legge finanziaria provinciale 2010)». Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni contenute negli artt. 20, comma 1, lett. a) e 45 comma 5; pertanto propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1 Cost. per i seguenti M o t i v i L'art. 20 («Modificazioni dell'articolo 3 della legge provinciale 28 marzo 2009, n. 2, in materia di aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP)») cosi' dispone: 1. All'art. 3 della legge provinciale n. 2 del 2009 sono apportate le seguenti modificazioni: a) nel comma 2 le parole: «per il» sono sostituite dalle seguenti: «fino al»; b) dopo il comma 3 e' inserito il seguente: «3-bis. Per le nuove iniziative produttive intraprese nel 2010 sul territorio provinciale da soggetti diversi da quelli indicati nell'art. 45, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, l'aliquota dell'IRAP e' determinata nella misura del 2,98 per cento. Non si considerano nuove iniziative produttive quelle derivanti da trasformazione, fusione o scissione, nonche' da altre operazioni che determinano la mera prosecuzione di un'attivita' gia' esercitata sul territorio provinciale. L'aliquota prevista da questo comma si applica per il primo anno d'imposta e per i due successivi.» 2. Alla copertura delle minori entrate relative all'applicazione di quest'articolo si provvede con le modalita' indicate nella tabella C. Per effetto di tali modifiche l'art. 3 della legge provinciale 28 marzo 2009, n. 9 cosi' recita (sono riportate in corsivo le novita' introdotte): «1. Per il periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore di questa legge e per quello successivo l'aliquota dell'IRAP, prevista dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali), e' fissata nella misura del 2,98 per cento. 2. L'aliquota IRAP determinata secondo quanto disposto dall'art. 6, comma 2, della legge provinciale 31 dicembre 2001, n. 11, e' prorogata [per il] fino al periodo d'imposta in corso al 1° gennaio dell'anno successivo a quello fissato dall'art. 1, comma 43, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dalle relative proroghe previste con legge statale. 3. Le riduzioni previste ai commi 1 e 2 non spettano per il periodo d'imposta in cui il contribuente sia incorso in provvedimenti di sospensione dell'attivita' imprenditoriale ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in conseguenza di violazioni in materia di contrasto del lavoro irregolare e di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. 3-bis. Per le nuove iniziative produttive intraprese nel 2010 sul territorio provinciale da soggetti diversi da quelli indicati nell'art. 45, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, l'aliquota dell'IRAP e' determinata nella misura del 2,98 per cento. Non si considerano nuove iniziative produttive quelle derivanti da trasformazione, fusione o scissione, nonche' da altre operazioni che determinano la mera prosecuzione di un'attivita' gia' esercitata sul territorio provinciale. L'aliquota prevista da questo comma si applica per il primo anno d'imposta e per i due successivi. 4. Alla copertura delle minori entrate relative all'applicazione di quest'articolo si provvede con le modalita' indicate nella tabella C.». In sostanza la nuova legge all'art. 20, comma 1, lettera a), nel precisare i limiti temporali di applicazione dell'imposta agli imprenditori agricoli e della piccola pesca, stabilisce che la relativa aliquota (gia' ridotta di un punto percentuale rispetto alla normativa statale di riferimento di cui all'art. 45, comma 1 del d.lgs. n. 446/1997) si applica sino al periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2011, ovvero all'anno successivo a quello fissato dall'art. 3, comma 43 della legge n. 244/2007 (corrispondente al 1° gennaio 2010 ex art. 42, comma 7, del d.l. n. 207/2008). Cio' premesso, e' opportuno precisare l'art. 3 della legge provinciale n. 2/2009 (sul cui comma 2 e' intervenuta la disposizione impugnata) e' gia' stato oggetto di ricorso (il relativo giudizio e' pendente davanti a codesta Corte con il n. 216/09 di r.g. con udienza fissata per il prossimo 13 aprile 2010), per i motivi di seguito riprodotti: «Per quanto concerne le disposizioni in tema di I.R.A.P. contenute nell'art. 3, comma 2, della legge in esame, occorre preliminarmente evidenziare che la Provincia non ha alcuna competenza statutaria (ne' esclusiva ne' integrativa) in materia tributaria, in guisa che la legittimita' costituzionale della norma deve essere valutata alla stregua delle regole sul riparto di funzioni legislative tra Stato e Regioni comunemente applicabili. Orbene, la riduzione di aliquota prevista dal citato art. 3, secondo comma, della legge provinciale in esame non e' conforme alla legislazione statale di riferimento, la quale consente alle Regioni di variare in aumento o in diminuzione, entro il limite dello 0,92 per cento, soltanto la misura dell'aliquota ordinaria, e non gia' la misura delle aliquote speciali stabilite nei confronti di particolari categorie di soggetti passivi. Ed invero, lo jus variandi riconosciuto alle Regioni dall'art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997, riguarda esclusivamente l'aliquota base stabilita dal comma 1 dello stesso articolo. La variazione di aliquote per particolari categorie di soggetti (tra cui rientrano anche gli imprenditori del settore agricolo (ai quali si riferisce la norma censurata) e' riservata al legislatore statale, ai sensi dell'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, in relazione a quanto disposto dall'art. 45, comma 1, dello stesso decreto. E' vero che il legislatore provinciale e' gia' intervenuto negli anni precedenti nella materia di cui sopra, riducendo l'aliquota per gli imprenditori che operano nel settore agricolo allo 0,9%, e che in quella occasione il Governo non ha proposto questione di legittimita' costituzionale; ma tale circostanza si giustificava perche', all'epoca, non esisteva una disposizione statale che prevedesse "a regime" un'aliquota fissa per gli imprenditori agricoli. Infatti a quel tempo il legislatore statale interveniva anno per anno, prevedendo di volta in volta una disciplina transitoria particolare, con riduzioni d'aliquota per questa categoria. In tale fase, anche i legislatori provinciali e regionali potevano, nei limiti della forbice stabilita dall'articolo 16 del d.lgs. n. 446/1997, intervenire in favore delle suddette categorie. Questo regime e' stato tuttavia modificato dall'art. 2, comma 1, della legge n. 203/2008 (legge finanziaria 2009), con il quale il legislatore statale ha posto fine al periodo transitorio ed ha determinato stabilmente, nella misura dell'1,9%, l'aliquota per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi. A tal punto deve ritenersi preclusa al legislatore regionale e provinciale la potesta' di derogare a tale previsione (adesso a regime) dell'ordinamento statale, perche' l'IRAP e' un'imposta istituita e disciplinata con legge dello Stato. Giova precisare, a tal riguardo, che la deroga introdotta dal legislatore provinciale, al di la' e al di fuori delle deroghe consentite dalla legge statale, non puo' essere giustificata per il fatto che il gettito dell'imposta e' devoluto alle Regioni o alle Province Autonome. Come ripetutamente affermato da codesta ecc.ma Corte costituzionale in numerose precedenti occasioni, devono considerarsi «tributi propri» delle Regioni i soli tributi autonomamente da esse istituiti con leggi proprie, e non pure quelli che - pur essendo devoluti a loro favore - siano istituiti e disciplinati con legge dello Stato (in tal senso, in via generale, Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37; Corte cost., 13 gennaio 2004, n. 29). In base a tale presupposto ed alla stregua dei criteri di coordinamento stabiliti dall'art. 119, secondo comma, Cost., deve ritenersi preclusa in via generale alle Regioni la possibilita' di incidere sulla disciplina sostanziale di queste ultime imposte, fatte salve le sole determinazioni che la legge statale espressamente attribuisca a quella regionale. In mancanza di deroghe espresse, dunque, la disciplina dei tributi statali rientra nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. (cfr., ex pluribus, Corte cost. 21 dicembre 2007, n. 451; Corte cost., 14 dicembre 2006, nn. 412 e 413; Corte cost., 23 dicembre 2005, n. 455). Questi principi sono stati ripetutamente affermati, in analoghe controversie, con specifico riferimento all'IRAP. Codesta ecc.ma Corte ha infatti ripetutamente statuito che "l'istituzione dell'IRAP con legge statale e l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, di competenze di carattere solo attuativo, rendono palese che l'imposta non puo' considerarsi un "tributo proprio della Regione", nel senso in cui oggi tale espressione e' adoperata dall'art. 119, secondo comma, Cost., dovendosi intendere il riferimento della norma ai soli tributi istituiti dalla Regione con legge propria" (Corte cost., 14 dicembre 2004, n. 381); con la conseguenza che devono ritenersi incostituzionali, perche' invasive della competenza esclusiva dello Stato in materia, le norme di leggi regionali che contengano disposizioni di carattere sostanziale inerenti a tale imposta (Cfr. Corte cost. n. 193 del 2007, n. 155 del 2006, Corte cost., n. 431 e n. 241 del 2004; Corte cost., nn. 296 e 297 del 2003). E' appena il caso di precisare che - al fine di valutare la legittimita' costituzionale della norma provinciale in esame - non assumono rilevanza le previsioni dell'art. 1, comma 43, legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), secondo cui "l'imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della Regione". La stessa norma ha sottoposto infatti la "regionalizzazione" al termine del 1° gennaio 2009 (termine poi prorogato al 1° gennaio 2010 dall'art. 42, settimo comma, del d.l. 3 dicembre 2008, n. 207, convertito, in legge dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) ed ha espressamente fissato a tale data la decorrenza del nuovo riparto delle potesta' legislative dello Stato e delle Regioni inerenti alla disciplina dell'imposta. Le conclusioni sulla illegittimita' della norma censurata non muterebbero neppure se si volesse prescindere dal problema dell'efficacia temporale dell'art. 1, comma 43, legge n. 244/2007, e si volesse valutare in via generale ed astratta la questione di costituzionalita' prospettata, in rapporto alle previsioni di quest'ultima disposizione. Il predetto art. 1, comma 43, legge n. 244/2007 non attribuisce, a regime, una potesta' legislativa illimitata alle Regioni in materia di IRAP, ma precisa che tali Enti "non possano modificare la base imponibile" e possano "modificare l'aliquota, le detrazioni e le deduzioni» o «introdurre speciali agevolazioni", nel rispetto dei "limiti stabiliti dalle leggi statali". Rimane dunque riservata allo Stato la potesta' di disciplinare la base imponibile e sussiste una limitata potesta' legislativa regionale, entro i limiti stabiliti dalla legge statale, nella determinazione delle aliquote, delle detrazioni e delle deduzioni, nonche' di eventuali agevolazioni. Da cio' consegue che non e' consentito attualmente alle Regioni introdurre modificazioni alla misura delle aliquote, perche' non e' stata ancora emanata la legge - cornice, nel cui ambito potra' esplicarsi tale potere modificativo. Per tutte queste ragioni la norma provinciale in esame, nel ridurre di un punto percentuale l'aliquota per i soggetti che operano nel settore agricolo, delle cooperative della piccola pesca e dei loro consorzi e nel mantenere tale riduzione fino al primo gennaio dell'anno successivo a quello fissato dall'art. 1, comma 43, della legge n. 244/2007, eccede la competenza statutaria provinciale di cui agli articoli 8 e 9 dello Statuto di autonomia e si pone in contrasto con l'art. 16, d.lgs. n. 446/1997 e conseguentemente viola l'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione in materia di sistema tributario». Per le medesime ragioni deve ritenersi illegittima anche la nuova disposizione contenente la proroga dell'aliquota agevolata fino a tutto il 2011, in quanto la Provincia non ha alcuna competenza statutaria (ne' esclusiva ne' integrativa) in materia tributaria e la riduzione prevista non risulta conforme alla legislazione statale di riferimento, la quale consente alle regioni di variare soltanto la misura dell'aliquota ordinaria e non gia' la misura delle aliquote speciali stabilite nei confronti di particolari categorie di soggetti passivi. Come ha precisato codesta Corte al riguardo «Va al riguardo considerato che l'IRAP e' stata istituita, ed e' interamente disciplinata, dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali). L'art. 15 del suddetto decreto legislativo (sotto la rubrica "Spettanza dell'imposta") individua come destinatarie del tributo le regioni "nel cui territorio il valore della produzione netta e' realizzato". Alle medesime regioni e' attribuita una limitata facolta' di variazione dell'aliquota (art. 16, comma 3) ed il potere di disciplinare, con legge, "nel rispetto dei principi in materia di imposte sul reddito e di quelli recati dal presente titolo, le procedure applicative dell'imposta" (art. 24, comma 1). La circostanza che l'imposta sia stata istituita con legge statale e che alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, siano espressamente attribuite competenze di carattere solo attuativo, rende palese che l'imposta stessa - nonostante la sua denominazione - non puo' considerarsi "tributo proprio della regione", nel senso in cui oggi tale espressione e' adoperata dall'art. 119, secondo comma, della Costituzione, essendo indubbio il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi del coordinamento con il sistema tributario statale» (sentenza 26 settembre 2003, n. 296, i cui principi sono stati ribaditi nella sentenza 14 luglio 2009, n. 216). Pertanto la disposizione impugnata nel mantenere la riduzione di aliquota fino al 2011 eccede dalla competenza statutaria provinciale di cui agli artt. 8 e 9 dello statuto di autonomia, si pone in contrasto con l'art. 16 del d.lgs. n. 446/1997 e, conseguentemente, viola l'art. 117, comma 2, lett. e) Cost. in materia di sistema tributario. L'art. 45 della legge provinciale n. 19/2009 (recante «Disposizioni in materia di realizzazione di lavori pubblici») cosi' dispone al comma 5: «Per i lavori pubblici i cui bandi e inviti sono stati pubblicati o, rispettivamente, inviati prima della data di entrata in vigore della legge provinciale 29 dicembre 2005, n. 20, trovano applicazione le disposizioni statali in materia di adeguamento dei prezzi». Cosi' disponendo la Provincia interviene in una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici, il cui art. 133 disciplina la materia dell'adeguamento prezzi). In forza del citato art. 4 infatti «Le regioni, nel rispetto dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture». In materia si e' di recente pronunciata codesta Corte evidenziando come la legislazione statale sul punto «possegga i caratteri sostanziali identificativi delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, al di la' della autoqualificazione effettuata dall'art. 1 della stessa legge n. 109 del 1994, secondo il quale «i principi desumibili dalle disposizioni» contenuti nella predetta legge «costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale» (v. sentenza n. 482 del 1995). E' indubbio, infatti, che l'istituto della revisione prezzi risponda ad un interesse unitario, afferendo a scelte legislative di carattere generale che implicano «valutazioni politiche e riflessi finanziari, che non tollerano discipline differenziate nel territorio» (sentenza n. 308 del 1993). Ne consegue che al legislatore statale, nella materia de qua, deve riconoscersi, nella regolamentazione del settore, il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria anche delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome (sentenza 28 dicembre 2007, n. 446; cfr. al riguardo anche la piu' recente sentenza 17 dicembre 2008, n. 411). Con la disposizione impugnata quindi il legislatore provinciale eccede dalla sua competenza di cui agli articoli 8 e 9 dello statuto di autonomia e viola una norma fondamentale dl riforma economico-sociale posta dalla disciplina statale di settore. Eccedendo dalla sua competenza di cui alle norme statutarie richiamate, la Provincia invade inoltre la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, violando l'art. 117, comma 2, lett. i) Cost.
P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli articoli artt. 20, comma l, lett. a) e 45, comma 5, della legge provinciale 28 dicembre 2009, n. 19, nelle parti e per i motivi illustrati nel presente ricorso. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 10 febbraio 2010. Roma, addi' 27 febbraio 2010 L'Avvocato dello Stato: De Bellis