Ricorso n. 39 del 6 marzo 2015 (Regione Marche)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 marzo 2015 (della Regione Marche).
(GU n. 16 del 2015-04-22)
Ricorso della Regione Marche, in persona del presidente pro
tempore della giunta regionale dott. Gian Mario Spacca, a cio'
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 115 del 23
febbraio 2015, rappresentato e difeso dall'avv. Alfonso Papa
Malatesta del Foro di Roma (PEC:
…) e dall'avv. Paolo Costanzi,
dirigente della P.F. coordinamento dell'Avvocatura della regione
Marche, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in
Roma, piazza Barberini n. 12, come da mandato a margine del presente
atto;
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 552 e 554, della legge 23 dicembre
2014, n. 190 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)], pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2014, n. 300 (supplemento ordinario n.
99), per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 118, primo
comma, della Costituzione.
1. - In relazione al comma 552.
1.1. - Premessa.
Il comma 552 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014 apporta le
seguenti modificazioni all'art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012
(come convertito in legge):
i) introduce al comma 2, dopo le parole «per le infrastrutture e
insediamenti strategici di cui al comma 1», le parole «nonche' per le
opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento
degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali
costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento
di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di fuori del
perimetro delle concessioni di coltivazione», e dopo la parola:
«autorizzazioni», le parole: «, incluse quelle» (lettera a);
ii) introduce i commi 3-bis e 3-ter dopo il comma 3 (lettera b).
A seguito di tale intervento, dunque, l'art. 57, comma 2, del
decreto-legge n. 5 del 2012 cosi' dispone: «Fatte salve le competenze
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano e le normative in materia ambientale, per le
infrastrutture e insediamenti strategici di cui al comma 1, nonche'
per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al
trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie,
ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo
sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di
fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione, le
autorizzazioni incluse quelle previste all'art. 1, comma 56, della
legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciate dal Ministero dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti limitatamente agli impianti industriali strategici e
relative infrastrutture, disciplinati dall'art. 52 del Codice della
navigazione, d'intesa con le regioni interessate». Puo' essere il
caso di precisare che gli «interventi strategici di cui al comma 1»
ai quali si riferisce tale disposizione concernono gli stabilimenti
di lavorazione e di stoccaggio, nonche' i depositi costieri di oli
minerali, i depositi di carburante per aviazione siti all'interno del
sedime aeroportuale, i depositi di stoccaggio di oli minerali, gli
oleodotti, nonche' gli impianti per l'estrazione di energia
geotermica.
Il comma 3-bis, a sua volta, prevede che, nel caso di mancato
raggiungimento dell'intesa di cui al citato comma 2, si provveda «con
le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto
2004, n. 239, nonche' con le modalita' di cui all'art. 14-quater,
comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241».
Il successivo comma 3-ter, infine, disciplina gli effetti
dell'autorizzazione rilasciata secondo le modalita' sopra descritte.
Come si vede, il testo previgente dell'art. 57, comma 2, del
decreto-legge n. 5 del 2012 avocava in sussidiarieta' allo Stato lo
svolgimento di funzioni amministrative di natura autorizzatoria nella
materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia», nonche' in quelle del «governo del territorio» e dei
«porti e aeroporti civili», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.
Si tratta, come e' noto, di materie di competenza concorrente, nelle
quali l'avocazione in sussidiarieta' allo Stato di specifiche
funzioni amministrative - e della relativa disciplina normativa -
sono realizzabili, per ormai costante giurisprudenza costituzionale,
soltanto ove la disciplina statale che opera tale avocazione preveda
una intesa con la singola regione interessata. Gia' a partire dalla
sent. n. 303 del 2003, infatti, la Corte costituzionale ha
evidenziato che «per giudicare se una legge statale che occupi questo
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca
invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra
lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia subordinata
l'operativita' della disciplina» (par. 4.1. del Considerato in
diritto).
Come si e' visto, il comma 2 piu' sopra citato, in effetti,
prevede espressamente la necessarieta' dell'intesa con la singola
regione interessata ai fini del rilascio dei provvedimenti
autorizzatori. L'odierna ricorrente non intende affermare
l'irragionevolezza della valutazione di adeguatezza-inadeguatezza dei
livelli sub-statali rispetto allo svolgimento delle specifiche
funzioni amministrative attratte in sussidiarieta', ritenendo dunque
le proprie ragioni adeguatamente tutelate dalla menzionata previsione
dell'intesa, nel testo precedente all'entrata in vigore del comma 552
della legge n. 190 del 2014.
La modifica del comma 2 dell'art. 57 del decreto-legge n. 5 del
2012, operata dal comma 552 e sopra richiamata, d'altra parte, si
limita ad avocare in sussidiarieta', nell'ambito del medesimo
procedimento ivi previsto, altre funzioni autorizzatorie ricadenti
anch'esse nelle materie della «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia», del «governo del territorio» e dei «porti e
aeroporti civili». Dal momento che il comma 2, nel testo ad oggi
vigente, prevede la necessarieta' dell'intesa anche per l'esercizio
di tali funzioni, la regione ricorrente non ritiene di dover
esprimere alcuna doglianza a questo specifico riguardo.
1.2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 552,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto, introducendo il comma
3-bis all'art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012, che prevede la
possibilita' di superare il mancato raggiungimento dell'intesa di cui
al precedente comma 2 «con le modalita' di cui all'art. 1, comma
8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nonche' con le modalita'
di cui all'art. 14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n.
241», lede le competenze legislative della regione in materia di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di
«porti e aeroporti civili» e di «governo del territorio», nonche' le
competenze amministrative che alla medesima spettano in base al
principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del
2003.
1.2.1. - Ben diverse sono le considerazioni che e' necessario
spendere per quella parte del comma 552 che introduce il comma 3-ter
nell'art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012. Tale disposizione
prevede un vero e proprio meccanismo - a carattere sostanzialmente
unilaterale - di superamento del mancato raggiungimento dell'intesa
nell'ambito della procedura volta allo svolgimento delle funzioni
attratte in sussidiarieta' nel precedente comma 2, cosi' come
integrato dal medesimo comma 552 dell'art. 1 della legge n. 190 del
2014, su cui ci si e' soffermati piu' sopra. Il citato comma 3-ter,
infatti, prevede che, nel caso di mancato raggiungimento dell'intesa,
si provveda ai sensi dell'art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto
2004, n. 239, e ai sensi dell'art. 14-quater, comma 3, della legge 7
agosto 1990, n. 241.
Il rinvio a due diverse discipline normative richiede, in sede
interpretativa, un coordinamento tra le medesime.
L'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 cosi' dispone:
«Fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto
ambientale, nel caso di mancata espressione da parte delle
amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque
denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente
articolo, entro il termine di centocinquanta giorni dalla richiesta
nonche' nel caso di mancata definizione dell'intesa di cui al comma 5
dell'art. 52-quinquies del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di cui
all'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93,
il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere
entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore
inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate, lo
stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede
in merito con la partecipazione della regione interessata». Come si
vede, si tratta di un meccanismo di superamento della mancata intesa
caratterizzato da forti accenti di unilateralita'. L'art. 14-quater,
comma 3, della legge n. 241 del 1990, invece, prevede un procedimento
nel cui ambito sono necessarie piu' articolate trattative, destinato
tuttavia a concludersi, nel caso della permanenza del dissenso, con
una «deliberazione del Consiglio dei ministri» da adottare «con la
partecipazione dei presidenti delle regioni o delle province autonome
interessate». Anche in questo caso dunque, nonostante la maggior
attenzione alla collaborazione con la regione interessata, la
disciplina in questione prevede un superamento sostanzialmente
unilaterale della mancata intesa. Quanto all'ambito di applicazione,
tale procedimento e' prescritto per il caso in cui «venga espresso
motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica
incolumita'».
Dal combinato disposto delle norme evocate si desume dunque
quanto segue:
i) la norma generale, in caso di mancato raggiungimento
dell'intesa in relazione al singolo procedimento autorizzatorio
rientrante nelle previsioni dell'art. 57, comma 2, del decreto-legge
n. 5 del 2012, e' quella che fa rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della
legge n. 239 del 2004;
ii) la norma speciale, da applicare solo ed esclusivamente nei
casi in cui le regioni intendano far valere proprie funzioni
amministrative incidenti sulla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, sul patrimonio storico-artistico o sulla
tutela della salute e della pubblica incolumita', prescrive invece
l'applicazione della procedura disciplinata dall'art. 14-quater,
comma 3, della legge n. 241 del 1990.
Tale assetto normativo deve ritenersi incostituzionale per, le
seguenti ragioni.
1.2.2. - In relazione alla norma generale sub i), e' possibile
osservare quanto segue.
La procedura di superamento della mancata intesa cui fa rinvio,
per quel che qui interessa, il comma 3-ter dell'art. 57 del
decreto-legge n. 5 del 2012, nel testo oggi in vigore, si limita a
prevedere un ulteriore invito a provvedere entro trenta giorni, e -
in fine - il semplice deferimento della decisione ad un atto
unilaterale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con la mera
«partecipazione» della regione interessata. Tale norma non rispetta i
criteri imposti al legislatore statale dalla giurisprudenza
costituzionale ai fini della disciplina di una mancata intesa, ove
questa sia resa necessaria dal paradigma della c.d. «sussidiarieta'
legislativa», e pertanto deve ritenersi in contrasto con gli articoli
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
In particolare, rileva qui innanzi tutto la sentenza di questa
Ecc.ma Corte n. 239 del 2013, che ha scrutinato proprio il meccanismo
di superamento dell'intesa di cui al citato art. 1, comma 8-bis,
della legge n. 239 del 2004, cui fa rinvio la norma che qui si
contesta. Tale decisione ha chiarito, al di la' di ogni possibile
dubbio, che il procedimento «a forte unilateralita'» di cui sopra,
culminante in una decisione del Presidente del Consiglio dei
ministri, si deve ritenere costituzionalmente legittimo solo in
quanto non venga predisposto al fine di superare mere «divergenze»
tra le parti, bensi' a far fronte ai casi - che gia' di per se stessi
rappresentano una violazione, da parte regionale, del principio di
leale collaborazione - in cui la regione interessata si limiti ad
adottare «condotte meramente passive».
L'art. 1, comma 552, della legge n. 190 del 2014, nell'aggiungere
il comma 3-ter dell'art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012, dispone
invece l'applicabilita' di queste procedure a carattere unilaterale a
tutti i casi in cui manchi un'intesa, e dunque anche al superamento
dello stallo derivante da divergenze tra le parti, non imputabili in
alcun modo a comportamenti meramente «inerti» della regione,
configurandole anzi quali procedure generali per far fronte al
mancato raggiungimento dell'intesa, rimanendo esclusi solo i casi
della «norma speciale» sub ii). E' noto che, nella sent. n. 33 del
2011, questa Ecc.ma Corte ha evidenziato che il legislatore statale
puo' predisporre meccanismi di superamento del mancato raggiungimento
dell'intesa dovuto a divergenze sostanziali tra le parti. Questa,
stessa Corte ha tuttavia ritenuto che tali meccanismi possono
aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo ove
garantiscano lo svolgimento di reiterate trattative tra le parti in
un contesto di paritarieta' tra di esse, al limite devolvendo la
decisione ad un organo terzo. In particolare, la normativa allora
scrutinata e' stata ritenuta non contrastante con le norme
costituzionali rilevanti sul punto solo in quanto predisponeva
«l'attivazione di un procedimento volto a consentire lo svolgimento
di ulteriori trattative attraverso la costituzione di un soggetto
terzo nominato dalle parti in modo paritario».
Non vi e' dubbio che la disposizione introdotta dal comma 552
dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014, qui in discussione, non
risponde a tali caratteristiche, ed infatti la citata sent. n. 239
del 2013 ha ritenuto che il meccanismo di superamento dell'intesa di
cui al menzionato comma 8-bis potesse andare indenne dalle censure di
incostituzionalita' solo a patto di intenderlo come riferito
esclusivamente ai casi in cui la mancanza dell'intesa dipende da una
inerzia regionale contrastante con l'obbligo di leale cooperazione
tra gli enti che compongono la Repubblica.
Per quel che qui specificamente interessa, dunque, tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale, per violazione degli
articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in
cui prevede l'applicazione della procedura di superamento della
mancata intesa di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del
2004 anche ad ipotesi in cui lo stallo decisionale dipenda da
divergenze sostanziali tra le parti e non esclusivamente a «condotte
meramente passive delle amministrazioni regionali», come chiarito
dalla sent. n. 239 del 2013 di questa Corte.
1.2.3. - In relazione alla norma speciale sub ii), si impongono
invece le seguenti considerazioni.
L'odierna ricorrente non intende negare che - in considerazione
della peculiare rilevanza degli interessi incidenti sulla tutela
ambientale e paesaggistico-territoriale, sul patrimonio
storico-artistico o sulla tutela della salute e della pubblica
incolumita' di cui in ipotesi siano portatrici - in base alla
normativa che qui si censura, le regioni devono essere coinvolte in
un procedimento di piu' articolate trattative da parte
dell'amministrazione statale. Tale «maggior coinvolgimento»,
tuttavia, non e' affatto sufficiente a far si' che la disposizione in
esame possa passare indenne il vaglio di legittimita' costituzionale.
Appare dirimente al riguardo la considerazione secondo la quale,
anche in questo caso, ove permangano le divergenze tra quest'ultima e
la regione interessata, la decisione e' infine attribuita ad un atto
unilaterale dello Stato, adottato con una deliberazione del Consiglio
dei ministri, con la mera «partecipazione» del presidente dell'ente
regionale (o provinciale speciale) specificamente interessato.
Anche in questa ipotesi, dunque, la previsione di una procedura
di «superamento unilaterale» della mancata intesa rappresenta - in
realta' - una vera e propria negazione della medesima. Nonostante la
disposizione in esame preveda lo svolgimento di «reiterate
trattative», a differenza di quanto accade per la «norma generale»
sub i), i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale (ed
in particolare dalla gia' citata sent. n. 33 del 2011) affinche' la
disciplina volta al superamento della mancata intesa superi il vaglio
di costituzionalita' non sono rispettati, poiche' l'attribuzione
della decisione finale ad un atto unilaterale dello Stato rende del
tutto inesistente quel «contesto di paritarieta'» richiesto da tale
giurisprudenza. In particolare, non vi e' chi non veda come la norma
qui contestata predisponga un procedimento per nulla «volto a
consentire lo svolgimento di ulteriori trattative attraverso la
costituzione di un soggetto terzo nominato dalle parti in modo
paritario», come invece richiede la sent. n. 33 del 2011.
L'incostituzionalita' della previsione qui esaminata risulta
pianamente da una ulteriore considerazione. La sent. n. 303 del 2003,
al par. 8 del considerato in diritto, ha ritenuto di dover respingere
le censure di illegittimita' costituzionale proposte da parte
regionale nei confronti di una norma statale che prevedeva lo
svolgimento di una funzione amministrativa in materia di competenza
legislativa concorrente con il coinvolgimento della regione
interessata nell'esercizio della medesima tramite un meccanismo di
collaborazione organica analogo a quello predisposto dall'art.
14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. Si noti, tuttavia,
che tale «livello» di collaborazione e' stato ritenuto sufficiente
dalla giurisprudenza costituzionale nel richiamato frangente solo ed
esclusivamente perche' la funzione amministrativa ivi considerata era
attuativa di un piano di individuazione di opere in relazione al
quale, secondo la medesima sent. n. 303, era costituzionalmente
necessario acquisire l'intesa, la cui mancanza non era superabile in
alcun modo, della regione interessata da ogni singola opera. Risulta
dunque evidente che, per i principi reperibili nella giurisprudenza
costituzionale, il «livello» di collaborazione con la regione
interessata dallo specifico procedimento autorizzatorio predisposto
dalla «norma speciale» sub ii) di cui all'art. 1, comma 552, della
legge n. 190 del 2014, sia del tutto inadeguato, poiche' potrebbe
essere ritenuto giustificato solo ove vi fosse, a monte, la
preventiva acquisizione di una intesa con la singola regione rispetto
alla quale la funzione amministrativa de qua avesse un ruolo
attuativo. Cio', chiaramente, non e' nel caso che qui interessa.
Di qui, dunque, l'incostituzionalita' dell'art. 1, comma 552,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., anche nella parte in cui prevede il
procedimento unilaterale di superamento della mancata intesa di cui
all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990.
2. - In relazione al comma 554.
2.1. - Premessa.
Il comma 554 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014 dispone la
sostituzione dell'art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge n. 133 del
2014, come convertito in legge dalla legge n. 164 del 2014, con il
seguente testo: «Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio
decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di cui al comma 1. Il piano, per le attivita'
sulla terraferma, e' adottato previa intesa con la Conferenza
unificata. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, si provvede
con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge 23
agosto 2004, n. 239. Nelle more dell'adozione del piano i titoli
abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme
vigenti prima della data di entrata in vigore della presente
disposizione». Il precedente comma 1 del decreto-legge n. 133 del
2014, cui la disposizione citata rinvia, prevede che «al fine di
valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza
degli approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio
sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse
strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili».
Come si vede, la disposizione in questione attribuisce al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre, con
proprio decreto e sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, «un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita'», sulla terraferma «di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale». Il testo del decreto-legge n. 133 del 2014, cosi' come
esitato dalla legge di conversione, non individuava alcuna procedura
collaborativa, ne' con le singole regioni, ne' con qualunque altra
istituzione espressione del sistema delle autonomie, che dovesse
essere obbligatoriamente seguita per giungere all'approvazione del
predetto piano. Questa disposizione e' stata impugnata dalla regione
Marche, in relazione al periodo in cui e' stata in vigore prima della
proposizione del relativo ricorso (iscritto al reg. ric. n. 4/2015),
ed il giudizio e' attualmente pendente presso questa Ecc.ma Corte.
La modifica introdotta dal comma 554 dell'art. 1 della legge n.
190 del 2014, invece, prevede la necessaria acquisizione dell'intesa
con la Conferenza unificata e, in caso di mancato raggiungimento di
tale intesa, l'applicazione della procedura prevista dall'art. 1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004. Nonostante l'esplicita
introduzione del menzionato strumento collaborativo, anche tali
previsioni devono ritenersi incostituzionali, in ragione della
violazione degli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma,
Cost., per le seguenti ragioni.
2.2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre un «piano
delle aree in cui sono consentite le attivita' di cui al comma 1»
ossia delle attivita', di «prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza unificata - per di piu'
per le sole attivita' sulla terraferma - anziche' la necessaria
acquisizione dell'intesa con ciascuna regione territorialmente
interessata ad ogni attivita', anche destinata a svolgersi nel mare
continentale, per violazione delle competenze legislative regionali
in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia» e di «governo del territorio», nonche' delle competenze
amministrative che alla medesima spettano in base al principio di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.
2.2.1. - Le materie sulle quali interviene la disposizione che
qui si censura sono, evidentemente, quelle della «produzione, [del]
trasporto e [della] distribuzione nazionale dell'energia», nonche'
del «governo del territorio», affidate, come e' noto, alla competenza
legislativa regionale entro i limiti dei principi fondamentali della
legge dello Stato in base all'art. 117, terzo comma, Cost.
La ben nota sent. n. 303 del 2003 della Corte costituzionale -
seguita dalla altrettanto conosciuta sent. n. 6 del 2004 - ha
chiarito al di la' di ogni possibile dubbio quali sono le condizioni
che la legge statale che intervenga ad avocare al centro funzioni
amministrative in materie di competenza legislativa concorrente,
provvedendo anche a regolarne l'esercizio, deve rigorosamente
rispettare per poter superare il vaglio di legittimita'
costituzionale: pena la violazione degli articoli 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost.
In particolare, per quel che qui piu' specificamente interessa,
la sent. n. 303 del 2003 ha evidenziato che «una volta stabilito che,
nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente, in
virtu' dell'art. 118, primo comma, la legge puo' attribuire allo
Stato funzioni amministrative e riconosciuto che, in ossequio ai
canoni fondanti dello Stato di diritto, essa e' anche abilitata a
organizzarle e regolarle, al fine di renderne l'esercizio
permanentemente raffrontabile a un parametro legale, resta da
chiarire che i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza convivono
con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel titolo
V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione
dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni
regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta
da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di
costituzionalita', e sia oggetto di un accordo stipulato con la
regione interessata» (par. 2.2. del considerato in diritto).
Come si vede, la condizione che la sent. n. 303 del 2003 ha
individuato come assolutamente imprescindibile perche' le norme
legislative statali di questo tipo possano aspirare a superare il
vaglio di legittimita' costituzionale non e', genericamente, quella
della previsione di «meccanismi collaborativi», ne', quella della
previsione di «intese» non meglio specificate, bensi' piu'
puntualmente quella della necessarieta' della previsione dell'intesa
con la singola regione interessata dal singolo intervento. Tale
conclusione e' avvalorata anche da un successivo passaggio della
medesima sent. n. 303 del 2003, se possibile ancor piu' esplicito del
precedente, ove si afferma che «per giudicare se una legge statale
che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o
non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e
adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di
un'intesa fra lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia
subordinata l'operativita' della disciplina» (par. 4.1 del
considerato in diritto).
La ragione per la quale questa Ecc.ma Corte e' giunta a tale
conclusione, del resto, e' agevolmente comprensibile: le competenze
legislative ed amministrative costituzionalmente previste, che
sarebbero lese dalla mancata previsione di adeguati strumenti
collaborativi, pertengono non gia' al «sistema delle autonomie» o al
«sistema delle regioni» genericamente intesi, bensi' alla singola
regione, che, sulla base dell'«ordinario» riparto delle competenze
dovrebbe essere la sola a disporre della competenza legislativa
necessaria ad istituire, allocare e disciplinare nel dettaglio una
funzione amministrativa incidente, nelle materie suddette, sul
proprio territorio. Ed e' dunque il consenso di ciascuna regione
specificamente interessata che lo Stato deve ricercare perche' una
disciplina siffatta possa essere concretamente «operativa», secondo
l'insegnamento del giudice delle leggi.
Per questa ragione non puo' dunque in alcun modo ritenersi
satisfattiva delle pretese delle regioni, e in grado di evitare le
lesioni alle competenze costituzionalmente garantite a queste ultime,
la previsione, della necessaria intesa con la Conferenza unificata.
Ad essere coinvolte sono innanzi tutto competenze legislative
regionali, il che rende addirittura inquinante, rispetto al corretto
svolgimento delle funzioni costituzionalmente previste, il ruolo
svolto dai rappresentanti degli enti locali nella citata Conferenza.
In secondo luogo, e' la stessa attribuzione della potesta' di fornire
l'intesa ad un organo collegiale quale la Conferenza, anziche' alla
singola regione, ad essere costituzionalmente inadeguato, poiche',
come si e' detto, le competenze coinvolte (soprattutto legislative,
ma anche amministrative) sono di pertinenza del singolo ente, e
riguardano gli usi del territorio di quest'ultimo. La regione
interessata, nell'ambito di una deliberazione collegiale, potrebbe
invece essere pretermessa in virtu' dell'applicazione del principio
di maggioranza, proprio in relazione alla decisione circa la sorte
del proprio territorio. Il che e' costituzionalmente inaccettabile.
Del resto, nel nostro sistema costituzionale non sono istituite e
disciplinate sedi di raccordo tra «centro» e «periferie», come ha
saggiamente osservato questa Corte nella sent. n. 6 del 2004: e,
«nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni
parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi -
anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione)», leggi statali quali quella che
qui si esamina possono «aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale» solo ove si rispettino i citati criteri della sent.
n. 303 del 2003 (cosi' par. 7 del considerato in diritto della sent.
n. 6 del 2004).
2.2.2. - Da tutto cio' consegue, dunque, che l'art. 38, comma
1-bis, del decreto-legge n. 133 del 2014, nel testo sostituito
dall'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014, non rispetta la
condizione richiesta da questa Corte nella sent. n. 303 del 2003 (e
dalle numerose pronunce che, nel corso del tempo, hanno confermato,
approfondito e precisato questa linea giurisprudenziale), ai fini di
una legittima avocazione in sussidiarieta', da parte dello Stato, di
funzioni legislative e amministrative ricadenti in materie di
competenza concorrente (quali la «produzione, [il] trasporto e [la]
distribuzione nazionale dell'energia» e il «governo del territorio»
che vengono in rilievo nel caso di specie), ovvero la previsione «di
una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto
risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio
di lealta'» (par. 2.2 e par. 4.1 del Cons. in dir.).
La disposizione citata, quindi, si pone in contrasto con l'art.
117, terzo comma, e con l'art. 118, primo comma, Cost., nella parte
in cui prevede una previa intesa con la Conferenza unificata,
anziche' la necessaria acquisizione dell'intesa con ciascuna delle
regioni specificamente interessate dalle «attivita' di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio
sotterraneo di gas naturale».
Si noti infine che l'incostituzionalita' del comma 554 dell'art.
1 della legge n. 190 del 2014, in questa sede impugnato, deve essere
apprezzata anche da un altro punto di vista. Come evidenziato piu'
sopra, tale disposizione prevede la necessarieta' della previa intesa
in Conferenza solo ed esclusivamente per la inclusione nel Piano
delle aree in terraferma in cui sono consentite le attivita' de
quibus, e non anche per la inclusione delle aree collocate nel mare
continentale.
Le due ipotesi - attivita' da svolgersi nel mare continentale, da
un lato, ed in terraferma dall'altro - sono, per quel che qui
interessa, prive di qualunque rilevante elemento di differenziazione.
Il loro trattamento giuridico, quindi, non puo' che essere il
medesimo, almeno per quel che riguarda la necessarieta' dell'intesa
con la singola regione interessata per l'inserimento dell'area in
questione nel Piano.
L'odierna ricorrente, quindi, chiede a questa Ecc.ma Corte la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre un «piano
delle aree in cui sono consentite le attivita' di cui al comma 1»
ossia delle attivita', di «prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza unificata per le sole
attivita' sulla terraferma, anziche' la necessaria acquisizione
dell'intesa con ciascuna regione territorialmente interessata ad ogni
attivita', anche destinata a svolgersi nel mare continentale.
2.3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto lede le competenze
legislative della regione in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia» e di «governo del territorio»,
nonche' le competenze amministrative che alla medesima spettano in
base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del
2003 di questa Corte, nella parte in cui prevede l'applicazione della
procedura di superamento della mancata intesa di cui all'art. 1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 anche ad ipotesi in cui lo
stallo decisionale dipenda da divergenze sostanziali tra le parti e
non esclusivamente a «condotte meramente passive delle
amministrazioni regionali», come chiarito dalla sent. n. 239 del 2013
di questa Corte.
2.3.1. - Come sopra ricordato, l'art. 38, comma 1-bis, del
decreto-legge n. 133 del 2004, nel testo sostituito dall'art. 1,
comma 554, della legge n. 190 del 2014, ha inoltre previsto che nel
caso in cui l'intesa (in Conferenza unificata) non venga raggiunta,
«si provvede con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della
legge 23 agosto 2009, n. 239». Tale disposizione, a sua volta,
dispone quanto segue: «Fatte salve le disposizioni in materia di
valutazione di impatto ambientale, nel caso di mancata espressione da
parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di
intesa, comunque denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7
e 8 del presente articolo, entro il termine di centocinquanta giorni
dalla richiesta nonche' nel caso di mancata definizione dell'intesa
di cui al comma 5 dell'art. 52-quinquies del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei
casi di cui all'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno
2011, n. 93, il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime
a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso
di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali
interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del
Consiglio dei ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla
rimessione, provvede in merito con la partecipazione della regione
interessata».
Come gia' evidenziato piu' sopra, tale procedura di superamento
della mancata intesa si limita a prevedere un ulteriore invito a
provvedere entro trenta giorni, e - in fine - il semplice deferimento
della decisione ad un atto unilaterale della Presidenza del Consiglio
dei ministri, con la mera «partecipazione» della regione interessata.
Tale norma non rispetta i criteri forniti al legislatore statale
dalla giurisprudenza costituzionale ai fini della disciplina di una
mancata intesa, ove questa sia resa necessaria dal paradigma della
c.d. «sussidiarieta' legislativa», e pertanto deve ritenersi in
contrasto con gli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma,
Cost.
Al riguardo occorre richiamare nuovamente la sent. n. 239 del
2013, che ha scrutinato proprio il meccanismo di superamento
dell'intesa di cui al citato art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239
del 2004. Tale decisione ha infatti evidenziato che il procedimento
«a forte unilateralita'» di cui sopra, culminante in una decisione
del Presidente del Consiglio dei ministri, si deve ritenere
costituzionalmente legittimo solo in quanto non predisposto al fine
di superare mere «divergenze» tra le parti, bensi' a far fronte ai
casi - che gia' di per se stessi rappresentano una violazione, da
parte regionale, del principio di leale collaborazione - in cui la
regione interessata si limiti ad adottare «condotte meramente
passive».
L'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014 - come gia' il
precedente comma 552, in relazione alle ipotesi su cui piu' sopra ci
si e' soffermati - nel sostituire il comma 1-bis dell'art. 38 del
decreto-legge 133 del 2014, dispone invece l'applicabilita' di queste
procedure a carattere unilaterale anche al superamento dello stallo
derivante da divergenze tra le parti, non imputabili in alcun modo a
comportamenti meramente «inerti» della regione.
Anche in questo caso, per illustrare la grave incostituzionalita'
di tale previsione, e' necessario prendere le mosse dalla sent. n. 33
del 2011, nella quale questa Corte ha evidenziato che il legislatore
statale puo' predisporre meccanismi di superamento del mancato
raggiungimento dell'intesa dovuto a divergenze sostanziali tra le
parti. Come si e' gia' avuto modo di precisare a proposito dei vizi
concernenti il comma 552, questo stesso collegio ha pero' ritenuto
che tali meccanismi possono aspirare a superare il vaglio di
legittimita' costituzionale solo ove garantiscano lo svolgimento di
reiterate trattative tra le parti in un contesto di paritarieta' tra
di esse, al limite devolvendo la decisione ad un organo terzo. In
particolare, la normativa allora scrutinata e' stata ritenuta non
contrastante con le norme costituzionali rilevanti sul punto in
quanto predisponeva «l'attivazione di un procedimento volto a
consentire lo svolgimento di ulteriori trattative attraverso la
costituzione di un soggetto terzo nominato dalle parti in modo
paritario».
Non vi e' dubbio che la disposizione introdotta dal comma 554
dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014 non risponde a tali
caratteristiche.
Per quel che qui specificamente interessa, dunque, tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale, per violazione degli
articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in
cui prevede il richiamato procedimento unilaterale di superamento
della mancata intesa, anche quando lo stallo dipenda da divergenze
sostanziali tra le parti.
P. Q. M.
La regione Marche, come sopra rappresentata e difesa, chiede che
questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
552 e 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 [Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2015)], nei limiti e nei termini sopra esposti.
Con ossequio.
Ancona-Roma, 26 febbraio 2015
avv. Alfonso Papa Malatesta - Avv. Paolo Costanzi