Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in  cancelleria il 4 maggio 2011 (della Regione Liguria).

 

 (GU n. 23 del 1.6.2011)

 

    Ricorso della regione Liguria, in persona  del  presidente  della regione pro  tempore,  autorizzato  con  deliberazione  della  giunta regionale 21 aprile 2011, n. 418 (doc. 1),  rappresentata  e  difesa, come  da  procura  a  margine  del  presente  atto,  dall'avv.  prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi  di  Roma,  con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Luigi  Manzi,  in via Confalonieri n. 5;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma 2-quater del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante  proroga di termini previsti  da  disposizioni  legislative  e  di  interventi urgenti in materia tributaria e  di  sostegno  alle  imprese  e  alle famiglie, convertito in legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  26 febbraio 2011, n. 10 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2011,  n.  47,  supplemento  ordinario),  nella  parte  in  cui  esso inserisce nell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,  i  nuovi commi 5-quater e 5-quinquies, per violazione:

    dell'art. 3 della Costituzione, in quanto espressivo dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza;

    dell'art. 77 della Costituzione;

    dell'art. 117, secondo e terzo comma, della Costituzione;

    dell'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione;

    dell'art. 119 della Costituzione;

    degli artt. 121 e 123 della Costituzione;

    del principio di leale collaborazione,

nei modi e per i profili di seguito illustrati.

 

                                Fatto

 

    Con la legge 26 febbraio 2011, n.  10,  e'  stato  convertito  il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «Proroga  di  termini previsti da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in materia tributaria e  di  sostegno  alle  imprese  e  alle  famiglie» (cosiddetto «Decreto Milleproroghe»).

    Inopinatamente, nel corso della procedura di modifica sono  state inserite in esso disposizioni che nulla hanno a che fare con  il  suo oggetto originario, ne'  del  resto  con  l'oggetto  dello  specifico articolo nel quale sono state inserite.

    Infatti, nell'art.  2  del  decreto-legge,  intitolato  «Proroghe onerose di termini», e' stato inserito il comma 2-quater,  il  quale, tra l'altro, introduce nel testo dell'art. 5 della legge 24  febbraio 1992, n. 225, i nuovi commi 5-quater e 5- quinquies.

    Si tratta di disposizioni che non riguardano affatto le  proroghe di termini, e che invece  innovano  la  disciplina  della  protezione civile, ed in particolare il regime finanziario delle spese  relative agli eventi di cui all'art. 2, comma  1,  lettera  e),  della  stessa legge, cioe' agli eventi di maggiore  gravita',  che  debbono  essere affrontati «con mezzi e poteri straordinari».

    Conviene ricordare sin d'ora che il riconoscimento di tali eventi avviene  con  atto  del  Governo,  e  che  tale  riconoscimento   (la dichiarazione dello stato di emergenza) determina la competenza dello stesso Governo e dei commissari statali nominati sia in relazione  ai poteri di ordinanza necessari a fronteggiare  la  situazione  che  in relazione  agli   interventi   materiali   ed   operativi,   affidati primariamente agli organismi statali di protezione civile.

    In questo contesto, dispone ora il nuovo comma  5-quater  che  «a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza,  il  presidente della regione interessata dagli eventi di cui all'art.  2,  comma  1, lettera  c),  qualora  il  bilancio  della  regione  non   rechi   le disponibilita'  finanziarie  sufficienti  per  effettuare  le   spese conseguenti  all'emergenza  ovvero  per  la  copertura  degli   oneri conseguenti alla stessa, e' autorizzato a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente  legislazione,  dei  tributi, delle addizionali,  delle  aliquote  ovvero  delle  maggiorazioni  di aliquote attribuite alla regione, nonche' ad elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale  di  cui  all'art.  17,  comma  1,  del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, fino a  un  massimo  di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto  alla  misura  massima consentita».

    Cosi'  redatta,  la  disposizione  potrebbe  sembrare   meramente facoltizzante (anche se  cio',  come  si  dira',  non  ne  eviterebbe l'illegittimita' sotto diversi profili). Ma il suo  vero  significato viene chiarito dal comma 5-quinquies, pure introdotto  ex  novo,  che disciplina il  concorso  tra  il  finanziamento  regionale  e  quello statale.

    Dispone tale nuovo comma, per la parte che  qui  interessa,  che, «qualora le misure adottate ai sensi del  comma  5-quater  non  siano sufficienti, ovvero in tutti gli altri casi di eventi di cui al comma 5-quater di rilevanza  nazionale,  puo'  essere  disposto  l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile».

    Risulta dunque evidente che l'intervento finanziario dello  Stato attraverso  il   Fondo   nazionale   di   protezione   civile   viene giuridicamente limitato a due sole possibili circostanze, consistenti da un lato nella insufficienza delle  risorse  regionali,  nonostante l'attivazione  degli  aumenti  fiscali  di  cui  al  comma  5-quater, dall'altro,  in  alternativa,  nella  discrezionale  valutazione  del Governo (se non addirittura del solo  Ministro  dell'economia)  sulla «rilevanza nazionale» dell'emergenza.

    Il significato complessivo della disciplina  introdotta  dai  due nuovi commi consiste dunque nel porre a carico delle regioni  colpite i costi derivanti dalla calamita' che le ha  colpite,  tranne  quelli eccedenti il massimo sforzo fiscale che la regione e' «autorizzata» a compiere o quelli che il Governo discrezionalmente vorra' assumere.

    Ponendo a carico della regione  colpita  il  finanziamento  degli interventi  statali  di  protezione  civile,   e   condizionando   il finanziamento statale delle  relative  azioni  alle  circostanze  ora esposte, la disciplina posta dai nuovi commi 5-quater  e  5-quinquies dell'art. 5 della legge  n.  225  del  1992  risulta  lesiva  per  la ricorrente regione, e risulta altresi' costituzionalmente illegittima per violazione dei parametri indicati in epigrafe,  per  le  seguenti ragioni di

 

                               Diritto

 

Premessa. Il Servizio nazionale della protezione civile.

    Il  sistema  di  protezione  civile  e'   stato   originariamente delineato dalla legge n. 225 del 1992, che ha istituito  il  Servizio nazionale della protezione civile, ed ha stabilito  una  ripartizione di competenze tra lo Stato, le regioni e gli enti locali basata sulla distinzione di tre diversi tipi di eventi avversi.

    L'art. 2, comma 1, della legge distingue infatti tra:

    a) eventi naturali  o  connessi  con  l'attivita'  dell'uomo  che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

    b) eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo  che  per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di  piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

    c)  calamita'  naturali,  catastrofi  o  altri  eventi  che,  per intensita' ed estensione, debbono essere  fronteggiati  con  mezzi  e poteri straordinari.

    Sin  dall'inizio  la  legge  prevedeva  (art.  12)  significativi compiti delle regioni nell'attivita' di  protezione  civile,  e  tali compiti sono stati  successivamente  ridefiniti  ed  estesi  con  gli articoli da 107 a 109 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e

con il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343  (recante  disposizioni urgenti per assicurare il  coordinamento  operativo  delle  strutture preposte alle attivita' di protezione  civile  e  per  migliorare  le strutture logistiche nel settore della  difesa  civile),  convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 2001, n. 401.

    Tuttavia, per quanto riguarda gli eventi di cui alla sopra citata lettera c), tutte le funzioni fondamentali sono state sin dall'inizio assunte dallo Stato, e sono  rimaste  di  sua  competenza  anche  nei successivi sviluppi.

    Infatti l'art. 107 del decreto  n.  112  del  1998  riserva  alla competenza statale,  come  compiti  di  «rilievo  nazionale»,  quelli relativi, tra l'altro:

    a) all'indirizzo,  promozione  e  coordinamento  delle  attivita' delle amministrazioni dello  Stato,  centrali  e  periferiche,  delle regioni, delle province, dei comuni, delle comunita'  montane,  degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul  territorio  nazionale in materia di protezione civile;

    b) alla deliberazione e alla  revoca,  d'intesa  con  le  regioni interessate, dello stato di emergenza al verificarsi degli eventi  di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225;

    c) alla emanazione,  d'intesa  con  le  regioni  interessate,  di ordinanze per l'attuazione di interventi di  emergenza,  per  evitare situazioni di pericolo, o maggiori danni a  persone  o  a  cose,  per favorire il ritorno  alle  normali  condizioni  di  vita  nelle  aree colpite  da  eventi  calamitosi  e  nelle  quali  e'  intervenuta  la dichiarazione di stato di emergenza di cui alla lettera b);

    d) alla determinazione dei criteri di massima di cui all'art.  8, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;

    e)  alla  fissazione  di  norme  generali  di  sicurezza  per  le attivita' industriali, civili e commerciali;

    f) alle funzione operative riguardanti:

    1) gli  indirizzi  per  la  predisposizione  e  l'attuazione  dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio;

    2) la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti  locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi  calamitosi  di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione;

    3) il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e  lo  spegnimento degli  incendi  e  lo  spegnimento  con  mezzi  aerei  degli  incendi boschivi;

    4) lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative  ai  piani nazionali di emergenza;

    g) la promozione di studi sulla previsione e la  prevenzione  dei rischi naturali ed antropici;

    h) alla dichiarazione dell'esistenza di eccezionale  calamita'  o avversita' atmosferica, ivi compresa l'individuazione, sulla base  di quella effettuata dalle regioni, dei territori  danneggiati  e  delle

provvidenze di cui alla legge 14 febbraio 1992, n. 185».

    Lo Stato esercita, dunque, per gli eventi che richiedono  risorse e poteri straordinari, le funzioni di riconoscimento,  coordinamento, disciplina ed intervento, anche attraverso i prefetti  e  le  proprie strutture facenti parte del Servizio nazionale (crf. artt.  11  e  14 legge n. 225/1992) ed in collaborazione con tutte  le  organizzazioni non statali facenti parte dello stesso servizio,  nonche'  -  per  la loro parte - con le regioni e gli enti locali (artt. 12, 13 e 15).

    Quanto  all'aspetto  finanziario,  prima  dell'intervento   delle disposizioni  qui  contestate  era  del  tutto  ovvio  che  le  spese straordinarie, incluse ovviamente quelle relative  ai  costi  diretti degli interventi statali, facevano  capo  al  Fondo  nazionale  della protezione civile disciplinato dall'art. 19 della legge base.

    Si noti che la riforma operata dalla legge  costituzionale  n.  3 del 2001 (art. 117, terzo comma,  della  Costituzione)  ha  posto  la protezione civile tra le materie di potesta'  legislativa  regionale, con   concorrente   potere   legislativo   statale   limitato    alla determinazione dei principi fondamentali.

    In  questo  modo  la  modifica  costituzionale  ha  dato   sicuro fondamento  ai  poteri  che  gia'  prima  la   legislazione   statale attribuiva  alle  regioni,   ed   impone   ora   di   modificare   la qualificazione giuridica dei poteri legislativi ed amministrativi che la legislazione  attribuisce  allo  Stato,  ulteriori  rispetto  alla determinazione dei principi fondamentali. Infatti tali poteri possono ormai giustificarsi solo in forza della «chiamata in sussidiarieta'»,

con la conseguenza che l'intera loro gestione deve ritenersi soggetta al principio di leale collaborazione.

    La modifica della  Costituzione  non  ha  tuttavia  sino  ad  ora portato a significative modifiche nella  legislazione  ordinaria  che disciplina il Servizio nazionale di protezione civile:  nella  quale, come sopra illustrato, l'individuazione e la gestione degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c) della  legge  n.  225  del  1992, cioe' delle «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi  che,  per intensita' ed estensione, debbono essere  fronteggiati  con  mezzi  e poteri straordinari», sono e rimangono di competenza statale.

    In particolare, la deliberazione del Consiglio dei  ministri  con la quale tali eventi vengono riconosciuti (d'intesa con  la  regione) attiva ampli poteri di ordinanza  «in  deroga  ad  ogni  disposizione vigente» e solo «nel rispetto dei principi generali  dell'ordinamento giuridico» in capo agli organi statali di governo o dei commissari da essi delegati (art. 5, commi 2, 3 e 4).

    Il carattere (esclusivamente) statale di  tali  poteri  e'  stato confermato da codesta Corte costituzionale anche nel vigore del nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione,  con  decisioni  che hanno sottolineato  che  la  legislazione  vigente  esclude  «che  il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale» (sentenza  n. 82 del 2006, punto 3.2 in diritto, e in termini praticamente identici sentenza n. 284 del 2006).

    All'interno di questo quadro potranno essere meglio percepite, ad avviso della ricorrente regione, le diverse ragioni di illegittimita' costituzionale delle disposizioni qui impugnate.

1. Illegittimita' costituzionale  delle  disposizioni  impugnate  per essere state approvate con la procedura della  legge  di  conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, essendo invece totalmente estranee ad esso, nonche' per radicale assenza di necessita' ed  urgenza,  con conseguente   violazione   dell'art.   77,   comma   secondo,   della Costituzione.

    Come anticipato in narrativa, le disposizioni qui contestate  non soltanto non erano contenute nel decreto-legge n. 225  del  2010,  ma sono del tutto estranee al suo oggetto originario.

    Ne e'  riprova  l'inserimento  delle  disposizioni  nell'art.  2, dedicato alle «proroghe onerose», tema con cui non  ha  nulla  a  che fare la disciplina  qui  contestata.  D'altronde,  l'art.  1  era  e' dedicato alle «proroghe non onerose», mentre  l'art.  3  del  decreto originario riguardava la copertura finanziaria e l'art. 4 -  l'ultimo

- l'entrata in  vigore.  La  struttura  semplice  del  decreto  e  la distribuzione della materia rivelano l'assoluta estraneita'  ad  essa di una nuova disciplina delle fonti di finanziamento delle  attivita' di protezione civile in caso di emergenza da fronteggiare con risorse e mezzi straordinari.

    L'introduzione di tali disposizioni nel testo  del  decreto-legge non ha dunque alcuna giustificazione e puo' spiegarsi soltanto con il desiderio di avvalersi della corsia preferenziale rappresentata dalla legge di conversione del decreto-legge. Cio' tuttavia si  traduce  in

una violazione della Costituzione, ed in  particolare  dell'art.  77, comma secondo.

    Infatti, la legge di conversione ha contenuto tipico e vincolato, consistente   appunto   nella   conversione   di    un    determinato decreto-legge. Essa non puo' essere utilizzata  come  un  contenitore idoneo  a  trasportare  qualunque  disposizione  di  cui  si   voglia agevolare l'iter, sottraendola all'ordinaria procedura legislativa.

    Inoltre, le disposizioni impugnate  sono  palesemente  sprovviste dei requisiti di necessita' ed urgenza che - soli -  ne  giustificano l'emanazione mediante decreto-legge.

    Infatti,  la  disciplina  non  si  riferisce  ad  alcuna  urgenza specifica, ne' del resto si  accenna  in  alcun  luogo  a  specifiche ragioni che rendessero urgenti le nuove disposizioni.

    Che non vi fosse urgenza alcuna e' confermato anche  dalla  bozza di indirizzi per lo svolgimento delle  attivita'  propedeutiche  alle deliberazioni  del  Consiglio  dei  Ministri  da  adottare  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e  per  la

predisposizione ed attuazione delle  ordinanze  di  cui  all'art.  5, commi 2 e 3 della  legge  24  febbraio  1992,  n.  225,  nonche'  per l'attuazione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225,  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, la  quale  ha invece il tipico andamento della circolare  esplicativa  che  per  il

futuro punto per punto illustra (e, come  si  dira',  interpreta)  il contenuto della disciplina da applicare.

    Dunque, si tratta soltanto del  mutamento  del  quadro  normativo relativo al finanziamento delle attivita' di  protezione  civile  che richiedono   risorse   e   mezzi   straordinari,   attuato   mediante l'inappropriata  procedura  della  (legge   di   conversione   della) decretazione d'urgenza.

    Anche in questo caso vi e' dunque violazione dell'art. 77,  comma secondo, della Costituzione.

    Trattandosi di intervento nella materia di  potesta'  concorrente «protezione  civile»  di  cui  all'art.  117,  comma   terzo,   della Costituzione, che prevede oneri a carico delle regioni, l'alterazione delle regole proprie  della  legislazione  statale  e  l'abuso  della (legge di conversione del) decreto-legge si traduce  in  una  lesione

delle  prerogative  costituzionali  della  regione,   che   essa   e' legittimata a denunciare ai sensi dell'art. 127, comma secondo, della Costituzione: cio' sia perche' cosi'  facendo  lo  Stato  vincola  le regioni e rende deteriore la loro posizione utilizzando uno strumento improprio,  che  la  Costituzione  ammette  per  esigenze  del  tutto diverse, sia  perche'  l'approvazione  di  una  nuova  disciplina  «a regime» attraverso la corsia accelerata della  legge  di  conversione pregiudica la possibilita' per le regioni di  far  presenti  le  loro esigenze nel procedimento legislativo.

    E' ben nota  la  giurisprudenza  di  codesta  Corte  che  ammette l'invocazione di parametri esterni al titolo V, qualora la violazione di essi si traduca in  lesione  delle  competenze  costituzionalmente garantite (v., ad es., la sent. n.  116/2006,  secondo  la  quale  le regioni «possono far valere il  contrasto  con  nonne  costituzionali diverse da quelle attributive di competenza legislativa  soltanto  se esso  si  risolva  in  una  esclusione  o  limitazione   dei   poteri regionali»). La giurisprudenza costituzionale conosce  ormai  diversi casi  in  cui  leggi  statali  sono  state  censurate  in  quanto  la compressione  di  prerogative  regionali   avveniva   attraverso   la violazione  di  norme  esterne  al  titolo  V  (casi  di  lesione  di competenza c.d. indiretta): v, ad es.,  le  sentt.  n.  503/2000,  n. 206/2001 (punti 15, 16 e 34 del diritto), n.  110/2001,  n.  303/2003 (punto 35 del diritto), n. 280/2004 (punto 5), n. 355/1993 (punti 4 e 12), n. 87/1996, n. 338/1994 (punti 5 e 6), n. 412/2001, n. 302/1988, n. 6/2004 (punto 3), n. 196/2004 (punto 18).

    Del  resto,  un   cittadino   «toccato»   da   un   provvedimento amministrativo puo' far valere qualsiasi violazione di legge,  e  non solo la violazione delle norme che  specificamente  lo  garantiscono, perche' la p.a. puo' incidere sui suoi interessi solo nel rispetto di tutte le norme che ne regolano l'azione: non si vede, allora, perche'

gli interessi delle regioni e  le  norme  costituzionali  procedurali debbano ricevere minore tutela.

    Si tenga poi presente che e' ormai  pacifica  -  dopo  le  sentt. 171/2007 e 128/2008 - la possibilita' per la Corte costituzionale  di annullare un decreto-legge per difetto dei presupposti di  necessita' e  urgenza:  negare  la  possibilita'  di  un'impugnazione   in   via principale fondata sull'art. 77 Cost. significherebbe  far  permanere

nell'ordinamento una disciplina incostituzionale, censurabile in  via incidentale, con effetti negativi per la certezza del diritto:  anche per questo motivo le regioni sono legittimate ad invocare  l'art.  77 Cost., qualora il decreto-legge incida su materie regionali.

2. Illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni  impugnate  in quanto esse determinano il finanziamento a carico  delle  regioni  di attivita' di competenza statale, in violazione dell'art.  119,  commi primo, quarto e quinto, della Costituzione.

    Nella parte narrativa del presente ricorso e'  stato  esposto  il riparto  di  competenze  stabilito  dalla  legislazione  statale  nel servizio della protezione civile, ed  in  particolare  la  competenza statale sia nelle decisioni relative agli eventi  che  richiedono  di essere affrontati con mezzi e poteri straordinari, sia nella concreta gestione delle emergenze determinate da tali eventi.

    Le nuove disposizioni, qui contestate, non modificano minimamente tale quadro: non diminuiscono il ruolo  statale,  non  affidano  alle regioni maggiori responsabilita' e poteri. Esse mantengono allo Stato tutte le sue competenze ma, bizzarramente, vorrebbero invece porre il costo degli  interventi  a  carico  della  regione  o  delle  regioni colpite, illegittimamente spezzando il nesso tra risorse e funzioni.

    Infatti, nonostante il tenore letterale del nuovo comma 5-quater, secondo il quale dopo la dichiarazione dello stato di  emergenza,  il presidente della regione interessata dagli eventi di cui all'art.  2, comma 1, lettera c), «e'  autorizzato  a  deliberare  aumenti»  sopra descritti, la connessione con il successivo comma 5-quinquies -  pure impugnato - rivela che si tratta invece di un atto dovuto, in assenza del quale non vi sarebbe alcuna risorsa finanziaria  disponibile  per affrontare l'emergenza: la  regione  infatti  non  disporrebbe  delle risorse, e lo Stato non sarebbe neppure abilitato  ad  utilizzare  il Fondo nazionale per la protezione civile, se  non  per  emergenze  di «rilievo nazionale».

    Che cosi' stiano le cose,  del  resto,  lo  dice  apertamente  il documento di indirizzi elaborato dalla Presidenza del  Consiglio  dei Ministri (doc. 2), il quale testualmente afferma - come si  e'  fatto qui - che dalla combinazione delle due disposizioni si «ricava in via interpretativa» che «per la singola regione interessata  (ovvero  per le regioni interessate) le iniziative di cui alle precedenti  lettere a)-c)» dello stesso atto di indirizzo -  cioe'  proprio  gli  aumenti fiscali in questione - «costituiscano un vero e proprio onere, e  non piuttosto  una  mera  facolta'  lasciata   alla   libera   iniziativa discrezionale della regione»  (pag.  7).  Dunque,  puo'  considerarsi acquisito  che,  secondo  la  nuova  disciplina,   subito   dopo   la dichiarazione dello stato  di  emergenza  da  parte  del  Governo  il presidente della regione e' tenuto a deliberare gli aumenti  fiscali, e  che  ove  non  lo  facesse  non  vi  sarebbe  risorsa  alcuna  per fronteggiare l'emergenza,  non  potendo  essere  utilizzato  (per  le emergenze non  di  «rilievo  nazionale»)  il  Fondo  nazionale  della protezione civile se non ad integrazione  dell'insufficiente  gettito fiscale dei nuovi tributi.

    Quanto alla circostanza che le maggiori risorse  fiscali  che  la regione colpita dovrebbe richiedere alla  propria  popolazione  siano destinate anche ed in primo luogo a coprire  le  spese  degli  organi dello  Stato,  essa  risulta  in  primo  luogo  dalla  lettera  delle disposizioni qui impugnate, in cui si  parla  di  «spese  conseguenti all'emergenza ovvero per la copertura degli  oneri  conseguenti  alla stessa» (comma 5-quater), ed e' confermato dalla  bozza  di  atto  di indirizzo sopra citata, nella quale testualmente si afferma (pag.  8) che  «le  risorse  complessivamente  individuate   per   far   fronte all'emergenza»  -  cioe'  quelle  derivanti  dagli  aumenti  fiscali, integrate in caso di insufficienza  dal  Fondo  protezione  civile  - «dovranno essere destinate anche al  ristoro  degli  oneri  derivanti dall'attivazione o dall'impiego delle componenti  e  delle  strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile».

    La  bizzarria  della  situazione  e'   accentuata   dalla   nuova disposizione inserita nell'art. 5, comma 2,  legge  n.  225/1992,  ad opera dell'art. 2, comma 2-quinquies, decreto-legge n. 225/2010:  «Le ordinanze sono emanate di concerto,  relativamente  agli  aspetti  di carattere  finanziario,  con  il  Ministro  dell'economia   e   delle finanze». Gli interventi devono essere pagati  dalla  regione  ma  le ordinanze vanno assunte di concerto con il Ministro dell'economia!

    La pretesa di far finanziare dalla  regione  colpita  l'esercizio dei compiti statali in materia di protezione  civile  viola  in  modo palese  l'autonomia   finanziaria   regionale,   quale   disciplinata dall'art. 119 della Costituzione.

    Questo dispone in primo luogo - come e' ben noto - che «i comuni, le province, le citta' metropolitane e  le  regioni  hanno  autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma). Gia' l'autonomia di entrata e' contraddetta da una normativa che da un  lato  obbliga  la regione ad introdurre determinati aumenti dei tributi da  riscuotere.

Ancor piu' e' contraddetta l'autonomia di spesa da  una  disposizione che obbliga la regione a utilizzare le proprie entrate  a  favore  di organismi statali per l'esercizio  dei  loro  compiti  istituzionali, corrispondenti ad una specifica competenza statale.

    Risulta poi violato il comma quarto, secondo il quale le  risorse proprie delle regioni (quelle tributarie e quelle derivanti dal fondo perequativo,  di  cui  rispettivamente  ai  commi  secondo  e  terzo) «consentono ai comuni, alle province,  alle  citta'  metropolitane  e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni  pubbliche  loro attribuite». E' infatti evidente in questa disposizione il necessario legame - del resto ovvio -  tra  le  proprie  entrate  e  le  proprie funzioni, ed il connesso divieto di distogliere le entrate  regionali per il finanziamento di funzioni statali.

    In altre parole,  nulla  vieta  allo  Stato  di  attribuire  alle regioni maggiori compiti e maggiori  responsabilita'  in  materia  di protezione civile, chiamando esse ad intervenire e a  decidere  anche nei  casi  che  non  abbiano  «rilievo  nazionale»  ma  che  comunque richiedano di essere affrontati con mezzi e poteri  straordinari  (si tratta appunto dei  casi  prefigurati  dai  nuovi  commi  5-quater  e 5-quinquies),  assegnando  alle  regioni   i   relativi   compiti   e responsabilita', e dotandole dei mezzi finanziari per farvi fronte, o dei poteri necessari per procurarsi tali mezzi. Ma non puo' invece lo Stato mantenere a se stesso le relative responsabilita', decisioni  e funzioni e «mandare il conto» alle regioni.

    Risulta infine contraddetto anche il comma quinto dell'art.  119, il quale prevede esattamente il contrario di  quanto  disposto  dalle disposizioni contestate, disponendo che, affinche' le regioni possano «provvedere  a  scopi  diversi  dal  normale  esercizio  delle   loro funzioni» - come  nel  caso  delle  necessita'  derivanti  da  eventi calamitosi - sia lo Stato a destinare risorse aggiuntive,  mentre  la normativa qui contestata chiede invece proprio alle  regioni  colpite di destinare «risorse aggiuntive» in favore di  organi  ed  attivita' statali.

    L'art. 119, comma 5,  e'  violato  anche  sotto  il  profilo  del principio di solidarieta' (ricavabile anche nell'art.  2  Cost.),  in quanto le spese derivanti dalla calamita' non vengono  ripartite  tra la comunita' nazionale ma vengono addossate solo alla regione colpita e proprio ad essa, cioe'  ad  un  ente  e  ad  una  popolazione  gia' indeboliti dall'evento dannoso.

3. Violazione dell'art. 118, primo comma,  in  quanto  definanzia  le funzioni amministrative spettanti allo Stato in forza  del  principio di sussidiarieta'. Violazione dell'art. 3  in  quanto,  per  funzioni assunte dallo Stato, impone oneri ai contribuenti di una  sola  o  di determinate regioni, ad esclusione  di  ogni  altra.  Violazione  del

principio di ragionevolezza.

    Secondo l'art. 118, comma 1, lo Stato puo' attribuire a se stesso funzioni che richiedano l'esercizio unitario per l'intero  territorio nazionale.

    E' implicito in tale disposizione che i relativi oneri  economici debbono pure essere assunti dallo Stato. Sarebbe infatti assurdo  che funzioni che il principio di unita' della Repubblica  richiede  siano esercitate dallo  Stato  non  trovassero  poi  nel  bilancio  statale apposita copertura finanziaria.

    E' violato altresi' il principio di uguaglianza di  cui  all'art. 3, comma primo, della Costituzione, in quanto di fronte all'esercizio di competenze dello  Stato,  da  questo  assunte  in  attuazione  del principio unitario, non puo' essere giustificata  la  discriminazione dei contribuenti su base territoriale.

    Infatti, mentre puo' essere normale che  i  contribuenti  di  una regione siano chiamati a coprire mediante il  pagamento  di  apposite imposte le spese che quella regione incontra  per  l'esercizio  delle proprie funzioni e per far fronte alle proprie  responsabilita',  una volta che lo Stato assuma su di se' le funzioni, non si vede su quale fondamento  i  contribuenti  della  regione  colpita  possano  essere chiamati ad un  dovere  fiscale  piu'  elevato  rispetto  agli  altri cittadini.

    Per la parte di contribuenti  regionali  che  siano  essi  stessi colpiti dall'evento straordinario la norma che fiscalmente li punisce risulta doppiamente iniqua, dal momento che  essi  dovrebbero  semmai beneficiare della solidarieta' dei contribuenti non colpiti.

    Ma anche in relazione ai cittadini della regione  che  non  siano stati colpiti dall'evento straordinario, non vi e' alcuna ragione che possa indurre ragionevolmente a porre  a  loro  carico  uno  speciale onere fiscale, una volta che il compito del  soccorso  venga  assunto dallo Stato quale rappresentante della comunita' nazionale.

    Infine - per questo punto  -  il  nuovo  comma  5-quater  risulta irragionevole anche in quanto pretende di  far  fronte  a  costi  che debbono essere coperti mediante  entrate  immediatamente  disponibili attraverso misure che sono invece incerte nel risultato e comunque in grado di produrre i propri effetti solo in un periodo medio o lungo.

    La regione e' legittimata a  denunciare  sia  la  violazione  del principio di eguaglianza che quella del principio di  ragionevolezza, in quanto le norme censurate impongono manovre tributare alla regione e incidono negativamente sui cittadini regionali.

4.  Violazione  della  Costituzione   e   dell'autonomia   statutaria regionale per diretta individuazione dell'organo regionale competente a determinare gli aumenti fiscali. Violazione della Costituzione  per violazione della competenza legislativa del consiglio regionale.

    Come sopra esposto, il nuovo comma 5-quater della  legge  n.  225 del 1992, introdotto dalla impugnata legge n. 10  del  2011,  prevede che a  seguito  della  dichiarazione  dello  stato  di  emergenza  il presidente della regione sia «autorizzato a  deliberare  aumenti»  di

carattere fiscale.

    Si e' visto sopra come la  terminologia  dell'autorizzazione  sia fuorviante, trattandosi  piuttosto  di  un  obbligo.  Ma,  mentre  lo obbliga, al tempo stesso  la  norma  statale  da'  al  presidente  un potere, che esso non ha nel quadro del riparto di competenze tra  gli organi regionali.

    E' chiaro infatti che, sia in forza del principio di legalita' di cui all'art. 23 Cost., sia in forza del riparto di competenze tra gli organi regionali  stabilito  dall'art.  121,  comma  secondo,  Cost., spetta al consiglio regionale  di  deliberare  con  legge  i  tributi regionali e la loro disciplina.

    Inoltre e' ovvio, anche ove l'allocazione della  competenza  alla deliberazione delle maggiorazioni fiscali  non  fosse  predeterminata dalla Costituzione - e dunque nella misura in cui non lo sia - che la precisazione di tale competenza non spetta dalla  legislazione  dello Stato, ma all'autonomia statutaria  di  ciascuna  regione  (v.  sent.

407/1989).

    Dunque, la disposizione di cui al  comma  4-quater,  individuando nel presidente l'organo  competente,  viola  sia  l'art.  121,  comma secondo, della Costituzione (nella parte in  cui  questo  assegna  al consiglio regionale l'esercizio delle potesta' legislative attribuite alla regione), sia l'autonomia statutaria di cui all'art. 123,  comma primo, della Costituzione. Si noti che il vero  effetto  della  norma impugnata e' proprio quello di conferire il potere  in  questione  al presidente, dato che, dal punto di vista sostanziale, il nuovo  comma 5-quater autorizza «aumenti, sino al limite massimo consentito  dalla

vigente  legislazione»  (tranne  per  quel  che  riguarda   l'imposta relativa alla benzina), per cui non  c'e'  un  vero  ampliamento  del potere impositivo.

5.  In  subordine.  Illegittimita'  costituzionale  del  nuovo  comma 5-quinquies della legge n. 225 del  1992,  nella  parte  in  cui  non prevede  la  partecipazione  delle  regioni  alla  valutazione  della «rilevanza nazionale» dell'evento, in  violazione  del  principio  di

leale collaborazione.

    Come sopra illustrato, le nuove  disposizioni  impongono  che  le spese degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225 del 1992 siano a carico della regione o delle regioni colpite, e che la finanza statale intervenga solo in via sussidiaria, ove  non

siano sufficienti le risorse regionali derivanti dalle  maggiorazioni fiscali oppure in caso di eventi di «rilevanza nazionale».

    Si sono altresi' sopra illustrate le ragioni per le quali  questo meccanismo di «federalismo fiscale alla rovescia», per  il  quale  le regioni pagano per le responsabilita' statali, sia costituzionalmente illegittimo.

    Tuttavia,  ove  codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale   dovesse ritenere  legittimo  che  le   operazioni   statali   di   intervento straordinario di protezione civile debbano essere finanziate  con  la maggiore  contribuzione  fiscale  della  popolazione  delle   regioni colpite, ne risulterebbe un sistema nel quale tale contribuzione puo' essere evitata soltanto mediante la determinazione che si  tratti  di una emergenza di «rilievo nazionale».

    Rispetto a tale  determinazione,  esiste  un  evidente  interesse della regione o delle regioni colpite, ma esiste anche  un  non  meno evidente  interesse  dell'insieme   delle   regioni,   sia   per   la determinazione  dei  criteri  relativi  a  tale  decisione,  sia  per l'assunzione  delle  singole  decisioni:  i  primi  infatti  sono  di interesse per tutte le regioni, in quanto potenziali destinatarie  di corrispondenti determinazioni, le  seconde  sono  pure  di  interesse delle  regioni  in  quanto  va  assicurata  la  condivisione   e   la correttezza nell'uso del Fondo nazionale.

    Si ricorda, tra l'altro, che le funzioni  amministrative  statali nella  materia   sono   assunte   in   forza   della   «chiamata   in sussidiarieta'».

    Al  contrario,  la  legge  non  contiene  procedura  alcuna   per l'assunzione della decisione circa il rilievo nazionale  dell'evento, implicitamente  attribuendone  la  competenza  al  Governo,  se   non addirittura ai singoli Ministri responsabili del Fondo.

    Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione,  nella parte in cui non prevede la  partecipazione  al  tale  decisione  sia della Conferenza Stato-regioni che delle regioni  sulle  quali  -  in caso di  mancato  riconoscimento  del  rilievo  nazionale  -  incombe l'onere della maggiorazione fiscale.

 

                               P.Q.M.

 

    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dei nuovi commi  5-quater e 5-quinquies, introdotti nell'art. 5 della legge 24  febbraio  1992, n. 225, dall'art. 2, comma 2-quater, del  decreto-legge  29  dicembre 2010, n. 225, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge  26 febbraio 2011, n. 10, e dunque dello stesso art. 2, comma 2-quater di tale legge (in quanto introduce i nuovi commi qui contestati),  nelle parti e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

      Padova-Roma, addi' 6 aprile 2011

 

          Prof. Avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

 

    1) Deliberazione della giunta regionale  n.  418  del  21  aprile 2011.

    2) Bozza di determinazione della  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri  recante  indirizzi  per  lo  svolgimento  delle   attivita' propedeutiche  alle  deliberazioni  del  Consiglio  dei  Ministri  da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e per la predisposizione ed attuazione delle ordinanze di  cui all'art. 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonche' per  l'attuazione  del  decreto-legge  29  dicembre  2010,  n.   225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.  

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