Ricorso n. 39 del 20 settembre 2007 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 settembre 2007 , n. 39
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 settembre 2007 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 40 del 17-10-2007)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentatore difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente; Contro Regione Toscana, in persona del presidente della giunta regionale attualmente in carica, resistente, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 15, comma 2, 18, 20, commi 2 e 6, 21, 27, comma 2, 35, 37, 39, 41 della legge della Regione Toscana 13 luglio 2007, n. 38, recante "Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarita' del lavoro", pubblicata nel B.U.R. n. 20 del 18 luglio 2007. Nell'esercizio della propria competenza legislativa, la Regione Toscana ha emanato la legge regionale n. 38/2007 per dettare una disciplina organica in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Detta legge, che consta di ben 74 articoli, si dirige a tutti i soggetti appaltanti individuati come insistenti sul territorio regionale e si propone, nel dichiarato (ma, come si vedra', non attuato) rispetto della normativa statale di cui al decreto legislativo n. 163/2006, di applicarsi a tutti gli appalti pubblici, disciplinando l'attivita' dell'Osservatorio come strumento di monitoraggio e supporto, la sicurezza e la regolarita' sul e del lavoro con un sistema di controlli e verifiche valido sia per la fase dell'affidamento che per quella della esecuzione, la programmazione dell'attivita' contrattuale e la snellezza dei procedimenti. Punto qualificante della normativa regionale e' infine quello che riguarda la qualificazione, razionalizzazione e ed esemplificazione dell'attivita' amministrativa. Sennonche', alcune delle norme della legge regionale in questione non appaiono in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative nella materia. Ora, e' noto che la questione del riparto di competenza legislativa fra Stato e regioni in materia di affidamento ed esecuzione di commesse pubbliche ha avuto di recente un notevole contributo interpretativo ad opera delle sentenze n. 303 e 304 del 2003 e n. 345 del 2004 della Corte costituzionale, nonche' una precisa regolamentazione ad opera del c.d. "codice degli appalti" di cui al decreto legislativo n. 163/2006. In base ai principi desumibili dalle pronunce e dalle norme ora richiamate, e' possibile affermare che la materia degli appalti pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 della Costituzione - non appartiene per residualita' alla competenza legislativa delle regioni. Come affermato dalla Corte costituzionale a proposito dei lavori pubblici, ma con espressioni e concetti idonei a ricomprendere tutti gli appalti pubblici (e quindi anche servizi e forniture), "si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono, e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative dello Stato, ovvero a potesta' legislative concorrenti". Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici in tutti i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione, del finanziamento, della scelta del contraente, della sua qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie) si ha che ciascuno di essi puo' essere ricondotto all'ambito di legislazione cui appartiene la relativa materia, e di conseguenza puo' essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta' legislativa. Per grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene alla fase dell'affidamento dell'appalto - contenuto dei bandi di gara, criteri di aggiudicazione, disciplina della gara, qualificazione dei concorrenti - rientra nel generale concetto di regolamentazione della concorrenza e di regolazione del mercato (ed in questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria in materia, nonche' la ragione della predominanza di questa sulla normativa interna), regolamentazione che, in quanto tale, appartiene allo Stato in via esclusiva. In tal senso e' espressamente l'orientamento della Corte costituzionale, che ha affermato che l'acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni secondo le procedure ad evidenza pubbliche costituisce la concreta attuazione della pienezza dei rapporti concorrenziali. "Le procedure ad evidenza pubblica, anche alla luce delle direttive della comunita' europea (cfr. da ultimo, la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e servizi), hanno assunto un rilievo fondamentale per la tutela della concorrenza tra i vari operatori economici interessati alle commesse pubbliche. Viene in rilievo, a questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma, della Costituzione, secondo la quale spetta allo Stato legiferare in via esclusiva in tema di tutela della concorrenza" (Corte cost. n. 345/2004). E la ragione e' piu' che evidente e risiede nella insopprimibile esigenza che il mercato e le sue regole non soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili discipline, articolate secondo le differenziazioni del territorio regionale e ciascuna rispondente a finalita' politiche diverse, ed abbiano viceversa una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il territorio nazionale. La regione, dunque, non puo' emanare autonome norme di legge destinate a disciplinare le procedure di affidamento di contratti pubblici. Analogamente va ritenuto con riguardo ad altri aspetti della materie dei contratti pubblici, quali la sottoscrizione del contratto e la sua esecuzione, il subappalto, la disciplina delle controversie. E' infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene alla disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del loro adempimento, del loro inadempimento e delle relative conseguenze giuridiche (non a caso il contratto di appalto trova compiuta disciplina negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e' tradizionalmente ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche' speciale), e come tale rientra a pieno titolo nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato, cui spetta, sempre a norma dell'art. 117 della Costituzione, legiferare in tema di ordinamento civile e penale. Per quanto poi riguarda il subappalto, oltre alla gia' rilevata considerazione del suo appartenere all'ambito del diritto civile (art. 1656 c.c.). vi e' l'ulteriore e non meno rilevante aspetto dell'assoggettamento dell'istituto in questione a normativa speciale (la legge 19 marzo 1990, n. 55) di chiara ispirazione di ordine pubblico, e cio' costituisce ulteriore elemento per ricondurre la disciplina del subappalto nell'esclusiva signoria dello Stato, competente a legiferare sempre ai sensi dell'art. 117 della Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza. Le regioni pertanto non possono emanare norme proprie volte a regolare gli aspetti contrattuali degli appalti pubblici. Possono invece emanare norme dirette a disciplinare argomenti ed istituti che sono oggetto di competenza legislativa concorrente (programmazione, esercizio ed effetti dei poteri approvativi specialmente per quanto attiene all'ambito urbanistico ed espropriativo, ecc.) ma cio' nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle norme statali. Questo e' l'assetto delle competenze legislative nella materia degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture quale risulta dalla piu' corretta interpretazione dei principi costituzionali, e quale attualmente accolta nella piu' recente normativa emanata dallo Stato sul punto: l'articolo 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Sulla base di questi concetti e considerazioni preliminari e generali, la legge regionale n. 12/2006 che qui si impugna si presenta per molti versi esuberante rispetto alle linee di demarcazione della potesta' legislativa tra Stato e regioni tracciata dalla Costituzione, e sembra aver travalicato i limiti della competenza legislativa regionale in materia. Cio' e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente, in relazione a molteplici norme, che di seguito si elencano e si censurano. 1) Articolo 15, comma 2, in relazione all'art. 117, secondo comma, della Costituzione. La disposizione in parola prevede che, ove l'offerta risultata provvisoriamente aggiudicataria di una gara non sia stata nel corso della procedura sottoposta alla valutazione di anomalia, essa deve comunque sottostare ad una verifica di congruita' da parte della stazione appaltante relativamente - e limitatamente - alla componente riferita al costo della manodopera, o per gli appalti di servizi al costo della sicurezza. La disciplina e' diversa da quella dettata dallo Stato nell'ambito della propria competenza esclusiva con gli articoli 86 e 122 del decreto legislativo n. 163/2006. Secondo le norme di fonte statale, infatti, nelle gare per l'affidamento di contratti di valore superiore alla soglia comunitaria le stazioni appaltanti valutano (cioe', "devono valutare") l'anomalia delle offerte che si collocano al di la' di un certo valore preventivamente stabilito, ma "possono" valutare la congruita' di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa; nelle gare per l'affidamento di contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria, quando esse si aggiudicano con il criterio del massimo ribasso, la stazione appaltante "puo" prevedere nel bando che il giudizio di anomalia sia affidato ad un meccanismo automatico che si attua - senza alcuna valutazione di merito - con l'esclusione delle offerte collocate al di la' del valore di sospetto. Il che significa che, nella riforma degli appalti pubblici ispirata dal recepimento delle recenti direttive comunitarie, il legislatore italiano ha abbandonato la secca corrispondenza "gare soprasoglia/verifica di anomalia - gare sottosoglia/esclusione automatica" che era stata una delle (sofferte) caratteristiche della legge "Merloni", lasciando alla singola stazione appaltante un notevole margine di discrezionalita' da esercitarsi, ovviamente, caso per caso. In sostanza, nelle gare sopra soglia l'amministrazione puo' sottoporre a verifica di congruita' qualunque offerta che in base ad elementi "specifici" si presenti sospetta, ed in particolar modo quella che - nell'eventuale ipotesi di giudizio negativo su tutte quelle collocate nell'area di sospetto - si presenti come la prima "non anomala" e quindi destinataria dell'aggiudicazione per l'esclusione delle altre precedenti in graduatoria. Nelle gare sotto soglia l'amministrazione puo' o avvalersi del criterio dell'esclusione automatica, senza evidentemente poter procedere ad alcun giudizio di congruita' sulla prima delle offerte superstiti, oppure procedere alla verifica di anomalia secondo la regola ordinaria. In tutti i casi, tuttavia, la valutazione di congruita' investe l'offerta nella sua integralita', senza limitazione a questa piuttosto che a quella voce di prezzo. La norma regionale invece non lascia alcuna liberta' alla singola stazione appaltante, che deve valutare "comunque" la congruita' dell'offerta se gia' non sottoposta alla verifica di anomalia (e quindi senza alcun apprezzamento da condurre caso per caso in relazione alle particolarita' della prestazione o alla specificita' di taluni elementi), ed inoltre la valutazione e' incompleta perche' non e' su tutta l'offerta nel suo complesso ma investe solo la componente del costo del lavoro o della sicurezza. Ora, e' noto ed acquisito nell'ordinamento che la disciplina dell'anomalia dell'offerta e la procedura per la relativa verifica di merito appartengono alla materia della concorrenza, sin da quando la giurisprudenza comunitaria ebbe a censurare le norme nazionali che quella procedura limitavano o rendevano inadeguata (a partire da Corte di giustizia CEE 27 giugno 1989 in causa n. 143/1994 tra il comune di Milano e l'impresa Costanzo). E poiche' a norma dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione spetta allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza (Corte cost. n. 345/2004 citata), la regione non puo' dettare norme in tale ambito, o comunque non ne puo' dettare di portata e contenuto difforme da quelle fissate dalla normativa statale. 2) Articolo 18, in relazione all'art. 117, secondo comma, della Costituzione. La disposizione in parola prevede il pagamento diretto a carico della stazione appaltante delle retribuzioni del personale del subappaltatore in caso di ritardo nel pagamento da parte dell'appaltatore del corrispettivo del subappalto. La norma differisce notevolmente dalla previsione statale nella stessa materia, che (articolo 118 del decreto legislativo n. 163/2006 come modificato dal secondo decreto correttivo n. 113/2007) lascia alla stazione appaltante la scelta - da preventivamente esplicitare nel bando - tra il pagamento diretto ai subappaltatori degli importi ad essi spettanti per le prestazioni svolte, e il mero controllo sui pagamenti effettuati dall'appaltatore ai propri subappaltatori tramite la verifica delle quietanze da questi ultimi rilasciate. La differenza tra l'uno e l'altro regime e' evidente. La norma statale non effettua alcuna distinzione tra il corrispettivo di subappalto e la parte di quel corrispettivo che il subappaltatore destina al pagamento delle retribuzioni della propria mano d'opera. La sola sanzione che la legge statale contempla in caso di inadempimento dell'appaltatore nel pagamento di quanto dovuto al subappaltatore, qualora ovviamente non sia seguita la via del pagamento diretto, consiste nella sospensione dei pagamenti da parte della stazione appaltante. E del resto, l'alterazione della regola ordinaria comporta un'indebita intromissione della stazione appaltante nel sinallagma del contratto di subappalto, che funziona a prescindere dalle ragioni che possano avere indotto le parti ad adempiere o meno alle proprie obbligazioni, e che si traduce in un'attenuazione della posizione contrattuale della stazione appaltante, costretta ad erogare somme a prescindere dall'adempimento o meno dell'appaltatore e/o del subappaltatore in relazione alla prestazione principale. E' noto che la materia del subappalto attiene all'ambito dei rapporti di diritto civile, come tale di stretta competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione dal momento che la regola dei contratti non puo' essere diversa a seconda della regione in cui e' nata o deve essere eseguita l'obbligazione; in tale ambito la regione non puo' dettare norme proprie di contenuto e di portata diversa da quelle di diritto statale. 3) Articolo 20, commi 2 e 6, in relazione all'art. 117 della Costituzione. L'art. 20 della denunziata legge regionale prevede al comma 2 il divieto per le imprese che hanno partecipato alla gara di rendersi poi subappaltatrici dell'impresa aggiudicataria. Dopo lunga discussione dottrinaria e giurisprudenziale sul punto (vi e' stato chi ritiene non esservi ostacolo alcuno, una volta conclusa la gara, e vi e' stato chi ritiene esservi preclusione derivante dal principio di segretezza delle offerte) la legge nazionale ha scelto di non fissare alcun divieto in materia; ed infatti, l'art. 118 del decreto legislativo n. 163/2006 non contiene alcuna previsione di incompatibilita' tra la partecipazione alla gara e la veste di subappaltatore. Si tratta di una scelta che incide nell'ambito della libera concorrenza e sulle regole della gara, notoriamente di competenza legislativa esclusiva dello Stato, che e' naturalmente sottoposta eventualmente al vaglio successivo della giurisprudenza, ma sulla quale la regione non puo' intervenire con una propria disposizione che opti per una soluzione piuttosto che per un' altra. Lo stesso articolo 20, al comma 6, limita il ricorso al subappalto alle sole prestazioni che rivestono carattere di specializzazione nella categoria di riferimento. La norma statale invece (art. 118, comma 2, del decreto legislativo n. 163/2006) non contiene alcun limite in tal senso, prevedendo anzi - in coerenza con i principi comunitari - che tutte le prestazioni e lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano e qualsiasi sia la loro natura ed il loro grado di specializzazione, siano liberamente subappaltabili, salvi i divieti ex lege e comunque con rimando alla successiva disciplina regolamentare relativamente all'individuazione della quota subappaltabile nell'ambito della categoria prevalente. Anche a questo proposito e' evidente l'indebita intromissione del potere legislativo esercitato dalla regione Toscana. L'individuazione di limiti alla facolta' di avvalersi del subappalto comporta conseguenze si diversi piani: quello della qualificazione degli appaltatori, che deve sussistere in proprio per tutte le prestazioni (nel caso della Toscana molte di piu' rispetto alla regola generale) non suscettibili di essere subappaltate; quello delle regole della gara (inciso da una forte limitazione alla possibilita' di partecipazione, con restringimento del numero di possibili partecipanti); quello del contenuto dei contratti di subappalto. In tutti i sensi ne viene ad essere compresso (detto per incidens: senza alcuna giustificazione di interesse pubblico che posa sorreggere la scelta) il principio della concorrenza, fortemente limitato quantitativamente e qualitativamente sia relativamente agli appaltatori sia relativamente ai possibili subappaltatori. Ma anche a questo proposito va ricordato che le materia della qualificazione (ossia dell'accesso al mercato), delle regole della gara, del subappalto, e della concorrenza in genere appartengono alla signoria dello Stato e non possono essere oggetto di difforme disciplina regionale. 4) Articolo 21, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La norma della legge regionale detta disposizioni in materia di redazione di piani di sicurezza. I casi in cui e' obbligatoria la redazione del piano di sicurezza, i contenuti di detto piano e le modalita' di sua redazione, aggiornamento ed integrazione sono disciplinati dalla normativa statale (art. 31 del decreto legislativo n. 163/2006 e soprattutto decreto legislativo n. 494/2006) anche in funzione del recepimento delle direttive comunitarie, e sono di competenza dello Stato; la legislazione regionale puo' tutt'al piu' avere portata concorrente, senza tuttavia poter dettare una disciplina difforme da quella contenuta nella legge dello Stato. 5) Articolo 27, comma 2, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La disposizione della legge regionale prevede un divieto di affidamento in economia (ossia a trattativa privata) per i lavori ed i servizi "ad alto rischio", demandando alla successiva regolamentazione amministrativa la definizione delle prestazioni suscettibili di essere cosi' definite. Nessuna disposizione di questo tipo si rinviene nella normativa statale, contenuta nell'art. 125 del decreto legislativo n. 163/2006. A prescindere dal grado di indeterminatezza della disposizione e dalla idoneita' (dubbia) della successiva fonte regolamentare a compiere la concreta specificazione del precetto, si deve rilevare come la norma regionale si traduce in una autonoma ed originale limitazione dei casi nei quali l'amministrazione puo' procedere ad affidamento diretto dei contratti. Ora, e' evidente che se il "rischio" cui si riferisce la norma regionale attiene ad una valutazione della prestazione contrattuale in termini di pubblica sicurezza (ad oggi, dato il rinvio, non e' dato comprendere il fine del legislatore toscano), si tratta di una prescrizione che incide sul piano delle misure di ordine pubblico e di polizia che sono di pacifica ed esclusiva competenza dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione. Ma e' altresi' evidente che, a prescindere dalla considerazione appena formulata, ogni disposizione che amplia o limita i casi di affidamento diretto dei contratti si traduce in un condizionamento delle regole della gara e quindi si riflette sul terreno della concorrenza. Anche questo ambito, come piu' volte rilevato, e' di esclusiva competenza legislativa statale. 6) Articolo 35, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La norma regionale interviene in materia di cause di esclusione dalle (di mancata ammissione alle) gare dettando una disciplina del tutto diversa da quella statale contenuta nell'art. 38 del decreto legislativo n. 163/2006. La disposizione che qui si censura prevede un divieto quinquennale di partecipazione alle procedure di affidamento per le imprese che siano incorse in determinati comportamenti, mentre la norma statale non fissa alcun limite di durata. Si tratta in sostanza di una sorta di incapacita' temporale a contrarre con le stazioni appaltanti toscane che gia' di per se' - in quanto tale - non potrebbe avere portata e contenuti autonomi dalla regola nazionale. Anche i casi di divieto sono inammissibilmente diversi. La norma toscana (richiamando l'art. 19 della stessa legge) sanziona le imprese che siano incorse in gravi violazioni agli obblighi assicurativi, previdenziali e retributivi nei confronti del proprio personale impiegato nell'esecuzione di precedente appalto disciplinato dalla legge regionale; si tratta di una previsione indebitamente limitativa rispetto alla norma statale, che esclude le imprese dalle gare se incorse comunque e dovunque in violazione degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, o stabiliti dalle norme previdenziali e assistenziali sia nazionali che dell'ordinamento di provenienza. La norma toscana, in forza del medesimo richiamo, sanziona le imprese che abbiano violato le prescrizioni dei piani di sicurezza o non abbiano cooperato all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione, o non abbiano coordinato gli interventi di prevenzione e protezione; si tratta di una previsione limitativa e diversa dalla corrispondente prescrizione statale, che esclude dalle gare le imprese che abbiano commesso qualunque infrazione, purche' grave e debitamente accertata, alle norme in materia di sicurezza. La norma regionale esclude dalle gare le imprese che abbiano impiegato personale non allibrato o comunque non regolare, ma identica sanzione non si rinviene nella legge statale. La norma regionale esclude dalle gare le imprese che non abbiano assolto l'obbligo di informazione relativamente agli atti di intimidazione eventualmente ricevuti al fine di condizionare l'esecuzione del contratto. Si tratta di una sanzione, commendevole forse nei fini, ma del tutto estranea rispetto ai casi di esclusione previsti dalle norme statali. Infine la norma regionale, al comma 2, commina l'esclusione biennale dalle gare per le imprese che non abbiano provveduto al restare la cauzione provvisoria. Anche qui, a prescindere dalla illegittimita' della previsione di una durata, si tratta di una situazione preclusiva assolutamente ignota alla legislazione statale. Ora, e' noto che la materia delle cause di esclusione dalle gare attiene all'accesso al mercato, sia che la si voglia considerare sotto l'aspetto meramente fiduciario (cioe' attinente a tutte le situazioni capaci di incidere, attenuandolo, sul rapporto tra amministrazione e contraente privato), sia invece che la si voglia ritenere di piu' marcata natura sanzionatoria; in entrambi i casi essa appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche in attuazione delle direttive comunitarie, perche' costituisce regola di tutela della corretta concorrenza. E ad analoga conclusione deve pervenirsi considerando la questione come pertinente alla capacita' contrattuale, perche' - sotto diverso aspetto - si tratterebbe comunque di materia spettante alla legislazione statale. La legge regionale non puo' interferire in questo ambito, sia che sostituisca le norme dello Stato con proprie norme, sia che ritenga di voler integrare le norme dello Stato. In altri termini non possono essere consentite regole regionali diverse o ulteriori rispetto a quelle valide su tutto il territorio nazionale per effetto della fonte legislativa dello Stato. 7) Articolo 37, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La norma in questione prevede che nei contratti di forniture e servizi la prestazione della cauzione provvisoria a corredo dell'offerta sia soltanto facoltativa, restando obbligatoria solo la cauzione definitiva. La norma contrasta con la regola dettata dallo Stato (articolo 75 del decreto legislativo n. 163/2006) che invece prevede sempre che la serieta' dell'offerta sia garantita con una cauzione provvisoria, destinata anche a salvaguardare il rispetto degli obblighi esistenti in gara. Mentre la norma sulla cauzione definitiva riguarda l'aspetto dell'adempimento delle obbligazioni, e quindi attiene alla materia contrattuale, la norma sulla cauzione provvisoria riguarda le regole della gara, e quindi e' di competenza esclusiva dello Stato perche' funzionale alla tutela della concorrenza, che deve essere assicurata con i medesimi contenuti su tutto il territorio nazionale; non si puo' in altri termini consentire che vi siano aree in cui la posizione degli offerenti e' economicamente ed amministrativamente piu' leggera, ed aree nelle quali invece la partecipazione alla gara e' piu' onerosa, che vi siano qui concorrenti non gravati da responsabilita' (la cauzione provvisoria funziona infatti da deterrente rispetto alle violazioni dei precetti di gara o dell'obbligo di sottoscrivere il contratto), e la' concorrenti che rispondonos matrimonialmente del proprio comportamento in gara. 8) Articolo 39, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La norma regionale ora indicata prevede che non tutti i concorrenti alle gare debbano corredare l'offerta delle giustificazioni necessarie, ma che vi debbano provvedere (a richiesta) solo i concorrenti da assoggettare a verifica di anomalia. La norma in questione contrasta con la legge nazionale che invece prevede che la presentazione delle giustificazioni a corredo dell'offerta sia preventiva (ossia accompagni l'offerta sin dal momento della sua presentazione) e la impone a tutti i concorrenti in gara. Si tratta di una prescrizione specificamente italiana, che risponde ad esigenze di celerita' e di responsabilizzazione dei concorrenti, e che e' stata ritenuta non contraria ai principi comunitari dalla Corte di giustizia CEE. Probabilmente la legge regionale ha inteso alleggerire gli adempimenti a carico delle imprese partecipanti, ma - come sopra ricordato a proposito della denuncia dell'art. 15 della stessa legge toscana - le regole della gara e la tutela della concorrenza, cui appartiene la procedura di verifica dell'anomalia dell'offerta, appartengono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e non possono essere oggetto di difforme legge regionale. 9) Articolo 41, in relazione all'art. 117 della Costituzione. La norma della legge regionale in esame prevede come solo facoltativa l'ipotesi di subentro di altro concorrente nel contratto di appalto sciolto per fallimento dell'appaltatore o risolto per suo inadempimento. La norma statale invece (art. 140 del decreto legislativo n. 163/2006), nel caso di appalto di lavori, prevede come obbligatorio l'inserimento nel bando di gara della possibilita' di interpello degli altri concorrenti classificati ai fini del subentro. Ora, se la si considera sotto l'aspetto della successione del contratto di appalto, la fattispecie appartiene al diritto civile e deve essere regolata necessariamente dalla legge nazionale. Se invece la si considera sotto l'aspetto dell'affidamento (ad altro concorrente collocato in graduatoria), la fattispecie appartiene alle regole della gara, ed ugualmente deve essere regolata necessariamente in via esclusiva dal legislatore statale. In entrambi i casi la legge regionale e' indebitamente invasiva della sfera statale, ed pertanto costituzionalmente illegittima.
P. Q. M. Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, impugna le norme in epigrafe indicate e conclude affinche' gli articoli 15, comma 2, 18, 20, commi 2 e 6, 21, 27, comma 2, 35, 37, 39, 41 della legge della Regione Toscana 13 luglio 2007, n. 38, recante "Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarita' del lavoro", pubblicata nel B.U.R. n. 20 del 18 luglio 2007 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi per contrasto con l'art. 117 della Costituzione. Roma, addi' 13 settembre 2007 L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini