Ricorso n. 38 del 4 maggio 2011 (Regione Liguria)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 maggio 2011 (della Regione Liguria).
(GU n. 23 del 1.6.2011)
Ricorso della regione Liguria, in persona del presidente della regione pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale 21 aprile 2011, n. 418 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in via Confalonieri n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-quater del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2011, n. 47, supplemento ordinario), nella parte in cui esso inserisce nell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, i nuovi commi 5-quater e 5-quinquies, per violazione:
dell'art. 3 della Costituzione, in quanto espressivo dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza;
dell'art. 77 della Costituzione;
dell'art. 117, secondo e terzo comma, della Costituzione;
dell'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione;
dell'art. 119 della Costituzione;
degli artt. 121 e 123 della Costituzione;
del principio di leale collaborazione,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.
Fatto
Con la legge 26 febbraio 2011, n. 10, e' stato convertito il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» (cosiddetto «Decreto Milleproroghe»).
Inopinatamente, nel corso della procedura di modifica sono state inserite in esso disposizioni che nulla hanno a che fare con il suo oggetto originario, ne' del resto con l'oggetto dello specifico articolo nel quale sono state inserite.
Infatti, nell'art. 2 del decreto-legge, intitolato «Proroghe onerose di termini», e' stato inserito il comma 2-quater, il quale, tra l'altro, introduce nel testo dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, i nuovi commi 5-quater e 5- quinquies.
Si tratta di disposizioni che non riguardano affatto le proroghe di termini, e che invece innovano la disciplina della protezione civile, ed in particolare il regime finanziario delle spese relative agli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera e), della stessa legge, cioe' agli eventi di maggiore gravita', che debbono essere affrontati «con mezzi e poteri straordinari».
Conviene ricordare sin d'ora che il riconoscimento di tali eventi avviene con atto del Governo, e che tale riconoscimento (la dichiarazione dello stato di emergenza) determina la competenza dello stesso Governo e dei commissari statali nominati sia in relazione ai poteri di ordinanza necessari a fronteggiare la situazione che in relazione agli interventi materiali ed operativi, affidati primariamente agli organismi statali di protezione civile.
In questo contesto, dispone ora il nuovo comma 5-quater che «a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il presidente della regione interessata dagli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), qualora il bilancio della regione non rechi le disponibilita' finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti all'emergenza ovvero per la copertura degli oneri conseguenti alla stessa, e' autorizzato a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, nonche' ad elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale di cui all'art. 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita».
Cosi' redatta, la disposizione potrebbe sembrare meramente facoltizzante (anche se cio', come si dira', non ne eviterebbe l'illegittimita' sotto diversi profili). Ma il suo vero significato viene chiarito dal comma 5-quinquies, pure introdotto ex novo, che disciplina il concorso tra il finanziamento regionale e quello statale.
Dispone tale nuovo comma, per la parte che qui interessa, che, «qualora le misure adottate ai sensi del comma 5-quater non siano sufficienti, ovvero in tutti gli altri casi di eventi di cui al comma 5-quater di rilevanza nazionale, puo' essere disposto l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile».
Risulta dunque evidente che l'intervento finanziario dello Stato attraverso il Fondo nazionale di protezione civile viene giuridicamente limitato a due sole possibili circostanze, consistenti da un lato nella insufficienza delle risorse regionali, nonostante l'attivazione degli aumenti fiscali di cui al comma 5-quater, dall'altro, in alternativa, nella discrezionale valutazione del Governo (se non addirittura del solo Ministro dell'economia) sulla «rilevanza nazionale» dell'emergenza.
Il significato complessivo della disciplina introdotta dai due nuovi commi consiste dunque nel porre a carico delle regioni colpite i costi derivanti dalla calamita' che le ha colpite, tranne quelli eccedenti il massimo sforzo fiscale che la regione e' «autorizzata» a compiere o quelli che il Governo discrezionalmente vorra' assumere.
Ponendo a carico della regione colpita il finanziamento degli interventi statali di protezione civile, e condizionando il finanziamento statale delle relative azioni alle circostanze ora esposte, la disciplina posta dai nuovi commi 5-quater e 5-quinquies dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 risulta lesiva per la ricorrente regione, e risulta altresi' costituzionalmente illegittima per violazione dei parametri indicati in epigrafe, per le seguenti ragioni di
Diritto
Premessa. Il Servizio nazionale della protezione civile.
Il sistema di protezione civile e' stato originariamente delineato dalla legge n. 225 del 1992, che ha istituito il Servizio nazionale della protezione civile, ed ha stabilito una ripartizione di competenze tra lo Stato, le regioni e gli enti locali basata sulla distinzione di tre diversi tipi di eventi avversi.
L'art. 2, comma 1, della legge distingue infatti tra:
a) eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
b) eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;
c) calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Sin dall'inizio la legge prevedeva (art. 12) significativi compiti delle regioni nell'attivita' di protezione civile, e tali compiti sono stati successivamente ridefiniti ed estesi con gli articoli da 107 a 109 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e
con il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivita' di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 2001, n. 401.
Tuttavia, per quanto riguarda gli eventi di cui alla sopra citata lettera c), tutte le funzioni fondamentali sono state sin dall'inizio assunte dallo Stato, e sono rimaste di sua competenza anche nei successivi sviluppi.
Infatti l'art. 107 del decreto n. 112 del 1998 riserva alla competenza statale, come compiti di «rilievo nazionale», quelli relativi, tra l'altro:
a) all'indirizzo, promozione e coordinamento delle attivita' delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, delle comunita' montane, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale in materia di protezione civile;
b) alla deliberazione e alla revoca, d'intesa con le regioni interessate, dello stato di emergenza al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
c) alla emanazione, d'intesa con le regioni interessate, di ordinanze per l'attuazione di interventi di emergenza, per evitare situazioni di pericolo, o maggiori danni a persone o a cose, per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi e nelle quali e' intervenuta la dichiarazione di stato di emergenza di cui alla lettera b);
d) alla determinazione dei criteri di massima di cui all'art. 8, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
e) alla fissazione di norme generali di sicurezza per le attivita' industriali, civili e commerciali;
f) alle funzione operative riguardanti:
1) gli indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio;
2) la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione;
3) il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e lo spegnimento degli incendi e lo spegnimento con mezzi aerei degli incendi boschivi;
4) lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative ai piani nazionali di emergenza;
g) la promozione di studi sulla previsione e la prevenzione dei rischi naturali ed antropici;
h) alla dichiarazione dell'esistenza di eccezionale calamita' o avversita' atmosferica, ivi compresa l'individuazione, sulla base di quella effettuata dalle regioni, dei territori danneggiati e delle
provvidenze di cui alla legge 14 febbraio 1992, n. 185».
Lo Stato esercita, dunque, per gli eventi che richiedono risorse e poteri straordinari, le funzioni di riconoscimento, coordinamento, disciplina ed intervento, anche attraverso i prefetti e le proprie strutture facenti parte del Servizio nazionale (crf. artt. 11 e 14 legge n. 225/1992) ed in collaborazione con tutte le organizzazioni non statali facenti parte dello stesso servizio, nonche' - per la loro parte - con le regioni e gli enti locali (artt. 12, 13 e 15).
Quanto all'aspetto finanziario, prima dell'intervento delle disposizioni qui contestate era del tutto ovvio che le spese straordinarie, incluse ovviamente quelle relative ai costi diretti degli interventi statali, facevano capo al Fondo nazionale della protezione civile disciplinato dall'art. 19 della legge base.
Si noti che la riforma operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 (art. 117, terzo comma, della Costituzione) ha posto la protezione civile tra le materie di potesta' legislativa regionale, con concorrente potere legislativo statale limitato alla determinazione dei principi fondamentali.
In questo modo la modifica costituzionale ha dato sicuro fondamento ai poteri che gia' prima la legislazione statale attribuiva alle regioni, ed impone ora di modificare la qualificazione giuridica dei poteri legislativi ed amministrativi che la legislazione attribuisce allo Stato, ulteriori rispetto alla determinazione dei principi fondamentali. Infatti tali poteri possono ormai giustificarsi solo in forza della «chiamata in sussidiarieta'»,
con la conseguenza che l'intera loro gestione deve ritenersi soggetta al principio di leale collaborazione.
La modifica della Costituzione non ha tuttavia sino ad ora portato a significative modifiche nella legislazione ordinaria che disciplina il Servizio nazionale di protezione civile: nella quale, come sopra illustrato, l'individuazione e la gestione degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225 del 1992, cioe' delle «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari», sono e rimangono di competenza statale.
In particolare, la deliberazione del Consiglio dei ministri con la quale tali eventi vengono riconosciuti (d'intesa con la regione) attiva ampli poteri di ordinanza «in deroga ad ogni disposizione vigente» e solo «nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico» in capo agli organi statali di governo o dei commissari da essi delegati (art. 5, commi 2, 3 e 4).
Il carattere (esclusivamente) statale di tali poteri e' stato confermato da codesta Corte costituzionale anche nel vigore del nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, con decisioni che hanno sottolineato che la legislazione vigente esclude «che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale» (sentenza n. 82 del 2006, punto 3.2 in diritto, e in termini praticamente identici sentenza n. 284 del 2006).
All'interno di questo quadro potranno essere meglio percepite, ad avviso della ricorrente regione, le diverse ragioni di illegittimita' costituzionale delle disposizioni qui impugnate.
1. Illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate per essere state approvate con la procedura della legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, essendo invece totalmente estranee ad esso, nonche' per radicale assenza di necessita' ed urgenza, con conseguente violazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione.
Come anticipato in narrativa, le disposizioni qui contestate non soltanto non erano contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, ma sono del tutto estranee al suo oggetto originario.
Ne e' riprova l'inserimento delle disposizioni nell'art. 2, dedicato alle «proroghe onerose», tema con cui non ha nulla a che fare la disciplina qui contestata. D'altronde, l'art. 1 era e' dedicato alle «proroghe non onerose», mentre l'art. 3 del decreto originario riguardava la copertura finanziaria e l'art. 4 - l'ultimo
- l'entrata in vigore. La struttura semplice del decreto e la distribuzione della materia rivelano l'assoluta estraneita' ad essa di una nuova disciplina delle fonti di finanziamento delle attivita' di protezione civile in caso di emergenza da fronteggiare con risorse e mezzi straordinari.
L'introduzione di tali disposizioni nel testo del decreto-legge non ha dunque alcuna giustificazione e puo' spiegarsi soltanto con il desiderio di avvalersi della corsia preferenziale rappresentata dalla legge di conversione del decreto-legge. Cio' tuttavia si traduce in
una violazione della Costituzione, ed in particolare dell'art. 77, comma secondo.
Infatti, la legge di conversione ha contenuto tipico e vincolato, consistente appunto nella conversione di un determinato decreto-legge. Essa non puo' essere utilizzata come un contenitore idoneo a trasportare qualunque disposizione di cui si voglia agevolare l'iter, sottraendola all'ordinaria procedura legislativa.
Inoltre, le disposizioni impugnate sono palesemente sprovviste dei requisiti di necessita' ed urgenza che - soli - ne giustificano l'emanazione mediante decreto-legge.
Infatti, la disciplina non si riferisce ad alcuna urgenza specifica, ne' del resto si accenna in alcun luogo a specifiche ragioni che rendessero urgenti le nuove disposizioni.
Che non vi fosse urgenza alcuna e' confermato anche dalla bozza di indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e per la
predisposizione ed attuazione delle ordinanze di cui all'art. 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonche' per l'attuazione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, la quale ha invece il tipico andamento della circolare esplicativa che per il
futuro punto per punto illustra (e, come si dira', interpreta) il contenuto della disciplina da applicare.
Dunque, si tratta soltanto del mutamento del quadro normativo relativo al finanziamento delle attivita' di protezione civile che richiedono risorse e mezzi straordinari, attuato mediante l'inappropriata procedura della (legge di conversione della) decretazione d'urgenza.
Anche in questo caso vi e' dunque violazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione.
Trattandosi di intervento nella materia di potesta' concorrente «protezione civile» di cui all'art. 117, comma terzo, della Costituzione, che prevede oneri a carico delle regioni, l'alterazione delle regole proprie della legislazione statale e l'abuso della (legge di conversione del) decreto-legge si traduce in una lesione
delle prerogative costituzionali della regione, che essa e' legittimata a denunciare ai sensi dell'art. 127, comma secondo, della Costituzione: cio' sia perche' cosi' facendo lo Stato vincola le regioni e rende deteriore la loro posizione utilizzando uno strumento improprio, che la Costituzione ammette per esigenze del tutto diverse, sia perche' l'approvazione di una nuova disciplina «a regime» attraverso la corsia accelerata della legge di conversione pregiudica la possibilita' per le regioni di far presenti le loro esigenze nel procedimento legislativo.
E' ben nota la giurisprudenza di codesta Corte che ammette l'invocazione di parametri esterni al titolo V, qualora la violazione di essi si traduca in lesione delle competenze costituzionalmente garantite (v., ad es., la sent. n. 116/2006, secondo la quale le regioni «possono far valere il contrasto con nonne costituzionali diverse da quelle attributive di competenza legislativa soltanto se esso si risolva in una esclusione o limitazione dei poteri regionali»). La giurisprudenza costituzionale conosce ormai diversi casi in cui leggi statali sono state censurate in quanto la compressione di prerogative regionali avveniva attraverso la violazione di norme esterne al titolo V (casi di lesione di competenza c.d. indiretta): v, ad es., le sentt. n. 503/2000, n. 206/2001 (punti 15, 16 e 34 del diritto), n. 110/2001, n. 303/2003 (punto 35 del diritto), n. 280/2004 (punto 5), n. 355/1993 (punti 4 e 12), n. 87/1996, n. 338/1994 (punti 5 e 6), n. 412/2001, n. 302/1988, n. 6/2004 (punto 3), n. 196/2004 (punto 18).
Del resto, un cittadino «toccato» da un provvedimento amministrativo puo' far valere qualsiasi violazione di legge, e non solo la violazione delle norme che specificamente lo garantiscono, perche' la p.a. puo' incidere sui suoi interessi solo nel rispetto di tutte le norme che ne regolano l'azione: non si vede, allora, perche'
gli interessi delle regioni e le norme costituzionali procedurali debbano ricevere minore tutela.
Si tenga poi presente che e' ormai pacifica - dopo le sentt. 171/2007 e 128/2008 - la possibilita' per la Corte costituzionale di annullare un decreto-legge per difetto dei presupposti di necessita' e urgenza: negare la possibilita' di un'impugnazione in via principale fondata sull'art. 77 Cost. significherebbe far permanere
nell'ordinamento una disciplina incostituzionale, censurabile in via incidentale, con effetti negativi per la certezza del diritto: anche per questo motivo le regioni sono legittimate ad invocare l'art. 77 Cost., qualora il decreto-legge incida su materie regionali.
2. Illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate in quanto esse determinano il finanziamento a carico delle regioni di attivita' di competenza statale, in violazione dell'art. 119, commi primo, quarto e quinto, della Costituzione.
Nella parte narrativa del presente ricorso e' stato esposto il riparto di competenze stabilito dalla legislazione statale nel servizio della protezione civile, ed in particolare la competenza statale sia nelle decisioni relative agli eventi che richiedono di essere affrontati con mezzi e poteri straordinari, sia nella concreta gestione delle emergenze determinate da tali eventi.
Le nuove disposizioni, qui contestate, non modificano minimamente tale quadro: non diminuiscono il ruolo statale, non affidano alle regioni maggiori responsabilita' e poteri. Esse mantengono allo Stato tutte le sue competenze ma, bizzarramente, vorrebbero invece porre il costo degli interventi a carico della regione o delle regioni colpite, illegittimamente spezzando il nesso tra risorse e funzioni.
Infatti, nonostante il tenore letterale del nuovo comma 5-quater, secondo il quale dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, il presidente della regione interessata dagli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), «e' autorizzato a deliberare aumenti» sopra descritti, la connessione con il successivo comma 5-quinquies - pure impugnato - rivela che si tratta invece di un atto dovuto, in assenza del quale non vi sarebbe alcuna risorsa finanziaria disponibile per affrontare l'emergenza: la regione infatti non disporrebbe delle risorse, e lo Stato non sarebbe neppure abilitato ad utilizzare il Fondo nazionale per la protezione civile, se non per emergenze di «rilievo nazionale».
Che cosi' stiano le cose, del resto, lo dice apertamente il documento di indirizzi elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (doc. 2), il quale testualmente afferma - come si e' fatto qui - che dalla combinazione delle due disposizioni si «ricava in via interpretativa» che «per la singola regione interessata (ovvero per le regioni interessate) le iniziative di cui alle precedenti lettere a)-c)» dello stesso atto di indirizzo - cioe' proprio gli aumenti fiscali in questione - «costituiscano un vero e proprio onere, e non piuttosto una mera facolta' lasciata alla libera iniziativa discrezionale della regione» (pag. 7). Dunque, puo' considerarsi acquisito che, secondo la nuova disciplina, subito dopo la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo il presidente della regione e' tenuto a deliberare gli aumenti fiscali, e che ove non lo facesse non vi sarebbe risorsa alcuna per fronteggiare l'emergenza, non potendo essere utilizzato (per le emergenze non di «rilievo nazionale») il Fondo nazionale della protezione civile se non ad integrazione dell'insufficiente gettito fiscale dei nuovi tributi.
Quanto alla circostanza che le maggiori risorse fiscali che la regione colpita dovrebbe richiedere alla propria popolazione siano destinate anche ed in primo luogo a coprire le spese degli organi dello Stato, essa risulta in primo luogo dalla lettera delle disposizioni qui impugnate, in cui si parla di «spese conseguenti all'emergenza ovvero per la copertura degli oneri conseguenti alla stessa» (comma 5-quater), ed e' confermato dalla bozza di atto di indirizzo sopra citata, nella quale testualmente si afferma (pag. 8) che «le risorse complessivamente individuate per far fronte all'emergenza» - cioe' quelle derivanti dagli aumenti fiscali, integrate in caso di insufficienza dal Fondo protezione civile - «dovranno essere destinate anche al ristoro degli oneri derivanti dall'attivazione o dall'impiego delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile».
La bizzarria della situazione e' accentuata dalla nuova disposizione inserita nell'art. 5, comma 2, legge n. 225/1992, ad opera dell'art. 2, comma 2-quinquies, decreto-legge n. 225/2010: «Le ordinanze sono emanate di concerto, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, con il Ministro dell'economia e delle finanze». Gli interventi devono essere pagati dalla regione ma le ordinanze vanno assunte di concerto con il Ministro dell'economia!
La pretesa di far finanziare dalla regione colpita l'esercizio dei compiti statali in materia di protezione civile viola in modo palese l'autonomia finanziaria regionale, quale disciplinata dall'art. 119 della Costituzione.
Questo dispone in primo luogo - come e' ben noto - che «i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma). Gia' l'autonomia di entrata e' contraddetta da una normativa che da un lato obbliga la regione ad introdurre determinati aumenti dei tributi da riscuotere.
Ancor piu' e' contraddetta l'autonomia di spesa da una disposizione che obbliga la regione a utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali per l'esercizio dei loro compiti istituzionali, corrispondenti ad una specifica competenza statale.
Risulta poi violato il comma quarto, secondo il quale le risorse proprie delle regioni (quelle tributarie e quelle derivanti dal fondo perequativo, di cui rispettivamente ai commi secondo e terzo) «consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». E' infatti evidente in questa disposizione il necessario legame - del resto ovvio - tra le proprie entrate e le proprie funzioni, ed il connesso divieto di distogliere le entrate regionali per il finanziamento di funzioni statali.
In altre parole, nulla vieta allo Stato di attribuire alle regioni maggiori compiti e maggiori responsabilita' in materia di protezione civile, chiamando esse ad intervenire e a decidere anche nei casi che non abbiano «rilievo nazionale» ma che comunque richiedano di essere affrontati con mezzi e poteri straordinari (si tratta appunto dei casi prefigurati dai nuovi commi 5-quater e 5-quinquies), assegnando alle regioni i relativi compiti e responsabilita', e dotandole dei mezzi finanziari per farvi fronte, o dei poteri necessari per procurarsi tali mezzi. Ma non puo' invece lo Stato mantenere a se stesso le relative responsabilita', decisioni e funzioni e «mandare il conto» alle regioni.
Risulta infine contraddetto anche il comma quinto dell'art. 119, il quale prevede esattamente il contrario di quanto disposto dalle disposizioni contestate, disponendo che, affinche' le regioni possano «provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» - come nel caso delle necessita' derivanti da eventi calamitosi - sia lo Stato a destinare risorse aggiuntive, mentre la normativa qui contestata chiede invece proprio alle regioni colpite di destinare «risorse aggiuntive» in favore di organi ed attivita' statali.
L'art. 119, comma 5, e' violato anche sotto il profilo del principio di solidarieta' (ricavabile anche nell'art. 2 Cost.), in quanto le spese derivanti dalla calamita' non vengono ripartite tra la comunita' nazionale ma vengono addossate solo alla regione colpita e proprio ad essa, cioe' ad un ente e ad una popolazione gia' indeboliti dall'evento dannoso.
3. Violazione dell'art. 118, primo comma, in quanto definanzia le funzioni amministrative spettanti allo Stato in forza del principio di sussidiarieta'. Violazione dell'art. 3 in quanto, per funzioni assunte dallo Stato, impone oneri ai contribuenti di una sola o di determinate regioni, ad esclusione di ogni altra. Violazione del
principio di ragionevolezza.
Secondo l'art. 118, comma 1, lo Stato puo' attribuire a se stesso funzioni che richiedano l'esercizio unitario per l'intero territorio nazionale.
E' implicito in tale disposizione che i relativi oneri economici debbono pure essere assunti dallo Stato. Sarebbe infatti assurdo che funzioni che il principio di unita' della Repubblica richiede siano esercitate dallo Stato non trovassero poi nel bilancio statale apposita copertura finanziaria.
E' violato altresi' il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma primo, della Costituzione, in quanto di fronte all'esercizio di competenze dello Stato, da questo assunte in attuazione del principio unitario, non puo' essere giustificata la discriminazione dei contribuenti su base territoriale.
Infatti, mentre puo' essere normale che i contribuenti di una regione siano chiamati a coprire mediante il pagamento di apposite imposte le spese che quella regione incontra per l'esercizio delle proprie funzioni e per far fronte alle proprie responsabilita', una volta che lo Stato assuma su di se' le funzioni, non si vede su quale fondamento i contribuenti della regione colpita possano essere chiamati ad un dovere fiscale piu' elevato rispetto agli altri cittadini.
Per la parte di contribuenti regionali che siano essi stessi colpiti dall'evento straordinario la norma che fiscalmente li punisce risulta doppiamente iniqua, dal momento che essi dovrebbero semmai beneficiare della solidarieta' dei contribuenti non colpiti.
Ma anche in relazione ai cittadini della regione che non siano stati colpiti dall'evento straordinario, non vi e' alcuna ragione che possa indurre ragionevolmente a porre a loro carico uno speciale onere fiscale, una volta che il compito del soccorso venga assunto dallo Stato quale rappresentante della comunita' nazionale.
Infine - per questo punto - il nuovo comma 5-quater risulta irragionevole anche in quanto pretende di far fronte a costi che debbono essere coperti mediante entrate immediatamente disponibili attraverso misure che sono invece incerte nel risultato e comunque in grado di produrre i propri effetti solo in un periodo medio o lungo.
La regione e' legittimata a denunciare sia la violazione del principio di eguaglianza che quella del principio di ragionevolezza, in quanto le norme censurate impongono manovre tributare alla regione e incidono negativamente sui cittadini regionali.
4. Violazione della Costituzione e dell'autonomia statutaria regionale per diretta individuazione dell'organo regionale competente a determinare gli aumenti fiscali. Violazione della Costituzione per violazione della competenza legislativa del consiglio regionale.
Come sopra esposto, il nuovo comma 5-quater della legge n. 225 del 1992, introdotto dalla impugnata legge n. 10 del 2011, prevede che a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza il presidente della regione sia «autorizzato a deliberare aumenti» di
carattere fiscale.
Si e' visto sopra come la terminologia dell'autorizzazione sia fuorviante, trattandosi piuttosto di un obbligo. Ma, mentre lo obbliga, al tempo stesso la norma statale da' al presidente un potere, che esso non ha nel quadro del riparto di competenze tra gli organi regionali.
E' chiaro infatti che, sia in forza del principio di legalita' di cui all'art. 23 Cost., sia in forza del riparto di competenze tra gli organi regionali stabilito dall'art. 121, comma secondo, Cost., spetta al consiglio regionale di deliberare con legge i tributi regionali e la loro disciplina.
Inoltre e' ovvio, anche ove l'allocazione della competenza alla deliberazione delle maggiorazioni fiscali non fosse predeterminata dalla Costituzione - e dunque nella misura in cui non lo sia - che la precisazione di tale competenza non spetta dalla legislazione dello Stato, ma all'autonomia statutaria di ciascuna regione (v. sent.
407/1989).
Dunque, la disposizione di cui al comma 4-quater, individuando nel presidente l'organo competente, viola sia l'art. 121, comma secondo, della Costituzione (nella parte in cui questo assegna al consiglio regionale l'esercizio delle potesta' legislative attribuite alla regione), sia l'autonomia statutaria di cui all'art. 123, comma primo, della Costituzione. Si noti che il vero effetto della norma impugnata e' proprio quello di conferire il potere in questione al presidente, dato che, dal punto di vista sostanziale, il nuovo comma 5-quater autorizza «aumenti, sino al limite massimo consentito dalla
vigente legislazione» (tranne per quel che riguarda l'imposta relativa alla benzina), per cui non c'e' un vero ampliamento del potere impositivo.
5. In subordine. Illegittimita' costituzionale del nuovo comma 5-quinquies della legge n. 225 del 1992, nella parte in cui non prevede la partecipazione delle regioni alla valutazione della «rilevanza nazionale» dell'evento, in violazione del principio di
leale collaborazione.
Come sopra illustrato, le nuove disposizioni impongono che le spese degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225 del 1992 siano a carico della regione o delle regioni colpite, e che la finanza statale intervenga solo in via sussidiaria, ove non
siano sufficienti le risorse regionali derivanti dalle maggiorazioni fiscali oppure in caso di eventi di «rilevanza nazionale».
Si sono altresi' sopra illustrate le ragioni per le quali questo meccanismo di «federalismo fiscale alla rovescia», per il quale le regioni pagano per le responsabilita' statali, sia costituzionalmente illegittimo.
Tuttavia, ove codesta ecc.ma Corte costituzionale dovesse ritenere legittimo che le operazioni statali di intervento straordinario di protezione civile debbano essere finanziate con la maggiore contribuzione fiscale della popolazione delle regioni colpite, ne risulterebbe un sistema nel quale tale contribuzione puo' essere evitata soltanto mediante la determinazione che si tratti di una emergenza di «rilievo nazionale».
Rispetto a tale determinazione, esiste un evidente interesse della regione o delle regioni colpite, ma esiste anche un non meno evidente interesse dell'insieme delle regioni, sia per la determinazione dei criteri relativi a tale decisione, sia per l'assunzione delle singole decisioni: i primi infatti sono di interesse per tutte le regioni, in quanto potenziali destinatarie di corrispondenti determinazioni, le seconde sono pure di interesse delle regioni in quanto va assicurata la condivisione e la correttezza nell'uso del Fondo nazionale.
Si ricorda, tra l'altro, che le funzioni amministrative statali nella materia sono assunte in forza della «chiamata in sussidiarieta'».
Al contrario, la legge non contiene procedura alcuna per l'assunzione della decisione circa il rilievo nazionale dell'evento, implicitamente attribuendone la competenza al Governo, se non addirittura ai singoli Ministri responsabili del Fondo.
Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione, nella parte in cui non prevede la partecipazione al tale decisione sia della Conferenza Stato-regioni che delle regioni sulle quali - in caso di mancato riconoscimento del rilievo nazionale - incombe l'onere della maggiorazione fiscale.
P.Q.M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dei nuovi commi 5-quater e 5-quinquies, introdotti nell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, dall'art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e dunque dello stesso art. 2, comma 2-quater di tale legge (in quanto introduce i nuovi commi qui contestati), nelle parti e sotto i profili esposti nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 6 aprile 2011
Prof. Avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi
1) Deliberazione della giunta regionale n. 418 del 21 aprile 2011.
2) Bozza di determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri recante indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e per la predisposizione ed attuazione delle ordinanze di cui all'art. 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonche' per l'attuazione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.