Ricorso n. 38 del 9 aprile 2003 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
N. 38 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 9 aprile 2003 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 23 del 11-6-2003)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri nella persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia (delibera del Consiglio dei
ministri del 14 marzo 2003), contro la Regione Emilia-Romagna in
persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, presso gli
uffici della giunta regionale in Bologna per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 1 relativamente
all'art. 8-ter aggiunto alla legge regionale Emilia-Romagna
n. 25/1999, ed 8, comma 1, relativamente all'art. 8-sexies aggiunto
alla legge regionale Emilia-Romagna n. 25/1999, della legge regionale
Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 pubblicata nel B.U.R. n. 13 del
29 gennaio 2003), per contrasto con l'art. 117, comma primo della
Costituzione e, quali norme interposte, per quanto di ragione, l'art.
86 del Trattato C.E. e le direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle procedure di appalti nei settori esclusi, l'art 35 della legge
28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
l'art. 88 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 nonche' l'art. 113 del
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
1. - La l.r. Emilia Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 - Modifiche ed
integrazioni alla l.r. 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli
ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione
tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani) - e' stata
pubblicata nel B.U.R Emilia-Romagna n. 13 del 29 gennaio 2003.
L'atto normativo regionale apporta modifiche alla precedente
legge regionale 6 settembre 1999, n. 25, cosi da disciplinare «in
modo organico il sistema di governo e di gestione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani nel rispetto
dei principi stabiliti dalle norme comunitarie e da quelle nazionali
in materia di tutela della concorrenza e in coerenza con i principi
generali stabiliti dalla regione in attuazione della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione)» ( art. 1, comma 2 della l.r.
n. 1/2003).
2. - Il sistema di gestione del servizio idrico integrato
(costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di
depurazione delle acque reflue: art. 4, comma 1, lettera f), legge
n. 36/1994) e del servizio di gestione rifiuti, oltre degli altri
servizi di carattere economico e imprenditoriale previsti dall'art. 5
della legge, prevede il loro affidamento «con procedure di evidenza
pubblica di tipo concorsuale ispirate a criteri di pubblicita'
trasparenza e concorrenzialita' a garanzia della imparzialita' e del
buon andamento della pubblica amministrazione» (art. 8-ter comma 1).
La disposizione, da esaminare in relazione all'art. 86 del
trattato C.E. («1. Gli Stati membri non emanano ne' mantengono nei
confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono
diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del
presente trattato, spcialmente a quelle contemplate dagli artt. 12 e
da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di
servizi di interesse generale o aventi carattere di monopolio fiscale
sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare
alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali
norme non ostino all'adempimento, in linea di diritto e di fatto,
della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo egli scambi non
deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della
comunita») liberalizza il settore dei servizi locali di interesse
economico ed imprenditoriale gia' oggetto di monopolio delle
municipalizzate aprendole alla concorrenza.
Sotto tale profilo la disposizione contenuta nel comma 4 («Per i
servizi disciplinati dalla presente legge, ferma restando la
necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri,
di efficienza, efficacia ed economicita' e' consentito l'affidamento
diretto da parte dell'agenzia a societa' a prevalente capitale
pubblico effettivamente controllate da comuni rientranti.,
nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a favore dei
medesimi la parte prevalente della propria attivita'. Resta ferma per
dette societa' l'esclusione dalle gare per l'affidamento del
servizio. L'esclusione si estende alle societa' controllate o
collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate
o collegate con queste ultime») introduce una deroga alla
liberalizzazione del settore mantenendo una riserva di fitto a favore
di soggetti economici «a prevalente capitale pubblico», vale a dire
delle societa' in cui si sono trasformate le aziende municipalizzate.
La deroga alla concorrenza e' stata introdotta unicamente per
soddisfare interessi meramente imprenditoriali dell'ente locale e non
per soddisfare interessi, pubblici. L'interesse pubblico connesso
alla qualita' di soggetto pubblico dell'ente concedente in un regime
liberalizzato di prestazione dei servizi e' soddisfatto
esclusivamente dalla osservanza delle norme in materia di
aggiudicazione degli appalti indicate nelle direttive 90/531/CEE e
93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei servizi esclusi.
3. - L'art. 8, che introduce rarticolo 8-sexies, attribuisce alla
regione compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio
idrico integrato, quali la definizione dei criteri per la gestione
del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla
legge n. 36/1994.
4. - Contrasto tra l'art. 7, comma 1 nella parte che introduce
l'art. 8-ter, comma 4 nella nella legge rezionale n. 25/1999 della
l.r. n. 1/2003 e l'art. 117, comma 1 Cost.
L'art. 7 della legge regionale in parola interviene sul testo
della l.r. n. 25/1999, aggiungendovi l'art. 8-ter. L'articolo
novellato contiene nei primi tre commi disposizioni di principio in
tema di gare per l'affidamento a privati dei pubblici servizi, e nel
quarto comma dispone: «Per i servizi disciplinati dalla presente
legge, ferma restando la necessita' di una gestione di tipo
industriale rispondente a criteri di efficienza, efficacia ed
economicita', e' consentito l'affidamento diretto da parte
dell'agenzia a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente
controllate da comuni rientranti nell'ambito territoriale ottimale e
che esercitano a favore dei medesimi la parte prevalente della
propria attivita'. Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle
gare per l'affidamento del servizio. L'esclusione si estende alle
societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche'
alle societa' controllate o collegate con queste ultime».
In sostanza, con il quarto comma, si offre una via alternativa
alla gara alle autorita' locali di A.T.O., le quali possono derogare,
e senza obbligo di motivazione, il procedimento dell'affidamento
tramite gara aperta, per ricorrere all'affidamento diretto ad un
soggetto predeterminato, purche' esso sia una societa' a maggioranza
pubblica ed il socio pubblico rientri geograficamente nell'area
dell'A.T.O. La deroga meramente discrezionale reintroduce nel sistema
una riserva a favore dei soggetti economici in cui si sono
trasformate le municipalizzate o ai quali sono state conferite le
aziende municipalizzate, in base alla previgente normativa di
settore. La riserva ricostituisce di fatto il monopolio dell'ente
locale, in proprio o associato ad altri enti locali, nei settori
della prestazione dei servizi locali di interesse economico ed
imprenditoriale che, contraddittoriamente, nel comma 1 del medesimo
art. 8-ter si dichiara di avere abbandonato, confermando
integralmente quanto disposto dall'art. 113 del decreto legislativo
n. 267/2000 (come modificato dall'art. 35 della legge n. 448/2001),
il cui comma 5 dispone «Le erogazioni del servizio, da svolgere in
regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con
conferimento della titolarita' del servizio a societa' di capitale
individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad
evidenza pubblica». E' appena il caso di sottolineare che la
espressione «secondo le discipline di settore» sta a richiamare le
norme specifiche relative al singolo servizio necessitate dalle
caratteristiche peculiari del servizio medesimo.
Lo strumento dell'affidamento diretto del servizio, cioe' senza
ricorso a gara, che gia' indica la volonta' di non gestire
direttamente il servizio pubblico, oltre a costituire la regola fino
al recente passato in tema di servizi idrici (ma la disposizione in
esame non riguarda solo i servizi idrici, ma anche quelli relativi ai
rifiuti e gli altri aventi la medesima caratteristica di servizi
locali di carattere economico e imprenditoriale) veniva previsto come
possibile alternativa (senza limitazioni di sorta) ancora
dall'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, operante fino al
settembre 2000, all'entrata in vigore del decreto legislativo 142/90.
Orbene, proprio determinando una scelta di politica legislativa
di decisa svolta rispetto al passato, il legislatore ha emanato una
serie di disposizioni che si sono mosse verso un criterio di assoluto
favor per le gare e la concorrenza nell'affidamento dei servizi
pubblici locali, la cui ratio e' quella di eliminare le perduranti
sacche di inefficienza e gli alti costi legati a strutture pubbliche
insensibili alle esigenze di mercato, determinando dunque un
sostanziale vulnus nella cura dell'interesse pubblico, proprio in
ragione delle diseconomie e della minor qualita' del servizio.Un
profilo centrale nell'ambito di tali riforme e' rappresentato
dall'incisivo intervento del legislatore comunitario, il quale ha
reso vincolante il principio della procedura ad evidenza pubblica per
il piu' ampio numero di affidamenti possibile, consentendo poche e
circoscritte deroghe. Cio' e' avvenuto per il tramite delle direttive
92/50/CEE e 93/38/CEE, le quali non lasciano adito a dubbi circa
l'obbligo degli Stati membri di limitare e motivare qualunque deroga
essi apportino alla regola dell'affidamento tramite gara.
L'attuazione delle direttive nell'ordinamento italiano e' iniziata,
per quanto attiene il settore idrico, con la cd. «legge Galli» (legge
5 gennaio 1994, n. 36), la quale per prima pone chiaramente la
necessita' di una gestione delle acque orientata nettamente secondo
criteri di economicita' ed efficienza. Tuttavia anche questo
provvedimento doveva conciliarsi con la legge sulle autonomie locali
(la gia' citata 142/90) la quale prevedeva, come si e' ricordato, la
possibilita' dell'affidamento diretto.
Il principio della gara e' divenuto l'unica possibile scelta
nell'affidamento dei servizi pubblici locali, in conformita' alla
normativa comunitaria primaria e derivata, con il nuovo T.U.
sull'ordinamento degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Nel Testo Unico, infatti, si prevede la separazione tra proprieta'
della rete e erogazione del servizio al pubblico (art. 113),
individuando per quest'ultimo settore la gara ad evidenza pubblica
come modus procedendi imprescindibile, una volta scadute le attuali
concessioni. In tal modo si e' riconosciuto che nel settore della
erogazione dei servizi pubblici di natura industriale non sussistono
ragioni per una deroga alle norme sulla concorrenza, pure ammessa
dall'articolo 86 del Trattato.
Com'e' noto, tra l'altro, si sono svolte nei mesi scorsi gare in
importanti AA.TT.OO. del territorio nazionale, per mezzo delle quali
gli enti locali hanno potuto uscire dalla gestione diretta del
servizio, affidandola a societa' commerciali di comprovata esperienza
e solidita' e, al contempo, recuperando rilevanti risorse finanziarie
aggiuntive, a motivo dell'aggiudicazione della concessione al
«miglior offerente».
Per dare ulteriore impulso al processo di rinnovo delle
concessioni e al miglioramento dei servizi offerti e' stata
collocata, all'interno della legge finanziaria 2002 (art. 35, legge
28 dicembre 2001, n. 448) una norma che provvede a disciplinare il
periodo di transizione verso l'applicazione delle norme di cui al
citato art. 113, d.lgs. 267/2000, vietando che le concessioni in atto
vengano prorogate oltre un massimo di cinque anni se rilasciate con
procedure diverse dall'evidenza pubblica, e prevedendo altresi la
loro anticipata cessazione in caso esse superassero il termine
prescritto.
Per facilitare la ordinata transizione verso il nuovo sistema, lo
stesso art. 35 prevede, nel successivo quinto comma, la possibilita'
di rilasciare concessioni senza gara, a soggetti pubblici radicati
sul territorio, per ulteriori diciotto mesi dall'entrata in vigore
della legge. Si evince dunque che il prossimo mese di giugno 2003 e'
la data ultima, senza possibilita' di deroga, per utilizzare il
sistema dell'affidamento diretto del servizio. Cosi' l'Italia ha teso
a conciliare una duplice differenziata esigenza: da una parte si mira
a rendere graduale e non traumatico il passaggio da un sistema
improntato alla pubblicita' dei gestori ad uno incentrato sulla
libera concorrenza, dall'altra si rende la normativa italiana
compatibile con le esigenze di mercato e di osservanza del diritto
comunitario.
Quanto premesso non lascia spazio a dubbi relativamente alla
circostanza che una norma regionale la quale permetta il
prolungamento sine die del sistema pubblicistico dell'affidamento
diretto ove in atto o che, addirittura, consenta il rilascio di nuove
concessioni senza gara ed a tempo indeterminato sia in netto e palese
contrasto con le norme comunitarie, prima ancora che con le leggi
nazionali.
Concludendo, il comma 4 dell'articolo 8 ter della legge regionale
Emilia-Romagna 25/1989, introdotto dall'art. 7, comma l della legge
regionale Emilia-Romagna 1/2003, e' costituzionalmente illegittimo
poiche' disattende il limite posto dalla Costituzione alla
legislazione regionale consistente nel rispetto «dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali» (art. 117, comma 1).
Alla luce della riforma del titolo V della parte II della
Costituzione il limite in parola ha notevolmente accresciuto la
propria rilevanza, per la irrimediabilita' degli eventuali contrasti
tra le norme regionali e il trattato e la legislazione derivata
comunitaria, che comportano la responsabilita' internazionale del
Governo italiano, senza possibilita' per quest'ultimo di esercitare
alcuna autorita' emendatrice sulla legislazione regionale.
Il giudice delle leggi e' chiamato a valutare tale non
conformita' e con la dichiarazione di incostituzionalita' della legge
regionale che non abbia rispettato i limiti imposti alla legge
derivanti dalla normativa comunitaria (non solo il Trattato, ma anche
la normativa derivata) elimina alla radice quella che e' anche la
illegittimita' comunitaria della legge regionale.
5. - Contrasto dell'articolo 8, nella parte in cui introduce
nella legge regionale 25 del 1999 l'articolo 8 sexies della legge
regionale Emilia-Romagna 1/2003 con l'articolo 117, commi 2 e 3
Cost., relativamente all'esercizio di competenze riservate alla
legislazione statale.
L'articolo 8, che introduce l'articolo 8-sexies nella L.R.
25/1989 attribuisce alla regione compiti in materia di gestione e
organizzazione del servizio idrico integrato, quali la definizione
dei criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti
funzioni gia' previste dalla legge 36/1994, in violazione
dell'articolo 88 del decreto legislativo 112/1996, secondo cui dette
competenze sono riservate allo Stato.
Le competenze relative alla disciplina dei servizi idrici
pubblici rientrano, perlomeno sotto gran parte dei profili ivi
afferenti, nella materia contemplata dall'art. 117, comma 2, lett. s)
Cost., relativa cioe' alla «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e
dei beni culturali». La materia della tutela ambientale e' affidata
dall'articolo 117, comma 2, Cost. alla competenza esclusiva dello
Stato.
Sicuramente e' necessario leggere la norma sulla competenza in
materia ambientale in maniera coordinata col successivo comma 3,
relativo alle materie di legislazione concorrente. Tra queste rientra
quella del «governo del territorio», che innegabilmente afferisce, in
posizione complementare all'aspetto ambientale, alla materia delle
risorse idriche.
Qualunque lettura si voglia dare del disposto costituzionale, che
senz'alto non eccelle nel tracciare confini netti tra gli ambiti
materiali, rimane comunque impedito alla regione di attuare una
politica contrastante con i principi generali della materia fissati a
livello nazionale, e non vi puo' esser dubbio che l'affidamento dei
servizi pubblici in regime di concorrenza e libero mercato sia un
principio generalissimo, di derivazione comunitaria per la
realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale dei servizi
pubblici di rilievo locale a carattere economico e imprenditoriale,
cui gli enti di governo locali devono dare attuazione in ragione
delle proprie competenze. Il prolungamento tendenzialmente illimitato
degli affidamenti diretti si pone in chiaro contrasto con tale
generale enunciato.
Anche prescindendo dalla normativa costituzionale la legge
regionale appare travalicare i confini della propria competenza.
La giurisprudenza costituzionale recente ha ribadito la validita'
delle norme emanate ante riforma del Titolo V ed aventi ad oggetto la
specificazione dei settori nei quali si appalesa la necessita' di
tracciare delle regole a livello nazionale. Il principio e' stato
espressamente ribadito in recenti pronunce, tra le quali la sentenza
282/2002.
Nella materia de quo e', tra l'altro ancora vigente il d.lgs. 31
marzo 1998, n. 112, emanato in attuazione della legge 15 marzo 1997,
n. 59, il quale specifica con notevole precisione quali elementi, in
materia di gestione delle acque, debbano rimanere di determinazione
nazionale, per la loro natura tecnica e per evidenti esigenze di
uniformita' sull'intero territorio nazionale. Sul punto che qui
rileva dispone l'art. 88 del d.lg.vo 112/1998, che si pone per
necessita' come norma interposta, a specificazione dei contorni
tracciati, su di un piano generalissimo, dall'art. 117 Cost. Non v'e'
dubbio che la disposizione regionale in esame sia in contrasto con
quanto stabilito da tale atto normativo, poiche' con essa, lungi dal
garantire una omogeneita' di condizioni di utilizzo compatibile della
risorsa idrica si crea una disomogeneita' che viola le finalita'
medesime della legge 36/1994.
6. - Nell'ottica delle precedenti considerazioni si ritiene
particolarmente censurabile la legge regionale in questione, la quale
viola altresi' il principio di leale collaborazione posto a
fondamento del nuovo ordinamento regionale creato con la legge cost.
3/2001, poiche' la possibilita' di affidamento diretto ed
incondizionato dei servizi pubblici locali concreta, oltre alla
violazione delle norme comunitarie richiamate, anche l'attuazione di
una politica contrastante ed addirittura contraria a quella adottata
dalla generalita' delle altre autorita' di governo; cosi' come
l'esercizio delle altre funzioni di governo indicate nell'articolo
8-sexies in materia di sistema idrico integrato si pone in potenziale
contrasto con una corretta gestione della risorsa, che in quanto
risorsa rara necessita di una gestione a tutti i livelli omogenea e
concordata. Tale separatezza di scelte gestionali e di governo dei
servizi relativi alla gestione del servizio idrico integrato e di
quello dei rifiuti urbani introduce nel sistema elementi di
disomogeneita' che contrastano con gli interessi generali perseguiti
e dalle, regioni e dallo Stato.
P. Q. M.
Si chiede che gli artt. 7 ed 8 della legge regionale
dell'Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, in parte qua, siano
dichiarati incostituzionali, poiche' in contrasto con l'art. 117
della Costituzione e con norme di legge ordinaria interposte.
Roma, addi' 26 marzo 2003.
L'Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 9 aprile 2003 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 23 del 11-6-2003)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri nella persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia (delibera del Consiglio dei
ministri del 14 marzo 2003), contro la Regione Emilia-Romagna in
persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, presso gli
uffici della giunta regionale in Bologna per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 1 relativamente
all'art. 8-ter aggiunto alla legge regionale Emilia-Romagna
n. 25/1999, ed 8, comma 1, relativamente all'art. 8-sexies aggiunto
alla legge regionale Emilia-Romagna n. 25/1999, della legge regionale
Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 pubblicata nel B.U.R. n. 13 del
29 gennaio 2003), per contrasto con l'art. 117, comma primo della
Costituzione e, quali norme interposte, per quanto di ragione, l'art.
86 del Trattato C.E. e le direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle procedure di appalti nei settori esclusi, l'art 35 della legge
28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
l'art. 88 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 nonche' l'art. 113 del
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
1. - La l.r. Emilia Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 - Modifiche ed
integrazioni alla l.r. 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli
ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione
tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani) - e' stata
pubblicata nel B.U.R Emilia-Romagna n. 13 del 29 gennaio 2003.
L'atto normativo regionale apporta modifiche alla precedente
legge regionale 6 settembre 1999, n. 25, cosi da disciplinare «in
modo organico il sistema di governo e di gestione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani nel rispetto
dei principi stabiliti dalle norme comunitarie e da quelle nazionali
in materia di tutela della concorrenza e in coerenza con i principi
generali stabiliti dalla regione in attuazione della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione)» ( art. 1, comma 2 della l.r.
n. 1/2003).
2. - Il sistema di gestione del servizio idrico integrato
(costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di
depurazione delle acque reflue: art. 4, comma 1, lettera f), legge
n. 36/1994) e del servizio di gestione rifiuti, oltre degli altri
servizi di carattere economico e imprenditoriale previsti dall'art. 5
della legge, prevede il loro affidamento «con procedure di evidenza
pubblica di tipo concorsuale ispirate a criteri di pubblicita'
trasparenza e concorrenzialita' a garanzia della imparzialita' e del
buon andamento della pubblica amministrazione» (art. 8-ter comma 1).
La disposizione, da esaminare in relazione all'art. 86 del
trattato C.E. («1. Gli Stati membri non emanano ne' mantengono nei
confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono
diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del
presente trattato, spcialmente a quelle contemplate dagli artt. 12 e
da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di
servizi di interesse generale o aventi carattere di monopolio fiscale
sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare
alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali
norme non ostino all'adempimento, in linea di diritto e di fatto,
della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo egli scambi non
deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della
comunita») liberalizza il settore dei servizi locali di interesse
economico ed imprenditoriale gia' oggetto di monopolio delle
municipalizzate aprendole alla concorrenza.
Sotto tale profilo la disposizione contenuta nel comma 4 («Per i
servizi disciplinati dalla presente legge, ferma restando la
necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri,
di efficienza, efficacia ed economicita' e' consentito l'affidamento
diretto da parte dell'agenzia a societa' a prevalente capitale
pubblico effettivamente controllate da comuni rientranti.,
nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a favore dei
medesimi la parte prevalente della propria attivita'. Resta ferma per
dette societa' l'esclusione dalle gare per l'affidamento del
servizio. L'esclusione si estende alle societa' controllate o
collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate
o collegate con queste ultime») introduce una deroga alla
liberalizzazione del settore mantenendo una riserva di fitto a favore
di soggetti economici «a prevalente capitale pubblico», vale a dire
delle societa' in cui si sono trasformate le aziende municipalizzate.
La deroga alla concorrenza e' stata introdotta unicamente per
soddisfare interessi meramente imprenditoriali dell'ente locale e non
per soddisfare interessi, pubblici. L'interesse pubblico connesso
alla qualita' di soggetto pubblico dell'ente concedente in un regime
liberalizzato di prestazione dei servizi e' soddisfatto
esclusivamente dalla osservanza delle norme in materia di
aggiudicazione degli appalti indicate nelle direttive 90/531/CEE e
93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei servizi esclusi.
3. - L'art. 8, che introduce rarticolo 8-sexies, attribuisce alla
regione compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio
idrico integrato, quali la definizione dei criteri per la gestione
del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla
legge n. 36/1994.
4. - Contrasto tra l'art. 7, comma 1 nella parte che introduce
l'art. 8-ter, comma 4 nella nella legge rezionale n. 25/1999 della
l.r. n. 1/2003 e l'art. 117, comma 1 Cost.
L'art. 7 della legge regionale in parola interviene sul testo
della l.r. n. 25/1999, aggiungendovi l'art. 8-ter. L'articolo
novellato contiene nei primi tre commi disposizioni di principio in
tema di gare per l'affidamento a privati dei pubblici servizi, e nel
quarto comma dispone: «Per i servizi disciplinati dalla presente
legge, ferma restando la necessita' di una gestione di tipo
industriale rispondente a criteri di efficienza, efficacia ed
economicita', e' consentito l'affidamento diretto da parte
dell'agenzia a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente
controllate da comuni rientranti nell'ambito territoriale ottimale e
che esercitano a favore dei medesimi la parte prevalente della
propria attivita'. Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle
gare per l'affidamento del servizio. L'esclusione si estende alle
societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche'
alle societa' controllate o collegate con queste ultime».
In sostanza, con il quarto comma, si offre una via alternativa
alla gara alle autorita' locali di A.T.O., le quali possono derogare,
e senza obbligo di motivazione, il procedimento dell'affidamento
tramite gara aperta, per ricorrere all'affidamento diretto ad un
soggetto predeterminato, purche' esso sia una societa' a maggioranza
pubblica ed il socio pubblico rientri geograficamente nell'area
dell'A.T.O. La deroga meramente discrezionale reintroduce nel sistema
una riserva a favore dei soggetti economici in cui si sono
trasformate le municipalizzate o ai quali sono state conferite le
aziende municipalizzate, in base alla previgente normativa di
settore. La riserva ricostituisce di fatto il monopolio dell'ente
locale, in proprio o associato ad altri enti locali, nei settori
della prestazione dei servizi locali di interesse economico ed
imprenditoriale che, contraddittoriamente, nel comma 1 del medesimo
art. 8-ter si dichiara di avere abbandonato, confermando
integralmente quanto disposto dall'art. 113 del decreto legislativo
n. 267/2000 (come modificato dall'art. 35 della legge n. 448/2001),
il cui comma 5 dispone «Le erogazioni del servizio, da svolgere in
regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con
conferimento della titolarita' del servizio a societa' di capitale
individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad
evidenza pubblica». E' appena il caso di sottolineare che la
espressione «secondo le discipline di settore» sta a richiamare le
norme specifiche relative al singolo servizio necessitate dalle
caratteristiche peculiari del servizio medesimo.
Lo strumento dell'affidamento diretto del servizio, cioe' senza
ricorso a gara, che gia' indica la volonta' di non gestire
direttamente il servizio pubblico, oltre a costituire la regola fino
al recente passato in tema di servizi idrici (ma la disposizione in
esame non riguarda solo i servizi idrici, ma anche quelli relativi ai
rifiuti e gli altri aventi la medesima caratteristica di servizi
locali di carattere economico e imprenditoriale) veniva previsto come
possibile alternativa (senza limitazioni di sorta) ancora
dall'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, operante fino al
settembre 2000, all'entrata in vigore del decreto legislativo 142/90.
Orbene, proprio determinando una scelta di politica legislativa
di decisa svolta rispetto al passato, il legislatore ha emanato una
serie di disposizioni che si sono mosse verso un criterio di assoluto
favor per le gare e la concorrenza nell'affidamento dei servizi
pubblici locali, la cui ratio e' quella di eliminare le perduranti
sacche di inefficienza e gli alti costi legati a strutture pubbliche
insensibili alle esigenze di mercato, determinando dunque un
sostanziale vulnus nella cura dell'interesse pubblico, proprio in
ragione delle diseconomie e della minor qualita' del servizio.Un
profilo centrale nell'ambito di tali riforme e' rappresentato
dall'incisivo intervento del legislatore comunitario, il quale ha
reso vincolante il principio della procedura ad evidenza pubblica per
il piu' ampio numero di affidamenti possibile, consentendo poche e
circoscritte deroghe. Cio' e' avvenuto per il tramite delle direttive
92/50/CEE e 93/38/CEE, le quali non lasciano adito a dubbi circa
l'obbligo degli Stati membri di limitare e motivare qualunque deroga
essi apportino alla regola dell'affidamento tramite gara.
L'attuazione delle direttive nell'ordinamento italiano e' iniziata,
per quanto attiene il settore idrico, con la cd. «legge Galli» (legge
5 gennaio 1994, n. 36), la quale per prima pone chiaramente la
necessita' di una gestione delle acque orientata nettamente secondo
criteri di economicita' ed efficienza. Tuttavia anche questo
provvedimento doveva conciliarsi con la legge sulle autonomie locali
(la gia' citata 142/90) la quale prevedeva, come si e' ricordato, la
possibilita' dell'affidamento diretto.
Il principio della gara e' divenuto l'unica possibile scelta
nell'affidamento dei servizi pubblici locali, in conformita' alla
normativa comunitaria primaria e derivata, con il nuovo T.U.
sull'ordinamento degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Nel Testo Unico, infatti, si prevede la separazione tra proprieta'
della rete e erogazione del servizio al pubblico (art. 113),
individuando per quest'ultimo settore la gara ad evidenza pubblica
come modus procedendi imprescindibile, una volta scadute le attuali
concessioni. In tal modo si e' riconosciuto che nel settore della
erogazione dei servizi pubblici di natura industriale non sussistono
ragioni per una deroga alle norme sulla concorrenza, pure ammessa
dall'articolo 86 del Trattato.
Com'e' noto, tra l'altro, si sono svolte nei mesi scorsi gare in
importanti AA.TT.OO. del territorio nazionale, per mezzo delle quali
gli enti locali hanno potuto uscire dalla gestione diretta del
servizio, affidandola a societa' commerciali di comprovata esperienza
e solidita' e, al contempo, recuperando rilevanti risorse finanziarie
aggiuntive, a motivo dell'aggiudicazione della concessione al
«miglior offerente».
Per dare ulteriore impulso al processo di rinnovo delle
concessioni e al miglioramento dei servizi offerti e' stata
collocata, all'interno della legge finanziaria 2002 (art. 35, legge
28 dicembre 2001, n. 448) una norma che provvede a disciplinare il
periodo di transizione verso l'applicazione delle norme di cui al
citato art. 113, d.lgs. 267/2000, vietando che le concessioni in atto
vengano prorogate oltre un massimo di cinque anni se rilasciate con
procedure diverse dall'evidenza pubblica, e prevedendo altresi la
loro anticipata cessazione in caso esse superassero il termine
prescritto.
Per facilitare la ordinata transizione verso il nuovo sistema, lo
stesso art. 35 prevede, nel successivo quinto comma, la possibilita'
di rilasciare concessioni senza gara, a soggetti pubblici radicati
sul territorio, per ulteriori diciotto mesi dall'entrata in vigore
della legge. Si evince dunque che il prossimo mese di giugno 2003 e'
la data ultima, senza possibilita' di deroga, per utilizzare il
sistema dell'affidamento diretto del servizio. Cosi' l'Italia ha teso
a conciliare una duplice differenziata esigenza: da una parte si mira
a rendere graduale e non traumatico il passaggio da un sistema
improntato alla pubblicita' dei gestori ad uno incentrato sulla
libera concorrenza, dall'altra si rende la normativa italiana
compatibile con le esigenze di mercato e di osservanza del diritto
comunitario.
Quanto premesso non lascia spazio a dubbi relativamente alla
circostanza che una norma regionale la quale permetta il
prolungamento sine die del sistema pubblicistico dell'affidamento
diretto ove in atto o che, addirittura, consenta il rilascio di nuove
concessioni senza gara ed a tempo indeterminato sia in netto e palese
contrasto con le norme comunitarie, prima ancora che con le leggi
nazionali.
Concludendo, il comma 4 dell'articolo 8 ter della legge regionale
Emilia-Romagna 25/1989, introdotto dall'art. 7, comma l della legge
regionale Emilia-Romagna 1/2003, e' costituzionalmente illegittimo
poiche' disattende il limite posto dalla Costituzione alla
legislazione regionale consistente nel rispetto «dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali» (art. 117, comma 1).
Alla luce della riforma del titolo V della parte II della
Costituzione il limite in parola ha notevolmente accresciuto la
propria rilevanza, per la irrimediabilita' degli eventuali contrasti
tra le norme regionali e il trattato e la legislazione derivata
comunitaria, che comportano la responsabilita' internazionale del
Governo italiano, senza possibilita' per quest'ultimo di esercitare
alcuna autorita' emendatrice sulla legislazione regionale.
Il giudice delle leggi e' chiamato a valutare tale non
conformita' e con la dichiarazione di incostituzionalita' della legge
regionale che non abbia rispettato i limiti imposti alla legge
derivanti dalla normativa comunitaria (non solo il Trattato, ma anche
la normativa derivata) elimina alla radice quella che e' anche la
illegittimita' comunitaria della legge regionale.
5. - Contrasto dell'articolo 8, nella parte in cui introduce
nella legge regionale 25 del 1999 l'articolo 8 sexies della legge
regionale Emilia-Romagna 1/2003 con l'articolo 117, commi 2 e 3
Cost., relativamente all'esercizio di competenze riservate alla
legislazione statale.
L'articolo 8, che introduce l'articolo 8-sexies nella L.R.
25/1989 attribuisce alla regione compiti in materia di gestione e
organizzazione del servizio idrico integrato, quali la definizione
dei criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti
funzioni gia' previste dalla legge 36/1994, in violazione
dell'articolo 88 del decreto legislativo 112/1996, secondo cui dette
competenze sono riservate allo Stato.
Le competenze relative alla disciplina dei servizi idrici
pubblici rientrano, perlomeno sotto gran parte dei profili ivi
afferenti, nella materia contemplata dall'art. 117, comma 2, lett. s)
Cost., relativa cioe' alla «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e
dei beni culturali». La materia della tutela ambientale e' affidata
dall'articolo 117, comma 2, Cost. alla competenza esclusiva dello
Stato.
Sicuramente e' necessario leggere la norma sulla competenza in
materia ambientale in maniera coordinata col successivo comma 3,
relativo alle materie di legislazione concorrente. Tra queste rientra
quella del «governo del territorio», che innegabilmente afferisce, in
posizione complementare all'aspetto ambientale, alla materia delle
risorse idriche.
Qualunque lettura si voglia dare del disposto costituzionale, che
senz'alto non eccelle nel tracciare confini netti tra gli ambiti
materiali, rimane comunque impedito alla regione di attuare una
politica contrastante con i principi generali della materia fissati a
livello nazionale, e non vi puo' esser dubbio che l'affidamento dei
servizi pubblici in regime di concorrenza e libero mercato sia un
principio generalissimo, di derivazione comunitaria per la
realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale dei servizi
pubblici di rilievo locale a carattere economico e imprenditoriale,
cui gli enti di governo locali devono dare attuazione in ragione
delle proprie competenze. Il prolungamento tendenzialmente illimitato
degli affidamenti diretti si pone in chiaro contrasto con tale
generale enunciato.
Anche prescindendo dalla normativa costituzionale la legge
regionale appare travalicare i confini della propria competenza.
La giurisprudenza costituzionale recente ha ribadito la validita'
delle norme emanate ante riforma del Titolo V ed aventi ad oggetto la
specificazione dei settori nei quali si appalesa la necessita' di
tracciare delle regole a livello nazionale. Il principio e' stato
espressamente ribadito in recenti pronunce, tra le quali la sentenza
282/2002.
Nella materia de quo e', tra l'altro ancora vigente il d.lgs. 31
marzo 1998, n. 112, emanato in attuazione della legge 15 marzo 1997,
n. 59, il quale specifica con notevole precisione quali elementi, in
materia di gestione delle acque, debbano rimanere di determinazione
nazionale, per la loro natura tecnica e per evidenti esigenze di
uniformita' sull'intero territorio nazionale. Sul punto che qui
rileva dispone l'art. 88 del d.lg.vo 112/1998, che si pone per
necessita' come norma interposta, a specificazione dei contorni
tracciati, su di un piano generalissimo, dall'art. 117 Cost. Non v'e'
dubbio che la disposizione regionale in esame sia in contrasto con
quanto stabilito da tale atto normativo, poiche' con essa, lungi dal
garantire una omogeneita' di condizioni di utilizzo compatibile della
risorsa idrica si crea una disomogeneita' che viola le finalita'
medesime della legge 36/1994.
6. - Nell'ottica delle precedenti considerazioni si ritiene
particolarmente censurabile la legge regionale in questione, la quale
viola altresi' il principio di leale collaborazione posto a
fondamento del nuovo ordinamento regionale creato con la legge cost.
3/2001, poiche' la possibilita' di affidamento diretto ed
incondizionato dei servizi pubblici locali concreta, oltre alla
violazione delle norme comunitarie richiamate, anche l'attuazione di
una politica contrastante ed addirittura contraria a quella adottata
dalla generalita' delle altre autorita' di governo; cosi' come
l'esercizio delle altre funzioni di governo indicate nell'articolo
8-sexies in materia di sistema idrico integrato si pone in potenziale
contrasto con una corretta gestione della risorsa, che in quanto
risorsa rara necessita di una gestione a tutti i livelli omogenea e
concordata. Tale separatezza di scelte gestionali e di governo dei
servizi relativi alla gestione del servizio idrico integrato e di
quello dei rifiuti urbani introduce nel sistema elementi di
disomogeneita' che contrastano con gli interessi generali perseguiti
e dalle, regioni e dallo Stato.
P. Q. M.
Si chiede che gli artt. 7 ed 8 della legge regionale
dell'Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, in parte qua, siano
dichiarati incostituzionali, poiche' in contrasto con l'art. 117
della Costituzione e con norme di legge ordinaria interposte.
Roma, addi' 26 marzo 2003.
L'Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli